Divieto di sopraelevazione in condominio

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L’azione di riduzione in pristino ex art. 1127 c.c. per asserita compromissione delle condizioni statiche dell’edificio e l’azione diretta ad ottenere l’attuazione della clausola contrattuale contenente l’impegno del convenuto a garantire sufficiente illuminazione del vano scale si prescrivono?

Riferimenti normativi: art. 1127 c.c.

Precedenti giurisprudenziali: Cass. civ., Sez. II, Sentenza del 19/10/1998 n. 10334

Indice:

  1. La vicenda
  2. La questione
  3. La soluzione
  4. Le riflessioni conclusive

La vicenda

Il condomino dell’ultimo piano procedeva al parziale rifacimento del tetto con conseguente innalzamento dell’altezza del lucernaio posto sul vano delle scale comuni. I lavori avevano comportato l’integrale rifacimento della copertura in legno del fabbricato. Il totale rifacimento e la sopraelevazione della parte centrale della copertura avevano reso fruibile un vano accatastato come ripostiglio di proprietà dello stesso condomino dell’ultimo piano. Quest’ultimo veniva citato in giudizio da altri condomini secondo cui il convenuto aveva realizzato un’illecita sopraelevazione del fabbricato che aveva inciso sulle condizioni statiche e alterato il decoro architettonico del caseggiato. In particolare secondo gli attori gli interventi realizzati al piano sottotetto erano stati effettuati senza le necessarie indagini preliminari, determinando aumenti di carico tali da procurare negli anni lesioni al piano terra e interrato, nonché al vano scala centrale dell’edificio. Inoltre, gli interventi in questione, ad avviso degli attori, avrebbero modificato in maniera evidente il decoro del caseggiato, modificando la linea architettonica della sommità senza alcuna giustificazione. Gli interventi, interessanti la copertura e dunque un’area condominiale, sarebbero stati eseguiti senza il consenso degli altri condomini. In ogni caso il convenuto veniva accusato pure di non aver rispettato l’obbligo assunto nel contratto di compravendita di garantire sufficiente illuminazione al vano scale del fabbricato mediante superfici vetrate. Secondo gli attori, infatti, dai progetti in atti, risultava evidente che a causa del rifacimento della copertura il godimento di luce sul vano scale si era notevolmente ridotto. Pertanto gli attori richiedevano al Tribunale di condannare il condomino dell’ultimo piano al ripristino dello stato dei luoghi ed al risarcimento dei danni conseguenti alle modifiche architettoniche ed al deprezzamento delle singole proprietà. Il convenuto contestava ogni addebito. In ogni caso eccepiva, tra l’altro, l’intervenuta prescrizione della domanda degli attori, in quanto fondata sulla contestazione di lavori effettuati più di 20 anni prima, nonché della domanda relativa all’inadempimento contrattuale all’obbligo di garantire l’illuminazione del vano scala.

La questione

L’azione di riduzione in pristino ex art. 1127 c.c. per asserita compromissione delle condizioni statiche dell’edificio si prescrive? L’azione diretta ad ottenere l’attuazione della clausola contrattuale contenente l’impegno del convenuto a garantire sufficiente illuminazione del vano scale si prescrive in 10 o 20 anni?

La soluzione

Il Tribunale ha ricordato come l’eccezione di prescrizione sollevata dal convenuto sia sicuramente infondata con riferimento alla azione di riduzione in pristino ex art. 1127 c.c. per asserita compromissione delle condizioni statiche dell’edificio, trattandosi di azione imprescrittibile. Secondo lo stesso giudice invece si è prescritta l’azione, di origine contrattuale, diretta ad ottenere l’attuazione, da parte del convenuto, della clausola contrattuale contenente l’impegno del convenuto a garantire sufficiente illuminazione del vano scale in quanto le raccomandate documentate in atti sono risultate  successive al decorso del termine decennale, mentre gli attori, si sono limitati a contestare il peggioramento dell’illuminazione, senza tuttavia indicare né provare da quando. In ogni caso il Tribunale ha disposto la prosecuzione del giudizio.

Le riflessioni conclusive

Il divieto di sopraelevazione nel caso in cui le strutture dell’edificio condominiale siano inidonee a sorreggere il nuovo piano, ha carattere assoluto e non può essere rimosso neanche dall’unanime consenso di tutti i condomini La ratio di detto limite va individuata nella necessità di considerare essenziale la salvaguardia della sicurezza e dell’integrità fisica dei condomini e della collettività, che non deve essere posta in pericolo dalla realizzazione di costruzioni che il fabbricato non sia in grado di sostenere. Si noti che l’azione di opposizione alla sopraelevazione eseguita dal proprietario dell’ultimo piano, che abbia alterato l’aspetto architettonico dell’edificio ovvero diminuito notevolmente l’aria e la luce dei piani sottostanti, è soggetta a prescrizione ventennale, di conseguenza, qualora tale azione non venga esercitata nei termini, colui che ha sopraelevato acquisterà per usucapione il diritto a mantenere la costruzione così come l’ha realizzata. Se la sopraelevazione però compromette le condizioni statiche dell’edificio, manca il presupposto stesso della sua esistenza, e perciò la relativa azione di accertamento negativo è imprescrittibile (Cass. civ., Sez. II, 19/10/1998, n. 10334).

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Consulente legale condominialista Giuseppe Bordolli

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