riferimenti normativi: artt. 1587 c.c.; 1590 c.c.
precedenti giurisprudenziali: Cass., Sez. III., Sentenza n. 11345 del 11/05/2010
Indice
1. La vicenda
Il proprietario di un terreno affittava il fondo con contratto stipulato in data 27 marzo 2013; a decorrere dal successivo 20 maggio, il conduttore demoliva una parte del muretto a secco di recinzione e parte dei muretti a secco di contenimento del terreno, asportando il relativo pietrame con mezzi meccanici; tale intervento, non concordato, comportava lo sradicamento di dieci alberi di ulivo, con ostruzione dei solchi naturali di scorrimento delle acque meteoriche.
Alla luce di quanto sopra il proprietario del terreno citava davanti al Tribunale di Foggia il conduttore chiedendo che fosse dichiarata la risoluzione, per grave inadempimento del convenuto, del contratto di affitto tra loro stipulato, con conseguente condanna al rilascio del terreno ed al risarcimento dei conseguenti danni. Il Tribunale, considerata la CTU e le testimonianze, accoglieva la domanda e dichiarava risolto il contratto per colpa del conduttore e lo condannava al rilascio del terreno, nonché al risarcimento dei danni ed al pagamento delle spese di lite. La Corte di Appello, a cui il conduttore si rivolgeva, osservava che l’appellante era stato oggetto di una denuncia penale da parte dell’appellato, conclusasi con un provvedimento di archiviazione. In ogni caso, secondo i giudici di secondo grado, da tutti gli elementi raccolti in sede civile, non era emerso con certezza la responsabilità del conduttore per il danneggiamento dei muretti e della sottrazione di pietrame e di alberelli di ulivo. Del resto, la stessa Corte osservava come dagli atti non risultasse quale fosse lo stato dei luoghi al momento della stipulazione del contratto, così come non poteva desumersi dalle piantine catastali l’esistenza e la precisa collocazione dei muretti a secco. La Corte rilevava, infine, che le parole di un testimone non avevano consentito di affermare, secondo la regola del più probabile che non, la colpa dell’affittuario del fondo per le dette opere contestate. La questione è passata all’esame dei giudici supremi.
2. La questione
È facoltà del conduttore apportare alla cosa locata qualunque innovazione?
3. La soluzione
La Cassazione ha dato ragione al proprietario del fondo. Secondo i giudici supremi la Corte non ha considerato la semplice circostanza secondo cui il bene si presume locato in buono stato, fino a prova contraria, con la conseguenza che ha applicato in modo non corretto anche l’invocato principio del più probabile che non. Seguendo il ragionamento svolto nella sentenza, ad avviso della Cassazione, sussisterebbe a carico del proprietario una sorta di “probatio diabolica” al fine di dimostrare l’uso non corretto del bene locato da parte del conduttore. Il ricorso, pertanto, è stato accolto e la sentenza impugnata è stata cassata
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4. Le riflessioni conclusive
Il conduttore deve prendere in consegna la cosa e osservare la diligenza del buon padre di famiglia nel servirsene (art. 1587 c.c.).
La diligenza nell’uso della cosa caratterizza il comportamento che il conduttore deve tenere nel corso dell’intero svolgimento del rapporto locatizio, indipendentemente dal distinto obbligo di restituire al locatore la cosa al termine della locazione nello stato in cui l’ha ricevuta (Cass. civ., sez. III, 07/03/2001, n. 3343).
Tale obbligo consiste nell’adozione di tutte le cautele imposte dalla natura della cosa e dalla volontà delle parti, ferma restando la responsabilità per custodia ex art. 2051 c.c. per i danni derivati a terzi, in conseguenza dell’omessa manutenzione ordinaria (Cass. civ., sez. III, 09/10/1991, n. 10599).
Si può, quindi, affermare che il contegno diligente nell’uso della cosa, da intendersi quale obbligo di servirsi della cosa nei limiti e per l’uso determinato dal contratto o che può altrimenti presumersi dalle circostanze, costituisce un vincolo di carattere essenziale all’interno del contratto di locazione. Naturalmente, contegno diligente nell’uso del bene locato, significa che il conduttore non può effettuare innovazioni che mutino la destinazione e la natura della cosa locata, principio che è sempre operante nel corso della locazione, indipendentemente dall’altro obbligo, sancito dall’art. 1590 c.c., di restituire, al termine del rapporto, la cosa locata nello stesso stato in cui è stata consegnata; di conseguenza il locatore ha diritto di esigere in ogni tempo l’osservanza dell’obbligazione di cui al citato art. 1587 n. 1 e di agire nei confronti del conduttore inadempiente (Cass. civ., sez. III, 11/05/2010, n. 11345). Del resto, gli interventi che trasformino radicalmente la cosa locata, comportandone alterazioni strutturali profonde, e che abbiano come conseguenza la trasformazione, anche di una parte soltanto della stessa, esulano pure dalla disciplina dettata dall’art. 1592 c.c. (Cass. civ., sez. III, 24/10/1988, n. 5747).
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