I decreti ministeriali sono atti amministrativi emanati dal Presidente del Consiglio dei Ministri. Formalmente sono atti di secondo di grado, poiché nella gerarchia giuridico-istituzionale sono di rango inferiore rispetto alla legge.
Il decreto ministeriale può coinvolgere uno o più Ministeri, e in quest’ultimo caso prende il nome di “decreto interministeriale”.
Il contenuto dei DPCM, in genere, riguarda questioni tecniche, sia dettagliate che generiche, relative ad un settore specifico; ciò non toglie che ci possono essere anche dei DPCM di contenuto particolare o discrezionale (per esempio quando disciplina le nomine dirigenziali).
Il DPCM deve essere prescritto dalla legge, che ne determina i principi direttivi generali, e per la sua emanazione spesso vengono coinvolti esperti del settore, tecnici e studiosi della materia.
DPCM, la differenza con il decreto legge
Le differenze tra il DPCM e il decreto legge sono molte, per quanto riguarda l’iter di formazione e discussione, le forze politiche coinvolte e l’efficacia.
I decreti ministeriali sono atti di contenuto particolare o astratto che, senza dubbio, hanno il merito di essere rapidi e quindi particolarmente adatti alle situazioni di emergenza, ma dall’altro lato non coinvolgono il Parlamento, e quindi sono espressione della volontà della sola maggioranza politica.
Invece il decreto legge assicura il dialogo e la collaborazione con l’opposizione, e, da questo punto di vista è più garantista rispetto ad un DPCM. Questo è il motivo per cui molte forze politiche si sono opposte all’utilizzo massivo dei decreti ministeriali con i quali il dialogo democratico è ridotto, se non azzerato
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