Le lezioni di piano del vicino, la Tv al massimo volume, il portone sbattuto, le esalazioni del condizionatore al piano di sotto, il puzzo di cucina del ristorante, il chiasso della discoteca: sono solo alcuni tra i tanti esempi delle fonti di rumori e di odori che possono travagliare la nostra tranquillità, perfino tra le quattro mura di casa nostra. La convivenza con questi disturbi è ovviamente più dura da sopportare in condominio, dove esser vicini è una necessità e i muri, soprattutto nei palazzi frutto del boom edilizio degli anni ’50-’60, sono di carta velina.
Rivolgersi all’amministratore condominiale è spesso una carta perdente, sia perché il suo mandato è la tutela delle parti comuni (e non i disturbi che i proprietari si arrecano l’un l’altro), sia perché ogni protesta è un’arma spuntata., in mancanza di un regolamento contrattuale (cioè firmato da tutti) che fissi dure sanzioni ai trasgressori caso per caso,
Ci si può appellare invece al codice civile, articolo 844 , che vieta “immissioni di fumo o calore, esalazioni, rumori , scuotimenti e simili propagazioni”, per quanto tiepidamente. L’evoluzione dei costumi e la giurisprudenza hanno portato, per fortuna, a rafforzare le tutele, tanto che è divenuto comune far appello, congiuntamente alla procedura ordinaria dell’articolo 844, anche all’articolo 700 del codice di procedura civile: in altre parole a un provvedimento di urgenza a tutela al proprio diritto alla salute. Questo tipo di ricorso,che può essere proposto solo davanti al Giudice Unico, rende molto raro quello al Giudice di Pace, che pur sarebbe competente delle liti sulle immissioni tra vicini.
Una seconda strada, meno percorsa, è il ricorso amministrativo all’Agenzia regionale dell’ambiente (che in quasi tutte le regioni ha assorbito le competenze delle Asl); si tratta di una scelta che ha un senso solo in caso di rumori provocati da un’attività commerciale, industriale o un ristorante, per cui esistano norme di contenimento dell’inquinamento in applicazione della legge 447/95.
Ma quando un rumore è veramente intollerabile? Nel ricorso al giudice civile, la giurisprudenza concorda sul fatto che lo diventa quando supera di 3 decibel il rumore di fondo dell’ambiente La nostra percezione è legata infatti alla differenza di un suono da quelli di sottofondo: in una notte in campagna il cri cri dei grilli si sente benissimo, in città non riusciremmo a percepirlo. I decibel di differenza sono valutati attraverso una misura istantanea, da cui sono escluse altre fonti eccezionali di disturbo (classico il fracasso di una sirena o di un camion).
Per poterlo chiedere il ricorso d’urgenza, occorre aver fatto effettuare una perizia a un tecnico acustico di parte. Vanno poi collezionate tutte le testimonianze possibili (vicini, vigili urbani, oltre un’eventuale perizia dell’Arpa regionale) e, naturalmente, va coinvolto anche un avvocato. A sua volta il giudice incaricherà un Consulente tecnico d’ufficio (Ctu), unperito esperto in misurazioni acustiche. Tutti questi attori sulla scena significano l’anticipo somme non indifferenti per il ricorso, almeno 5 mila euro: non c’è che da sperare di vedersele rimborsare, una volta vinta la causa.
Particolarmente difficile da provare resta l’esistenza del rumore o dell’immissione di fumo quando essi non sono causati da impiantifissi azionabili (come, in condominio, un ascensore o una centrale termica e, all’esterno, una fabbrica a ciclo continuo), bensì da comportamenti volontari (musica in discoteca, Tv, lavorazioni artigianali, lezioni di arti marziali). Allora l’intervento del Consulente tecnico del giudice può essere del tutto inutile. Infatti il giudice, per tutelare le esigenze di difesa di chi è accusato del disturbo, lo preavverte dell’arrivo del consulente. Le conseguenze sono inevitabili: il rumore viene attenuato artificiosamente.In questi casi occorre richiedere al Giudice un intervento "a sorpresa" del consulente, che non è automaticamente concesso e, se lo è, può essere impugnato per mancato rispetto del contraddittorio tra le parti.
In caso di esalazioni, un ulteriore via da percorrere è il controllo se gli scarichi dei fumi o degli apparecchi sono stati realizzati correttamente, con le giuste distanze da finestre, balconi , sporgenze, angoli del fabbricato, suolo o, se sul tetto, superando oltre una certa quota il colmo. Per le unità esterne dei condizionatori in facciata si può appellarsi alla lesione del decoro dell’edificio.
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