È ammissibile la rettifica di un errore contenuto nell’offerta presentata in sede di gara purché l’errore sia materiale e riconoscibile ictu oculi dalla lettura del documento contenente l’offerta medesima

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La vicenda nasce dall’espletamento di una procedura di gara per l’affidamento dei lavori di ristrutturazione edilizia di un fabbricato di proprietà pubblica. La concorrente risultata prima in graduatoria e in favore della quale è stata formulata la proposta d’aggiudicazione, viene esclusa a seguito della verifica sul costo della manodopera che la stessa ha dichiarato, costo ritenuto dall’amministrazione non giustificato. Avverso il provvedimento d’esclusione la ditta propone ricorso al Tar che lo accoglie annullando il provvedimento gravato.

In particolare la stazione appaltante ha estromesso la concorrente che si era collocata al primo posto della graduatoria a causa della mancata giustificazione dei costi della manodopera – indicati nella misura di € 70.000,00 a fronte di un importo previsto nei documenti di gara pari ad € 771.249,11 – denegando espressamente la possibilità di ravvisare nell’offerta un errore materiale emendabile.

La sentenza impugnata afferma invece l’effettiva sussistenza dell’errore scusabile, desumibile dalla dichiarazione resa in tal senso dall’operatore economico in sede di giustificazione dell’offerta, dalla circostanza che il Rup ha ritenuto non giustificata la minor somma di € 70.000,00, nonché dal consistente divario fra le due cifre (€ 70.000,00 vs. 771.249,11). Per il Tar, inoltre, tali considerazioni sono rese ancor più verosimili dal fatto che la scheda dell’offerta predisposta dalla stazione appaltante non prevede l’indicazione in lettere dell’importo offerto.

L’appellante, risultato secondo classificato nella graduatoria, impugna la sentenza con unico motivo dolendosi dell’affermazione della sussistenza di un errore materiale scusabile in capo all’operatore in ordine ai costi della manodopera indicati nell’offerta, e quindi dell’accoglimento del ricorso di primo grado per effetto del riconoscimento del suddetto errore.

Più specificamente l’appellante evidenzia la carenza nel caso concreto dei presupposti per la configurazione di un errore materiale emendabile.

Il Consiglio di Stato, superate alcune eccezioni preliminari, ritiene fondato il gravame.

Il Collegio preliminarmente, nell’esame dell’appello, richiama il consolidato indirizzo giurisprudenziale secondo cui nelle procedure di appalto l’errore materiale consiste in una casuale discordanza fra il valore da indicare nell’offerta e la sua effettiva espressione letterale, derivante da una mera disattenzione nella redazione della stessa e percepibile a prima vista (cd. errore ostativo)[1] in quanto rilevabile “dal contesto stesso dell’atto e senza bisogno di complesse indagini ricostruttive di una volontà agevolmente individuabile e chiaramente riconoscibile da chiunque[2]. È pertanto ammissibile “la rettifica di errori contenuti nell’offerta presentata in sede di gara a condizione che si tratti di correzione di ‘errore materiale’, necessariamente riconoscibile, e che non si sostanzi in operazioni manipolative e di adattamento dell’offerta, risultando altrimenti violati la par condicio, l’affidamento nelle regole di gara e le esigenze di trasparenza e certezza[3]. In particolare il Collegio evidenzia che si può procedere a tale rettifica se alla stessa “si possa pervenire con ragionevole certezza, e, comunque, senza attingere a fonti di conoscenza estranee all’offerta medesima o a dichiarazioni integrative o rettificative dell’offerente[4]. In buona sostanza l’errore è scusabile se si concretizza “un mero refuso materiale riconoscibile ictu oculi della lettura del documento d’offerta” e se la sua correzione consiste nella mera riconduzione della volontà (erroneamente) espressa a quella, diversa, inespressa “ma chiaramente desumibile dal documento, pena altrimenti l’inammissibile manipolazione o variazione postuma dei contenuti dell’offerta, con violazione del principio della par condicio dei concorrenti”.  Ne deriva che la ricostruzione della volontà dell’offerente “deve fondarsi su elementi – identificativi dell’errore – desumibili dall’atto stesso, non già da fonti esterne”.

Per il Collegio, pertanto, alla luce di tali considerazioni, nella fattispecie in esame sono da escludere la configurabilità dell’errore materiale avente i caratteri richiesti dalla giurisprudenza richiamata e la possibilità di rettificare l’offerta. L’indicazione nell’offerta economica dell’importo di € 70.000,00 a fronte  di una somma prevista nei documenti di gara pari ad € 771.249,11 per i costi della manodopera, nonostante il significativo scostamento, non consente alla stazione appaltante di individuare ictu oculi un errore materiale  desumibile dalla stesso documento contenente l’offerta: “in particolare, non è evincibile in maniera univoca la diversa volontà della concorrente circa l’effettivo costo della manodopera, volontà che sarebbe stata malamente rappresentata nel formulare l’offerta”.

Nonostante il considerevole divario fra i costi indicati e quelli previsti dalla lex specialis non è assolutamente possibile evincere dagli elementi contenuti nell’offerta quale sia il diverso importo dei costi effettivamente voluto dall’operatore economico. Solo in sede giustificativa, infatti, e quindi, a seguito dell’acquisizione di un autonomo documento, distinto e diverso dall’offerta, e a questa successivo, viene rappresentato il diverso costo della manodopera effettivamente voluto dalla ditta (per l’esattezza € 700.000,00), con conseguente possibilità di individuare l’errore in cui la concorrente sarebbe incorsa.

Per il Collegio tutto ciò “impedisce di ravvisare, sulla base dei principi suesposti, un errore materiale legittimamente rettificabile, risolvendosi l’operazione correttiva accolta dalla sentenza in un’inammissibile manipolazione postuma dei contenuti dell’offerta non sorretta da elementi chiari e univoci desumibili dall’offerta stessa”.

Peraltro il solo significativo divario fra la cifra rappresentata in offerta e quella indicata nella lex specialis, pur presagendo un’ipotesi di anomalia della rappresentazione del costo, non consente di dedurre  – dallo stesso documento d’offerta – la volontà effettiva della concorrente erroneamente espressa per effetto di un refuso materiale nella sua manifestazione né di desumere il contenuto reale dell’offerta, “cui quello apparente dovrebbe (in modo evidente e automatico) essere ricondotto”.

Per il Collegio, infine, è priva di rilievo anche la circostanza che il modello d’offerta predisposto dalla stazione appaltante non conteneva un apposito campo per la formulazione in lettere della voce di costo, atteso che ciò non incide assolutamente sulle condizioni di riconoscibilità immediata dell’errore materiale che legittimano la correzione dello stesso.

Note

[1] Cons. Stato, sez. V, 26 gennaio 2021, n. 796; Cons. Stato, sez. III, 9 dicembre 2020, n. 7758.

[2] Cons. Stato, sez. III, 20 marzo 2020, n. 1998; Cons. Stato, sez. V, 11 gennaio 2018, n. 113; Cons. Stato, sez. VI, 2 marzo 2017, n. 978.

[3] Cons. Stato, sez. V, 9 dicembre 2020, n. 7752; Cons. Stato, sez. VI, 13 febbraio 2013, n. 889; Cons. Stato, sez. III, 22 agosto 2012, n. 4592.

[4] Cons. Stato, sez. V, 9 dicembre 2020, n. 7752; Cons. Stato, sez. III, 27 marzo 2014, n. 1487.

Sentenza collegata

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Giacomo Giuseppe Verde

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