Distanze tra costruzioni

Le distanze tra i fabbricati e i confini delle proprietà sono regolati dal codice civile. Chi progetta, nonostante sia il proprietario e quindi colui che gode della cosa in modo pieno ed assoluto, sa bene quali sono le distanze da rispettare e cosa impone il codice civile all’articolo 873. Ma come interpretare questo articolo? Cosa si intende in realtà per costruzione? Rientrano nel “fabbricato” anche le terrazze o hanno un calcolo volumetrico proprio? Vengono prese in considerazione ai fini della distanza o quest’ultima viene presa in relazione al fabbricato con esclusione di particelle esterne?

Sommario: 1.Stabilità e immobilizzazione al suolo ( Cass. 2011/15972; 2019/5145); 2 Confine e muro di cinta; 3 Piantagioni e distanze.

1.” Stabilità e immobilizzazione” al suolo (Cass. 2011/15972; 2019/5145)

Le distanze tra edifici sono disciplinate dagli artt. 873, 874, 875 e 877 del Codice Civile. In modo particolare, l’articolo 873 c.c. recita:” Le costruzioni su fondi finitimi, se non sono unite o aderenti, devono essere tenute a distanza non minore di tre metri. Nei regolamenti locali può essere stabilita una distanza maggiore”

In sintesi, l’art. 873 c.c., stabilisce che si deve rispettare una distanza di almeno tre metri.  In concreto, il proprietario deve lasciare uno spazio di almeno tre metri tra la sua costruzione e quella del fondo confinante (art. 873 c.c.), sempre che le costruzioni non siano unite o aderenti ; ciò vuol dire che è possibile spingersi, esistendo un’altra costruzione, ad un metro e mezzo dal confine, ma solo se la costruzione del vicino si trova a meno di un metro e mezzo dal confine, il proprietario può entrare nel fondo confinante e edificare in aderenza al muro del suo vicino, a meno che il vicino non intenda spostare il suo muro sul confine (art. 875 c.c.). In tal caso vi sarà comunione (forzosa) del muro di confine tra i due proprietari. Se però, il proprietario del fondo costruisce in aderenza ma senza appoggiarsi alla costruzione del vicino, allora non vi sarà comunione forzata tra i due muri (art. 87 c.c.).  In riferimento alle costruzioni, la giurisprudenza recente (Cass. 2011/15972; 2019/5145), ha comunicato che:

Costituisce “costruzione”, ai sensi dell’art. 873 c.c., anche un manufatto che, seppure privo di pareti, realizzi una determinata volumetria ed abbia i caratteri della stabilità, della consistenza e dell’immobilizzazione al suolo. (Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione di merito che aveva qualificato come costruzione una tettoia aperta su un lato e saldamente fissata con la copertura al muro di confine, i cui montanti, pur essendo dei cavalletti mobili, erano cementati al suolo)”

Parte della costruzione sono anche scale, terrazzi e dunque computabili ai fini del calcolo delle distanze, salvo che non abbiano funzione meramente decorativa e ornamentale[1]. Distanze inferiori non possono essere apposte dai comuni.

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2. Confine e muro di cinta

Diverso è invece la situazione concernente la costruzione di un muro di cinta. il muro di cinta e ogni altro muro isolato che non abbia altezza superiore a tre metri non deve essere costruito rispettando le distanze ex art. 873, ma quando è sul confine può essere reso comune anche a scopo di appoggio purché non preesista al di là un edificio a distanza inferiore a tre metri (art. 878 c.c.) E’ possibile costringere il vicino a contribuire per la metà nella spesa per la costruzione del muro di cinta (art. 886 c.c.) E’ come se la legge concedesse al proprietario confinante la facoltà di una duplice scelta:

  • Può costruire in aderenza, facendo combaciare le due opere murarie;
  • Può ottenere la comunione del muro appoggiandovi anche il suo edificio e pagando la metà del valore del muro (indennità di medianza:) qualora non vuole rispettare la distanza di 3 metri.

La costruzione in appoggio rende obbligatorio l’acquisto della comunione del muro; la costruzione in aderenza esclude la comunione del muro. Nell’uno e nell’altro caso, se la prima costruzione non è stata fatta sul confine, il vicino ha la facoltà di occupare anche lo spazio esistente tra il confine e il muro costruito a meno della metà della distanza da rispettare, pagando il valore del terreno occupato. In altri termini, il proprietario che costruisce per primo determina in concreto le distanze da osservare per le successive costruzioni da erigersi sui fondi vicini. Se il primo costruisce esattamente a un metro e mezzo o due, il vicino deve rispettare uguale distanza dallo stesso confine; se il primo costruisce a meno di un metro e mezzo, il vicino deve, o arretrarsi con la sua costruzione o avvicinarsi fino ad abolire ogni distacco; se il primo costruisce a più di un metro e mezzo, il vicino può anche avvicinarsi al confine, correndo però il rischio che il primo, cambiando idea, vorrà in seguito portare avanti la sua costruzione fino ad aderire. Quanto sopra menzionato, giuridicamente parlando prende il nome di CRITERIO DELLA PREVENZIONE TEMPORALE. La cassazione sez.un. 2016/10318 si è espresso in merito a tale criterio ritenendo che principio della prevenzione si applica anche nell’ipotesi in cui il regolamento edilizio locale preveda una distanza tra fabbricati maggiore di quella ex art. 873 c.c. e tuttavia non imponga una distanza minima delle costruzioni dal confine, atteso che la portata integrativa della disposizione regolamentare si estende all’intero impianto codicistico, inclusivo del meccanismo della prevenzione.

Si legga anche:”Abusi edilizi: come regolarizzare il proprio immobile”

3 Piantagioni e distanze

Diverso ancora è il discorso che riguarda le piantagioni. Diversamente previsto dai regolamenti comunali, devono essere rispettate le seguenti distanze:

  1. Alberi di alto fusto (3 metri);
  2. Alberi il cui tronco prima di dipartirsi in rami non supera l’altezza media di tre metri (1 ½ metro);
  3. Viti, gli arbusti, le siepi e le piccole piante fruttifere (1/2 metri);

Può accadere che si acquisti il diritto a possedere alberi ad una distanza inferiore da quella di cui sopra. In ogni caso, anche dopo acquistato il diritto di tenere alberi a distanza inferiore alla legale, una volta che uno di questi muoia o sia estirpato, non si ha il diritto di ripiantarlo nello stesso luogo, sempre che non faccia parte di un filare. Cosa accade però se l’albero del vicino invade il fondo confinante (radici o rami)? la legge stabilisce che il vicino può costringere il proprietario dell’albero a tagliare i rami che sporgano oltre il confine, e può egli stesso recidere le invadenti radici. I frutti caduti naturalmente su di un fondo dall’albero del vicino, se usi locali non dispongono diversamente, appartengono al proprietario del fondo sul quale sono caduti.

Va altresì precisato che chi apre pozzi, cisterne, buche biologiche, deve rispettare almeno la distanza di 2 metri dal confine;  se invece si tratta di fossi o canali, il proprietario deve osservare una distanza tra il ciglio del fosso e il confine, uguale almeno alla profondità massima dell’escavo, fatte sempre salve diverse disposizioni di regolamenti locali .

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Note

[1] Cass. 2018/26846

Carmina Valentino

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