1. Concetti introduttivi
Uno dei più grandi meriti di Nils Christie è consistito nel rivelare che, a prescindere dalle tematiche giuridiche, l’ intera società occidentale contemporanea è composta da conflitti inutili, sete reciproca di vendetta e mancanza di quei genuini legami affettivi che caratterizzavano l’ Europa rurale prima dell’ avvento dei sistemi produttivi industriali. Analogamente, l’ abolizionista Bauman (2015 ) afferma, amaramente e non senza nostalgia, che “ il venir meno delle relazioni di comunità sposta sul terreno del diritto penale la soluzione di quelle dispute che un tempo avrebbero trovato composizione nel tessuto sociale, ovverosia in seno al gruppo “. In effetti, Christie ( 1981 ) parla di un “ sistema informale “ grazie a cui, nei piccoli borghi contadini della Norvegia, le liti, le controversie e persino le sanzioni criminali costituivano un oggetto di una disamina comunitaria priva della ritualità e del tecnicismo introdotto dalle codificazioni procedurali sorte dopo la rivoluzione francese. La collettività dei minuscoli villaggi scandinavi, sino ad un paio di secoli fa, decideva chi e come punire o risarcire senza ricorrere ad una Magistratura percepita dagli abolizionisti come fredda, disumana e distaccata dai valori meta-normativi della comprensione e della contestualizzazione.
Le Autorità Giudiziarie contemporanee esasperano la separazione tra Morale e Diritto e generano una Pubblica Amministrazione squallidamente laicista ed impersonale, incapace di comprendere il profilo antropologico del reato, ridotto a formule e cavilli volutamente distinti dall’ etica. Tant’ è che, con coraggio e freschezza idealista, Christie ( 1977 ) giunge a teorizzare che “ i conflitti rubati alla gente dallo Stato e dagli attori del suo meccanismo istituzionale, ossia i giuristi professionisti, devono ritornare alla gente per ripristinare il tessuto sociale in disfacimento “. Soggettivizzare la pena è indispensabile per arginare un Diritto Penale asettico e quasi algebrico, che “ crea mostri e mostruosità proprie di un contesto sociale diviso e divisivo “ ( Christie, 1972 ). In definitiva e al di là di certune utopie iper-progressiste, l’ abolizionismo nordico ha avuto l’ indubitabile merito di mostrare che un illecito penale, bagatellare o, comunque, riparabile, deriva da un’ interpretazione spesso distorta di comportamenti sociali non enormemente delittuosi, come nel caso del piccolo spaccio al dettaglio di sostanze stupefacenti.
Oggi si assiste ad un’ ipertrofia del Diritto Penale, come se il carcere potesse o dovesse rieducare individui responsabili di devianze tutto sommato tollerabili e scarsamente etero-lesive. Basti pensare alle condotte istrioniche o borderline, oppure alle innocue fantasie sboccate di un’ allegra compagnia giovanile eccentrica ancorché non socialmente pericolosa.
Il Riduzionismo e l’ Abolizionismo hanno esteso il loro ambito precettivo ( rectius: anti-precettivo ) anche al Diritto Processuale Civile. P.e., Burger (1976 ) parlava di “ Alternative Dispute Resolution Movement “ e mirava, negli Anni Settanta del Novecento, ad incrementare, pure nella Giuscivilistica, le conciliazioni stragiudiziali proposte dagli stessi Magistrati ad attori e convenuti ormai stanchi dei lunghi tempi risolutivi richiesti da un ordinario Procedimento Civile. Anche Sander ( 1976 ) utilizzava le eloquenti e promettenti espressioni “ vie alternative al conflitto “ e “sistemi conciliativi di soluzione delle controversie civili “ [ win / win transactions ]. Una trentina d’ anni dopo, Nader & Grande ( 2002 ) sono riuscite ad introdurre un valido sistema di “conciliazioni istituzionali “ nella Common Law inglese. Sempre nel contesto della Procedura Civile, l’ anglofona Grande ( 1999 ) ha giustamente osservato che “ la dissoluzione della comunità non poteva che condurre ad una conciliazione puramente istituzionale e professionalizzata, a tutto vantaggio del più forte sul più debole, [ e questo ] nulla aveva a che vedere con lo stemperamento della lite sul piano sociale “.
Viceversa, senza slanci utopistici, Roberts ( 2008 ) afferma che, nei processi civili, “ l’ immagine di due persone che cooperano per risolvere le loro diatribe, attraverso un atto di comunicazione volontario, è senza dubbio bellissima. Ma, a prescindere dalla bellezza di questa immagine, la sua concreta attuazione è, di fatto, difficile. Dal punto di vista degli avvocati, l’ accordo può essere – e il più delle volte è – il culmine di un processo doloroso, caratterizzato da segreti e sospetti, durante il quale le richieste di una parte hanno ragione di quelle dell’ altra solo quando quest’ ultima decide che le sue risorse finanziarie non le permettono un’ ulteriore esposizione al rischio insito nell’ affrontare un processo. E così si raggiunge – spesso in modo riluttante- un accordo “
2. La nozione di “ giustizia informale “
Nell’ Europa nord-occidentale degli Anni Ottanta del Novecento, si è assistito ad una vera e propria “ esplosione dei litigi “, come affermato dall’ anglofono Olson ( 1991 ) con attinenza tanto alla Procedura Penale quanto al Diritto Processuale Civile. Anche Grande & Mattei ( 2008 ) hanno osservato che le popolazioni europee e nord-americane adiscono in maniera ossessiva l’ Autorità Giudiziaria a fronte di questioni bagatellari risolvibili con una semplice conciliazione stragiudiziale assai meno costosa e certamente più breve.
Il britannico Fiss ( 1983 ) utilizza pur’ egli i lemmi “litigation explosion “ e rimarca i notevoli vantaggi economici di cui beneficiano gli Avvocati nei periodi storici in cui la cittadinanza è incline al populismo ed al giustizialismo oltranzista. Viceversa, Christie, sin dagli Anni Cinquanta del Novecento, sottolineava la basilarità pacifista delle soluzioni alternative di matrice conciliativa e plasmate sull’ esempio delle comunità rurali scandinave prima dell’ Ottocento e della contestuale professionalizzazione tecnicista del Diritto. In particolar modo, Christie ( 1977 ) elogiava, non senza una buona dose di utopia giovanilista, il negoziato fra tribù in Tanzania.
Si tratta di una forma a-tecnica e primitiva di riappacificazione scientificamente analizzata dallo statunitense Gulliver ( 1963 ), secondo il quale “ è utile ispirarsi ad un modello alternativo conciliativo [ perché ] i modi non conflittuali attraverso cui, nelle società a potere diffuso, vengono regolate le dispute rappresenta un valido modello a cui ispirarsi “. La ratio anti-formale ed anti-retribuzionistica di Gulliver ( ibidem ) è stata ripresa anche da Burger ( 1984 ), che tentò di massimizzare, nella Common Law statunitense, le transazioni mediative non rituali, poiché “ i nostri lontani predecessori abbandonarono lentamente il trial by battle e gli altri metodi barbari di risoluzione dei conflitti. Anche noi [ statunitensi ] dobbiamo abbandonare la totale fiducia nello strumento conflittuale per risolvere ogni tipo di controversia “. Burger ( 1984 ) aveva creato, nel Diritto federale degli USA, gruppi di Giuristi specializzati nella mediazione, con la apposita finalità, seppur mai concretamente raggiunta, di prevenire lunghi ed estenuanti Procedimenti civili o penali in senso stretto. Christie ha trasposto le argomentazioni di Fiss ( 1983 ), Burger ( 1984 ) e Gulliver ( 1963 ) nel contesto della sanzione penale e del fallimento di qualsivoglia ratio rieducativa imposta dall’ esterno e non adeguatamente interiorizzata o accettata dal reo.
Ovverosia, secondo Christie ( 1998 ) “ nella nostra società, i legami umani sono in via di disfacimento, ma tali legami possono ottenere un rinvigorimento dalla sottrazione dei conflitti al sistema formale delle corti di giustizia e dalla loro consegna alle cure della gente. Se riportate nel seno della comunità, le dispute possono trovare soluzione nei mille modi, visibili o invisibili, verbalizzati o muti, di cui il sistema informale è capace. Si tratta di quei modi che gli antropologi giuristi [ Gulliver, 1963 ] hanno saputo illustrare studiando nel tempo le moltissime società cc.dd. tradizionali: la mediazione, il negoziato, l’ uso di sistemi di raffreddamento del conflitto o l’ enfatizzazione del senso di vergogna “. Molti altri Dottrinari della Criminologia europea, tra cui l’ italiano Grossi ( 2006 ) condividono tutt’ oggi l’ impostazione giuridico-valoriale di Christie ( 1998 ), in tanto in quanto gli Ordinamenti europei sono oggi finalmente disponibili ad una rifondazione teorica radicale della Giuspenalistica. La Heimat dei Giuristi europei degli Anni Duemila non manifesta alcuna simpatia nei confronti di un Diritto Penale supinamente sottomesso alle regole impersonali ed a-morali prefissate da uno Stato lontano dal popolo e dalla realtà quotidiana e concreta. Forse, a parere di chi scrive, gli Anni Duemila si stanno affrancando da un’ azione penale pesantemente burocratica, formalistica, ritualizzata e talmente professionalizzata da non tener conto della singola situazione giudicata. L’ elettorato è favorevole ad una cultura giuridica non più élitaria, anche alla luce della diffusione nazional-popolare a basso costo di Manuali e Commentari accessibili alla gente comune e non più appannaggio di pochi studiosi avulsi dalle problematiche del normale vissuto comune. Entro tale ottica, la conciliazione pre-giudiziaria, informale e non necessariamente guidata dal Magistrato è essenziale, soprattutto nei Paesi con un tenore di vita elevato, poiché il negoziato impedisce alla Parte processuale più danarosa di ricorrere ad un esercito di Difensori altamente specializzati “ per frustrare sempre le richieste della controparte più povera facendo buon uso dell’ asimmetria di potere che la avvantaggia “ ( Nader, 2002 ). In effetti, nel Sistema common lawyer statunitense, la mancanza di parità nel contraddittorio, anche a livello civilistico, “ finisce, in ultima analisi, per tagliare all’ attore debole quelle unghie che lo Stato gli aveva [ teoricamente ] fornito prima di essere catturato dalle multinazionali “. Viceversa, un accordo stragiudiziale, tanto penalistico quanto civilistico, si svolge sempre nel rispetto paritario dell’ eguaglianza tra la Parte lesa ed il responsabile dell’ illecito. La riappacificazione non formale è una grande manifestazione pratica della Democrazia anti-plutocratica.
Christie, sin dall’ inizio della propria carriera accademica, ha splendidamente e lodevolmente surclassato ed integrato le Teorie riduzionistiche di Fiss, di Gulliver e di Burger. Il qui menzionato Docente e Criminologo norvegese intendeva “ superare il conflitto gestito dallo Stato per creare un rimedio utile e ricostitutivo dei legami fra le persone [ … ]. Bisogna ricostituire le relazioni umane e sociali in dissolvimento attraverso l’ abolizione della pena statale, che è fonte di inutile sofferenza per chi ne è colpito “ ( Christie, 2004 ). L’ esplosiva ed inattesa novità concettuale di Christie, nel secondo Dopoguerra, è consistita nel negare la nozione giuridico-penalistica di “ reato “, in tanto in quanto esistono molte infrazioni anti-normative ancorché non anti-sociali, come dimostra la non-etero-lesività delle condotte istrioniche o borderline. Grazie a Christie, la Criminologia europea ha imparato a sorridere di fronte a comportamenti non legali di calibro bagatellare e non costituenti alcun pericolo per gli altri consociati. Il crimine ed ogni singola devianza vanno compresi, contestualizzati, soggettivizzati e fors’ anche ridicolizzati.
La criminologia scandinava ha realizzato che il carcere non rieduca e la frustrazione della pena detentiva non cambia nell’ intimo la forma mentale del condannato, che era ed è, in ogni caso, figlio di uno specifico contesto comunitario ed altrettanto comunitariamente egli va valutato, poiché, secondo Christie, la comunità è o dovrebbe essere una famiglia allargata che accoglie giudicando, ma anche ascoltando. In una Rivista on-line, l’ abolizionista Beiser ( 2009 ) commenta la proposta anti-formalistica di Christie specificando che “il crimine non esiste, esistono solo atti indesiderati che possono essere classificati ed affrontati con strumenti diversi a seconda del tasso di coesione di una società. Da come percepiamo i comportamenti indesiderati dipende la nostra relazione con coloro che li pongono in essere “. Similmente, il riduzionista italiofono Giambalvo ( 2004 ) asserisce che il nodo problematico è l’ ermeneutica e non l’ ontologia del reato, nel senso che “ esistono solo gli atti, atti a cui spesso si attribuiscono diversi significati in diversi contesti “.
Christie, sin dagli Anni Settanta del Novecento, è stato ampiamente e demagogicamente accusato di un’ eccessiva utopia in tanto in quanto egli, per primo e da solo, ha avuto il coraggio anti-conformista di denunziare che il carcere ruota attorno agli interessi pecuniari delle Multinazionali, le quali ricevono sempre benefici economici da sistemi penitenziari inutilmente severi e rigorosi. Negare la sussistenza concettuale del reato significa, parallelamente, togliere denaro a chi costruisce, riempie e mantiene i Penitenziari, che sono fonte di redditi facili ed abbondanti, come dimostrano le vertiginose spese mediche provocate dalla Medicina penitenziaria.
A parere di chi scrive, l’ “ abolizione del Diritto Penale “ onnipotente ed onnipresente ( Christie, 1993 ) è resa impossibile dalla forte compenetrazione anti-garantistica tra Stato e potere economico. In effetti, anche secondo la francofona Goanech ( 2013 ) “ i grandi interessi privati lobbano i parlamentari e ne finanziano, non senza successivi ritorni, le costosissime campagne elettorali [ e ] le multinazionali delle prigioni sfruttano le paure create ad arte nella gente per scrivere, insieme ai legislatori, che hanno supportato in campagna elettorale, le norme penali [ giustizialistiche ] che richiedono reclusioni più lunghe e più posti disponibili in carcere “. In epoca contemporanea, l’ Ordinamento statale è ridicolizzato e, per conseguenza, l’ accentramento del Potere giudiziario non è più voluto e sostenuto da un Diritto stato-centrico, bensì da una Macroeconomia che pilota le politiche criminologiche per l’ accrescimento dei redditi imprenditoriali. Il vero nemico di Christie e dell’ Abolizionismo nordico è il notevole lucro fornito dalla popolazione carceraria, che va mantenuta, alimentata e curata.
A tal proposito, Bourdieu ( 1998 ) sostiene che “ è stata distrutta ogni struttura collettiva capace di contrapporsi alla logica del mercato “. Per conseguenza, la connivenze tra le economie nazionali ed i vari Legislatori hanno ormai inficiato la ratio dell’ indipendenza teorica della Magistratura, la quale è tenuta, necessariamente, ad applicare Norme penalistiche pre-disposte da Parlamentari “ non democratici, che non rappresentano più la gente e non tutelano gli interessi ed i bisogni del popolo [ non ] sovrano “ ( Bourdieu, ibidem ). L’ essenza dell’ utopia anti-penalistica di Christie è attualmente non realizzabile di fronte al nuovo Leviatano della Macroeconomia internazionale, la quale è riuscita, sin dagli Anni Quaranta del Novecento, a commercializzare ogni minimo atto della volontà popolare, partendo dalla soppressione della libertà del voto politico, troppo influenzato dai mass-media e privato di qualsivoglia spontaneità e genuinità ideale. L’ economia, le televisioni, la cronaca giornalistica e la rete web malgestita portano lontano dalle assemblee auto-gestite (ri)proposte da Gulliver ( 1963 ), Burger ( 1984 ) o Christie ( 2004 ). Ovverosia, “ la folla, sempre più sola, ha reso impossibile la sopravvivenza di quelle comunità locali a cui Christie vorrebbe [ rectius : voleva ] invece restituire le dispute sul piano sia sociale che giuridico “ ( Riesman, 2001 )
3. L’ identità culturale del Defunto Nils Christie
Il nemico giurato di Nils Christie era senza dubbio lo Stato accentratore che, nel nome di una falsa separazione dei Poteri, ha sottratto il Diritto Penale ai liberi e moderati dibattiti popolari. Il Defunto pioniere della Criminologia norvegese elogiava, con nostalgia, le spontanee assemblee collettive dei borghi contadini scandinavi, di fronte ai quali anche il più scellerato dei devianti trovava affetto e comprensione come in una famiglia nella quale il figlio problematico è condannato con la moderazione di un padre o di una madre che evita la non-rieducatività del carcere. Christie, anche nei casi maggiormente gravi, proponeva conciliazioni e dibattiti alternativi alle sciocche ritualità rigoristiche dell’ Autorità Giudiziaria.
Oltretutto, nel pensiero criminologico scandinavo, si distingue tra la devianza non socialmente pericolosa e quella etero-lesiva e non bagatellare. Giustamente, Grande ( 2016 ), nel commentare e valutare il pensiero di Christie, afferma che “ il diritto penale della paura, della prevenzione e della pericolosità sociale presunta ha oggi rotto sempre di più i legami sociali e di solidarietà tra le persone, creando diffidenza e divisione.
Esso [ il Diritto Penale ipostatizzato ] ha dato vita ad intere classi di soggetti pericolosi solo perché, ad esempio, poveri ( si pensi alla criminalizzazione dei senza tetto ) “. Molte volte, Christie, nei propri trattati e commentari, reca l’ ottima prassi di proporre e narrare esempi concreti di devianza non classificabile secondo le strette categorie giuridiche del Diritto Penale e della Procedura Penale. P.e., nell’ Europa contemporanea, un parafiliaco può essere accusato di pedofilia o di stalking soltanto perché eccentrico o logorroico verso le donne corteggiate in maniera pesante o maldestra. Oppure ancora, in Occidente, si pratica la tolleranza zero nei confronti di giovani devianti che improvvisano feste notturne troppo chiassose sebbene innocue e non costituenti reato. Un altro esempio può essere quello del disabile istrionico accettato nel piccolo paese periferico e, viceversa, criminalizzato in una grande metropoli in cui la legalità prevale prevale sull’ umanità. Altrettanto interessante è la fattispecie, socialmente e geograficamente cangiante, dell’ atto osceno in luogo pubblico. In effetti, molte volte, l’ intervento della PG potrebbe essere sostituito da un meno drastico ammonimento di un parente o di un vicino di casa. Si può analizzare anche la difficile nozione di “violenza sessuale “.
Christie, sin dai libertari Anni Settanta del Novecento, affermava che esistono atti libidinosi astratti che non comportano il toccamento violento o molesto di una parte cavernosa del corpo femminile. Infatti, in molti Ordinamenti penali, mancano fattispecie normative o giurisprudenziali intermedie. P.e., un gesto maleducato di un ragazzo allegro e simpaticamente disinibito verso una coetanea non dev’ essere confuso con una violenza sessuale nel senso pieno ed anti-giuridico. Viceversa, nella Common Law statunitense, figlia di un Protestantesimo da parata, molte esuberanze sconvenienti recano con immediatezza all’ incasellamento nella categoria del maniaco “ sex offender “. La rete web è piena di ambiguità semi-legali che si posizionano nella zona intermedia tra la stravaganza e la pornografia dura. L’ Abolizionismo ha anche aiutato a valutare giuridicamente meglio il corteggiamento giovanile tra maschio e femmina, in tanto in quanto l’ ipocrisia puritana anglofona non tollera le normali iniziative del giovane uomo che, in molti Sistemi giuridici, è perseguito nel caso innocuo, sebbene ridicolo, di frasi o gesti reputati anormali, nel nome della protezione ipertrofica e retorica dell’ intimità femminile. Analogo fraintendimento neo-retribuzionista e fobico vale pure nelle relazioni verbali dirette all’ iper-tutelato/a minorenne.
Gli abolizionisti ed i riduzionisti, compreso Nils Christie, hanno finalmente resa possibile, nell’ Europa della pornografia ormai libera, la distinzione tra minorenne e bambino/a nonché tra stupro ed atto sessuale non culturalmente convenzionale. Il Diritto Penale contemporaneo disciplina le relazioni sociali distinguendo tra il lecito e l’ illecito, ma è pur vero che, nei limiti della decenza, esistono fattispecie intermedie non giudicabili dal punto di vista penalistico. P.e., la sconvenienza di dare del “ tu “ ad un soggetto estraneo in età senile costituisce una forma di maleducazione, ma non integra gli estremi del reato di ingiuria, peraltro depenalizzato ampiamente in quasi tutti gli Ordinamenti occidentali. In tutti questi casi esemplificativi sino ad ora citati, non serve un nuovo Diritto Penale e nemmeno un Diritto Penale più severo. Bensì, come sottolineato da Manozzi ( 2003 ) “ bisogna restituire le liti alla gente [ … ] la commisurazione e l’ esecuzione della pena dev’ essere ridotta o sostituita da un accordo / incontro tra vittima e reo [ … ]“. L’ amministrazione professionale del Diritto, come coraggiosamente denunziato da Christie, rischia di far prevalere quasi sempre le tesi difensive o offensive della Parte processuale economicamente più forte e, per ciò stesso, meglio difesa da costosi Giuristi.
Uno dei pochi talloni d’ Achille di Burger e di Christie consta nella scarsa serietà della conciliazione nel caso dei diritti del consumatore violati dalle grandi Multinazionali, soprattutto negli USA. In buona sostanza, quando i colossi commerciali conciliano con una Parte Lesa povera o, perlomeno, non troppo danarosa, essi riescono, grazie a Difensori ottimi e ben remunerati, a pilotare l’ accordo stragiudiziale in maniera tale da non subire danni d’ immagine e da non dover risarcire con somme milionarie. P.e., come denota Burger ( 1984 ), “ i grandi magazzini [ statunitensi ] riescono sempre a recuperare i propri crediti. Qui la fantasia supera l’ immaginazione, perché i piccoli e, normalmente, poveri clienti vengono convinti, attraverso la minaccia di un’ accusa per truffa, a far riparare in via conciliativa il danno “.
Pertanto, la splendida utopia di Burger, di Christie e degli altri Abolizionisti viene spesso mortificata allorquando l’ accordo mediato è svolto in una condizione di asimmetria patrimoniale, in tanto in quanto tende sempre a prevalere la Parte meglio difesa e più facoltosa. Evidentemente, le assemblee popolari dei borghi norvegesi del Cinquecento sono, nella realtà concreta, assai diverse e lontane dalle situazioni in cui sono protagonisti attori economici di calibro macroeconomico. Dunque, di nuovo, “ lo Stato è catturato dal capitale “ ( Burger, 1984 ) e la mediazione abolizionistica o riduzionistica scade nel ridicolo. Basti pensare anche alle class actions per lesioni personali gravi o per omicidio colposo mosse nei confronti dei produttori di sigarette. Anzi, spesso la conciliazione non inizia neppure giacché il piccolo consumatore / Parte Lesa è mentalmente intimorito dal luogo stesso di un Palazzo di Giustizia o di uno Studio Legale prestigioso ed agguerrito. Anche Christie, amaramente e senza un’ ingenuità eccessiva, parla, nelle sue Opere, di “ diseguaglianza economica e di potere tra le persone [ … ] in un tessuto sociale ormai in grande misura inesistente “. Gli Abolizionisti scandinavi, del resto, non negano le difficoltà pratiche insite nelle alternative al Diritto Penale tradizionale. Grande ( 2016 ) nota l’ urgente necessità di una “ magistratura che riesca a svincolarsi dalla morsa del mercato e che ritorni a farsi carico dei bisogni della gente invece che di quelli degli attori economici forti “. Negli Anni Duemila, alcuni Dottrinari, anche nella Criminologia italiofona, hanno messo in guardia dall’ opposto pericolo di una Procedura Penale iper-vittimologica che tuteli ad ogni costo il consumatore privato danneggiato o, a livello penalistico, la Parte Lesa più debole, come le donne fisicamente offese ed i bambini traumatizzati. Il Diritto non può pretendere alternative alle sanzioni criminali tradizionali se, prima, non viene (ri)stabilita una normale parità del contraddittorio.
P.e., anche nel caso orribile e ripugnante dello stupro, la donna violentata deve ( rectius : può ) dialogare stragiudizialmente con il reo senza, tuttavia, acquisire una posizione automatica di privilegio a-tecnico ed anti-garantistico. Eguale osservazione vale pure per l’ infante vittima di abusi di matrice pedofiliaca. Con lemmi non propriamente giuridici, la sanzione alternativa e la mediazione penale non debbono trasformarsi in uno “ scaricabarile “ in cui la fine del Procedimento è pre-stabilita e/o condizionata da sperequazioni reddituali tra le Parti in causa.
Volume consigliato
B I B L I O G R A F I A
Bauman, Modernità liquida, Laterza Editori, Roma-Bari, 2015
Beiser, Nils Christie: Empty the Prisons, in Wired Magazine, www.wired.com. 2009
Bourdieu, L’ essence du néoliberalisme, in Le Monde Diplomatique, www.monde-diplomatique.fr
1998
Burger, Annual Report on the State of the Judiciary, in American Bar Association Journal, Vol. 62,
No. 4, 1976
idem The State of Justice, in ABA Journal, Vol. 70, No 4, 1984
Christie, Fangevoktere i konsentrasjonsleire / Guards in concentration camps, Pax, Oslo, 1972
idem Conflicts as property, in The British Journal of Criminology, Vol. 17, 1977
idem Limits to Pain, Robertson, Oxford, 1981
idem Crime Control as Industry. Towards GULAGS, Western Style ? London and New York,
Routledge, 1993
idem A Suitable Amount of Crime, London and New York, Routledge, 2004
Fiss, Against Settlement, Yale Law Journal, 93, 1983
Giambalvo, Nils Christie, autore di saggi sulle politiche ed il sistema penitenziario. Intervista a
Nils Christie, www.ristretti.it 2004
Goanech, Il ruolo delle consulenze private nello Stato. Quei lobbisti che scrivono le leggi francesi,
in Le Monde Diplomatique, n. 1, anno XX, 2013
Grande, Alternative Dispute Resolution, Africa and the Structure of Law and Power: The Horn in
Context, in Journal of african Law, 43, 1999
Grande, I’m doing it for myself. The Aggressive Promotion of the Industrial Self as the Dark Side
of Women’s Rights, in De Lauri, The Politics of Humanitarianism. Power, Ideology
and Aid, I.B. Taurus, 2016
Grande & Mattei, Giustizia allo specchio, in De Lauri, Antropologia, VIII, Vol. 11, 2008
Grossi, Società, Diritto, Stato. Un recupero per il Diritto, Giuffrè, Milano, 2006
Gulliver, Social Control in an African Society: A Study of the Arusha, Agricoltural Masai of
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Mannozzi, La giustizia senza spada. Uno studio comparato su giustizia riparativa e mediazione
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Sander, Varieties of Dispute Resolution, in 70 FRD ( Federal Rules Decisions Articles ), 111, 1976
Dottor Andrea Baiguera Altieri lic. jur. svizzero
a.baigueraaltieri@libero.it
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