Il distacco dei lavoratori alla luce dei recenti orientamenti giurisprudenziali

Approfondimento in tema di diritto del lavoro sul distacco dei lavoratori alla luce dei recenti orientamenti giurisprudenziali.

Per approfondimenti si consiglia il seguente volume, il quale analizza compiutamente l’intera disciplina del rapporto di lavoro subordinato, così come contenuta nel codice civile (con la sola eccezione delle regole relative al licenziamento e alle dimissioni): Il lavoro subordinato

Indice

1. Cenni storici ed attuale configurazione normativa

L’istituto del distacco è uno strumento di flessibilità nella gestione del rapporto di lavoro di particolare utilità in diverse fasi della vita di una azienda. In quanto tale, alla pari di altri istituti derogativi della disciplina generale, in fase applicativa può prestarsi a fattispecie elusive della vigente normativa lavoristica. In altri casi, il distacco viene deliberatamente effettuato in maniera irregolare, talvolta anche al fine di mascherare violazioni del divieto di interposizione di manodopera.
Pur essendo già stato previsto come istituto dalla contrattazione collettiva nonché dalla giurisprudenza, chiamata a valutare dinamiche a cui si ricorreva sempre più frequentemente nella vita reale, solo con l’entrata in vigore del D. Lgs. 10 settembre 2003, n. 276, la figura del distacco del lavoratore riceve una disciplina normativa unitaria.
Prima del 2003, il legislatore aveva disciplinato il distacco, ma solo in riferimento ad ipotesi ben definite.
L’Art. 2, L. 26 novembre 1993, n. 482 introduce il distacco dei lavoratori presso i gruppi parlamentari, al fine di svolgere attività istituzionali, disposto previo consenso del lavoratore e del datore di lavoro.
Nell’ambito della ricerca scientifica, l’art. 3 c. 2, del d.lgs. 27 luglio 1999, n. 297, integrato dall’art. 15 del d.m. attuativo dell’8 agosto 2000, n. 593, ha istituito la possibilità di assegnazione temporanea, previo loro assenso, di ricercatori dipendenti da enti di ricerca, ivi comprese le Università, in distacco presso soggetti industriali o assimilati, con priorità per piccole e medie imprese. In questo caso, il distacco viene disposto ad iniziativa e su richiesta del distaccatario, nel suo interesse e con la disponibilità previamente acquisita del ricercatore, a sua volta interessato al progetto, che può in ogni momento decidere la cessazione del distacco e il reintegro nell’Ente di provenienza.
Le altre ipotesi di distacco sono state predisposte dal legislatore come strumento di tutela dei rapporti di lavoro. La disciplina dettata dall’art. 8, c. 3, della l. 19 luglio 1993, n. 236, prevede che, nel corso delle procedure di consultazione in vista di eventuali licenziamenti collettivi, gli accordi sindacali, al fine di evitare le riduzioni di personale, possano regolare il comando o il distacco di uno o più lavoratori da un’impresa ad altra per una durata temporanea.
Queste differenti tipologie di distacco rispondevano ad esigenze di specifici ambiti lavorativi pur contenendo elementi utili per l’utilizzo dell’istituto anche al di fuori di queste specifiche ipotesi.
Partendo da tali caratteristiche, con l’introduzione dell’art 30 del d.lgs. n. 276/2003, il legislatore, diversamente rispetto al passato, ha normato in maniera unitaria e trasversale l’istituto del distacco, configurandolo quale fattispecie nella quale un datore di lavoro, per soddisfare un proprio interesse, pone temporaneamente uno o più lavoratori a disposizione di altro soggetto per l’esecuzione di una determinata attività lavorativa.
Per approfondimenti si consiglia il seguente volume, il quale analizza compiutamente l’intera disciplina del rapporto di lavoro subordinato, così come contenuta nel codice civile (con la sola eccezione delle regole relative al licenziamento e alle dimissioni):

2. Le caratteristiche del distacco

Il legislatore, facendo proprie le esperienze passate, interviene nel 2003 definendo caratteristiche e requisiti dell’istituto. Successivi interventi normativi e giurisprudenziali hanno contribuito a delineare l’odierno quadro complessivo.
2.1 – L’esercizio del potere direttivo e disciplinare.
Per quanto riguarda le caratteristiche principali dell’istituto si osserva che il distacco comporta, sul piano sostanziale, un cambio nell’esercizio del potere direttivo poiché’ il dipendente viene in concreto dislocato presso altro datore di lavoro, con contestuale assoggettamento al comando ed al controllo di quest’ultimo. Tale assoggettamento non è automatico al verificarsi del distacco ma richiede comunque una delega esplicita da parte del distaccante [1].
Dal potere direttivo scaturisce per l’azienda distaccataria la possibilità di esercitare il potere disciplinare [2]. Tale potere non è esclusivo, in quanto anche il datore di lavoro distaccante può sanzionare il proprio dipendente per le condotte tenute nel periodo di distacco, lesive del rapporto di fiducia tra le parti [3].
Le modifiche elencate non provocano effetti sulla titolarità del rapporto. Il datore di lavoro distaccante continua ad essere titolare del contratto di lavoro nonché responsabile nei confronti del lavoratore del trattamento economico e normativo del lavoratore in distacco [4]. Alla pari, continua a restare a carico del datore di lavoro distaccante il premio dell’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni e le malattie professionali, e gli incarichi di direzione e sorveglianza del lavoro ex comma 3 dell’art. 10, D.P.R. n. 1124/1965.
2.2 – Gli obblighi in materia di salute e sicurezza.
Al distaccante spetta, inoltre, l’onere, di ottemperare a tutti gli obblighi in materia di salute e sicurezza sul lavoro inclusa la sorveglianza sanitaria [5], con esplicito obbligo di informare e formare il lavoratore sui rischi tipici generalmente connessi allo svolgimento delle mansioni per le quali egli viene distaccato. A tal fine il datore è obbligato a munire i lavoratori distaccati dei dispositivi di sicurezza idonei a eliminare le situazioni di pericolo riscontrate. Il Ministero del Lavoro, sul punto, nella  risposta ad istanza di interpello del 13 luglio 2006, prot. n. 25/I/0001565, ha, però, precisato come i medesimi obblighi di sicurezza e di prevenzione ricadano anche sull’impresa distaccataria, tenuta ad adottare nei confronti del lavoratore distaccato le stesse misure adottate nei confronti dei propri dipendenti. La compresenza di obblighi di prevenzione a carico di distaccante e distaccatario, trovano un inevitabile corollario nei profili di responsabilità. Nell’infausto caso in cui, durante il periodo di distacco, il lavoratore subisse un infortunio, la responsabilità ex art. 2049 c.c. ricadrebbe sul distaccatario, avendo assunto in proprio la direzione, la vigilanza ed il controllo sulla prestazione [6]. Nel caso in cui il datore distaccatario non abbia adempiuto ai citati obblighi formativi ed informativi del distaccato, non si può escludere, d’altra parte, una sua responsabilità ex art. 2087 cod. civ. per l’eventuale infortunio subito dal dipendente per la mancata conoscenza dei pericoli cui è stato esposto [7].
2.3 – Gli obblighi retributivi.
In merito agli obblighi retributivi non sussiste una solidarietà tra distaccante e distaccatario. Sul punto è orientamento consolidato che il distaccante resti titolare dell’obbligo retributivo [8], mentre il distaccatario debba essere responsabile per eventuali trattamenti retributivi e normativi che dovesse applicare al lavoratore distaccato nell’ambito di pattuizioni nuove assunte con lo stesso, rispetto alle quali il distaccante sarebbe rimasto estraneo. Per l’effetto rimane in capo al distaccante anche l’obbligo di versamento degli oneri contributivi, che devono essere adempiuti in base all’inquadramento del lavoratore presso il datore distaccante.
In passato era consolidata la prassi del rimborso degli oneri retributivi al distaccante da parte del distaccatario. Una risalente sentenza della Corte di Cassazione a Sezioni Unite [9] stabiliva che il rimborso del trattamento economico del lavoratore distaccato al distaccante non avesse alcuna rilevanza ai fini della qualificazione della genuinità del distacco, dal momento che il lavoratore distaccato esegue la prestazione non solo nell’interesse del distaccante ma anche nell’interesse del distaccatario. Per gli Ermellini la possibilità di ammettere il rimborso avrebbe reso più lineare e trasparente l’imputazione reale dei costi sostenuti da ogni singola società. In questo senso l’importo del rimborso non avrebbe potuto superare quanto effettivamente corrisposto al lavoratore dal datore di lavoro distaccante. Tale orientamento giurisprudenziale, all’esito delle modifiche introdotte dal D. Lgs. 276/2003, a parere di chi scrive, non è da ritenersi più condivisibile né applicabile in un’ottica di contrasto alla intermediazione illegittima di manodopera. Il rimborso del costo del lavoratore, infatti, può rappresentare un indizio evidente di un rapporto tra le parti di natura elusiva o del tutto illegittima.
2.4 – Requisiti di forma e consenso del lavoratore.
In merito ai requisiti di forma si può affermare che il provvedimento di distacco non richieda forma scritta. Si esclude la necessità sia di una previsione contrattuale che lo autorizzi, sia dell’assenso preventivo del lavoratore interessato, che esegue la sua prestazione altrove in osservanza del dovere di obbedienza di cui all’art. 2104 c.c. [10]. In tal senso depone non soltanto il silenzio del legislatore in proposito, che non può essere interpretato se non in armonia con il principio generale della libertà della forma in materia contrattuale di cui all’art. 1350 c.c., ma anche l’impianto complessivo del decreto legislativo citato, che ha valorizzato il requisito della forma, ad substantiam o ad probationem, per le tipologie contrattuali introdotte ex novo o riformate, anche a contenuto formativo, ma non per le attività, sebbene di natura negoziale, compiute nell’esercizio dei poteri inerenti ai rapporti di lavoro [11].
Il distacco, pertanto, può avvenire con o senza il consenso del lavoratore [12]: non esiste, in assenza di dettato normativo, un indirizzo giurisprudenziale che neghi un potere unilaterale di distacco.
In senso analogo, si deve ritenere che il consenso del lavoratore, richiesto quando il distacco comporti un mutamento di mansioni, possa essere manifestato in qualsiasi forma, anche tacitamente e per fatti concludenti (come, ad esempio, l’acquiescenza senza riserve alla nuova destinazione), in ogni caso senza bisogno di assistenza o sostegno, sindacale o istituzionale.
Il consenso del lavoratore non vale ad esonerare il datore di lavoro dalla necessità di giustificare con “comprovate ragioni tecniche, organizzative, produttive o sostitutive” il distacco che comporti un trasferimento presso una unità produttiva sita a più di 50 Km da quella in cui il lavoratore è adibito.
Qualora l’unità produttiva del distaccatario si trovi a minore distanza, le ragioni del distacco sono assorbenti e valgono a giustificare anche lo spostamento ad altra unità produttiva restando il consenso del lavoratore, al riguardo, ininfluente.
In caso di violazione di tali precetti previsti dal comma 3 dell’art. 30 del d.lgs. n. 276, sarà applicabile solo la tutela risarcitoria civilistica ma non la sanzione della costituzione del rapporto alle dipendenze dell’utilizzatore che risulterà, in base ad un’interpretazione letterale e logico-sistematica, oltre che rispondente ad un ragionevole bilanciamento di interessi,  applicabile solo in ipotesi di distacco sprovvisto dei requisiti di legittimità dell’interesse del distaccante e della temporaneità [13].

3. I requisiti di legittimità del distacco

I requisiti di legittimità dell’istituto, come previsti dal D.Lgs 276/2003 ed esplicati nella Circolare del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali del 15 gennaio 2004 n. 3, sono costituiti dall’interesse del distaccante e dalla temporaneità del distacco connesso allo svolgimento di una determinata attività lavorativa.
Con riferimento al requisito dell’interesse, l’art. 30 del D.Lgs 276/2003 si limita a precisare che il datore di lavoro distaccante deve «soddisfare un proprio interesse». La genericità della norma ha reso necessario, per poterne realmente comprendere l’estensione, numerosi interventi del Ministero del Lavoro e della giurisprudenza di legittimità, inclusa quella anteriore al 2003, che ha in gran parte ispirato i contenuti del D.lgs. 276/2003.
Il distacco, secondo l’orientamento predominante, può essere giustificato da un qualsiasi interesse produttivo del distaccante, anche di carattere non economico che non coincida con l’interesse alla mera somministrazione di lavoro [14].
Tale interesse deve essere specifico, rilevante, concreto e persistente, accertato caso per caso in base alla natura dell’attività espletata e non semplicemente in relazione all’oggetto sociale dell’impresa [15]. È, pertanto, necessaria una puntuale individuazione delle finalità perseguite con il distacco, evitando l’utilizzo di clausole di stile ed evidenziando, in ogni caso, la sussistenza di uno specifico interesse dell’imprenditore distaccante [16]. In concreto, è la causa del contratto di lavoro in corso con il distaccante che permette la disapplicazione del principio generale previsto dall’art. 2127 cod. civ., per effetto del quale un imprenditore non può inserire a tutti gli effetti un proprio dipendente nell’organizzazione di altro imprenditore senza che il secondo assuma la veste di datore di lavoro [17].
Il dettato normativo richiede, inoltre, che il distacco debba essere temporalmente determinato. Per temporaneità si intende non tanto l’apposizione discrezionale di un termine finale al distacco (che può anche mancare), quanto la possibilità di formulare un giudizio prognostico sull’esaurirsi in un periodo delimitato dell’interesse al distacco stesso.
La giurisprudenza di legittimità da tempo ha ritenuto che il distacco non richieda che la destinazione del lavoratore a prestare la propria opera in favore di un soggetto diverso abbia una durata predeterminata fin dall’inizio, né che essa sia più o meno lunga o sia contestuale all’assunzione del lavoratore, ovvero persista per tutta la durata del rapporto, ma solo che la durata del distacco coincida con quella dell’interesse del datore di lavoro a che il proprio dipendente presti la sua opera in favore di un terzo [18].
Si potrebbe anche affermare che è la temporaneità a selezionare gli interessi produttivi che rendono possibile un distacco. Tale lettura sarebbe coerente con la ratio del requisito previsto dalla legge, che trova la propria giustificazione nelle ragioni esterne alla struttura dell’istituto finalizzate a limitarne l’utilizzo: da un lato, in funzione antielusiva, per evitare eventuali aggiramenti del divieto di somministrazione irregolare; dall’altro, per limitare nel tempo una forma di impiego del dipendente che rischia di estraniarlo dalla propria comunità di lavoro e dalle relative relazioni professionali e collettive [19].
Con l’ordinanza del 14 aprile 2023, n. 10051, la Corte di cassazione fa un ulteriore passo in avanti, precisando come, in realtà, siano tre gli elementi costitutivi la fattispecie: oltre l’interesse del distaccante e la temporaneità del distacco deve essere sempre presente l’esecuzione di una determinata attività lavorativa.
Il distacco risulta infatti nullo laddove risulti disposto non per lo svolgimento di un’attività lavorativa presso il distaccatario, bensì per scopi formativi del personale, in vista di una possibile assunzione alle dipendenze del distaccatario. Una simile finalità è giudicata estranea alla natura e ai requisiti dell’istituto in esame e nessuna deroga può ammettersi rispetto alla necessaria presenza del concreto facere del lavoratore [20].
Nel rapporto di lavoro subordinato, la causa e l’oggetto del contratto risiedono nell’esecuzione a titolo oneroso di una o più mansioni, da rendersi secondo la diligenza richiesta dalla natura della prestazione dovuta, dall’interesse dell’impresa (Cfr. art. 2104 c.c.). Una destinazione del prestatore disposta ad attività meramente formative presso soggetti terzi risulta incompatibile con la fattispecie del distacco che è sempre una modalità, seppur alternativa, di concreta esecuzione del contratto.

Note

  1. [1]

    Cfr. Cass.Civ., 3 novembre 2000, n. 14383 in E. BARRACO, A. STIZIA, Potere di Controllo e Privacy,2016, 85; Cass. Civ., 7 novembre 2000, n. 14458 in Orient. giur. lav., 2000, I, pag. 968.

  2. [2]

    Cfr. Cass. Civ. 15 luglio 2019 n. 18888; Cass. n. 26138 del 21 novembre 2013.

  3. [3]

    Cfr. Cass. Civ. 3 luglio 2015 n. 13673.

  4. [4]

    Cfr. Cass. Civ. n. 14314 del 6 giugno 2013 in Mass. giust. civ., 2013.

  5. [5]

    Cfr. art. 3, comma 6, D.Lgs. 81/2008; Nota Min. lav. – Commissione Interpelli, 12 maggio 2016, n. 8.

  6. [6]

    Cfr. Cass., sez. 3 pen., ord. 23 gennaio 2018, n. 1574

  7. [7]

    Cfr. D.Lgs. n. 626/1994 e succ. modifiche. Cfr. in dottrina G. VIDIRI, L’art. 30 del d.lgs. n. 276/2003: una norma di difficile lettura, MGL, 2004, 569.

  8. [8]

    Cfr. Cass., 9 novembre 1990, n. 10807; Cass., 20 luglio 1990, n. 7431; Cass. 22 gennaio 2015, n. 1168 in Mass. giur. it., 2015

  9. [9]

    Cfr. Cass. Sez Un 13 aprile 1989, n. 1751

  10. [10]

    Cfr.  Cass. 7 novembre 2000, n. 14458, Cass. 17 marzo 1998, n. 2880; Cass. 21 maggio 1998, n. 5102; Cass. 10 giugno 1999, n. 5721; Cass. 10 agosto 1999, n. 8567; Cass. 2 novembre 1999, n. 12224; Cass. 7 giugno 2000, n. 7743; Cass. 3 agosto 2001, n. 10771; Cass. 8 giugno 2005, n. 11952. In dottrina cfr, G. PROIA, Forme di impiego flessibile nel lavoro subordinato , in G. SANTORO PASSARELLI (a cura di), Diritto del lavoro e della previdenza sociale , Milano 1996, 717 e ss.

  11. [11]

    Cfr. C. ZOLI, Il distacco del lavoratore nel settore privato, DL, 2003

  12. [12]

    Cfr. Trib. Messina, Sezione L, Civ., 26 ottobre 2018 n. 1239.

  13. [13]

    Cfr. Cass. Civ., Sezione L., Ord. 11 settembre 2020 n. 18959

  14. [14]

    Con la Circolare n. 3/2004, il Ministero ha osservato come l’interesse che legittima il distacco non puo’ mai concretizzarsi in un mero interesse al corrispettivo per la fornitura di lavoro altrui, che caratterizza, invece, la diversa fattispecie della somministrazione di lavoro.

  15. [15]

    Cfr. Cass. Civ. 7 giugno 2000 n. 7743, Cass. CIv. 24 ottobre 2000 n. 13979, Cass. Civ. 17 gennaio 2001 n. 594.

  16. [16]

    Cfr. Cass. Civ. 17 marzo 1998 n.2880.

  17. [17]

    Cfr. Cass. Civ., 17 gennaio 2001 n. 594.

  18. [18]

    Cfr. Cass. Civ. 25 novembre 2010 n. 23933.

  19. [19]

    Cfr. Cass. Civ. 15 giugno 1992 n. 7328, 17 marzo 1998 n. 2880.

  20. [20]

    Cfr. sempre Cass. Civ. Ord. 14 aprile 2023, n. 10051 che precisa che “la dissociazione fra il soggetto che ha proceduto all’assunzione del lavoratore e l’effettivo beneficiario della prestazione […] è consentita soltanto a condizione che […] il distacco realizzi uno specifico interesse imprenditoriale che consenta di qualificare il distacco medesimo quale atto organizzativo dell’impresa che lo dispone, così determinando una mera modifica delle modalità di esecuzione della prestazione lavorativa”.

Neil Andrew MacLeod

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