La donazione degli immobili, dell’azienda o delle quote sociali è una soluzione particolarmente interessante, non solo per la sua semplicità, ma anche per il regime fiscale favorevole di cui beneficia.
Il presente contributo tratto dal volume: Wealth Management -Il passaggio generazionale di piccoli e grandi patrimoni in Italia e all’estero
Indice
1. L’istituto della donazione
L’imposta sulle donazioni e successioni è stata abolita ad opera della L. 383/2001 e riesumata ad opera della legge di conversione 24 novembre 2006 n. 286 del D.L. 262/2006. La finanziaria 2007, L. 27 dicembre 2006, n. 296, è successivamente intervenuta per integrare la disciplina dell’imposta in esame, introducendo, tra l’altro, determinate franchigie in favore dei parenti in linea collaterale e dei portatori di handicap, nonché esenzioni per il trasferimento a favore dei discendenti, di aziende o rami di esse, di quote sociali o di azioni (articolo 1, commi da 77 a 79)[1].
La donazione di azienda o di quote sociali è quindi ancora una soluzione fiscalmente conveniente.
La donazione deve essere fatta per atto pubblico pena la nullità della stessa. Va tuttavia osservato come per configurare la donazione non basti un’attribuzione patrimoniale senza corrispettivo. Serve, infatti, anche l’intenzione di beneficiare.
La donazione è esclusa ogniqualvolta trovi una causa diversa dall’intento benefico.
Si consideri tuttavia che la donazione:
- è passibile di revocatoria ex art. 2901 del codice civile. Non è necessaria l’intenzione di nuocere al proprio creditore essendo sufficiente la consapevolezza del pregiudizio che, mediante l’atto di disposizione, venga in concreto arrecato alle ragioni del creditore, consapevolezza la cui prova può essere fornita anche mediante presunzioni;
- costituisce un mero acconto della futura eredità. Il donante deve quindi prestare la massima attenzione a non ledere la legittima spettante ai propri familiari.
Si tratta quindi di un atto che, pur presentando una certa appetibilità sotto il profilo fiscale, appare “poco definitivo” sotto il profilo civilistico. Si tenga inoltre presente che la donazione potrebbe essere revocata:
- in caso di sopravvenienza di figli per il donante;
- in caso di ingratitudine del donatario
Ai sensi dell’art. 801 c.c. la revoca per ingratitudine interviene quando il donatario:
- ha volontariamente ucciso o tentato di uccidere il donante, il coniuge, un discendente o un ascendente di questo; ovvero abbia commesso contro di loro un fatto al quale si applicano le disposizioni sull’omicidio (es.: istigazione al suicidio di minore di anni 14), oppure li abbia denunciati infondatamente o abbia testimoniato falsamente contro di loro per un reato punibile con l’ergastolo o con la reclusione per un tempo non inferiore nel minimo a tre anni;
- si è reso colpevole d’ingiuria grave verso il donante, ritenendo l’ingiuria grave non solo quella prevista dall’art. 594 c.p. ma anche quando abbia trattato in maniera offensiva il donante, ne abbia offeso il decoro;
- ha dolosamente arrecato grave pregiudizio al patrimonio di lui;
- gli ha rifiutato indebitamente gli alimenti dovuti ai sensi degli articoli 433 e 436 c.c.
L’art. 803 c.c. prevede inoltre la revoca per sopravvenienza di figli. Si tratta in particolare dei casi in cui:
- vi sia la sopravvenienza o l’esistenza di un figlio o discendente legittimo del donante;
- vi sia il riconoscimento di un figlio naturale, fatto entro due anni dalla donazione, salvo che si provi che al tempo della donazione il donante aveva notizia dell’esistenza del figlio.
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2. Donazioni indirette
Considerazioni analoghe valgono anche per le donazioni indirette disciplinate dall’art. 809 del codice civile. Esse consistono nella elargizione di una liberalità che viene attuata, anziché attraverso il negozio tipico della donazione diretta, mediante un negozio oneroso che produce, in concomitanza con l’effetto diretto che gli è proprio, l’effetto indiretto dell’arricchimento senza corrispettivo. Si tratta delle ipotesi in cui il donante fa acquistare il bene al donatario attraverso l’utilizzazione strumentale di negozi giuridici diversi che conservano la causa giuridica loro propria. La differenza tra donazioni dirette e indirette non consiste nella diversità dell’effetto pratico che da esse deriva, ma nel mezzo con il quale è attuato il fine di liberalità.
Anche le donazioni indirette sono soggette alla revocatoria per ingratitudine e/o sopravvenienza di figli o per reintegrazione delle quote dei legittimari.
La Cassazione, con sentenza 10 aprile 1999, n. 3499 ha affermato che, per la validità delle donazioni indirette non è richiesta la forma dell’atto pubblico, essendo sufficiente l’osservanza delle forme prescritte dal negozio tipico utilizzato per realizzare lo scopo di liberalità.
La donazione indiretta può essere realizzata anche mediante una rinunzia abdicativa a condizione che sussista tra la rinunzia e l’arricchimento un nesso di causalità diretta. Un esempio di rinuncia può essere la remissione del debito da finanziamento ex art. 1236 codice civile.
La remissione costituisce un negozio unilaterale ricettizio che non richiede l’animus donandi e non è soggetto a particolari requisiti di forma nemmeno ad probationem.
Gli effetti non possono essere disconosciuti dal creditore una volta manifestato l’intento abdicativo al creditore.
3. Casi pratici e giurisprudenza
Sulle donazioni indirette, peraltro, si è pronunciata la Cassazione con sentenza n. 8175 del 24 marzo 2021, la quale, giudicando su una donazione indiretta realizzata mediante un bonifico bancario disposto da una persona fisica non residente in Italia (avente ad oggetto denaro trasferito dalla Svizzera in Italia) a favore di una persona fisica residente in Italia, ha ritenuto non tassabile detta liberalità con l’imposta di donazione italiana in quanto avente un oggetto qualificabile come «bene non esistente in Italia» (alla stessa conclusione l’agenzia delle Entrate era peraltro già giunta nell’interpello 310/2019).
Al di là del caso concreto analizzato dalla Cassazione e della sua ritenuta non tassazione, la sentenza è rilevante perché il bonifico bancario che concreti una liberalità (non è così qualificabile, ad esempio, il bonifico che concreti un mero “prestito”) viene indubitabilmente ritenuto, dal giudice della legittimità, oggetto di tassazione con l’imposta di donazione.
Si tratta di un’affermazione rilevante, in quanto la struttura dell’imposta di donazione è fortemente imperniata su quella dell’imposta di registro, la quale, a sua volta, è orientata, nella massima parte dei casi, alla tassazione dell’attività giuridica esplicata mediante atti scritti: i contratti verbali sono solo eccezionalmente considerati come presupposti di capacità contributiva in quanto il legislatore ha ritenuto che solo gli atti scritti (per legge o per volontà di chi li pone in essere) hanno la rilevanza occorrente per essere oggetto di tassazione. Le donazioni indirette (vale a dire tutte quelle situazioni in cui al depauperamento del patrimonio del soggetto donante coincide un corrispondente incremento del patrimonio del soggetto donatario) solo in parte sono formate per iscritto o risultano da un atto scritto, in quanto in una percentuale consistente si concretano in situazioni nelle quali un atto scritto non c’è: si pensi all’intenzionale lasciar decorrere un termine di prescrizione o di usucapione oppure, appunto, al bonifico bancario disposto con un semplice click in una piattaforma di home banking. Secondo la Corte, invece, “Le liberalità indirette, non formalizzate in atti pubblici, sono rimaste imponibili anche nell’ambito della nuova imposta” di donazione fuoriuscita dal D.L. 262/2006.
Con più recente sentenza n. 35461 del 2 dicembre 2022, la Suprema Corte torna sul delicato rapporto tra l’azione di restituzione e le liberalità indirette. Il caso affrontato riguardava una successione testamentaria ove il de cuius aveva nominato erede la moglie e lasciato alle figlie la sola quota di riserva. Ciò aveva indotto una figlia a portare in giudizio l’altra, al fine di chiedere la riduzione delle donazioni elargite dal genitore a suo favore.
Nella fattispecie esaminata, la Suprema Corte ha cassato la sentenza di secondo grado, ritenendo che i giudici non abbiano fatto corretta applicazione dei principi che regolano l’azione di riduzione. Con l’Ordinanza in commento gli ermellini, in tema di tutela dei diritti del legittimario, affermano che le donazioni che il de cuius abbia fatto in vita, qualora debbano essere oggetto di riduzione ai fini della reintegrazione della quota di riserva, si riducono a cominciare dall’ultima e risalendo via via alle anteriori. L’ordine, disciplinato dagli artt. 555, 558 e 559 c.c. è tassativo ed inderogabile.
Se il de cuius ha fatto più donazioni o disposizioni testamentarie, in prima linea sono soggette a riduzione, fino a esaurimento dei beni che ne formano oggetto, le disposizioni testamentarie; successivamente si passa alle donazioni (art. 555, comma 2, c.c.).
Se le disposizioni testamentarie sono più di una, la loro riduzione avviene proporzionalmente senza distinguere fra eredi e legatari (art. 558 c.c.).
In caso di più donazioni, queste non si riducono proporzionalmente, come le disposizioni testamentarie (art. 558 c.c.), ma cominciando dall’ultima e risalendo via via alle anteriori (art. 559).
Le donazioni coeve, si legge nel provvedimento, per le quali non sia possibile stabilire quale di esse sia anteriore rispetto alle altre, debbono essere ridotte in proporzione al loro valore, come le disposizioni testamentarie.
Volume fonte del testo
Wealth Management
La gestione, la tutela ed il passaggio generazionale del patrimonio rappresentano un tema sempre di attualità, soprattutto in Paesi come l’Italia in cui è radicata la cultura del risparmio, dell’investimento e dove l’età media della popolazione è in progressivo aumento. La tutela ed il ricambio sono questioni indissolubilmente collegate.Non vi è dubbio, infatti, che il trasferimento comporti necessariamente la gestione della protezione dello stesso.Vi sono nel nostro ordinamento diversi istituti disciplinati da norme domestiche che consentono di apporre un vincolo, una sorta di membrana protettiva su un determinato patrimonio.Il volume rappresenta una guida completa e operativa su tutti gli istituiti che permettono un efficace passaggio di patrimoni tra generazioni, rivolgendosi a tutti i professionisti che a vario titolo possono essere coinvolti in tali operazioni (tipicamente commercialisti e avvocati), ma anche a coloro che si occupano esclusivamente di wealth management, fornendo un quadro esaustivo dal punto di vista civilistico e fiscale.A questo fine vengono illustrati non solo gli aspetti e le strutture giuridiche alla base del trasferimento di patrimoni, ma anche gli strumenti più adeguati e convenienti dal punto di vista fiscale.Il testo esamina i principali istituti per il trasferimento e la tutela del patrimonio, dai più “consolidati” come la successione legittima e la donazione, a quelli meno tradizionali come holding e trust. Relativamente a quest’ultimo, il testo è aggiornato con la Circolare n. 34/E del 20 ottobre 2022, che ha introdotto importantissimi chiarimenti in tema di fiscalità diretta ed indiretta e di monitoraggio fiscale.Ampio spazio è stato riservato al patto di famiglia e alle riorganizzazioni societarie tenendo conto anche della più recente prassi dell’Agenzia delle Entrate.Un capitolo è stato dedicato infine alla gestione ed al passaggio generazionale delle criptovalute che hanno, finalmente, incontrato una prima disciplina fiscale ad opera della Legge di bilancio 2023.Ennio VialDottore commercialista, opera nel settore della consulenza in materia di fiscalità internazionale, di operazioni straordinarie, di riorganizzazione di patrimoni familiari e di trust. È relatore per svariati enti di formazione. Pubblica da oltre 20 anni articoli e libri su temi disua competenza.Silvia BettiolDottore commercialista, si dedica alla consulenza in materia di fiscalità internazionale, di operazioni straordinarie e di trust. Ha maturato una significativa esperienza in tema di comunicazioni delle holding. È relatrice e autrice di pubblicazioni su temi di sua competenza.
Silvia Bettiol, Ennio Vial | Maggioli Editore 2023
58.90 €
Note
- [1]
Per quanto attiene alle donazioni tra persone unite civilmente appartenenti allo stesso sesso, la legge Cirinnà (legge n. 76 del 20 maggio 2016) non prevede nulla di specifico in materia di donazioni tra “uniti”, tuttavia il comma 20 dell’art. 1 della citata legge sembra essere di importanza fondamentale: “Al solo fine di assicurare l’effettività della tutela dei diritti e il pieno adempimento degli obblighi derivanti dall’unione civile tra persone dello stesso sesso, le disposizioni che si riferiscono al matrimonio e le disposizioni contenenti le parole «coniuge», «coniugi» o termini equivalenti, ovunque ricorrono nelle leggi, negli atti aventi forza di legge, nei regolamenti nonché negli atti amministrativi e nei contratti collettivi, si applicano anche ad ognuna delle parti dell’unione civile tra persone dello stesso sesso. La disposizione di cui al periodo precedente non si applica alle norme del codice civile non richiamate espressamente nella presente legge, nonché alle disposizioni di cui alla legge 4 maggio 1983, n. 184. Resta fermo quanto previsto e consentito in materia di adozione dalle norme vigenti”. Ed inoltre, il successivo comma 21 dell’art. 1 della legge n. 76/2016 prevede che “alle parti dell’unione civile tra persone dello stesso sesso si applicano le disposizioni previste dal capo III e dal capo X del titolo I, dal titolo II e dal capo II e dal capo V-bis del titolo IV del libro secondo del codice civile” ossia le disposizioni che il codice civile dedica al tema delle successioni.
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