Ai contratti di locazione di immobili adibiti ad uso diverso da quello di abitazione stipulati dalla P.A. in qualità di locatori o conduttori è applicabile la disciplina dettata dagli artt. 28 e 29 L. n. 392/1978 in tema di rinnovazione.
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Indice
1. La vicenda
Una Comunità Montana conveniva in giudizio davanti al Tribunale una società chiedendone la condanna al risarcimento del danno da mancata tempestiva riconsegna del compendio immobiliare da datole in comodato. Il Tribunale accoglieva la domanda dell’attrice e la decisione veniva confermata in appello.
La Suprema Corte, però, in accoglimento del ricorso proposto dalla detta società (presunta comodataria), cassava la sentenza d’appello, rinviando la causa alla Corte d’appello; i giudici supremi infatti avevano escluso che la natura del rapporto tra la Comunità montana e la soccombente società fosse inquadrabile nell’ambito del comodato.
La complessa vicenda proseguiva con la decisione, in sede di rinvio, della Corte d’Appello che inquadrava il contratto intercorso tra le parti nell’ambito del contratto di locazione; tuttavia gli stessi giudici, considerata la natura pubblica dell’ente concedente, escludevano che, nella specie, da tale qualificazione potesse conseguire la rinnovazione del contratto alla scadenza in applicazione degli artt. 28 e 29 della legge n. 392 del 1978; in ogni caso la Corte confermava la condanna a carico del conduttore del pagamento, in favore della Comunità Montana; quest’ultima però veniva a sua volta condannata al pagamento a favore della conduttrice dell’indennità per la perdita dell’avviamento commerciale. La conduttrice ricorreva in cassazione, evidenziando, tra l’altro, la violazione della L. 27 luglio 1978, n. 392, artt. 27, 28, 29 e 79, per avere la Corte di Appello erroneamente escluso, l’applicabilità degli artt. 28 e 29, in tema di rinnovazione del contratto di locazione ad uso diverso in mancanza di disdetta per uno dei motivi tassativamente indicati.
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2. Disciplina applicabile ai contratti di locazione ad uso non abitativo stipulati dalla P.A.: la soluzione
La Cassazione ha dato ragione alla società conduttrice. Secondo i giudici supremi, infatti, anche ai contratti di locazione di immobili adibiti ad uso diverso da quello di abitazione stipulati dallo Stato o da altri enti pubblici territoriali è applicabile la disciplina dettata dagli artt. 28 e 29 in tema di rinnovazione che accorda al conduttore una tutela privilegiata in termini di durata del rapporto. Del resto si è notato che, a differenza dell’ipotesi regolata dall’art. 1597 c.c., la protrazione del rapporto alla sua prima scadenza in base alle richiamate norme della legge n. 392 del 1978 non costituisce l’effetto di una tacita manifestazione di volontà successiva alla stipulazione del contratto (incompatibile con il principio secondo il quale la volontà della P.A. deve essere necessariamente manifestata in forma scritta) ma deriva direttamente dalla legge.
3. Le riflessioni conclusive
Secondo la sentenza della Corte di Appello (cassata) la volontà di obbligarsi della P.A. non può desumersi per implicito da fatti o atti, dovendo essere manifestata nelle forme richieste dalla legge, tra le quali l’atto scritto ad substantiam e, pertanto, nei confronti di essa non è configurabile il rinnovo tacito del contratto di locazione.
Questa considerazione è stata ritenuta dalla Suprema Corte errata atteso che secondo un principio giurisprudenziale consolidato ai contratti di locazione di immobili adibiti ad uso diverso da quello di abitazione stipulati dallo Stato o da altri enti pubblici territoriali, in qualità di conduttori di cui all’art. 42 della legge 27 luglio 1978, n. 392, è applicabile la disciplina dettata dagli artt. 28 e 29 in tema di rinnovazione che accorda al conduttore una tutela privilegiata in termini di durata del rapporto. Come ha giustamente osservato la Cassazione nella sentenza in commento, la protrazione del rapporto alla sua prima scadenza in base alle richiamate norme della legge n. 392 del 1978 non costituisce l’effetto di una tacita manifestazione di volontà – successiva alla stipulazione del contratto e che la legge presume in virtù di un comportamento concludente e, quindi, incompatibile con il principio secondo il quale la volontà della P.A. deve essere necessariamente manifestata in forma scritta -, ma deriva direttamente dalla legge, che rende irrilevante la disdetta del locatore quando la stessa non sia basata su una delle giuste cause specificamente indicate dalla legge quali motivi legittimi di diniego della rinnovazione (Cass. civ., sez. III, 12/04/2023, n. 9759; Cass. civ., sez. III, 09/09/2022, n. 26620; Cass. civ., sez. III, 20/03/2017, n. 7040; Cass. civ., Sez. Un., 09/07/1997, n. 6227).
Il principio sopra espresso vale anche se la P.A. è locatore dell’immobile atteso che le argomentazioni che ne stanno alla base sono certamente valide anche per il caso opposto in cui la P.A. venga ad assumere nel rapporto la posizione di locatrice, non esistendo ragioni logiche o giuridiche contrarie.
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