L’interessato può esercitare il diritto all’oblio e richiedere la deindicizzazione di notizie che lo colleghino a fatti avvenuti 10 anni prima e rispetto ai quali non ha avuto implicazioni giudiziarie. Per avere un quadro completo sui ricorsi al Garante della privacy, si consiglia il seguente volume il quale affronta la disciplina relativa alla tutela dei diritti del titolare dei dati personali e le relative sanzioni: I ricorsi al Garante della privacy
Indice
1. I fatti: richiesta deindicizzazione blog a Google per diritto all’oblio
Un reclamante adiva il Garante per la protezione dei dati personali al fine di ottenere un ordine rivolto a Google di provvedere alla deindicizzazione di due URL che venivano rinvenuti fra i risultati del motore di ricerca in associazione al proprio nominativo e a quello della società a lui riconducibile.
In particolare, il reclamante sosteneva che il primo di questi due URL riportasse un articolo pubblicato dal quotidiano on line La Repubblica diversi anni prima e che era stato riprodotto all’interno del blog raggiungibile all’URL in questione. Invece, il secondo URL riportava ad un altro blog in cui era stato integralmente riprodotto un altro articolo precedentemente pubblicato sempre sul medesimo quotidiano on line. Entrambi i due suddetti articoli erano però già stati deindicizzati da tempo dal quotidiano on line, a seguito di un’istanza di esercizio del diritto all’oblio che era stata formulata dal reclamante. Pertanto, detti due articoli erano ormai rinvenibili soltanto all’interno dei due blog cui rimandavano gli URL in questione.
A tal proposito, il reclamante sosteneva di aver provato a esercitare il proprio diritto all’oblio anche nei confronti dei titolari dei due blog, chiedendo la rimozione degli articoli che lo riguardavano, ma non aveva ottenuto alcun riscontro alle proprie richieste in quanto detti titolari erano irreperibili o morti.
A causa della permanente presenza dei due articoli, il reclamante, noto imprenditore nel settore del gas, sosteneva di subire un grave danno personale e alla propria attività professionale. Ciò in quanto nel primo articolo, relativo ad un conflitto sull’apertura dei termovalorizzatori avvenuto oltre dieci anni prima tra il ministro delle pari opportunità e il sottosegretario all’economia, che erano entrambi implicati in altri e diversi gravi casi giudiziari, veniva associato a detti soggetti senza che egli fosse stato in alcun modo coinvolto nel suddetto conflitto. Nel secondo articolo, invece, egli era collegato ad una vicenda scandalistica relativa a feste private (ove non era citato alcun procedimento penale o altre fattispecie di allarme sociale), rispetto alla quale sarebbe stato estraneo.
In ragione della “irreperibilità” dei titolari dei blog, il reclamante aveva chiesto a Google di provvedere alla rimozione, ma la piattaforma americano si era rifiutata di accogliere la predetta richiesta, ritenendo che vi fosse un interesse pubblico alla notizia in relazione alla vita professionale dell’interessato.
Il Garante formulava quindi a Google una richiesta di informazioni e di esprimere la propria posizione sulla istanza di deindicizzazione dell’interessato.
Tuttavia, Google sosteneva di non poter dare seguito alla richiesta, in quanto gli articoli in questione sembravano suggerire che, nell’ambito della sua attività professionale, l’interessato avesse tenuto condotte la cui gravità le rendeva di interesse pubblico e sulle quali Google non aveva elementi sufficienti per fare un adeguato bilanciamento tra gli interessi in gioco. In particolare, secondo la piattaforma americana, il primo URL rimandava a dei contenuti relativi ai rapporti intercorrenti tra il reclamante e un politico coinvolto in diversi procedimenti penali per i suoi rapporti con la criminalità organizzata nonché con altri due politici condannati in via definitiva per concorso in associazione mafiosa. Invece, il secondo URL rimandava ad un articolo in cui si sosteneva che il reclamante avrebbe offerto al fratello di una ragazza all’epoca dei fatti minorenne un lavoro in cambio del silenzio della ragazza e della sua famiglia su quanto accaduto durante un soggiorno in cui avrebbe partecipato il reclamante con altri soggetti. Per avere un quadro completo sui ricorsi al Garante della privacy, si consiglia il seguente volume il quale affronta la disciplina relativa alla tutela dei diritti del titolare dei dati personali e le relative sanzioni: I ricorsi al Garante della privacy
I ricorsi al Garante della privacy
Giunto alla seconda edizione, il volume affronta la disciplina relativa alla tutela dei diritti del titolare dei dati personali, alla luce delle recenti pronunce del Garante della privacy, nonché delle esigenze che nel tempo sono maturate e continuano a maturare, specialmente in ragione dell’utilizzo sempre maggiore della rete. L’opera si completa con una parte di formulario, disponibile online, contenente gli schemi degli atti da redigere per approntare la tutela dei diritti dinanzi all’Autorità competente. Un approfondimento è dedicato alle sanzioni del Garante, che stanno trovando in queste settimane le prime applicazioni, a seguito dell’entrata in vigore della nuova normativa. Michele Iaselli Avvocato, funzionario del Ministero della Difesa, docente a contratto di informatica giuridica all’Università di Cassino e collaboratore della cattedra di informatica giuridica alla LUISS ed alla Federico II, nonché Presidente dell’Associazione Nazionale per la Difesa della Privacy (ANDIP). Relatore in numerosi convegni, ha pubblicato diverse monografie e contribuito ad opere collettanee in materia di privacy, informatica giuridica e diritto dell’informatica con le principali case editrici.
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2. La valutazione del Garante
Preliminarmente, il Garante ha ricordato che ai fini della valutazione dell’esistenza dei presupposti per ritenere legittimamente esercitato il diritto all’oblio, occorre tener conto, non soltanto dell’elemento costituito dal trascorrere del tempo, anche degli ulteriori criteri espressamente individuati dalle Linee guida adottate dalle competenti autorità europee, contenenti i criteri per l’applicazione del diritto all’oblio da parte dei motori di ricerca.
Nel caso di specie, il Garante ha accertato che gli articoli reperibili attraverso gli URL oggetto di richiesta di rimozione risultano risalenti nel tempo, essendo stati pubblicati nel 2010 e nel 2011 nel sito web della testata giornalistica La Repubblica.it e sono stati deindicizzati anche dal sito web del predetto editore.
Inoltre, secondo il Garante, il contenuto di detti articoli si riferisce ad accadimenti di oltre 10 anni fa e si limita a suggerire un coinvolgimento del reclamante in vicende che hanno riguardato soggetti terzi e rispetto alle quali non vi sono evidenze di implicazioni di ordine giudiziario o di altra natura in capo al reclamante stesso, come è stato dimostrato dal ricorrente attraverso il deposito dei certificati dei carichi pendenti e del casellario giudiziale.
In considerazione di ciò, a parere del Garante, la perdurante reperibilità in rete di tali articoli, in associazione al nominativo dell’interessato, è idonea a creare un impatto sproporzionato sulla sua sfera giuridica, che non risulta bilanciato da un interesse pubblico a conoscere notizie rispetto alle quali non sono emersi seguiti che abbiano rinnovato l’interesse e conferito attualità alle stesse.
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3. La decisione del Garante
In considerazione di tutto quanto sopra, il Garante ha ritenuto che l’interessato potesse legittimamente esercitare il proprio diritto all’oblio per la deindicizzazione dei risultati di ricerca associati al proprio nominativo e che tale richiesta potesse essere rivolta anche nei confronti di Google.
A tal proposito, infatti, il Garante ha ritenuto che, stante l’impossibilità per l’interessato di vedere riconosciuto il suo diritto all’oblio da parte del titolare del blog, dovuta alla oggettiva impossibilità di rivolgersi al predetto titolare del blog è stato riprodotto l’articolo giornalistico, dovrà provvedere la piattaforma americana alla deindicizzazione.
Per quanto riguarda, invece, i risultati da deindicizzare, il Garante ha precisato che il diritto all’oblio può riguardare soltanto i risultati di ricerca che sono in associazione al nominativo dell’interessato e non invece quelli che sono rinvenibili utilizzando chiavi di ricerca che uniscano il suo nominativo ad altri criteri che non costituiscono elementi specificativi della persona. Nel caso di specie, il richiamo alla denominazione commerciale dell’impresa oggetto di causa, in associazione al nominativo del reclamante non è di per sé idoneo ad identificare in modo univoco l’interessato medesimo (potendo riferirsi anche ad altri soggetti) e pertanto non costituisce un elemento specificativo della persona.
Conseguentemente, la deindicizzazione non potrà riguardare l’URL che risulta come risultato del motore di ricerca in associazione alla denominazione dell’impresa del reclamante.
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