Diritto e Criminologia nelle tossicomanie giovanili

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  1. Droghe giovanili e Giurisprudenza di legittimità

In linea con l’ iper-tutela italica dei minorenni e dei giovani adulti, la lett. g) comma 1 Art. 80 TU 309/1990 dispone che “ [ Le pene previste per i delitti di cui all’ articolo 73 sono aumentate da un terzo alla metà ] se l’ offerta o la cessione è effettuata all’ interno o in prossimità di scuole di ogni ordine e grado, comunità giovanili, caserme, carceri, ospedali, strutture per la cura e la riabilitazione dei tossicodipendenti “. Non si può certo negare, nel contesto dell’ intero TU 309/1990, che il Legislatore italiano e, più latamente, l’ interna UE manifestano una ratio protettiva financo ipertrofica nei confronti degli infra-18enni e dei soggetti in età giovanile, il che fa sovente dimenticare o sminuire le malizie dolose ed il deliberato consenso anti-normativo di ragazzi e di post-adolescenti che, per la verità, non brillano in fatto di candore ed innocenza. Il minorenne ed il neo-maggiorenne, molte volte, sono perfettamente consapevoli di violare gravemente la normazione penalistica in tema di stupefacenti. Sicché, la tutela si trasforma, da parte dell’ adolescente, in una divertita e quasi sacrilega strumentalizzazione nei confronti dei supremi valori ordinamentali. Come realisticamente dimostrato, tuttavia, da Cass., sez. pen. VI, 14 febbraio 2017, n. 27458, i lemmi “scuole di ogni ordine e grado [ e ] comunità giovanili “, ex lett. g) comma 1 Art. 80 TU 309/1990, vanno inseriti nella ratio della tutela dei minorenni, mentre gli spazi educativi di natura universitaria nulla hanno a che fare con il concetto di “ scuola “, in tanto in quanto le aule ed il perimetro destinati all’ insegnamento accademico ospitano individui maggiorenni perfettamente in grado di auto-determinarsi. Dunque, tale lett. g) comma 1 Art. 80 TU 309/1990 afferisce alla sorveglianza di bambini ed infra-18enni in età adolescenziale, poiché non ha senso predisporre una sorveglianza rafforzata all’ interno o nelle adiacenze di un’ Università, che, per motivi anagrafico-istituzionali, non è né una “ scuola “ né una “ comunità [ ricreativa ] giovanile “. In buona sostanza, Cass., sez. pen. VI, 14 febbraio 2017, n. 27458 differenzia, come normale, l’ ambiente scolastico da quello in cui si celebrano lezioni ed esami che non sono rivolti a bambini o infra-18enni non più in età infantile. Pertanto, la lett. g) comma 1 Art. 80 TU 309/1990 gode di precettività esclusivamente per gli asili, gli istituti elementari, le medie inferiori e le scuole triennali o quinquennali superiori. Viceversa, all’ ambiente universitario è inapplicabile l’ espressione legislativa “ scuole di ogni ordine e grado [ e ] comunità giovanili “. Anzi, il testo delle Motivazioni di Cassazione n. 27458/2017 è decisamente ed apertamente esplicito nell’ asserire che “ l’ università non è riconducibile né alla categoria delle scuole di ogni ordine e grado, né a quella delle comunità giovanili [ … ] l’ aggravante [ ex lett. g) comma 1 Art. 80 TU 309/1990 ] non può essere contestata con riferimento alle aree universitarie, visto che la norma è applicabile solo al traffico di sostanze stupefacenti nei pressi di scuole o, eventualmente, anche nelle zone identificabili come comunità giovanili “. Pure sotto il profilo del Diritto Costituzionale, nel comma 2 Art. 31 Cost., i lemmi “ [ la Repubblica ] protegge [ … ] la gioventù “ sono destinati, specialmente nel contesto del TU 309/1990, agli scolari infra-18enni, mentre sarebbe risibile estendere apparati protettivi anche nei confronti dei più che adulti ed autonomi studenti che acquistano e/o consumano sostanze illecite all’ interno o nelle vicinanze di un ateneo. Conseguentemente, Cass., sez. pen. VI, 14 febbraio 2017, n. 27458, nell’ escludere la precettività della lett. g) comma 1 Art. 80 TU 309/1990, impedisce pure di applicare il comma 1 Art. 133 CP, giacché il luogo dell’ azione ( n. 1 comma 1 Art. 133 CP ) non aumenta la gravità del reato, poiché si presume che uno studente universitario è pienamente in grado di manifestare un libero e deliberato consenso nei confronti dello spacciatore imputato nella fattispecie de quo valutata in Cassazione n. 27458/2017.

Anche a livello dottrinario, la lett. g) comma 1 Art. 80 TU 309/1990 deve rimanere ancorata all’ ambito di centri di aggregazione minorile, poiché, come  rimarcato nella Sentenza qui in esame, “ i principi di tassatività e di legalità in materia penale non consentono di sanzionare una condotta o di ritenere sussistente una circostanza che aggravi la pena attraverso un’ interpretazione di tipo analogico [ oltretutto, ndr ] in malam partem, spettando al legislatore le scelte di natura sanzionatoria “. Inoltre, sempre nello svolgimento delle Motivazioni, Cass., sez. pen. VI, 14 febbraio 2017, n. 27458 ribadisce la radicale diversità tra scuole ( per minorenni ) e zone od interni universitari ( per ultra-18enni ), nel senso che “ i luoghi presi in considerazione dall’ aggravante in parola [ lett. g) comma 1 Art. 80 TU 309/1990 ] sono le scuole di ogni ordine e grado e le comunità giovanili [ e perciò ] questi luoghi vanno interpretati stricto sensu, dovendo evitare applicazioni estensive della norma [ penale ], ancorché ispirate all’ ottenimento di un più efficace contrasto alla diffusione delle droghe in situazioni di particolare vulnerabilità sociale “. Ovverosia, Cass., sez. pen. VI, 14 febbraio 2017, n. 27458 lascia intendere che nemmeno situazioni di rilevanza emergenziale giustificano la gravissima aberrazione dell’ impiego dell’ esegesi analogica nel campo del Diritto Penale.

Il Legislatore e, prima ancora, l’ opinione pubblica, nel considerare la ratio della lett. g) comma 1 Art. 80 TU 309/1990, auspica che “ l’ aggravante in questione rafforzi la tutela penale nei confronti di quelle condotte illecite poste in essere proprio in presenza di collettività ritenute particolarmente vulnerabili, perché maggiormente esposte alle insidie dello spaccio di droga a causa della giovane età ( Motivazioni di Cass., sez. pen. VI, 14 febbraio 2017, n. 27458 ). Tuttavia, i locali e gli spazi circostanti di un’ Università non coincidono con le categorie de jure condito delle “scuole“ e delle “ comunità giovanili “ e ciò alla luce dell’ ormai consolidata maturità anagrafica degli studenti universitari, non etero-tutelabili, come se si trattasse di bambini o di adolescenti in età evolutiva.

Pertanto, l’ ultra-18enne inserito nelle attività accademiche può acquistare stupefacenti sotto la propria responsabilità e, dunque, deve anche essere ordinariamente sottoposto alle disposizioni penali ex Artt. dal 72 all’ 86 TU 309/1990. Dopodiché, comunque, nulla impedisce alle Autorità accademiche di applicare sanzioni interne di matrice disciplinare, ma di nuovo si nega, alla luce di Cassazione n. 27458/2017, che i lemmi “ scuole e comunità giovanili “ possano ricomprendere l’ istituzione universitaria, la quale, fortunatamente, lascia agli studenti una piena auto-determinazione comportamentale, non limitata da misure protettive che si confanno ai minorenni e non ad individui adulti a cui è offerta una formazione culturale specialistica e non una protezione idonea a bambini tutt’ altro che autonomi.

Del resto, i lemmi “ scuola “ ed “ Università “ sono formalmente distinti anche negli Artt. 33 e 34 Cost. . P.e., il comma 5 Art. 33 Cost. parla di un esame di Stato “ per l’ ammissione ai vari ordini e gradi di scuole “, mentre lo Studio accademico rientra nel concetto di “ libero insegnamento “ di cui al comma 1 Art. 33 Cost. . Inoltre, “ l’ istruzione inferiore [ … ] è obbligatoria “ ( comma 2 Art. 34 Cost. ), allorquando, viceversa, le lezioni e gli esami universitari costituiscono un’ opzione eventuale completamente gestita in maniera differente da quanto avviene nel contesto scolastico, in cui, oltretutto, l’ individuo infra-18enne è appellato con il lemma “ alunno “ ( comma 4 Art. 33 Cost. ) e questa terminologia sottintende una sorveglianza esterna che, nell’ ambito universitario, mortificherebbe l’ indipendenza e l’ autonomia auto-responsabile e, parzialmente, auto-didattica dello Studio.

In maniera linguisticamente vivace, si può forse affermare, vista la lett. g) comma 1 Art. 80 TU 309/1990, che l’ Università lascia una completa libertà di commerciare droghe, nel senso che l’ eventuale tossicodipendenza rimane un profilo personale e non incide sul superamento o meno degli esami universitari. Certamente, ognimmodo, nulla impedisce la predisposizione di sanzioni disciplinari per gli studenti universitari che commerciano o acquistano stupefacenti nel perimetro dell’ ateneo, ma Cass., sez. pen. VI, 14 febbraio 2017, n. 27458 ribadisce con vigore che “ esiste il dovere di interpretare restrittivamente la circostanza aggravante [ di cui alla lett. g) comma 1 Art. 80 TU 309/1990 ] ed anche il divieto di analogia in malam partem [ relativo ad una norma penale ] impone di escludere che l’ area universitaria possa essere ricompresa nelle categorie delle scuole o delle comunità giovanili “.

Alcuni interpreti, negli Anni Duemila, hanno tentato di far coincidere l’ Università con una “ comunità giovanile “ (iper)tutelabile ex lett. g) comma 1 Art. 80 TU 309/1990, ma, anche in questo caso, Cassazione n. 27458/2017 precisa che “ nell’ università non sono ravvisabili i caratteri propri di una comunità giovanile [ … ] l’ università si distingue per la presenza di una complessità e di un’ articolazione di compiti e di sedi che non possono farla ritenere una comunità giovanile, anche perché le varie attività didattiche sono normalmente suddivise in vari luoghi, anche distanti fra di loro, ed i tempi del giorno e dell’ anno, ovvero la presenza di diverse attività di tipo amministrativo, altrettanto coessenziali all’ esistenza dell’ istituzione, richiedono l’ impiego di persone di svariate età, e non soltanto giovani “. Per il vero, circa tre mesi prima di Cassazione n. 27458/2017, Cass., sez. pen. IV, 24 novembre 2016, n. 51957 aveva maldestramente tentato di assimilare la “ zona universitaria “, ovvero l’ intero quartiere studentesco, ad una vasta e, per il vero, assai indeterminata “ comunità giovanile “ ex lett. g) comma 1 Art. 80 TU 309/1990. Siffatta probazione diabolica va respinta, in tanto in quanto essa è precettivamente troppo vasta e fors’ anche generica. I lemmi “ all’ interno o in prossimità “ vanno interpretati in senso restrittivo, poiché parlare di “ zona universitaria “ reca a considerare come destinati all’ uso accademico anche degli spazi aperti e degli immobili destinati ad utilizzi privati o, comunque, non culturali.

Molti interpreti, specialmente a livello giurisprudenziale, tra il 2016 ed il 2019, hanno riproposto spesso il concetto di “ zona / quartiere universitario “, concepito e qualificato come un’ ampia “ comunità giovanile “ tutelabile in maniera rafforzata secondo quanto p. e p. dalla lett. g) comma 1 Art. 80 TU 309/1990. Del resto, nelle Motivazioni di Cass., sez. pen. VI, 14 febbraio 2017, n. 27458, si afferma, in modo non del tutto erroneo, che “ la ratio dell’ aggravante [ ex lett. g) comma 1 Art. 80 TU 309/1990 ] mira ad intensificare la tutela penale nei confronti di quelle condotte illecite poste in essere proprio in presenza di collettività ritenute particolarmente vulnerabili, poiché maggiormente esposte alle insidie dello spaccio, anche in ragione della giovane età “. D’ altronde, pure in altri ambiti ordinamentali, il giovane adulto risulta tutelabile, visto e considerato lo sviluppo caratteriale terminato da poco tempo. Basti pensare, ad esempio, alle forme di tutela del maggiorenne infra-25enne nello StGB svizzero.

Il giovane adulto, specialmente in tema di devianze tossicomaniacali, merita attenzioni specifiche. Inoltre, almeno sotto il profilo sociologico, Cass., sez. pen. VI, 14 febbraio 2017, n. 27458 non nega che, entro certi limiti, anche l’ Università può essere intesa alla stregua di una “ comunità giovanile “ dalla quale escludere la tossicomania, anche se l’ ambiente accademico coltiva, anzitutto e soprattutto, problematiche culturali indipendenti da dinamiche sociali più o meno negative. In effetti, in un passo delle proprie Motivazioni, Cass., sez. pen. VI, 14 febbraio 2017, n. 27458 asserisce che “ la norma [ di cui alla lett. g) comma 1 Art. 80 TU 309/1990 ] non richiama direttamente l’ istituzione universitaria [ ma ] non si può escludere che l’ Università può essere un contesto giovanile frequentato da ragazzi potenzialmente inclini a cadere nell’ uso di sostanze stupefacenti “.

Tuttavia, nemmeno Cass., sez. pen. IV, 24 novembre 2016, n. 51957 è stata in grado di delineare con precisione la nozione giuridico-geografica di “ zona universitaria “. A tal proposito, Cass., sez. pen. VI, 14 febbraio 2017, n. 27458 parla di “ posizionamento strategico dello spacciatore in prossimità della zona universitaria “. Senz’ altro, ex lett. g) comma 1 Art. 80 TU 309/1990, la “ comunità giovanile “ non è sempre o soltanto una “ comunità infantile “ e, in ogni caso, la prevenzione delle tossicodipendenze deve tenere conto delle diverse fasce anagrafiche dei potenziali assuntori.

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  1. Profili medico-legali delle tossicodipendenze giovanili

A livello di ratio, la Criminologia contemporanea definisce le tossicomanie giovanili alla stregua di una ricerca di piacere smodata e non tollerabile sotto il profilo socio-comportamentale. In maniera eccessivamente bio-deterministica, Canali ( 2012 ) sostiene e rileva che “ se proviamo piacere è perché nel cervello vi è un importante sistema formato da un gruppo di cellule nervose, presenti nell’ area tegmentale ventrale ( VTA ), sopra al tronco encefalico, che mandano messaggi di piacere ai neuroni di un nucleo che produce dopamina, l’ ormone del piacere ( nucleus accumbens ) e a quelli di alcune aree delle regioni frontali. Queste strutture insieme costituiscono il sistema della gratificazione e del piacere. La trasmissione dei messaggi di piacere avviene attraverso la produzione del neurotrasmettitore chiamato dopamina “.

A parere di chi redige, gli asserti medico-forensi summenzionati conferiscono un’ ipertrofica importanza ai profili farmaco-dinamici, allorquando, viceversa, le tossicodipendenze adolescenziali e post-adolescenziali recano pure altre cause di matrice pedagogica e sociologica, come nel caso dei conflitti genitoriali esasperati o delle condizioni abitative precarie e degradanti. Infatti, l’ infra-18enne deviante e, del pari, il giovane adulto pongono in essere forme di devianza borderline non tanto per causa di un cervello malato, quanto, piuttosto, a motivo di rabbie ed insufficienze morali veicolate male e sfogate nel mondo ingannevole dell’ alcol e delle altre sostanze illecite o semi-lecite. In realtà, il sistema cerebrale, la dopamina e le sensazioni di piacere non sono gli unici elementi da indagare, in tanto in quanto producono conseguenze ben più deleterie gruppi amicali criminogeni, docenti privi di equilibrio valutativo ed esempi genitoriali fondati sull’ aggressività costante e su una a-moralità che soffoca la legittima domanda infantile e giovanile di equilibrio e di valori forti.

Di Chiara et al. ( 1998 ) hanno anch’ essi tentato una spiegazione psico-dinamica delle tossicomanie giovanili, nel senso che, a parere di tali Autori, “ le droghe hanno diversi meccanismi d’ azione, ma tutte hanno la capacità di aumentare la quantità di dopamina nel sistema della gratificazione, La cocaina, ad esempio, impedendo il riassorbimento della dopamina nel neurone che l’ ha liberata, fa sì che essa rimanga nella fessura sinaptica per un periodo di tempo prolungato, stimolando i neuroni del circuito della gratificazione in misura anomala e molto maggiore rispetto a quanto non facciano gli stimoli piacevoli naturali “. A parere di chi scrive, la tesi di Di Chiara et al. ( ibidem ), non solo con afferenza alla cocaina, non fornisce una spiegazione completa al disagio giovanile, il quale non dev’ essere ridotto ad un mero “ sistema della gratificazione “.

P.e., la Medicina Legale degli Anni Duemila tende ad obliare il basilare profilo delle istanze religiose e meta-normative, le quali influenzano o meno le devianze borderline, che non costituiscono affatto il prodotto meccanico dei neuroni e della dopamina. La formazione adolescenziale dei freni inibitori non è riducibile ad una questione meramente ormonale e chimica. In ogni caso. Bartlett et al. ( 2005 ) giustamente rimarcano che “ il cervello recepisce [ il piacere di drogarsi ] come una scossa piacevole intensa, molto superiore rispetto ai piaceri naturali e  tenderà, quindi, a voler ripetere questa esperienza “. In un certo senso, il rilievo di Bartlett et al. ( ibidem ) è verificabile anche nel caso della pornografia ad uso maschile. Le immagini pornografiche, nonostante la perniciosa accettazione collettiva contemporanea, agiscono sul cervello in una maniera simile agli effetti della cocaina e creano una dipendenza uncinante, che sovente getta le basi per la commissione di stupri e/o rapporti con soggetti in età minorile o infantile e/o non pienamente consenzienti.

Tanda et al. ( 1997 ) hanno misurato, a mezzo TEP, gli effetti di breve periodo di ecstasy, cocaina, morfina, THC ed eroina e la conseguenza comune, a prescindere dai dettagli, è che “ tutte le droghe [ anche la cannabis, ndr ] hanno la capacità di aumentare l’ attività della dopamina nel sistema della gratificazione, in misura molto maggiore e prolungata rispetto agli stimoli piacevoli non artificiali “. Da notare, nelle complesse mappature cerebrali di Tanda et al. ( ibidem ) è che anche il tetra-9-idro-cannabinolo stravolge il rilascio della dopamina, il che deve far riflettere sull’ opportunità di qualificare la marjuana e l’ haschisch come presunte “ droghe leggere “ legalizzabili come se si trattasse di sostanze innocue. Anzi, perfino la nicotina, benché legale, disinibisce l’ aggressività del giovane fumatore e crea una dipendenza difficilmente reversibile. Assai lucidamente ed onestamente, Volkow et al. ( 1991 ) ammettono che “ la cocaina e gli altri stimolanti, come le metamfetamine e l’ ecstasy, interagiscono direttamente con il rilascio della dopamina, incrementandola attraverso vari meccanismi. Altre sostanze, come gli oppiacei e l’ alcol, lo fanno indirettamente, riducendo il rilascio delle sostanze che hanno un effetto inibitore sulla dopamina e determinando, quindi, indirettamente un suo incremento.

Pertanto, indipendentemente dal meccanismo, l’ azione è la stessa: l’ aumento della dopamina che stimola il nucleus accumbens “. Similmente, Spear ( 2010 ) denota che “ le strutture cerebrali implicate nella dipendenza [ sono ] [ … ] l’ amigdala e l’ ippocampo, che sono i principali componenti del sistema limbico, che controlla impulsi, emozioni e memoria. La corteccia prefrontale, deputata alla cognizione ed alla pianificazione, la corteccia orbitofrontale e il giro del cingolo anteriore, che sono regioni connesse, dal punto di vista neuro-anatomico, con le strutture limbiche, sono le aree frontali maggiormente coinvolte nella tossicodipendenza “. Senza dubbio, le sostanze d’ abuso agiscono sul cervello, ma la Medicina Legale è tenuta ad unirsi alla Criminologia allo scopo di prevenire le tossicomanie giovanili, le quali non derivano, soltanto o soprattutto, dalla dopamina piuttosto che dal sistema limbico. Ovverosia, un tessuto sociale o scolastico troppo autoritario, oppure anarchico e libertario inevitabilmente avvicina l’ infra-18enne ad esperienze tossicovoluttuarie.

Un contesto umano e familiare laicista e consumista è criminogeno e porta il giovane alla scarsa resilienza psicologica verso le frustrazioni. La Criminologia degli Anni Duemila deve rivalutare il vissuto morale e metafisico del minorenne, che va fermato nel percorso della devianza comportamentale “ prima che solo la droga, in quantità sempre maggiore, sia in grado di far rilasciare nelle sinapsi del cervello quantità di dopamina tali da fargli provare una sensazione di benessere. La droga diventa così, poco per volta, l’ unica fonte di piacere “ ( Volkow et al., 2003 ). Come sottolineato da Goldstein et al. ( 2011 ), tanto le Scienze Sociali quanto la Criminologia debbono conformarsi ad un proibizionismo rigido e rigoroso, in tanto in quanto “ l’ utilizzo continuo di droghe, nonostante la consapevolezza delle conseguenze negative associate a questa condotta, è conseguenza di un’ evidente perdita di controllo sul proprio comportamento.

Gli individui con una storia di uso cronico di sostanze psicoattive presentano infatti problemi di memoria, di attenzione, di scarsa capacità di prendere le decisioni migliori e di frenare o inibire i comportamenti inadatti [ … ]. I circuiti cerebrali responsabili del giudizio, dell’ apprendimento e della memoria iniziano a subire cambiamenti fisici di lunga durata “. Ognimmodo, a prescindere dal pensiero unico politicamente corretto, gli asserti terrificanti di Goldstein et al. ( ibidem ) valgono pure per le cc.dd. “ droghe leggere “ come la cannabis, i cui presunti effetti rilassanti nascondono il serio pericolo di un uncinamento progressivo ascendente, che deteriora la salute psico-fisica dei giovani e giovanissimi assuntori. Infatti, Serpelloni et al. ( 2010 ) precisa, con attinenza alla marjuana, che “ il sistema degli endo-cannabinoidi [ se alterato, danneggia ] un gran numero di processi fisiologici, tra i quali il controllo motorio, la memoria, l’ apprendimento, la percezione del dolore, la regolazione dell’ equilibrio energetico e comportamenti come l’ assunzione regolare del cibo “. Anzi, Giedd ( 2004 ) non nasconde che “ un ragazzo che è stato abituato, sin dalla prima adolescenza, alla cannabis, ricercherà e sperimenterà maggiormente, in età più avanzata, anche altre droghe più potenti “, giacché non esistono sostanze dopaminergiche leggere o innocue. Anche Lopez-Larson ( 2011 ) sostiene, con  estrema sincerità ed onestà scientifica, che “una sostanza stupefacente lascia sempre un’ impronta neuro-cognitiva sul sistema nervoso centrale e nella memoria dell’ individuo [ … ].

La reversibilità delle alterazioni cerebrali è possibile soltanto con la completa cessazione del consumo, grazie alla capacità del cervello di modificare la propria struttura ed il proprio funzionamento e grazie alla plasticità cerebrale, ma tutto ciò richiede lunghi tempi di totale astinenza. Non si deve dimenticare che il tempo trascorso, a volte anni, sotto l’ effetto di sostanze può creare comunque perdite di esperienze e di relazioni importanti che modificano il cervello “. Con piacere, chi scrive ribadisce, unendosi ad Amen et al. ( 1998 ), la potente distruttività della cannabis, giacché “ nei consumatori di canapa, si osserva una progressiva diminuzione del flusso sanguigno nella corteccia prefrontale e nella porzione posteriore dei lobi temporali bilateralmente “. Dunque, la rovina tossicomanica della gioventù europea oggi passa anche, purtroppo, dalla via pervertita e pervertitrice della legalizzazione, elegante e mistificatoria, della marjuana, la quale cagiona “ la perdita di tessuto corticale, con un deficit nella capacità di attenzione, di memorizzazione e di apprendimento “ ( Serpelloni et al., ibidem )

 

B i b l i o g r a f i a

 

Amen et al., High resolution brain SPECT imaging of marijuana smokers with AD / HD, Journal of Psychoactive Drugs, 30, 1998

Bartlett et al., Chasing the dragon whith MRI: leukoencephalopaty in drug abuse. British Journal of Radiology, 78, 2005

Canali, Passioni, cervello, emozioni, morale, 2012

Di Chiara et al., Opposite effects of mu and kappa opiate agonists on dopamine release in the nucleus accumbens and in the dorsal caudate of freely moving rats. Journal of Pharmacology and Experimental Therapeutics, 244 (3), 1998

Giedd, Structural magnetic resonance imaging of the adolescent brain. Annals of the New YorkAcademy Sciences, 1021, 2004

Goldstein et al., Dysfunction of the prefrontal cortex in addiction: neuroimaging findings and clinical implications, Nat Rev Neurosciences, 2011

Lopez-Larson et al., Altered prefrontal and insular cortical thickness in adolescent marijuana users, Behaviour Brain Research, 2011

Serpelloni et al., Elementi di Neuroscienze e Dipendenze. Manuale per operatori dei Dipartimenti delle Dipendenze, seconda edizione, Tipolitografia La Grafica, Verona, 2010

Spear et al. The behavioral neuroscience of adolescence. WW Norton & Company, New York, 2010

Tanda et al., Cannabinoid and heroin activation of mesolimbic dopamine transmission by a common m1 opioid receptor machanism. Science 276 ( 5321 ), 1997

Volkow et al.,  Changes in brain glucose metabolism in cocaine dependence and withdrawal. American Journal of Psychiatry, 1991

eidem   The addicted human brain: insights from imaging studies. Journal of Clinical Investigation, 111, 2003

 

Dott. Andrea Baiguera Altieri

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