Indice
1. La questione
Il Magistrato di sorveglianza di Bari rigettava una opposizione proposta avverso il provvedimento del medesimo Giudice con il quale era stata respinta la domanda di remissione del debito, formulata dal predetto ai sensi dell’art. 6 del T.U. sulle spese di giustizia n. 115 del 2002, con riferimento alla somma dovuta a titolo di spese di giustizia relativamente alle condanne inflitte al richiedente con delle sentenze emesse dalla Corte di Appello di Bari.
Avverso il provvedimento summenzionato proponeva ricorso per Cassazione la difesa che, tra i motivi ivi addotti, deduceva l’erronea applicazione della legge penale, ex art. 606, comma 1 lett. b) cod. proc. pen., in relazione all’art. 6 del Testo Unico in materia di spese di giustizia (d.P.R. n. 115 del 30 maggio 2002), sostenendosi, al riguardo, che, secondo la giurisprudenza di legittimità, il requisito delle disagiate condizioni economiche richiesto dalla citata norma, ai fini della remissione del debito, non sussiste solo quando il soggetto si trovi in un effettivo stato di indigenza, ma anche quando l’adempimento del debito comporti un serio e considerevole squilibrio del suo bilancio domestico, tale da precludere il soddisfacimento di elementari esigenze vitali e da compromettere, quindi, il recupero e il reinserimento sociale del condannato e, con essi, la finalità della pena, così come sancita nella Costituzione.
2. La soluzione adottata dalla Cassazione
Il motivo summenzionato era stimato infondato, affermandosi a tal proposito che, secondo la giurisprudenza della Cassazione, il requisito delle disagiate condizioni economiche, richiesto dall’art. 6 d.P.R. n. 115 del 2002 ai fini della remissione del debito per spese di giustizia e di mantenimento in carcere, non sussiste solo quando il soggetto si trovi in un effettivo stato di indigenza (cfr. Sez. 1, n. 35752 del 28/05/2013), ma anche quando l’adempimento del debito comporti un serio e considerevole squilibrio del suo bilancio domestico, tale da precludere il soddisfacimento di elementari esigenze vitali e compromettere, quindi, il recupero e il reinserimento sociale del richiedente e, con essi, le finalità costituzionali della pena (Cass. Sez. 1, n. 48400 del 23/11/2012; Cass. Sez. 1, n. 13611 del 13/03/2012; Cass. Sez. 1, n. 5621 del 16/01/2009).
Orbene, ad avviso del Supremo Consesso, il Magistrato di sorveglianza di Bari si era attenuto a questo principio di diritto, avendo spiegato come le condizioni economiche del ricorrente non potessero considerarsi “disagiate” nei termini indicati l’ammontare del reddito percepito da lui, e dall’intero nucleo familiare nell’anno di riferimento, nonchè la titolarità di un autoveicolo dal valore commerciale non irrisorio, acquistato di recente, dimostravano la sua capacità di far fronte, sia pure eventualmente in forma rateale, al debito verso l’Erario.
3. Conclusioni
La decisione in esame desta un certo interesse essendo ivi chiarito quando sussiste il requisito delle disagiate condizioni economiche, richiesto dall’art. 6 d.P.R. n. 115 del 2002, ai fini della remissione del debito per spese di giustizia e di mantenimento in carcere.
Difatti, fermo restando che, come è noto, l’art. 6, co. 2, d.P.R. n. 115/2002 dispone che, se “l’interessato è stato detenuto o internato, il debito per le spese del processo e per quelle di mantenimento è rimesso nei confronti di chi si trova in disagiate condizioni economiche e ha tenuto in istituto una regolare condotta, ai sensi dell’articolo 30 ter, comma 8, della legge 26 luglio 1975, n. 354”, si afferma in tale pronuncia, lungo il solco di un pregresso orientamento nomofilattico, che il requisito delle disagiate condizioni economiche, richiesto dall’art. 6 d.P.R. n. 115 del 2002 ai fini della remissione del debito per spese di giustizia e di mantenimento in carcere, non sussiste solo quando il soggetto si trovi in un effettivo stato di indigenza, ma anche quando l’adempimento del debito comporti un serio e considerevole squilibrio del suo bilancio domestico, tale da precludere il soddisfacimento di elementari esigenze vitali e compromettere, quindi, il recupero e il reinserimento sociale del richiedente e, con essi, le finalità costituzionali della pena.
Tale pronuncia, quindi, deve essere presa nella dovuta considerazione al fine di verificare se sussista, o meno, tale requisito (richiesto per conseguire la suddetta rimessione).
Il giudizio in ordine a quanto statuito in codesta sentenza, proprio perché contribuisce a fare chiarezza su siffatta tematica giuridica sotto il profilo giurisprudenziale, dunque, non può che essere positivo.
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