precedenti giurisprudenziali: Cass. civ., Sez. II, Sentenza n. 28051 del 2/11/2018
La vicenda
In un caseggiato l’assemblea approvava il consuntivo che due condomini non ritenevano corretto. Uno di essi infatti risultava debitore di quasi 4000 € ma non comprendeva le ragioni dell’addebito; allo stesso modo, ad una condomina, già distaccatasi dall’impianto centralizzato, venivano addebitate spese per il consumo di riscaldamento e spese personali che non sembravano comprensibili.
I due partecipanti al condominio si rivolgevano al Tribunale per richiedere l’annullamento della decisione ritenuta illegittima.
Il Tribunale annullava la delibera ma riteneva valida la decisione in relazione all’addebito delle spese di riscaldamento alla condomina. Quest’ultima allora proponeva appello, lamentando l’erroneità del rigetto dell’impugnazione della delibera in relazione all’addebito a suo carico delle spese di riscaldamento, nonostante nel periodo di riferimento, oggetto della ripartizione, si fosse già distaccata dal riscaldamento centralizzato. La Corte di Roma rigettava l’appello, ed in particolare il terzo motivo dell’atto di impugnazione, osservando come il regolamento di condominio stabilisse criteri convenzionali di ripartizione delle spese per il servizio di riscaldamento, restando perciò irrilevanti le deduzioni dell’appellante circa l’avvenuto distacco dell’unità immobiliare di proprietà dall’impianto di riscaldamento centralizzato.
In altre parole il regolamento conteneva una clausola che imponeva il pagamento delle spese per l’uso anche a coloro che si fossero distaccati dal riscaldamento centralizzato.
La questione
E’ valida la clausola del regolamento contrattuale che ponga anche a carico del condomino distaccato le spese per l’uso dell’impianto di riscaldamento in aggiunta a quelle, comunque dovute, per la sua conservazione?
La soluzione
La Cassazione ha dato ragione al condominio.
In particolare i giudici supremi hanno sottolineato che, pur in ipotesi di rinuncia o distacco dall’impianto di riscaldamento centralizzato, è comunque valida la clausola del regolamento contrattuale che ponga a carico del condomino distaccatosi l’obbligo di contribuzione alle spese per il relativo uso in aggiunta a quelle, comunque dovute, per la sua conservazione, potendo i condomini regolare, mediante convenzione espressa, adottata all’unanimità, il contenuto dei loro diritti ed obblighi; di conseguenza ferma l’indisponibilità del diritto al distacco, viene sottolineato come sia legittimo suddividere le spese relative all’impianto anche in deroga agli artt. 1123 e 1118 c.c.
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Le riflessioni conclusive
Non è raro che una clausola di natura contrattuale del regolamento disciplini le spese di esercizio e di manutenzione dell’impianto di riscaldamento, precisando che esse sono dovute anche da chi, per ragioni personali, non intenda avvalersi del servizio.
Il problema che si pone è se una tale pattuizione può essere considerata valida.
A tale proposito una decisione risalente nel tempo aveva affermato che la previsione di un obbligo di contribuzione alle spese di gestione del riscaldamento svincolato dall’effettivo godimento del servizio, costituisce una pattuizione che certamente le parti possono assumere contrattualmente, rientrando essa pienamente nell’ambito dell’autonomia privata, perché è evidente l’interesse ad essa sotteso, di disincentivare il distacco che certamente squilibra sotto il profilo tecnico ed economico l’esercizio centralizzato del riscaldamento (Cass. civ., sez. II, 28/01/2004, n. 1558).
Tale principio è pero stato “messo in crisi” da una successiva decisione secondo cui è legittima la rinuncia di un condomino all’uso dell’impianto centralizzato di riscaldamento – anche senza necessità di autorizzazione o approvazione da parte degli altri condomini – purché l’impianto non ne sia pregiudicato, con il conseguente esonero, in applicazione del principio contenuto nell’art. 1123, secondo comma, cod. civ., dall’obbligo di sostenere le spese per l’uso del servizio centralizzato; in tal caso, il distaccato è tenuto solo a pagare le spese di conservazione dell’impianto stesso.
Di conseguenza per la stessa decisione non può rilevare la disposizione eventualmente contraria contenuta nel regolamento di condominio, anche se contrattuale, essendo quest’ultimo un contratto atipico meritevole di tutela solo in presenza di un interesse generale dell’ordinamento. In particolare una clausola che vietasse il distacco sarebbe invalida per un duplice ordine di ragioni: in primo luogo, giacché proprio l’ordinamento avrebbe mostrato di privilegiare, al preminente fine di interesse generale rappresentato dal risparmio energetico, la trasformazione degli impianti centralizzati in autonomi a gas e, nei nuovi edifici, l’esclusione degli impianti centralizzati e la realizzazione dei soli individuali; in secondo luogo, perché l’impedimento al distacco non può meritare la tutela dell’ordinamento in quanto espressione di prevaricazione egoistica anche da parte d’esigua minoranza e di lesione dei principi costituzionali di solidarietà sociale (Cass. civ., Sez. II, 29/09/2011, n. 19893).
Seguendo questa opinione è stato affermato come la condivisibile valutazione di nullità della clausola regolamentare impeditiva del distacco del singolo condomino, si estenda anche alla correlata previsione che obblighi il condomino al pagamento delle spese di gestione malgrado il distacco, dovendosi ragionevolmente sostenere che la permanenza di tale obbligazione di fatto assicuri la sopravvivenza della clausola affetta da nullità, impedendo il prodursi di quello che è il principale ed auspicato beneficio che il condomino intende trarre dalla decisione di distaccarsi dall’impianto comune.
In altre parole secondo questa opinione le previsioni del regolamento che, da un lato, vietano il distacco e, dall’altro, prevedono l’obbligo di contribuzione a carico del condomino che non usufruisca più dal servizio (anche per l’ipotesi di distacco) sono entrambe invalide.
Così si è affermato che è nulla la clausola del regolamento che, in ipotesi di legittimo distacco dall’impianto di riscaldamento centralizzato – perché operato senza pregiudicarne il funzionamento – ponga, a carico del condomino distaccatosi, l’obbligo di contribuzione alle spese per il relativo uso in aggiunta a quelle, comunque dovute, per la sua conservazione, in quanto il regolamento costituisce un contratto atipico, meritevole di tutela solo in presenza di un interesse generale dell’ordinamento, mentre una clausola siffatta, oltre a vanificare il principale ed auspicato beneficio che il condomino mira a perseguire distaccandosi dall’impianto comune, si pone in contrasto con l’intento del legislatore di correlare il pagamento delle spese di riscaldamento all’effettivo consumo, come risulta dagli artt. 1118, comma 4, c.c. (nel testo successivo alla novella apportata dalla l. n. 220 del 2012), 26, comma 5, della l. n. 10 del 1991 e 9, comma 5, del d.lgs. n. 102 del 2014 (Cass. civ., sez. II, 12/05/2017, n. 11970).
Questo orientamento però è attualmente minoritario.
Infatti secondo la decisione in commento ed altre due precedenti (Cass. civ., sez. II, 2/11/2018, n. 28051; Cass. civ., sez. II, 18/05/2017, n. 12580) è legittima la delibera assembleare secondo cui, in esecuzione di apposita disposizione del regolamento condominiale avente natura contrattuale posta in deroga al criterio legale di ripartizione delle spese dettato dall’art. 1123 c.c., le spese di gestione dell’impianto centrale di riscaldamento devono essere poste a carico anche delle unità immobiliari che non usufruiscono del relativo servizio (per avervi rinunciato o essersene distaccati), tenuto conto che la predetta deroga è consentita, a mezzo di espressa convenzione, dalla stessa norma del codice sopra detta (cioè l’art. 1123 c.c.).
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