Dislivelli insidiosi e cadute in condominio

Un approfondimento riguardante la responsabilità relativa ad eventi che, purtroppo, capitano spesso all’interno dei condomini: cadute conseguenti a insidie e pericoli.

Per approfondimenti si consiglia: Manuale del condominio

Indice

1. Premessa

Il condominio, in quanto custode dei beni e dei servizi comuni, è obbligato ad adottare tutte le misure necessarie affinché le cose comuni non rechino pregiudizio ad alcuno: in caso contrario risponde, ai sensi e per gli effetti della previsione di cui all’art. 2051 c.c., dei danni cagionati da tali cose ad un condomino o ad un terzo. L’applicabilità dell’art. 2051 c.c. si giustifica in relazione alla ricollegabilità di quei danni all’inosservanza, da parte del condominio, dell’obbligo di provvedere quale custode ad eliminare le caratteristiche dannose della cosa.
In ogni caso la responsabilità di cui all’art. 2051 c.c. del condominio ha carattere oggettivo e, quindi, ai fini della sua sussistenza, è sufficiente che il danneggiato provi il nesso di causa fra la cosa in custodia ed il danno – indipendentemente dalla insidiosità o meno della cosa. Infatti l’art. 2051 c.c., nel qualificare responsabile chi ha in custodia la cosa per i danni da questa cagionati, individua un criterio di imputazione della responsabilità che prescinde da qualunque connotato di colpa, sicché incombe al danneggiato allegare, dandone la prova, il rapporto causale tra la cosa e l’evento dannoso, indipendentemente dalla pericolosità o meno o dalle caratteristiche intrinseche della prima (Cass. civ., Sez. Un., 30/06/2022, n. 20943). Il custode per liberarsi dalla responsabilità deve dimostrare il caso fortuito; quest’ultimo può essere costituito anche dalla condotta del danneggiato che può rappresentare, sia una concausa del danno, sia la causa esclusiva dello stesso.

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2. La prevedibilità dell’evento

Come detto il condominio ha il dovere di eliminare o di segnalare il pericolo connesso all’uso della parte comune; il condomino o il terzo non può utilizzare in modo imprudente il bene condominiale, al punto che l’imprudenza del danneggiato – che abbia riportato un danno a seguito di un’impropria utilizzazione – può anche integrare il caso fortuito. In particolare la condotta del danneggiato (qualora entri in interazione con la cosa) si atteggia diversamente a seconda del grado di incidenza causale sull’evento dannoso e deve essere valutata tenendo anche conto del dovere generale di ragionevole cautela riconducibile al principio di solidarietà espresso dall’art. 2 Cost.; in altre parole quanto più la situazione di possibile danno è suscettibile di essere prevista e superata attraverso l’adozione da parte del danneggiato delle cautele normalmente attese e prevedibili in rapporto alle circostanze, tanto più incidente deve considerarsi l’efficienza causale del comportamento imprudente del medesimo nel dinamismo causale del danno, fino a rendere possibile che detto comportamento interrompa il nesso eziologico tra fatto ed evento danno. Quindi, tanto più è gravemente colposa la condotta del condomino – per essere facilmente prevedibile dal medesimo la situazione potenzialmente dannosa – tanto più la sua condotta assume incidenza causale nella produzione del danno, fino a divenirne la causa esclusiva, degradando la cosa a mera occasione del suo verificarsi (Cass. civ., sez. III, 27/04/2023, n. 11152). Infatti, in tal caso, la condotta del danneggiato, discostandosi da quella diretta ad evitare il danno che il custode poteva ragionevolmente attendersi secondo un giudizio ex ante sulla base di un criterio probabilistico di regolarità causale, diviene, per lo stesso custode, una condotta eccezionale ed imprevedibile.

3. Dislivelli insidiosi e cadute: casistica

La Suprema Corte ha ritenuto che il sinistro subito dalla ricorrente, rovinosamente caduta uscendo da un ascensore che si era arrestato con un dislivello di circa 20 centimetri rispetto al piano, fosse causalmente attribuibile alla disattenzione della  stessa, in considerazione delle condizioni di illuminazione e della presenza di una doppia porta di apertura dell’ascensore, circostanze che avrebbero reso superabile il pericolo creato dal detto dislivello tenendo un comportamento ordinariamente cauto (Cass. civ., sez. III, 22/06/2016, n. 12895). Il Tribunale di Savona, invece, ha ritenuto che la condotta del danneggiato abbia comunque concorso a causare l’evento (nella misura del 30%), senza però escludere la responsabilità oggettiva del condominio per il dislivello nell’impianto comune. L’ordinaria cautela deve essere valutata tenendo conto delle condizioni del soggetto al quale è richiesta. La condomina danneggiata, infatti, era in precarie condizioni di salute, quasi novantenne ed il dislivello di 15-20 cm non poteva certo ritenersi esiguo in rapporto ad un utente fragile e dalla mobilità ridotta (Trib. Savona 22 marzo 2021, n. 226). Più recentemente, in relazione ad una caduta dovuta al dislivello dell’area calpestabile del marciapiede, la Cassazione ha respinto il ragionamento con cui il giudice di secondo grado aveva cancellato il ristoro dei danni deciso in primo grado (nella misura di 41 mila euro). Secondo la Corte di Appello il danneggiato conosceva l’esistenza del dislivello e le condizioni di luce e di posizionamento della stessa non costituivano in sé un pericolo; in altre parole la condotta colpevole della vittima aveva determinato il danno interrompendo così il nesso causale di esso con la cosa. I giudici supremi hanno evidenziato che non è sufficiente dimostrare la colpa, ma è necessario anche provare l’imprevedibilità e l’inevitabilità del fatto dovuto alla condotta della vittima (Cass. civ., sez. III, 19/12/2023, n. 37059). Recentemente è stata accertata la responsabilità ex articolo 2051 c.c. in capo al condominio che è stato condannato a corrispondere all’infortunata il danno non patrimoniale e patrimoniale. La caduta è avvenuta in prossimità di un tombino, reso insidioso dalle plurime sconnessioni tali da creare il dislivello di qualche centimetro rispetto al piano calpestabile. L’identità dei materiali utilizzati per la costruzione del tombino rispetto al pavimento e l’identità cromatica con quest’ultimo ha permesso di ritenere che lo stesso fosse scarsamente visibile (Trib. Milano 26 ottobre 2023 n. 8338). 

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