È abnorme il provvedimento con cui il giudice decida di distruggere de plano le registrazioni captate

La decisione qui in rassegna desta un certo interesse essendo ivi postulato, dopo essere fatto presente che la valutazione della rilevanza del materiale acquisito o della sua eventuale inutilità impone l’attivazione di uno specifico incombente in termini di contraddittorio ai sensi dell’art. 127 cod. proc. pen., come espressamente prevede nella sua parte finale l’art. 269, comma 2, cod. proc. pen.

(Riferimento normativo: Cod. proc. pen., art. 269, co. 2)

Indice:

  1. Il fatto
  2. I motivi addotti nel ricorso per Cassazione
  3. Le valutazioni giuridiche formulate dalla Cassazione
  4. Conclusioni

Il fatto

Il Pubblico Ministero presso il Tribunale di Gorizia, con apposita istanza, chiedeva che si procedesse alla distruzione delle intercettazioni telefoniche e ambientali eseguite in un procedimento penale per il quale, con decreto, era stata disposta l’archiviazione.

Ciò posto, dal canto suo, il GIP aveva rigettato tale richiesta ritenendo che la mera archiviazione non equivarrebbe a certa e futura non rilevanza delle intercettazioni medesime e che la conservazione delle stesse nell’archivio della Procura della Repubblica, luogo riservato e protetto, permetterebbe di tutelare il diritto alla riservatezza dell’intercettato e, nel contempo, il diritto pubblicistico al mantenimento delle intercettazioni.

I motivi addotti nel ricorso per Cassazione

Avverso il provvedimento summenzionato proponeva ricorso per Cassazione la pubblica accusa ritenendo l’ordinanza impugnata un atto abnorme in quanto resa in violazione del secondo comma dell’art. 269 cod. proc. e foriera di una stasi procedimentale, risolvibile solo con la sua rimozione.

In particolare, secondo il ricorrente, contrariamente a quanto ritenuto dal giudice, l’inutilità delle intercettazioni sarebbe discesa per tabulas dall’avvenuta archiviazione del procedimento (disposta anche in ragione del contenuto delle stesse e della loro ritenuta inidoneità probatoria a fondare un eventuale successivo esercizio dell’azione penale), fermo restando che la conferma di tale inutilità sarebbe dipesa dal lungo tempo trascorso dal decreto di archiviazione, durante il quale non sarebbero emersi elementi tali da giustificare una rivalutazione dei fatti.

Le valutazioni giuridiche formulate dalla Cassazione

In relazione alle doglianze prospettate nel ricorso, il Supremo Consesso osservava innanzitutto che la valutazione della rilevanza del materiale acquisito o della sua eventuale inutilità impone l’attivazione di uno specifico incombente in termini di contraddittorio ai sensi dell’art. 127 cod. proc. pen., come espressamente prevede nella sua parte finale l’art. 269, comma 2, cod. proc. pen., all’interno del quale bilanciare da un lato la necessaria tutela dell’interesse alla riservatezza delle persone coinvolte in relazione al concreto contenuto della documentazione, e, dall’altro, il pubblico interesse all’utilizzazione, e dunque alla sua conservazione finché il procedimento non è concluso, trattandosi di un onere procedimentale che incombe tanto nelle ipotesi in cui l’istanza provenga dalle parti private, quanto nell’ipotesi in cui sia lo stesso pubblico ministero ad attivare la procedura (Corte Cost. n. 463 del 1994).

Cosicché, per la Suprema Corte, è abnorme il diniego opposto dal giudice per le indagini preliminari che, richiesto dal pubblico ministero della procedura camerale per la distruzione di registrazioni telefoniche ritenuti inutili, rifiuta l’adempimento, omettendo la prevista procedura camerale, e così sottraendosi ad ogni controllo (Sez. 2, Sentenza n. 1015 del 22/02/1994; Sez. 5, n. 378 del 26/01/1994) mentre non può ritenersi tale il provvedimento di rigetto in sé, emesso all’esito della prescritta procedura camerale e nel rispetto del principio di contraddittorio, suscettibile di ricorso per Cassazione.

Oltre a ciò, era altresì fatto presente che, se è pur vero che l’abnormità può riguardare non solo il profilo strutturale, allorché il provvedimento adottato si pone al di fuori del sistema organico della legge processuale, ma anche quello funzionale, quando il provvedimento, pur non estraneo al sistema normativo, determina la stasi del processo e l’impossibilità di proseguirlo (Sez. U, n. 11 del 09/07/1997), pregiudicando in concreto lo sviluppo successivo del processo (Sez. U, n. 25957 del 26/03/2009), pur tuttavia, ad avviso degli Ermellini, l’ordinanza impugnata non aveva però determinato alcun pregiudizio per il successivo eventuale sviluppo procedinnentale atteso che il pubblico ministero ben avrebbe potuto, ove ritenuto, riproporre l’istanza alla luce delle circostanze evidenziate dal giudice atteso che, a fronte della richiesta avanzata dal pubblico ministero, il giudice, seguendo l’iter procedimentale prescritto (e quindi fissando l’udienza camerale e assicurando alle parti interessate il diritto al contraddittorio), aveva rigettato la richiesta sottolineando come non fosse stato specificato quali intercettazioni dovessero essere distrutte ed il perché dovessero essere considerate inutili (atteso che l’archiviazione — rappresentando una fisiologica stasi del procedimento — non equivarrebbe a certa e futura non rilevanza del materiale probatorio acquisito).

Nel dettaglio, notavano i giudici di piazza Cavour nella sentenza in commento, il dato logico evidenziato dal giudice è che l’elemento processuale dell’archiviazione del procedimento è in sé neutro in quanto espressione di una semplice fase del procedimento che, così come non può fondare per ciò solo il rigetto dell’istanza in prospettiva di una futura eventuale riapertura del procedimento e di una conseguente rinnovata valenza probatoria del materiale intercettato (determinando così effettivamente una indebita stasi procedimentale ed un conseguente permanente compressione degli interessi, costituzionalmente tutelati, delle parti coinvolte), non può, allo stesso modo, giustificare di per sé solo il suo accoglimento, appunto in quanto mero dato processuale, che nulla dice in ordine alla rilevanza del materiale intercettato.

Il ricorso proposto, di conseguenza, alla luce delle considerazioni sin qui esposto, era dichiarato inammissibile.

Conclusioni

La decisione qui in rassegna desta un certo interesse essendo ivi postulato, dopo essere fatto presente che la valutazione della rilevanza del materiale acquisito o della sua eventuale inutilità impone l’attivazione di uno specifico incombente in termini di contraddittorio ai sensi dell’art. 127 cod. proc. pen., come espressamente prevede nella sua parte finale l’art. 269, comma 2, cod. proc. pen. (a mente del quale, salvo “quanto previsto dall’articolo 271 comma 3, le registrazioni sono conservate fino alla sentenza non più soggetta a impugnazione. Tuttavia gli interessati, quando la documentazione non è necessaria per il procedimento, possono chiederne la distruzione, a tutela della riservatezza, al giudice che ha autorizzato o convalidato l’intercettazione. Il giudice decide in camera di consiglio a norma dell’articolo 127” cod. proc. pen.), che, come già rilevato dalla stessa Cassazione in precedenti occasioni, è abnorme il diniego opposto dal giudice per le indagini preliminari che, richiesto dal pubblico ministero della procedura camerale per la distruzione di registrazioni telefoniche ritenuti inutili, rifiuta l’adempimento, omettendo la prevista procedura camerale, e così sottraendosi ad ogni controllo.

Tal che ne discende, perlomeno alla stregua di siffatto approdo ermeneutico, che, ove un provvedimento di questo tipo sia emesso de plano, si potrà contestarne la sua legittimità, in quanto abnorme, impugnandolo nei modi e nelle forme previste dal codice di rito penale.

Il giudizio in ordine a quanto statuito in siffatta sentenza, proprio perché contribuisce a fare chiarezza su codesta tematica procedurale, dunque, non può che essere positivo.

 

Sentenza collegata

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Avv. Di Tullio D’Elisiis Antonio

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