In un’era in cui i termini “flessibilità” e “riqualificazione” assumono una veste rilevante nei rapporti di lavoro ed il mito del posto fisso va progressivamente sgretolandosi, si assiste non di rado a vere e proprie migrazioni di lavoratori da un’azienda all’altra, nella maggior parte dei casi, ad onor del vero, tra loro collegate.
I prestiti o i distacchi di personale dipendente (come vedremo, non necessariamente di poche unità) ricadono nell’esclusione dalla base imponibile I.V.A., ai sensi dell’art.15, comma 1, n.3 del DPR 633/72, purché l’impresa beneficiaria ne corrisponda il solo costo di tale utilizzazione, vale a dire la retribuzione, gli oneri fiscali e previdenziali, nonché le spese sostenute dai dipendenti.
La norma in questione, infatti, stabilisce che non concorrono a formare la base imponibile le somme dovute a titolo di rimborso delle anticipazioni fatte in nome e per conto della controparte, purché regolarmente documentate.
E’ pacifico che per “regolarmente documentate” devono intendersi quelle risultanti da documenti intestati al committente del servizio al quale vengono poi rimessi per il conseguente rimborso dal prestatore del servizio stesso.
Condizione necessaria affinché si configuri l’istituto dell’anticipazione di somme in nome e per conto di altro soggetto, occorre che colui che sopporta materialmente la spesa agisca “in nome e per conto” e quindi in sostituzione del committente che originariamente vi sarebbe tenuto, il quale provvederà successivamente al rimborso.
Il legislatore, in ogni modo, è già intervenuto a dirimere la questione, con l’art.8, comma 35 della Legge 11.03.1988, n.67, pubblicata sulla G.U.R.I. n. 61 del 14.3.1988, affermando che il rimborso del solo costo del prestito o distacco di personale dipendente non rileva ai fini dell’imposta sul valore aggiunto.
E’ pur vero che a poca distanza dalla nascita del decreto I.V.A., l’Amministrazione Finanziaria si era già pronunciata in merito con la Ris. Min. n.502712 del 5.7.1973, dove si affermava un principio importante: le somme pagate dalla società utilizzatrice del personale prestato, rappresentano un mero rimborso delle spese di lavoro subordinato sostenute dalla società che ha prestato lo stesso poiché non sono poste in essere “verso corrispettivo” e pertanto fuori dall’ambito dell’art.3 del DPR 633/72. Si tenga presente che nella locuzione “spese di lavoro subordinato” rientrano oltre alla retribuzione anche gli oneri previdenziali ed assistenziali. La risoluzione di cui sopra faceva riferimento a distacchi tra società collegate e pertanto limitava la portata della stessa. Infatti, la stessa Amministrazione, nemmeno a distanza di un anno, con la Ris. Min. n.500160 del 19.02.1974, nel ribadire la linea interpretativa della precedente, ne ampliava il contenuto estendendolo ai casi in cui tra le parti dell’operazione non esistesse alcun collegamento di natura organica o finanziaria.
Qualora, invece, le spese del costo del lavoro dipendente siano maggiorate, a qualunque titolo, ne consegue che l’intero importo è rilevante ai fini I.V.A., ai sensi del disposto congiunto degli artt.1 e 3 del DPR 633/72.
Questa interpretazione del dicastero di Viale Europa, delineata con la Ris. Min. 411847 del 20.03.1981 appare chiara: se oltre al solo costo complessivo del lavoro si aggiunge una qualsiasi maggiorazione, allora l’operazione è da intendere totalmente prestazione di servizio verso corrispettivo e come tale soggetta ad I.V.A..
Da ultimo, con la Ris. Min. n.152 del 5.6.1995, si aggiunge un ulteriore tassello che dirada dubbi e perplessità: ai fini della disciplina agevolativa, cioè l’esclusione dalla base imponibile I.V.A. del solo costo del personale prestato e/o distaccato, è condizione necessaria che lo stesso sia legato da rapporto di lavoro dipendente con il soggetto che lo ha temporaneamente distaccato. In assenza di questo fondamentale requisito, le somme corrisposte sono soggette ad I.V.A., ex. art.3 DPR 633/72, dovendosi ritenere esistente il requisito della corrispettività anche se l’importo pagato è pari al solo costo del personale distaccato.
Di quanto è stato precedentemente illustrato ne è stata investita anche la Suprema Corte di Cassazione con la Sen. N. 1788 del 6.3.1996, la quale nel ribadire l’orientamento delle precedenti risoluzioni ministeriali, vale a dire l’esclusione Iva del rimborso del solo costo del lavoro dipendente, ha ulteriormente sancito che la nozione di prestito di personale non è limitata al caso del distacco di poche unità.
Pertanto, alla luce delle norme illustrate, il distacco e/o il prestito di personale è escluso dalla base imponibile I.V.A. ex art.15, comma 1, n.3 solo se sussistono contemporaneamente le seguenti condizioni:
le somme pagate siano effettivamente commisurate al costo del lavoro;
il personale coinvolto sia legato al soggetto prestatore da un rapporto di lavoro dipendente.
Si precisa che qualora non siano soddisfatte le precedenti condizioni, si renderà applicabile la sanzione amministrativa di cui all’art.6, comma 1 del Dlgs 471/97, che prevede la sanzione dal 100% al 200% dell’imposta relativa, e che la stessa, ai sensi del disposto del successivo comma 4 non può essere inferiore al milione, fermo restando il pagamento del tributo.
Resta impregiudicata la possibilità di avvalersi dell’istituto del ravvedimento operoso previsto dall’art.13 del Dlgs 474/97, qualora la violazione non sia già stata constatata (ad esempio con processo verbale di constatazione notificato alle parti) oppure abbiano avuto inizio accessi, ispezioni o verifiche, ex art.52 Dpr 633/72, o in ultima analisi non siano poste in essere altre attività amministrative di cui l’autore, o il soggetto solidamente obbligato, ne abbia conoscenza formale ( si pensi agli inviti, questionari ex art. 52 decreto Iva).
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