E’ giurisprudenza oramai consolidata e senza contrasti quella secondo cui in tema di responsabilità per danno erariale, l’esistenza di un rapporto di servizio, quale presupposto per un addebito di responsabilità al detto titolo, non è limitata al rapporto

Lazzini Sonia 29/06/06
La Corte dei Conti, Sezione giurisdizionale per la Toscana, con la sentenza numero 265 del 26 aprile 2006, in tema di giurisdizione della Corte dei Conti ci insegna che essa esiste:
 
<- è il caso dei dipendenti di concessionari che, per specifico regime normativo, in ragione delle funzioni ad essi delegate, sono pubblici ufficiali, per esercizio di potestà di imperio e, eventualmente, per maneggio di pecunia pubblica);
 
– ugualmente si ritiene sussistente la giurisdizione sugli amministratori e dipendenti di società per azioni quando queste sono "in mano pubblica", in ragione del possesso pubblico dei relativi titoli azionari ;
 
– va poi rammentato il caso di diretta appropriazione di somme da parte di soggetti privati, amministratori o dipendenti di società o persone giuridiche private in rapporto di servizio con la p.a ; anche in tale circostanza, per pacifica giurisprudenza, sussiste una diretta legittimazione passiva dei primi >
 
a cura di *************
 
 
così nella Massima ufficiale:
Sez. giur Regione Toscana 26 aprile 2006, n. 265; I) Giurisdizione Corte dei conti nei confronti di amministratori e dipendenti di società sostanzialmente private e di società in " mano pubblica" – Distinzioni e fattispecie – II) Integrazione del contraddittorio da parte del Giudice: necessità di compendio e gerarchia di valori fra principio di accertamento della verità ed attribuzioni esclusive delle parti processuali – III) sistema sanitario: modulo organizzatorio tramite convenzionamento con strutture private e dinamica di rimborso secondo il criterio DRG (diagnosis related groups) – controllo, responsabilità e responsabili
 
 
 
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO – LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE REGIONALE – PER LA REGIONE TOSCANA
 
SENTENZA
 
Nel giudizio di responsabilità iscritto al n. 54428/R (G. 2005/00007) del registro di segreteria ad istanza della Procura regionale nei confronti di
 
 
 
Sig. b. a., nato ad Arezzo il 14 ottobre 1956 ed ivi residente in Via Pescioni n. 24, in qualità di Amministratore Unico della Casa di Cura xxxx di Arezzo dal 30 gennaio 1995 al 31 ottobre 2003; nato a Arezzo il 14/10/1956 ed ivi residente in Via Pescioni n. 24, rappresentato e difeso dall’Avv. **************** ed elettivamente domiciliato presso il di lui studio in Firenze, Piazza Stazione n. 1
 
 
 
Sig. r. g., nato a Massa il 12 marzo 1950 e residente ad Arezzo in Via Luca Signorelli n. 32, in qualità di Direttore della Casa di Cura xxxx di Arezzo dal 15 luglio 2000 al 28 luglio 2002, nonché Direttore Generale dell’Azienda U.S.L. n. 8 di Arezzo dal 1997 al 14 luglio 2000, rappresentato e difeso dagli avv.ti ************ del foro di Arezzo, D.Iaria e ********** del foro di Firenze, el.te dom.to presso lo studio degli ultimi due in Firenze, via Rondinelli 2;
 
 
 
Sig. g. m., nato a Foiano della Chiana il 30 giugno 1954 e residente ad Arezzo, *******à Gaville 15/C, in qualità di Responsabile della Sezione Igiene ed Organizzazione dei Servizi Ospedalieri della Zona di Arezzo nel periodo 1997/2000 rappresentato e difeso dall’avv.to M.Manneschi del foro di Arezzo ed el.te dom.to presso il di lui studio in via Verdi n. 13 ;
 
Visti gli atti introduttivi del giudizio
 
Visti gli altri atti e documenti della causa;
 
Tenutasi la pubblica udienza il giorno 28 settembre 2005, con la presenza dell’avv.to ***** per r., Maneschi per b. e ******* per ***** e il **********************. **** Mondera per la Procura regionale
 
 
 
FATTO
 
Con atto di citazione iscritto ai nn. 54428/R (segreteria Procura ) e n. G2005 0007, depositato il Segreteria il 28.2.2005, il Pubblico Ministero presso la Procura Regionale per la Toscana citava i convenuti sopra individuati a comparire dinanzi alla Sezione Giurisdizionale della Corte dei Conti per la Toscana per sentirli condannare al pagamento, a favore dell’Erario, ed in particolare dell’Azienda Sanitaria USL n. 8 di Arezzo, della somma di £ 1.631.780,00 o di quella diversa somma che possa risultare in corso di causa, aumentata degli interessi legali a decorrere dal momento dell’effettivo depauperamento del patrimonio dell’Amministrazione e fino all’effettivo soddisfacimento delle ragioni del creditore oltre le spese del giudizio.
 
Espone l’Organo citante che, con nota prot, n./11 del 19 gennaio 2004, il Comando Carabinieri per la Sanità, N.A.S. di Firenze, ha segnalato l’esistenza di un ipotizzabile danno erariale a carico dell’Azienda U.S.L. n. 8 di Arezzo, conseguente al rimborso di somme non dovute alla Casa di Cura privata xxxx di Arezzo.
 
Dall’attività istruttoria che immediatamente è stata posta in essere dalla Procura regionale, esperita attraverso il medesimo Comando Carabinieri per la Sanità, N.A.S, di Firenze, è emerso, seguendo le linee espositive dell’atto di citazione, quanto segue.
 
Nel periodo 1997/2000, presso la Casa di Cura xxxx, sono stati eseguiti vari interventi (esattamente, secondo affermazione di citazione, 184 nel 1997, 174 nel 1998, 159 nel 1999 e 131 nel 2000 ), dal dott. ************* e dal dott. r. ********, in regime di attività libero-professionale e, quindi, a carico dei pazienti. Per i suddetti interventi, però, la Casa di Cura ha chiesto ed ottenuto ciò che la citante ritiene un indebito rimborso da parte dell’Azienda Sanitaria U.S.L. n. 8 di Arezzo; ciò tramite la dinamica procedurale dell’inserimento nei tracciati di "record" di controllo di codici identificativi ritenuti non corrispondenti alla realtà e relativi a spese per interventi già pagati dai pazienti.
 
Va aggiunto che la fattispecie in questione, in quanto configurabile anche un’ipotesi di responsabilità penalmente rilevante ha dato luogo a parallelo procedimento in sede, appunto, penale, dato che la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Arezzo ha attivato, sulla vicenda, apposita fase di indagini.
 
Afferma la requirente che il rimborso integrale delle predette prestazioni da parte dell’Azienda Sanitaria U.S.L. n. 8 di Arezzo a favore di una Casa di Cura privata, non rientranti tra quelle previste a carico del Servizio Sanitario Nazionale dalla normativa vigente in materia all’epoca dei fatti, rappresenta certamente un danno per l’Azienda sanitaria, conseguente al comportamento commissivo dei Responsabili della Casa di Cura ed omissivo dei responsabili dell’Azienda Sanitaria medesima.
 
II Procuratore Regionale, ai sensi e per gli effetti di cui all’articolo 5, comma 1° del D.L. 15 novembre 1993, n. 443, convertito con modificazioni nella Legge 14 gennaio 1994, n. 19, ha emesso il rituale invito a fornire deduzioni nei confronti dei convenuti, oltre che di altri soggetti dipendenti della USL 8 di Arezzo, rispetto a quali, al termine dell’istruttoria, non sono stati ravvisati i presupposti per l’azione in giudizio.
 
Tra gli invitati a dedurre, solo il Sig. r. g. ha chiesto di avvalersi della facoltà di essere sentito personalmente ed a tal fine è stato convocato, presso gli uffici della Procura regionale, in data14 dicembre 2004, e delle dichiarazioni rese è stato redatto processo verbale.
 
La tesi dell’atto di citazione si fonda, come detto, sulla natura indebita dei rimborsi erogati, per talune prestazioni cliniche, alla casa di cura in questione, e dette somme, appunto in quanto corrisposte prive di legittimo titolo, rappresentano, secondo l’accusa, un danno erariale.
 
Circa la sussistenza del rapporto di servizio fra amministrazione pubblica e convenuti, ritiene la Procura che, mentre nessun dubbio né contestazione esiste in merito al rapporto di servizio tra i funzionari e i dirigenti dell’Azienda Sanitaria e l’Amministrazione Pubblica, la dimostrazione dell’esistenza del predetto rapporto di servizio tra la Casa di cura convenzionata, rappresentata dall’Amministratore Unico e l’Azienda Sanitaria USL n. 8 di Arezzo, richiede una notazione esplicativa.
 
La Casa di cura xxxx, con atto del 5 ottobre 1996, ha stipulato una convenzione con l’Azienda Sanitaria per il triennio 1996/1998 (sottoscritta dal Sig. b., in rappresentanza della menzionata Casa di cura), rinnovata per il triennio 1999/2001 con contratto del 7 ottobre 1999 (sempre siglato dal Sig. b., in qualità di Amministratore Unico della Casa di cura e dal Sig, g. r., in qualità di Direttore Generale dell’Azienda Sanitaria USL n. 8 ).
 
In forza dei predetti accordi e dell’erogazione delle relative prestazioni, per la citante si è instaurato un rapporto di servizio, tra la Casa di cura e la Pubblica Amministrazione, nel caso di specie, l’Azienda Sanitaria USL n.8 di Arezzo; per il profilo effettuale che qui interessa ne consegue la sottoposizione della struttura sanitaria privata alla giurisdizione della Corte dei conti e del suo Amministratore Unico, in caso di accertato danno erariale.
 
La posizione della struttura accreditata sarebbe infatti assimilabile alla posizione dei medici specialistici in regime di convenzionamento esterno con il S.S.N. nei cui confronti la Suprema Corte dì Cassazione ha dichiarato la sussistenza della giurisdizione della Corte dei conti, quando l’attività degli stessi ha natura amministrativa (v. Cass. Civ. n. 922 del 21 dicembre 1999 ).
 
Nel caso di specie l’orientamento illustrato si fonda sulla natura della presentazione da parte della Casa di cura delle schede relative ai D.R.G. all’’Azienda Sanitaria, per il rimborso, da considerarsi un compito di certificazione sanitaria e finanziaria, il cui svolgimento si inserisce nell’ambito dell’organizzazione strutturale, operativa e procedimentale dell’U.S.L ed ha natura amministrativa, con la conseguenza che il professionista (o, nel caso di specie, la Casa di cura accreditata/convenzionata) con riguardo a detti compiti, operando in forza di una devoluzione da parte dell’U.S.L., svolge gli stessi in esecuzione di un rapporto di servizio. Ne discende che, allorquando si assuma verificato un danno erariale che si ricolleghi a comportamenti del professionista ( o Casa di cura ) riconducibili a detta attività amministrativa, in ordine alla relativa responsabilità sussiste la giurisdizione contabile della Corte dei conti ( principio enucleabile dalla citata ********. n. 922 del .21 dicembre 1999 ).
 
La Responsabilità del contestato nocumento subito dall’Azienda Sanitaria è, secondo l’Ufficio remittente, imputabile alla Casa di cura xxxx, in persona dell’Amministratore Unico, nonché legale rappresentante della società, **** a. b., che ha rivestito tale ruolo continuativamente, con pieni ed assoluti poteri, per otto anni, dal 1995 al 2003, "al punto da poter identificare la stessa Casa di cura con la sua persona".
 
Si legge nell’atto di citazione: "Questa Procura, quindi, non intende convenire in giudizio il **** b. a. come privato cittadino, bensì in qualità di Amministratore Unico della Casa di cura xxxx, in ragione degli ampi poteri gestionali ad esso attribuiti, risultanti dalla nota prot. n. VIW/8770/2003 del 1 agosto 2003 della Camera di Commercio, Industria, Artigianato ed Agricoltura di Arezzo; ”All’Amministratore Unico (**** a. b. ), spettano i poteri di ordinaria e straordinaria amministrazione e cioè acquistare, vendere, permutare beni mobili ed immobili, compiere od autorizzare operazioni anche di mutuo con garanzia ipotecaria e/o privilegio, presso banche, amministrazione del debito pubblico, della Cassa Depositi e Prestiti, Tesoreria della Banca d’Italia, ************** ecc; stipulare contratti ed assumere appalti con pubbliche e private amministrazioni, provvedendo a tutte le pratiche relative e conseguenti, con facoltà di farsi assistere da professionisti di suo gradimento; transigere e compromettere in arbitrati anche amichevoli composizioni, nominare avvocati e procuratori alle nominare procuratori ad negozia. La firma e la rappresentanza legale della società di fronte ai terzi spetta all’Amministratore Unico".
 
Afferma la Procura che il **** b. ( il quale, si ripete, ha sottoscritto entrambe le convenzione con l’Azienda Sanitaria USL n. 8 di Arezzo, quella relativa al periodo 1996/1998 e quella relativa al 1999/2001, ed ha firmato i vari accordi con il dott. ****** ed il dott. r. sopra menzionati), nell’esercizio dei poteri sopra richiamati, ha richiesto ed ottenuto – da ciò l’imputazione di responsabilità per danno erariale – dall’Azienda Sanitaria il pagamento di ritenuti indebiti emolumenti, non contemplati, per le dinamiche secondo le quali sono stati effettuati, dalle disposizioni nazionali e regionali in materia, a carico del S.S.N., causando il danno di cui si chiede il risarcimento con l’atto di citazione.
 
Questo il contesto normativo delle prestazioni in convenzione nel periodo 1997/2000, che si ritiene infranto nella vicenda di specie, così come viene illustrato nell’atto introduttivo del presente giudizio.
 
Premesso che le Case di Cura private, per poter avviare l’attività sanitaria ed erogare prestazioni sanitarie, devono ottenere un’autorizzazione che prevedeva e prevede, fra le altre cose, l’inoltro periodico alla Regione dell’elenco del personale in organico, la Procura richiama, come disposizione fondante tutto l’ordito normativo che interessa il settore della sanità per quanto qui interessa, l’articolo 8, 5° comma, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, modificato dal decreto legge n. 517 del1993, il quale impone che le Aziende USL assicurino l’erogazione delle prestazioni ai cittadini attraverso appositi rapporti con i produttori fondati sulla "corresponsione di un corrispettivo predeterminato" ( ed allora, con tale norma si assiste ad una rilevante innovazione, attuata tramite l’introduzione nell’ambito del S.S.N., di un nuovo sistema di finanziamento delle attività, basato sulla remunerazione delle prestazioni, mediante tariffe predeterminate a priori). Nell’atto di citazione si precisa che iI decreto ministeriale 15 aprile 1994, recante "Determinazioni dei criteri generali per la fissazione delle tariffe delle prestazioni di assistenza specialistica, riabilitativa ed ospedaliera", ha ribadito che, per le prestazioni in convenzione "il costo del personale impiegato" nella produzione della prestazione, rientra in quello previsto dai rimborsi a D.R.G..
 
Tale mutamento di dinamiche remuneratorie necessitava di un quadro programmatico di cui si è fatto carico il Piano Sanitario Nazionale 1994 – 1996, approvato con D.P.R. 1 marzo 1994, che ha confermato che il finanziamento di tutti gli erogatori pubblici e privati deve avvenire sulla base di tariffe predeterminate, fissate a livello regionale, secondo criteri generali stabiliti a livello nazionale.
 
Con il decreto del Ministero della Sanità del 14 dicembre 1994 sono state poi fissate le tariffe massime per le prestazioni di assistenza ospedaliere alle quali le Regioni, che alla data del 1 gennaio 1995 non avevano emanato propri provvedimenti tariffari, dovevano attenersi per i rimborsi.
 
Nel 1995, per le strutture private erogatrici di prestazioni sanitarie in convenzione, è stata prevista l’esplicita accettazione del nuovo sistema dei rimborsi a prestazione, detto, appunto, rileva la Procura, a *******
 
Per poter effettuare interventi chirurgici a carico del S.S.N. in convenzione con le Aziende Sanitarie, le strutture private dovevano e devono stipulare dei contratti di pubblica fornitura di prestazioni sanitarie, ove il committente era l’Azienda USL competente per territorio.
 
Dal 1996 il sistema a D.R.G., che, per un corretto funzionamento necessita di codifica delle prestazioni sanitarie, la cui trasmissione è effettuata con modalità informatiche, è entrato a pieno regime.
 
I codici informatici che vengono utilizzati nel predetto sistema a D.R.G. determinano, fra le altre cose, la quantificazione degli importi base per ogni singola patologia codificata nonché il soggetto (pubblico o privato) su cui ricadono gli oneri finanziari. In sintesi, quindi, iI nuovo sistema, nel sostituire integralmente quello precedente, che prevedeva rimborsi calcolati in base alle effettive giornate di degenza dei pazienti, si basa su di un costo prestabilito per ogni tipo di prestazione sanitaria o intervento chirurgico, indipendentemente dai giorni di degenza.
 
Sin dal 1996 le strutture pubbliche e private convenzionate dovevano inviare periodicamente all’Azienda Sanitaria, per i controlli e i riscontri preliminari al rimborso, tutti i dati contenuti nella S.D.O. (Scheda di Dimissione Ospedaliera, introdotta per la rilevazione epidemiologica e sistematica sulla popolazione dei dimessi, con decreto ministeriale 28 dicembre 1991), tramite supporto informatico.
 
Proseguendo nell’esposizione del quadro normativo, tracciato nella sequenza diacronica degli atti normativi e provvedimentali di interesse ai fini della vicenda qui in esame, la Procura ricorda che la delibera n. 4614 del 29 dicembre 1995 della regione Toscana, ha definito le tariffe regionali per il pagamento delle prestazioni di ricovero ospedaliero prevedendo, inoltre, diverse fasce di classificazione dei produttori delle prestazioni sanitarie (classificazione individuata in funzione della loro complessità strutturale e organizzativa) stabilendo, per i soggetti privati accreditatati, l’obbligo di notificare alla Giunta Regionale ed all’Azienda USL competente per territorio, l’accettazione del sistema di remunerazione a prestazione di cui alla stessa delibera, delle tariffe e della decorrenza degli effetti economici. Si legge in citazione che iI predetto provvedimento (Delibera regionale), al punto 20, ha stabilito per i soggetti accreditati l’impegno di:
 
adottare la Scheda di Dimissione Ospedaliera, come supporto informativo dell’attività di ricovero svolta, individuando i responsabili delle attività di verifica della corretta compilazione e codifica dei dati clinici;
 
adottare procedure di controllo analitiche dei costi, in conformità delle direttive regionali in materia.
 
In questo contesto normativo, nazionale e regionale, si inserisce l’attività svolta dalla Casa di cura xxxx, nel periodo 1997/2000, in regime di convenzione con l’Azienda Sanitaria territorialmente competente, cioè l’Azienda n. 8 di Arezzo.
 
A seguito di verifiche effettuate in merito dal più volte citato Comando Carabinieri per la Sanità, N.A.S di Firenze, su delega della Procura inquirente, per la Procura medesima risulta chiaro che presso la Casa di cura xxxx, come detto struttura privata convenzionata, operavano stabilmente sin dal 1996 il dott. ************* ed il dott. r. ********, i quali secondo le allegazioni della citante avevano con la stessa un contratto libero professionale ( v. allegato n. 8 della relazione prot. n. 1/11 – 3 del 10 marzo 2003 del Comando Carabinieri per la Sanità, N.A.S. di Firenze, agli atti di Procura nel fascicolo processuale ).
 
I suddetti medici risultano nelle comunicazioni inviate alla Regione negli anni 1996- 2000, relative al personale inserito nell’organico della Casa di cura, quindi, opina la requirente, trattavasi di medici facenti parte del corpo sanitario della struttura e non di personale esterno alla stessa.
 
I citati contratti prevedevano che il dott. r. ed il dott. ****** ricevessero, quale compenso su ogni intervento chirurgico, la percentuale del 25% di quanto corrisposto alla Casa di Cura dalla Regione Toscana o dal S.S.N., in base alla classificazione di cui al decreto ministeriale 14 dicembre 1994 e che, nel caso in cui la prestazione chirurgica fosse stata effettuata in virtù di incarico professionale, conferito direttamente dal paziente, nulla era dovuto ai due medici dalla Casa di cura, per le prestazioni effettuate ( si richiamano, e si allegano a supporto probatorio i contratti 1996/2000 tra il dott. ****** ed il dott. r. e la Casa di cura xxxx, facenti seguito la relazione del Comando Carabinieri per la Sanità, N.A.S. di Firenze, prot.n, 1/1.1 – 3 del 10 marzo 2004).
 
Il dott. r. ed il dott. ******, per i loro pazienti residenti nella Regione Toscana, le cui prestazioni rientravano nei tetti di ricovero, venivano invece considerati "non facenti parte del corpo sanitario della casa di cura" e, quindi, questi pazienti pagavano le prestazioni dei predetti medici; d’altro canto, si afferma, la Casa di cura richiedeva per le stesse il rimborso integrale, ottenendo così il pagamento per oneri mai sostenuti.
 
Per tali prestazioni, infatti, la "xxxx" non sosteneva alcun costo per il chirurgo operatore ma richiedeva ugualmente il rimborso integrale delle prestazioni indicando, falsamente secondo tesi attorea, che si trattava di interventi a totale carico del S.S.N..
 
La vicenda porrebbe in palmare evidenza che quanto posto in essere dalla Casa di cura xxxx di Arezzo era in contrasto con la normativa in materia di rimborsi, per prestazioni sanitarie erogate da strutture private in regime di convenzione.
 
Nei casi in esame, infatti, secondo la Procura, il dott. r. e il dott. ******, medici che hanno eseguito gli interventi in attività libero professionale con oneri a carico dei pazienti, facevano stabilmente parte del corpo sanitario della Casa di cura, poiché, si argomenta:
 
erano inclusi negli elenchi del personale in organico inviati dalla Casa di cura ai competenti uffici regionali;
 
operavano come medici in organico per i pazienti non residenti in Toscana (per tali pazienti, infatti, veniva applicato quanto previsto dalla normativa in materia di rimborsi, poiché gli stessi, una volta ricoverati in convenzione, non pagavano alcuna somma di denaro per le prestazioni professionali dei citati medici, rientrando le stesse nei rimborsi a D.R.G.);
 
svolgevano attività medica stabilmente presso la Casa di cura xxxx da diversi anni;
 
erano addirittura indicati quali medici curanti nelle cartelle cliniche
 
dei pazienti paganti, operati dagli stessi negli anni 1997-1998.
 
Inoltre, si aggiunge che, per gli interventi a pagamento eseguiti dal dott. r. e dal dott. ******, la Casa di cura non pagava le spese di altro chirurgo incaricato di eseguire direttamente l’intervento (primo operatore) e, quindi, non avendo sostenuto tali spese, la struttura non aveva titolo a richiederne il rimborso.
 
Considerato quanto emerso dall’indagine effettuata dai N.A.S, secondo la Procura emergono con chiarezza i tratti di un comportamento illecito considerando che la Casa di cura:
 
ha permesso al personale in organico di svolgere attività libero professionale con oneri a carico dei pazienti, nell’ambito di ricoveri in convenzione;
 
non ha avuto i costi per il chirurgo primo operatore, perché pagato dai pazienti; prestazioni qualificate in convenzione, come interventi privi di attività libero professionale, per i quali in realtà sapeva che i pazienti avevano invece pagato la stessa ( come risulterebbe, secondo le allegazioni della Procura, dalle fatture rilasciate dai medici ed inserite nelle cartelle cliniche );
 
ha inserito, nei tracciati "record di controllo" (nell’ambito dei flussi informatici di comunicazione delle prestazioni sanitarie alla USL competente), codici informativi che rappresentavano una situazione diversa da quella reale, al fine di eludere l’esclusione dal rimborso delle prestazioni già in parte pagate dal paziente.
 
Con l’inserimento nei tracciati "record" di controllo di codici che si assume non rispondenti alla realtà, la struttura avrebbe quindi ottenuto indebiti rimborsi integrali per prestazioni già in parte pagate privatamente dai pazienti e, pertanto, non più aventi le caratteristiche per essere fatturabili all’Azienda Sanitaria.
 
Nel periodo 1997 – 2000, infatti,sulla base del sistema tariffario regionale all’epoca vigente, non era disciplinata la possibilità di rimborso a carico del S.S.N. per attività libero professionale in strutture private convenzionate accreditate e, quindi, non potevano essere richiesti rimborsi per tali prestazioni perché le medesime non erano contemplate nel contratto.
 
In sostanza, le prestazioni libero professionali su richiesta del paziente non potevano essere fatturate nei confronti dell’Azienda USL, ma rientravano nella categoria dei ricoveri per soggetti paganti in proprio.
 
Dopo l’entrata in vigore del nuovo sistema tariffario a D.R.G., la possibilità di svolgere attività libero professionale a pagamento, era stata prevista solo per medici di strutture pubbliche, con delibera della Regione Toscana n. 376 del 7 gennaio 1997.
 
Solo con le delibere n. 283 del 19 marzo 2001 e n. 355 del 2 aprile 2001 della Regione Toscana, successive ai fatti oggetto del presente giudizio, anche i medici dipendenti dalle strutture private potevano effettuare attività libero professionale a pagamento, stabilendo per il S.S.N un costo pari al 65% sul totale previsto per l’erogazione di dette prestazioni, indipendentemente dalla residenza del paziente, purché cittadino italiano o assimilabile, previa autorizzazione della competente struttura ospedaliere (e ciò considerando che il costo della prestazione del medico è solo una parte del costo complessivo del ricovero ).
 
Si rileva in citazione che dalle verifiche, effettuate dal N.A.S., dei tracciati record relativi agli interventi in parte pagati dai pazienti, è emerso che i dati inviati dalla Casa di cura al competente ufficio di controllo dell’Azienda Sanitaria non rispondevano, si assume, alla realtà, non solo per quanto atteneva il "campo" relativo all’onere della degenza, ma anche per quanto atteneva il "campo" relativo alla modalità di erogazione ( campo denominato "modero" ).
 
Il punto focale – sotto il profilo fattuale – su cui si poggia la trama di addebito della citante trae allora origine dall’esame dei citati tabulati, ed in particolare del menzionato campo "modero", esame dal quale sarebbe emerso che la Casa di cura ha inserito sempre il codice "O", presentando all’ufficio di controllo dell’Azienda le relative prestazioni come interventi non aventi "attività libero professionale a pagamento": ciò in contrasto, secondo tesi di accusa, a quanto realmente accaduto e come, si dice, dimostrato.
 
La Casa di cura era a conoscenza di quali pazienti avevano pagato le prestazioni professionali dei citati medici, poiché faceva sottoscrivere a questi una dichiarazione in tal senso, che veniva conservata in cartella clinica.
 
Tale dichiarazione serviva alla struttura per non pagare ai due chirurghi il 25% dell’importo previsto del D.R.G., come da contratto sopra illustrato.
 
Sarebbe provato in atti che per tutte le prestazioni, sia per quelle per le quali i pazienti non avevano pagato oneri professionali sia per quelle per le quali gli stessi avevano pagato le prestazioni ai due chirurghi, la Casa di cura inviava all’Azienda fatture per il rimborso integrale delle stesse e codici informatici di controllo indicanti l’assenza di pagamenti di attività libero professionale.
 
Se la Casa di cura avesse inserito il codice 1 o 2 nel campo "modero" indicante prestazioni con attività libero professionale a pagamento erogate presso la stessa, il sistema informatico di controllo della Azienda avrebbe ritenuto non dovuto il rimborso.
 
Quanto sopra, a giudizio della Procura, dimostra chiaramente la consapevolezza, da parte dei Responsabili della Casa di cura, di fornire all’Azienda Sanitaria, codici diversi da quelli realmente corrispondenti al tipo di prestazione effettuata, al solo scopo di fatturare ed incamerare somme maggiori, rispetto a quelle realmente spettanti.
 
La responsabilità del danno erariale, conseguente al comportamento scorretto della Casa di cura xxxx, viene qualificato come gravemente colposo o caratterizzato da dolo contrattuale, ed imputato al convenuto, **** a. b., Amministratore Unico della struttura privata dal 1995 al 2003.
 
La Procura, per quanto riguarda i funzionari ed amministratori della USL convenuti, ritiene poi sussistente una "culpa in vigilando", che emergerebbe pienamente dalla descrizione dell’organizzazione e del quadro mansionale dell’ente sanitario.
 
Con delibera del Direttore Generale (dott. r. g.) dell’Azienda Sanitaria di Arezzo n. 515 del 28 aprile 1997, resa esecutiva con delibera della Giunta Regionale per la Toscana n. 567 del 26 maggio 1997, è stato approvato il Regolamento Generale Aziendale di Organizzazione dell’Azienda USL n. 8 di Arezzo. Con la richiamata delibera, nell’ambito delle funzioni attribuite alle articolazioni aziendali, è stato istituito, al punto 4, il Supporto Amministrativo Attività Dipartimentali e, più, particolarmente, al punto 4.4., l’Unità Operativa di Supporto Amministrativo Dipartimento Ospedaliero, con competenza in materia di "fatturazione attiva per prestazioni e cessioni non sottoposte a compensazione, supporto amministrativo per convenzionamento con strutture esterne per prestazioni a ricoverati, riscontri amministrativi e liquidazioni connesse".
 
La predetta Unità Operativa si suddivideva in Ufficio Amministrativo Prestazioni Sanitarie Interne al punto 4.4.2. ed Ufficio; Amministrativo Prestazioni Sanitarie Esterne al punto 4.4.3. Quest’ultimo aveva tra le proprie competenze, "il riscontro amministrativo e la liquidazione delle fatture per prestazioni sanitarie rese da cliniche private e strutture specialistiche esterne".
 
L’attività di controllo demandata al predetto Ufficio consisteva, sostanzialmente, nell’accertamento della corrispondenza e della congruità dei "records" dichiarati dalla Casa di Cura con quelli indicati nella S.D.O; Per quanto qui rileva, invece, fondamentale risulta il ruolo dell’Ufficio DRG, appositamente istituito per vigilare e "monitorare" ai fini di un corretto e regolare rapporto con le strutture erogatrici le prestazioni mediche: il controllo assegnato al predetto Ufficio D.R.G, comportava una verifica di carattere sostanziale, diretta all’accertamento – concreto ed effettuato sui dati della documentazione sanitaria – della correttezza dell’applicazione del numero di codifica corrispondente alla prestazione sanitaria erogata dalla Casa di cura, nonché della congruità della durata della degenza, in relazione al tipo di malattia e di intervento. Questo tipo di attività, presupponeva, in chi era chiamato a svolgerla, una preparazione di carattere medico-amministrativo, richiedendo necessariamente la conoscenza di ciascuna malattia diagnosticata, la compatibilità delle tipologie di intervento applicate e la corrispondenza dei codici D.R.G. attribuiti ( il dott. g. m. è, infatti, laureato in medicina). L’attività di controllo assegnata all’Ufficio D.R.G. non doveva certamente consistere, argomenta la Procura, nel prendere atto di quanto apoditticamente dichiarato dalla Casa di cura, ma avrebbe potuto e dovuto estendersi anche all’esame della Scheda di Dimissione Ospedaliere e, se necessario, anche alla cartella clinica. Ogni Scheda di Dimissione Ospedaliera, infatti, come sopra precisato, indica il codice relativo alla singola prestazione sanitaria, se a carico del Servizio Sanitario Nazionale o, al contrario, se a carico di privati. Compito dell’Ufficio D.R.G, quindi, precisa in sintesi la Procura, è proprio il controllo dell’aspetto sanitario della prestazione effettuata dalla struttura convenzionata e, quindi la verifica della correttezza della indicazione del codice informatico.
 
Per quanto attiene alla responsabilità del Sig. r. g., la Procura osserva quanto segue.
 
Innanzitutto, la Requirente ricorda che questi, dal 1997 al 14 luglio 2000 ha rivestito la carica di Direttore Generale dell’Azienda U.S.L. n. 8 di Arezzo ed il giorno dopo, ha assunto quella di Direttore della Casa di Cura xxxx dal 15 luglio 2000 al 28 luglio 2002; peraltro, in merito all’attività svolta in quest’ultima veste, il Sig, r.. dichiara di non essersi mai occupato dei rapporti tra la Casa di cura e l’Azienda Sanitaria, della stesura dei contratti con i medici liberi professionisti, operanti nella struttura privata, né delle tematiche connesse alla gestione contabile e finanziaria delle società, tutte di competenza dell’ Amministratore Unico, **** a. Boncopagni, ma, d’altronde, nell’atto di citazione non si rilevano addebiti relativi a quest’ultimo ruolo rivestito dal convenuto.
 
In sintesi, tratteggiando un quadro accusatorio circostanziato da dettagliate e puntuali evenienze la Procura sottolinea come il r. sia venuto meno al proprio compito di generale vigilanza e sollecitazione – in relazione a situazioni che richiedevano una particolare diligenza da parte delle strutture della Usl da lui diretta – per quanto qui riguarda omettendo provvedimenti in ordine ad anomali indice di illecito, come quello di cui la citante chiede l’accertamento ed il risarcimento del relativo danno. Il r. aveva avuto conoscenza di una potenzialità lesiva di un corretto sistema dei rimborsi, insita proprio nell’incarico diretto da parte dei degenti a medici professionisti, incarico che, coperto nell’ambito di una certificazione di intervento sanitario a carico della struttura convenzionata, dava luogo all’indebito rimborso.
 
Da ciò il suo comportamento connotato da colpa grave.
 
L’atto di citazione, quindi, conclude chiedendo che i convenuti siano condannati al risarcimento della somma di Euro 1.631.780.000, da addebitare per il 60% alla Casa di Cura xxxx, "ed in particolare al Sig. b., quale amministratore unico", e per il 40%, in parti uguali, è da desumersi, ai restanti convenuti. Pare opportuno, ai fini di quanto si dirà in parte motiva, riportare le testuali espressioni di parte attrice: "Nella ripartizione del danno tra i soggetti responsabili, tenuto conto dell’incidenza causale del comportamento emissivo e/o commissivo di ognuno, della carica rivestita e delle funzioni svolte, questa Procura ritiene di attribuire il 60% del danno erariale alla Casa di cura xxxx, ed in particolare al Sig. b. a., in qualità di Amministratore Unico della predetta società ed il 40% al Direttore Generale dell’Azienda Sanitaria USL. n. 8 di Arezzo, Sig r. g. ed al Responsabile deU’Ufficio D.R.G. dell’ Azienda Sanitaria USL n. 8 di Arezzo, **** g. m., salvo ogni eventuale e/o diversa ripartizione che la Sezione…………"
 
La difesa del convenuto b..
 
Con atto in data 23 luglio 2005, il sig. b., patrocinato dall’avv.to Maneschi, si è costituito in giudizio. Nel proprio atto difensivo eccepisce:
 
1 – la carenza di giurisdizione di questa Corte in ragione dell’insussistenza del rapporto di servizio fra lo stesso Ing. b. e l’Azienda U.S.L. n. 8 di Arezzo e, quindi l’assenza, in capo al medesimo, della qualifica di agente contabile; il predetto rapporto di servizio è configurabile, invece, in virtù di due distinte convenzioni (triennio 1996/98 e 1999/ 2001) con la casa di Cura xxxx; né possono ravvisarsi in capo al convenuto in questione titolarità ed esercizio di pubbliche funzioni, nella specie attività certatrice degli atti posti in essere nell’esercizio dell’intervento sanitario, attività certificatrice la cui responsabilità ed attribuzione è da ascrivere ai medici curanti;
 
2 – il difetto di legittimazione passiva in quanto essendosi il menzionato rapporto di servizio instaurato direttamente con la la Casa di Cura xxxx questa sola dovrà risponderne essendo fin troppo noto che, trattandosi di società di capitali, sia pienamente vigente il principio di ìmmedesimazione organica tra amministratore e società il che comporta che ogni obbligazione sorga e sia riferibile in nome e per conto della società per la quale agisce l’amministratore;
 
3 – sempre in via preliminare e di rito, la necessità di sospensione del giudizio stante. l’esistenza di un identico contenzioso in sede civile per il rimborso delle medesime somme;
 
4 – la prescrizione dell’azione contabile per tutti i pagamenti effettuati per lo meno fino alla data del 3/11/1999;
 
5 – la non configurabilità, in ogni caso, di un danno erariale atteso che, nel caso di specie, non si è verificata alcuna duplicazione nei pagamenti, né alcun maggior esborso da parte dell’Azienda U.S.L. avendo questa corrisposto alla Casa di Cura tutte e solo le prestazioni effettivamente rese dalla Clinica Convenzionata corrispondenti alla richiesta tariffa in D.R.G.; sarebbe priva di fondamento la tesi di accusa, fondata sulla circostanza che il paziente pagasse l’intera prestazione risultando invece questa posta a carico della dalla Casa di Cura e remunerata tramite un’attività complessa che necessitava di verifica delle condizioni del paziente, di studio, di pratica dell’anestesia. Vi è poi da considerare la presenza, per le prestazioni erogate, di uno staff medico, fornito interamente dalla Casa di Cura (per ogni singolo ricovero, si rileva la necessità di un anestesista, un addetto per coordinare e verificare quanto sopra, un medico chirurgo, quello della branca relativa all’intervento ed il Direttore), professionalità che servivano anche all’attività successiva chirurgica, necessarie alla fase della riabilitazione oltre al necessario supporto del personale paramedico quali caposala, tecnici di laboratorio, radiologici e la fornitura di tutti i medicamenti, il servizio di pulizia dei locali, dei letti e della biancheria, il servizio di ristorazione e tutto ciò che costituisce conforto ambientale di degenza: ciò comporta spesa diversa da quella eventualmente posta a carico di un paziente per il quale può validamente sostenersi la circostanza che questi abbia richiesto, in aggiunta a tutte le dette prestazioni, anche la presenza di un ulteriore medico durante l’operazione, o comunque la sua consulenza;
 
6 – la non configurabilità di alcuna condotta illecita, atteso che il comportamento posto in essere dalla Casa di Cura (consistente nel permettere che un libero professionista non dipendente della Casa di Cura, incaricato direttamente dal paziente, fornisse un’opera professionale di consulenza in aggiunta alla prestazione effettuata dalla Casa di Cura per conto del Servizio Sanitario Nazionale), non era comunque vietato ed, anzi, in forza delle norme anche costituzionali vigenti in materia, doveva considerarsi legittimo e lecito quale aspetto determinante del diritto alla salute e della libera scelta della modalità e del luogo ove tale diritto esercitare; non vi sarebbe poi il requisito della colpa grave, attesa l’incertezza circa i comportamenti da assumere in merito, incertezza legata alla mancanza di direttive da parte dell’Amministrazione di riferimento;
 
7- in assoluto subordine, la riduzione dell’eventuale danno erariale al D.R.G. la sola riduzione del 35%, e ciò per analogia in forza delle norme che disciplinano la libera professione c.d. "intra moenia". Sempre in assoluto subordine, l’eventuale riduzione del danno erariale tenendo conto del mancato rimborso per le prestazioni avvenute oltre la soglia rimborsabile (sopra tetto) applicando allo stesso le prestazioni effettuate per i c.d. "fuoritetto" per una valorizzazione economica pari a Euro 146.511,03; nella prospettiva della ricordata eventuale riduzione del danno erariale si invita all’applicazione, nella quantificazione dello stesso, di una decurtazione pari all’effetto economico della transazione intervenuta tra la Casa di Cura e l’Azienda U.S.L. n. 8 in data 23/12/1999, per una valorizzazione economica pari a Euro 37.334,66;
 
8 -. infine, l’insussistenza dell’elemento soggettivo del dolo e della colpa grave.
 
 
 
Il convenuto r.
 
Il convenuto r. eccepisce la nullità della citazione, per essere stato convenuto in giudizio, oltreché in veste di direttore generale dell’Azienda USL n. 8 di Arezzo (dal 1997 al 14.7.2000) anche nella sua qualità di direttore della Casa di Cura xxxx di Arezzo relativamente al successivo periodo 15.7.2000-28.2.2002, ma, poichè nel testo della citazione la Procura Regionale è chiara nell’affermazione che la asserita responsabilità è correlata esclusivamente "alla posizione del dott. r. in veste di direttore generale dell’Azienda Sanitaria dal 1997 al 2000" ne consegue, secondo tesi di difesa, che la diversa carica di direttore della predetta casa di cura è richiamata come mero elemento di fatto e che, in ordine all’asserita responsabilità del ricorrente in tale sua ultima veste, la pretesa azionata dalla Procura regionale è non solo infondata, ma prima ancora nulla per indeterminatezza della "causa pretendi" ai sensi dell’art. 164, comma 4, cod. proc. civ.
 
"Infatti, sebbene il convenuto dott. r. sia stato espressamente citato anche in tale sua specifica qualità, la Procura Regionale nulla ha dedotto e tanto meno provato circa gli atti o le condotte che egli avrebbe conseguentemente posto in essere e che avrebbero cagionato o comunque concorso a cagionare il danno erariale di cui è causa". In secondo ordine il convenuto rileva l’intervenuta prescrizione relativamente a tutti i crediti inerenti somme corrisposte in maniera indebita, secondo la Procura, dall’Azienda USL n. 8 di Arezzo alla Casa di Cura xxxx in data antecedente al 24 maggio 2000, e ciò poiché il primo atto interruttivo della prescrizione non potrebbe che essere ravvisato nella notifica della citazione promossa dalla Procura Regionale (si rammenta quale indirizzo giurisprudenziale di riferimento la sentenza della Corte Conti, sez. Il, 16 aprile 2003, n. 169/A), notifica avvenuta in data 24.5.2005.
 
Secondo parte convenuta, nessuna efficacia ai fini dell’interruzione della prescrizione può essere conferita all’invito a dedurre, notificato dalla Procura Regionale in data 9.11.2004: comunque, sempre in memoria difensiva si afferma che subordinatamente sono da considerarsi prescritti quanto meno i crediti correlati agli asseriti danni antecedenti al 9 novembre 1999, visto che l’invito a dedurre risulta notificato in tale data.
 
Inoltre, poiché, nella sostanza, gli addebiti formulati al dott. r. riguardano la sua veste di DG della USL 8 d Arezzo, non vi sarebbe dubbio che il 14.7.2000, data in cui questi cessò dal predetto incarico, costituisca il termine finale cui correlare l’asserita responsabilità dello stesso per le somme che sarebbero state indebitamente erogate dall’Azienda USL n. 8 di Arezzo alla Casa di Cura xxxx.
 
Nel merito si sostiene che il presunto danno erariale cagionato all’Azienda USL n. 8 di Arezzo deve essere esclusivamente imputabile alla Casa di Cura xxxx, in quanto il nocumento sarebbe avvenuto in conseguenza di una condotta "infedele" e contraria a principi di correttezza e buona fede posto in essere dalla predetta Casa di Cura, poiché questa avrebbe, riprendendo le tesi di accusa, consapevolmente fornito "codici diversi da quelli realmente corrispondenti al tipo di prestazione effettuata, al solo scopo di fatturare ed incamerare somme maggiori rispetto a quelle spettanti". All’opposto, l’Azienda Sanitaria non era a conoscenza del meccanismo artificioso ed anomalo posto in essere dalla casa di cura. Inoltre, nella veste di Direttore Generale, nessun addebito può essere rivolto al r., per i fatti in questione, una volta che l’operato degli uffici da lui diretti non aveva segnalato alcuna anomalia, anzi aveva autorizzato, a seguito delle procedure di rito, i rimborsi che si affermano non dovuti. Si sottolinea la circostanza che il compito di effettuare i riscontri ed i controlli relativi alle richieste di rimborsi provenienti dalle case di cura private era stato assegnato dall’allora direttore generale (odierno convenuto) al dott. m. g. nella sua qualità di dirigente medico dell’Ufficio DRG.
 
A maggior suffragio dell’assunto si rinvia alle le note del 12.7.1996 n. 673 o quelle del 12.3.1997 n. 153 o del 25.7.1997 n. 417 (agli atti della Procura), tutte a firma del dott. g., nelle quali si precisa espressamente che "relativamente ai controlli di natura sanitaria, nulla osta al pagamento di quanto fatturato nel mese di giugno 1997 alle case di Cura Private di Arezzo".
 
Si richiama la circostanza che lo steso dott. m. g. aveva compendiato, nella nota del 9.4.2004 n. 1113 (depositata a pagina 39 dell’allegato n. 3 della Procura Regionale), quali fossero i suoi specifici compiti e come spettasse all’ufficio da lui diretto la "’verifica ed il controllo sui ricoveri effettuati dalle strutture aziendali finalizzate ali ‘istituto della compensazione degli ospedali pubblici ed alla liquidazione del fatturato per le case di cura private" (si richiamano le ulteriori note depositate alle pagine 42-44 dell’allegato n. 3 della Procura Regionale tutte a firma del dott. g.).
 
Le ultime eccezioni formulate nella memoria difensiva, attengono alla insussistenza di un danno attuale e definitivo, stante la pendenza di un procedimento civile all’esito del quale l’Azienda sanitaria potrebbe recuperare quanto indebitamente erogato, e la necessità, sempre per la coesistenza di due procedimenti sostanzialmente inerenti la medesima fattispecie, di una sospensione del giudizio,ai sensi dell’art. 295 c.p.c.
 
 
 
Il convenuto sig. g.
 
Il dott. g. ha escluso ogni responsabilità, per culpa in vigilando, nella causazione del contestato danno erariale, da parte della Casa di cura xxxx, sostenendo di aver svolto il proprio compito in osservanza delle disposizioni in materia e, comunque, l’Ufficio DRG, "non aveva alcun obbliga di ulteriore verifica, rispetto a quelle effettuate, che fosse idonea ad evidenziare le eventuale pretesa di rimborso di prestazioni pagate dal paziente",
 
II Sig. g., sostanzialmente, dichiara che un debitore, l’Azienda Sanitaria USL n. 8 di Arezzo, procede al pagamento di quanto gli viene richiesto da un creditore, nella specie la Casa di cura xxxx, senza avere la possibilità di verificare, in concreto, la fondatezza e l’entità della somma realmente spettante. Nella propria memoria difensiva, traccia il quadro delle mansioni affidategli al fine di dimostrare l’insussistenza di un proprio comportamento illecito: è stato nominato, dal Direttore Generale della USL, Responsabile dell’Ufficio DRG nella sua qualità di Responsabile della ”Sezione igiene ed organizzazione dei servizi ospedalieri "della zona di Arezzo (doc. pag. 34 all. n. 3 ai fascicoli per il dibattimento).
 
Spiega il citato che l’ufficio ****** era "ricondotto alle funzioni ed attività della Sezione igiene ed organizzazione dei servizi ospedalieri della zona di Arezzo "(pag. 7 all. n. 3 ai fascicoli per il dibattimento).
 
Il Regolamento Generale Aziendale di organizzazione, approvato dalla Regione Toscana, di cui si è avuto già modo di far menzione, coerente con le definizioni dell’allora vigente legge regionale, individua quali "sezioni" "le articolazioni interne delle unità operative, non direttamente titolari di funzioni" (art. 5, comma 1), e statuisce che "l ‘autonomia riconosciuta alla sezione od ufficio è esercitata nell’ambito delle direttive impartite dal responsabile della unità operativa di riferimento" (art. 5, comma 2 Regolamento aziendale di organizzazione).
 
Nel rispetto di queste direttive il convenuto ritiene di aver svolto i compiti di vigilanza, così come derivanti dal nuovo assetto del SSN verso le case di cura accreditate, con correttezza e scrupolo: con nota del 26.9.97 prot. 312, inviava, rammenta, al Direttore Generale, al Direttore Sanitario, al Direttore Amministrativo nonché al Responsabile del dipartimento ospedaliero una relazione "circa l’attuale stato di attivazione e sulla programmazione di prossime attività dell’ufficio DRG"
 
Quanto alla verifica e controllo sui ricoveri effettuati il dr. g. evidenziava che "tutt’oggi si è proceduto in modo esaustivo alla definizione dei DRG inerenti vari episodi di ricovero, su richiesta dei competenti uffici amministrativi. Mensilmente si verificano, per quanto attiene agli aspetti sanitari, le fatture rimesse dalle Case di Cura private ".
 
Considerando prioritario, all’interno dei propri compiti, la predisposizione di idonee indicazioni – da fornire alle cliniche convenzionate – circa la corretta compilazione delle schede di dimissione ospedaliera, il g. riferisce, quanto alla qualità della redazione della SDO, essere la stessa finalizzata "ad una corretta attribuzione dei DRG ad ogni evento di ricovero" afferma di aver proposto una verifica qualitativa a campione di cartelle cliniche e relative SDO, dettagliando le valutazioni da effettuare sia con riferimento alla cartella clinica sia con riferimento alla SDO.
 
In questa prospettiva il 18 novembre il convenuto dr. g. inviava ai responsabili delle varie strutture dell’azienda USL e per conoscenza al Direttore Generale ed al Direttore Sanitario le linee guida per la compilazione della SDO medesima. Ed allora, la linea difensiva di maggior rilievo del citato si sostanzia nell’affermazione che questa attività di natura prettamente sanitaria, tempestivamente portata a conoscenza dei superiori gerarchici del dr. g., è quella che è stata effettivamente svolta dall’ufficio DRG sulla base della disciplina vigente all’epoca ovvero delle istruzioni della Regione e delle direttive impartite dalla Direzione aziendale, rispetto alle quali lo stesso g. non può essere considerato inadempiente.
 
Questa, nell’impostazione difensiva del convenuto, doveva essere l’attività inerente i controlli demandata all’ufficio DRG: la configurazione in tal senso deriverebbe anche dalla nota che i responsabili della Direzione Staff Aziendale (dr.ssa *****************), dell’U.O Sistema Informativo (dr.ssa ****************), e dell’U.O. Tecnologie Informatiche (dr. **************) hanno inviato al Direttore Sanitario in data 13.4.2004 (pagg. 20 e ss. all. 3 ai fascicoli per il dibattimento).
 
In questa nota viene descritta puntualmente la procedura per la liquidazione delle fatture delle Case di Cura private, con il relativo controllo basato su supporto informatico. Il dr. g. avrebbe quindi correttamente eseguito, si ripete, i compiti demandatigli dai suoi superiori ed in base alle norme vigenti, nell’ambito di modello organizzativo complesso ed articolato in più settori, accuratamente procedimentalizzato; la competenza specifica del medesimo era relativa agli aspetti sanitari e cioè alla corrispondenza tra codici riportati nella SDO e prestazioni effettivamente svolte dalle Case di Cura.
 
Nel programma – procedimento e negli atti regolamentari presupposti non v’erano accorgimenti per individuare l’erroneità dell’indicazione codificata inerente le prestazioni non a pagamento: l’unico sistema era il controllo a campione sulle cartelle cliniche, che è stato effettuato, afferma il convenuto, anche – rileva questi – se in alcuna fonte normativa, regolamentare od anche direttiva e/o raccomandazione aziendale era indicato di prestare attenzione a tale aspetto.
 
Inoltre nella memoria difensiva si rileva:
 
– che nel periodo considerato il dr. g. non aveva quale compito esclusivo la responsabilità dell’ufficio DRG avendo la ben più complessa responsabilità della Sezione Igiene ed organizzazione dei servizi ospedalieri per l’intera USL e Responsabile dell’Ospedale di Sansepolcro (tali compiti erano chiaramente preminenti ovvero i controlli che l’ufficio D.R.G. doveva effettuare non potevano che essere a "campione ", modello analogo per tutte le aziende);
 
– che, come rilevato nello stesso atto di citazione, la preparazione posseduta dal dr. g. richiedeva una attività di controllo comprendente "la conoscenza di ciascuna malattia diagnosticata, la compatibilità delle tipologie di intervento applicate e la corrispondenza dei codici DRG attribuiti", e il controllo "avrebbe potuto e dovuto estendersi anche alla SDO e, se necessario, anche alla cartella cllnica…..compito dell’ufficio DRG è proprio il controllo dell’aspetto sanitario della prestazione effettuata dalla struttura convenzionata ": tale attività è stata svolta dal dr. g.;
 
– che i rimborsi richiesti indebitamente concernerebbero 648 casi nell’arco dei 4 anni considerati (e non già 748 come affermato nell’atto di citazione: la cifra di 648 è indicata nel rapporto della P.G. ed è corretta in quanto rappresenta la somma dei casi di ciascun anno considerato), mentre le prestazioni totali per le quali è stato chiesto il rimborso superano il numero di 12.000: il dr. g. ha effettuato dei controlli campione anche sulle cartelle cliniche; non è sua responsabilità se nel corso di tali controlli non sono state visionate cartelle cliniche alle quali era allegata la documentazione comprovante l’intervento del libero professionista ed il pagamento a carico del paziente, che rappresentavano una percentuale minima sul totale (circa il 5%);
 
– che l’analisi della cartella clinica ed in particolare del documento sottoscritto dal paziente non consente di pervenire in modo immediato e diretto alla esistenza di una prestazione professionale a carico del privato che esclude la rimborsabilità per la restante attività sanitaria svolta dalla clinica: infatti la dichiarazione del paziente è così formulata "dichiaro di avere espressamente richiesto di avvalermi di ulteriori prestazioni di personale medico esterno, non facente parte del corpo sanitario…assumendo pertanto a mio completo ed esclusivo carico i relativi onorari non suscettibili di rimborso da parte del S.S.N. ". L’indagine affidata all’ufficio DRG è indirizzata a rinvenire comportamenti opportunistici in materia sanitaria, mentre la questione della rimborsabilità delle prestazioni sanitarie in presenza di un medico di fiducia aggiuntivo, ulteriore rispetto alle prestazioni comunque garantite dalla Casa di Cura non appartiene alla sfera delle competenze mediche, bensì ad una responsabilità di carattere giuridico.
 
Da ultimo il g. solleva l’eccezione di insussistenza del danno erariale, avendo la clinica "xxxx" superato, sostiene, negli anni di riferimento della presente causa, i cd. "tetti di rimborsabilità", rimanendo, quindi prestazioni che, pur sussistendone i relativi presupposti non sono state rimborsate e che avrebbero adeguatamente sostituito quelle indebitamente remunerate; non vi sarebbe, poi, colpa grave, in relazione alla prioritaria responsabilità degli organi apicali della USL 8 di Arezzo. Da ultimo, l’atto defensionale solleva eccezione di prescrizione nei termini già sopra delineati nell’illustrare la difesa del r..
 
Nella pubblica udienza del giorno 28.9.2005 le parti hanno precisato ed illustrato i termini della propria posizione processuale. Al termine la causa è stata trattenuta in decisione
 
 
 
DIRITTO
 
I. Quale eccezione di carattere preliminare, d’altro canto questione da esaminare, espressamente o implicitamente, anche d’ufficio, va valutata, anzitutto, la sussistenza della giurisdizione in capo al sig. b.. Questi è stato citato in giudizio nella sua qualità di "amministratore della casa di Cura xxxx". Appare quindi evidente che il convenuto viene ritenuto responsabile di illecito da responsabilità amministrativa per il suo operato come amministratore dell’ente di cura citato, mentre non risulta destinataria di azione erariale la predetta casa xxxx, della quale il b. era rappresentante e che si configura come società a responsabilità limitata di carattere totalmente privatistico, nella veste e nella formula organizzatoria, soggetto di un regime di affidamento-convenzione nell’ambito del SSN, rapporto assimilabile ad uno concessorio. Ed è con tale atto che si instaura ciò che viene definito "rapporto di servizio", in senso lato, il quale rende il privato compartecipe fattivo dell’attività dell’Amministrazione, inserito in questa, soggetto alle regole che governano l’agire della stessa e, quale conseguenza che qui importa, soggetto alla giurisdizione della Corte dei Conti. E’ giurisprudenza oramai consolidata e senza contrasti quella secondo cui in tema di responsabilità per danno erariale, l’esistenza di un rapporto di servizio, quale presupposto per un addebito di responsabilità al detto titolo, non è limitata al rapporto organico o al rapporto di impiego pubblico, ma è configurabile anche quando il soggetto, benché estraneo alla p.a., venga investito, anche di fatto, dello svolgimento, in modo continuativo, di una determinata attività in favore della p.a., con inserimento nell’organizzazione della medesima, e con particolari vincoli ed obblighi diretti ad assicurare la rispondenza dell’attività stessa alle esigenze generali cui è preordinata (da ultimo, "ex plurimis" Cassazione civile, sez. un., 12 marzo 2004, n. 5163). Nel caso si specie, la predetta soggezione si configura con il titolare del rapporto concessorio ovvero l’ente sanitario privato convenzionato. Oltre l’esposizione soggettiva di questo, poichè si è dinnanzi ad una struttura totalmente privata, il personale di questa risponderà del proprio operato di fronte alla società datrice di lavoro, e, in proiezione contenziosa, davanti al giudice ordinario.
 
Questo giudice non ignora che vi sono fattispecie che possono apparire come eccezioni alla predetta regola:
 
– è il caso dei dipendenti di concessionari che, per specifico regime normativo, in ragione delle funzioni ad essi delegate, sono pubblici ufficiali, per esercizio di potestà di imperio e, eventualmente, per maneggio di pecunia pubblica ( es. Ufficiali della riscossione, cfr. Sez. Giur Toscana, n. 833/ 2000, Sez. Emilia Romagna n. 1668 e 2047 del 2004; ; con riferimento alla gestione di proventi A.C.I., sez. Abruzzo sent. 424/2002; Sez. Sardegna n. 774/2002).);
 
– ugualmente si ritiene sussistente la giurisdizione sugli amministratori e dipendenti di società per azioni quando queste sono "in mano pubblica", in ragione del possesso pubblico dei relativi titoli azionari (L. n. 97 del 2001, artt. 1 e 7; Cass SU, 3899/2004, 9096/2005);
 
– va poi rammentato il caso di diretta appropriazione di somme da parte di soggetti privati, amministratori o dipendenti di società o persone giuridiche private in rapporto di servizio con la p.a ; anche in tale circostanza, per pacifica giurisprudenza, sussiste una diretta legittimazione passiva dei primi (v. in tal senso la Corte di cassazione sez. un. civ. con la sentenza n. 14473/02 in data 10 ottobre 2002, la quale, in relazione all’affidamento di corsi di formazione professionale ad un ente privato da parte di una regione, ha precisato che si configura la legittimazione passiva anche dei singoli soggetti che abbiano, ancorché indebitamente, avuto il maneggio dei fondi destinati alla formazione, a titolo di responsabilità contabile: sul punto anche Cass. sez. un. civ. n. 926/1999 del 23 settembre 1999, che richiama, a conferma, Cass. S.U. 17 ottobre 1991 n. 10963 e 28 ottobre 1995).
 
Il Pubblico Ministero ha fatto riferimento, per suffragare la fondatezza della propria azione, a recenti indirizzi giurisprudenziali, in particolare richiamando la decisione della I Sezione di Appello della Corte dei conti, n. 201 del 5 giugno 2005, ove si è affermata la responsabilità diretta di soci di ente societario privato non solo formalmente. II richiamo giurisprudenziale e la tesi che se ne trae esige una puntualizzazione. La sentenza in questione, infatti, condannando i soci di una società in accomandita semplice che aveva stipulato un rapporto convenzionale con la regione Lazio per lo svolgimento di corsi di formazione professionale, risultati in parte non effettuati e per i quali, comunque risultavano prodotte giustificazioni non veritiere di parte delle somme rendicontate, si inserisce in un nuovo filone giurisprudenziale, condivisibile, che ritiene – e non si vede quale tesi di contrasto possa configurarsi – esistente la legittimazione passiva dei soci che risultino, per la conformazione societaria (società di persone) esposti personalmente. In caso differente, ovvero nell’ipotesi di società di capitali, a rispondere sarà solamente la società, salvo che si provi l’abuso di poteri dell’amministratore e, in sostanza, l’utilizzazione della veste societaria quale mero schermo o velo (v. Sez. regionale per il Piemonte, n. 169/05 del 18 maggio 2005 , Sez. Lombardia, ord. 497/1997, convalida in secondo grado di sequestro nel caso "*****************").
 
In sede di udienza, il Pubblico Ministero ha richiamato anche il principio di economia di giudizio, affermando essere palese dal contesto processuale ed ante iudicium, che il soggetto che si intendeva convenire risulta essere la Casa di Cura; ha richiamato a tal fine decisione di questa Sezione. Ma a tale tesi fanno ostacolo vari fattori:
 
la chiara espressione letterale della citazione;
 
la notifica di ogni atto presso il domicilio personale del sig. B., laddove, ed è il caso del richiamo a precedente, solo la notifica presso la sede societaria poteva fare intendere che l’attuale convenuto veniva investito degli atti notificati in quanto legale rappresentante della società, e quindi soggetto tramite il quale la stessa agisce ed è destinataria di atti recettizi;
 
la contraddittorietà del richiamo alla sentenza 201 del 2005 della I sezione che è relativa a chiamata in giudizio, a titolo personale di amministratore di società (con ciò il PM sembra voler richiamare anche nelle intenzioni la letteralità delle espressioni di cui in citazione) ma, come detto, la giurisdizione è stata ravvisata trattandosi di società di persone.
 
Va dunque dichiarata la carenza di giurisdizione nei confronti del sig. b..
 
I a) . Né questo Giudice ritiene di dover integrare il contraddittorio con una chiamata "iussu iudicis" verso la casa di Cura xxxx. Infatti, la predetta chiamata in causa "iussu iudicis", ex art. 47 RD 1038 del 1933 (sul giudizio innanzi alla Corte) e art. 107 c.p.c. (applicabile nel giudizio di responsabilità amministrativa in ragione del rinvio "dinamico" di cui all’art. 26 del predetto Regio Decreto) contemplata nella prospettiva del cd. "giusto processo" e della struttura peculiare del giudizio di responsabilità amministrativa, con una parte pubblica (parte imparziale) inquirente (con ampi poteri in tal senso) ed eventualmente requirente su fatti di illiceità dannosa degli agenti pubblici deve evitare indebite ingerenze ed ambigue ed incerte commistioni fra l’attività ed il ruolo del Collegio giudicante e dell’Organo citante. Lo strumento processuale in questione, quindi, come è stato già affermato da questa sezione ( Ord. N. 23 del 2005, ma si veda anche Corte dei Conti, sez. Giur. Lombardia n. 381 del 1999) in un processo che si configura come dispositivo ma con metodo acquisitivo e dove, in sostanza, l’accertamento della verità ed il dialogo-conflitto processuale, vede la prima ben più avanti nella scala delle priorità e della valenza degli interessi processuali in gioco, può essere utilizzato solo quando questo assetto di fini rischia di essere minato, ed allora il giudicante deve intervenire per non incidere sulle possibilità di esaustiva conoscenza della vicenda. Così non è nel caso di specie, dove il vaglio delle responsabilità dei restanti convenuti non risulta alterato dalla mancata presenza in giudizio della Casa di Cura xxxx. In sostanza, questo giudice esorbiterebbe dai propri poteri qualora esercitasse, con la chiamata in causa per ordine del giudice e la costituzione di un litisconsorzio necessario processuale e successivo, il potere sindacatorio.
 
 
 
II. Deve, a questo punto del percorso motivazionale, essere esaminata l’eccezione di prescrizione.
 
Questa ha parziale fondamento.
 
Va preliminarmente rilevato che non ha rilievo la valenza che l’Organo requirente vorrebbe conferire al parallelo procedimento penale, poiché lo stesso, in astratto potrebbe dar conto della verificazione di un comportamento di doloso occultamento dell’evento dannoso, ma, allo stato, non vi è alcun elemento probatorio, o accertamento penale con forza di giudicato, che induca questo Giudice ad una valutazione siffatta, con fondamentali conseguenze in relazione alla decorrenza dei termini prescrizionali.
 
Né può essere prestato ascolto alla allegata tesi di difesa che l’atto interruttivo della prescrizione va individuato nell’atto di citazione poiché simile valenza non può essere conferita all’invito a fornire deduzioni. Consolidata giurisprudenza ( da ultimo ********, ********, 27 gennaio 2004, n.1), ricorda che l’atto con cui il Procuratore requirente sollecita l’esercizio della predetta funzione collaborativo difensiva è accompagnato, di prassi, nel medesimo documento notificato, da diverso atto giuridico ovvero la messa in mora. Nella contestualità cartolare, allora, si hanno due manifestazioni di volontà, la seconda delle quali, fra quelle sopradescritte, assume precipua efficacia interattiva della prescrizione.
 
E’ ben vero, però, che l’atto in questione è stato notificato ai convenuti in data 3 ( b.) 6 ( r.) e 8 ( g.) novembre 2004, e, scorrendo a ritroso – lungo l’arco di un quinquennio, tale essendo il termine di cui si discute nella responsabilità amministrativa – si giunge al novembre 1999. Il danno che si assume verificatosi in data precedente, quindi, cade nel rigore degli effetti dell’avvenuta prescrizione.
 
Inoltre, il lasso di tempo di riferimento inerente il convenuto r. va individuato nel periodo novembre 1999 – 14 luglio 2000, avendo questi abbandonato la carica di Direttore Generale della USL 8 di Arezzo, nella cui veste è stato oggetto degli addebiti della citante.
 
 
 
III. Prima di passare all’esame del merito, si ritiene – ritenendo tale scelta più vicina a chiarezza espositiva, anche se non del tutto aderente ai canoni di sequenza motivazionale – di dover trattare con la sintesi dovuta alla chiara soluzione che le problematiche presentano, le seguenti eccezioni.
 
 
 
III.a) Quanto alla pendenza di un contenzioso civile che potrebbe sovrapporsi quanto all’aspetto risarcitorio, è giurisprudenza consolidata e sempre confermata che la sussistenza contestuale di contenzioso civile e giudizio per responsabilità amministrativo-contabile sui medesimi fatti non comporta un contrasto giurisdizionale ma solo, in via eventuale, date le diversità e le differenti finalità dei due giudizi, un’eventuale interferenza di interesse processuale (********, sez. Lombardia, n. 436/1998; Cass. Civ. SSUU 5943/1993; *******, SSRR 816/1992; Corte Cost. 773/1988; per le pronunce più recenti, C. conti, sez. I, 3 aprile 2003, n.116/A (C. conti, sez. I, 16 giugno 2003, n.210/A; C. conti, sez. I, 18 febbraio 2002, n.48/A; C. conti, sez. I, 11 febbraio 2002, n.45/A; Cass. civ., S.S. U.U., 23 novembre 1999, n.822). Problematica che ben può essere composta in sede esecutiva nell’ipotesi di attivazione di una procedura di riscossione, evitando duplicazioni risarcitorie.
 
 
 
III.b) Circa il rimborso del 65% in caso di svolgimento di prestazioni sanitarie con incarico diretto ai medici operanti, a remunerazione della messa a disposizione delle strutture ospedaliere, è da rilevare come detta possibilità, per le case di cura convenzionate, è divenuta regola operativa solo dopo le delibere n. 283 del 19 marzo 2001 e 355 del 2 aprile dello stesso anno della regione Toscana, successive, quindi, ai fatti in questione.
 
 
 
III.c) Con riferimento ad un debito transattivo di euro 37.334,66, questo non ha nulla a che vedere con la vicenda questione, riguardando reciproche contestazioni – peraltro fra la casa di cura in questione e la Regione Toscana, la quale ha poi ceduto il credito alla USL 8 di Arezzo, in relazione al superamento ed alla valorizzazione del cd. "tetto" delle prestazioni consentite. Così, anche la transazione recante data 20.11.2001 riguarda la definizione dei profili tariffari in ordine al superamento del limite delle prestazioni consentite, ma il regime delle stesse, l’intervenuto atto sopra menzionato, la unilaterale prova fornita dalla parte rendono non configurabile un’ipotesi di "subentro" delle prestazioni non retribuite per superamento dei massimi consentito in luogo degli interventi sanitari contestati. Oltre, appunto, all’atto transattivo citato, la dinamica compensatoria si mostra non chiara e priva di automaticità.
 
 
 
IV. Tanto premesso il Collegio passa ora ad esaminare nel merito la questione sottoposta a giudizio.
 
In primo luogo occorre verificare se il comportamento posto in essere dalla casa di Cura xxxx sia stato infrattivo della normativa vigente, delle direttive degli organi territoriali competenti nell’ambito del SSN e, infine, dell’accordo di accreditamento stipulato con la parte pubblica.
 
Dalla documentazione processuale, che riporta documentalmente gli esiti di ispezioni, verifiche delle cartelle cliniche, delle dinamiche organizzatorie della Casa di cura in questione, dei rapporti con la ASL di riferimento e che dava luogo ai rimborsi, sopratutto dalle procedure informatizzate di esecuzione di questi, risalta con evidenza un comportamento improntato quantomeno a negligenza o imperizia, di intensità tali da configurare la colpa grave.
 
Com’è noto, e come anche gli atti delle parti hanno evidenziato, sin dagli inizi degli anni 90’, il rapporto fra parte pubblica e strutture sanitarie accreditate ha subito un mutamento, riguardante sia il sistema di valutazione quantitativo e qualitativo, sia i meccanismi di remunerazione, basati non più sullo specifica natura e sviluppo, anche in termini di degenza, della prestazione sanitaria erogata, ma su determinazioni di valore definite in termini generali, onde delineare modelli virtuosi di intervento sanitario, facilitare il sistema di indirizzo e vigilanza, fungere da deterrente a comportamenti tesi a non giustificato profitto.
 
Sotto il profilo normativo, ciò ha avuto inizio, su base nazionale, con il D.Lgs. 30.12.1992, n.502, art.8, co.5, modificato dal D.L. 517/93, il quale ha previsto che le Aziende USL fornissero l’erogazione delle prestazioni ai cittadini attraverso appositi rapporti con i soggetti accreditati a porre in essere gli interventi sanitari fondati sulla "corresponsione di un corrispettivo predeterminato" : come cennato sopra, con tale norma si dava corpo, nell’ambito del SSN, ad un nuovo sistema di finanziamento delle attività basato sulla remunerazione delle prestazioni mediante tariffe predeterminate a priori. Il Piano Sanitario Nazionale 1994-96, approvato con DPR 1 marzo 1994 ha costituito un passo attuativo, prescrivendo, in una prospettiva maggiormente esecutiva, che il finanziamento di tutti gli erogatori pubblici e privati deve avvenire sulla base di tariffe predeterminate, fissate a livello regionale secondo criteri generali stabiliti a livello nazionale; ancora, il Decreto Ministero della Sanità del 14 dicembre 1994 ha fissato le tariffe massime per le prestazioni di assistenza ospedaliera alle quali le Regioni, che alla data del 1° gennaio 1995 non avessero emanato propri provvedimenti tariffari, dovevano attenersi per i rimborsi.
 
In questo quadro, primario rilievo assume il sistema di prestazione e rimborso di derivazione anglosassone, descritto dall’acronimo DRG (Diagnosis Relative Group, ROD in italiano, Raggruppamenti Omogenei di ********), sistema dal 1996 diventato pienamente operante e codificante, tramite dati informatici, le prestazioni sanitarie. In sintesi: i codici informatici che vengono utilizzati nel sistema a D.R.G. determinano, fra le altre cose, la quantificazione degli importi base per ogni singola patologia codificata, nonché il soggetto (pubblico o privato) su cui ricadono gli oneri finanziari, con ciò dovendosi escludere una dinamica dei rimborsi calcolati in base alle effettive giornate di degenza dei pazienti. Il sistema a D.R.G. prevede infatti, fra le altre cose, un costo prestabilito per ogni tipo di prestazione sanitaria/intervento chirurgico, indipendentemente dai giorni di degenza. In questo nuovo modulo organizzatorio ruolo certificatore centrale assume la scheda di dimissione ospedaliera: sin dal 1996 le strutture pubbliche e private convenzionate dovevano inviare periodicamente alla ASL, per i controlli e i riscontri preliminari al rimborso, tutti i dati contenuti nella predetta SDO (Schede di Dimissione Ospedaliera) tramite supporto informatico. I citati dati venivano verificati dalla ASL che provvedeva poi ai rimborsi degli stessi in base alle tariffe previste dai codici di DRG inseriti dalla casa di cura.
 
II Decreto Ministeriale 15 aprile 1994 ha definito le "Determinazioni dei criteri generali per la fissazione delle tariffe delle prestazioni di assistenza specialistica, riabilitativa ed ospedaliera ".
 
Inoltre, come correttamente ha riportato in citazione la requirente, il D.M. 26 luglio 1993 ha disciplinato il flusso informativo sui dimessi dagli istituti di ricovero pubblici e privati, introducendo la funzione amministrativa/contabile dei dati raccolta nella predetta scheda di Dimissione Ospedaliera (SDO). Il disciplinare tecnico inserito nel citato decreto si fa carico dei profili esplicativi dei codici inseriti nella Scheda di Dimissione Ospedaliera. Conviene allora segnalare alcune prescrizioni definitorie: onere della degenza comprende l’obbligo di specificazione del soggetto sul quale ricade l’onere di rimborsare le spese relative al ricovero e ciò, nel flusso informatico, attraverso una simbologia codificata, per cui i codici, ad un carattere, da utilizzare per indicare il soggetto su cui sono ricaduti gli oneri della degenza sono i seguenti:
 
1 (SSN): ricovero a totale carico del SSN;
 
2 (in convenzione più differenza alberghiera): ricovero a carico del SSN, con rimborso delle spese alberghiere a carico del paziente;
 
3 (rimborso): ricovero a in casa di cura non convenzionata, con rimborso a carico del SSN;
 
4) (solvente): ricovero a totale carico del paziente (ad esempio in case di cura private non convenzionate o per pazienti stranieri non iscritti al SSN, provenienti da paesi non convenzionati con il SSN);
 
5) (altro): ricovero di pazienti stranieri provenienti da paesi convenzionati con il SSN o di pazienti stranieri con dichiarazione di indigenza o altro.
 
La Regione Toscana si dava carico dell’adozione della normativa di integrazione ed attuazione d quella nazionale, e ciò avveniva con delibere nn. 4614 del 29.12.1995, 376 del 7.4.1997, 955 del 9.8.1999.
 
Premesso che la maggior parte delle tariffe regionali vengono ritenute comprensive di tutti i costi sostenuti per la produzione delle singole prestazioni di ricovero, ivi compresi gli oneri relativi alle endoprotesi, agli impianti protesici, ortesici ed ausiliari utilizzati per le prestazioni di ricovero, è dal descritto scenario normativo, nazionale e regionale, che si ricavano le prescrizioni infrante nella vicenda che qui interessa.
 
Sulla base di apposita convenzione, alle case di cura private convenzionate, a partire del 1997, venivano commissionate dalla ASL solo prestazioni sanitarie in convenzione (oneri a carico del SSN ad eccezione dell’eventuale maggior confort alberghiero richiesto espressamente dal paziente): per tali interventi il paziente non pagava alcuna somma di denaro, ad eccezione dei costi relativi all’eventuale maggior confort alberghiero richiesto dallo stesso, tutti i costi venivano quindi fatturati dall’ASL; dette strutture inoltre potevano erogare, nei posti letto che rimanevano liberi da attività in convenzione, anche prestazioni non convenzionate (oneri non a carico del SSN ma a carico del paziente). Sotto l’aspetto della codificazione e della trasmissione informatica, per le prestazioni della prima tipologia, la casa di cura, per ricevere il rimborso dalla ASL, doveva inserire nel campo "onere di degenza "dei tracciati record di controllo il codice numerico 1 o 2, mentre nel campo "modero" il codice O —ricovero ordinario; per la seconda tipologia, per tali interventi i costi erano a totale carico del paziente, la casa di cura doveva inserire nel campo "onere di degenza", dei tracciati record inviati all’ASL per i controlli, il codice numerico 4, mentre nel campo "modero" il codice O —ricovero ordinario (poi mutato in 1o2).
 
Le irregolarità da addebitare ala Casa di Cura xxxx riguardano l’attività professionale dei dr. ****** e r., specialisti in ortopedia: dai contratti da questi stipulati, e dalla documentazione relativa alle cartelle cliniche esaminate dai Nas su indicazione della Procura, risulta che gli stessi si erano legati alla predetta casa da un rapporto libero professionale per i pazienti non residenti nella Regione Toscana (le cui prestazioni non rientravano nei tetti di ricovero) e venivano considerati "facenti parte del corpo sanitario della casa di cura" e quindi questi pazienti non pagavano le prestazioni professionali dei predetti: la struttura riconosceva agli stessi "la percentuale del 25% di quanto corrisposto alla Casa di Cura dalla Regione Toscana o dal S.S.N. in base alla classificazione di cui al D.M. 14/12/1994. Invece, per i pazienti residenti nella Regione Toscana (le cui prestazioni rientravano nei tetti di ricovero) venivano considerati "non facenti parte del corpo sanitario della casa di cura" e quindi i pazienti pagavano le prestazioni dei predetti direttamente ai sanitari in questione, che personalmente emettevano documentazione fiscale in merito direttamente al paziente mentre la casa di cura richiedeva per le stesse il rimborso integrale, ottenendo così il pagamento per oneri mai sostenuti, non senza peritarsi di far dichiarare ai medici in questione che il rapporto libero-professionale intercorreva fra il paziente ed il medico, con la conseguenza che l’onere contrattuale di cui sopra, del 25%, non era dovuto.
 
L’esame delle cartelle cliniche ha permesso di appurare che la prestazione dei sanitari in questione era di intervento primario – non vi era la presenza di altro medico con competenze similari – e non di ausilio ad altro medico dipendente dalla casa di cura. Ciononostante, la "xxxx", per via informatica, rappresentava, come detto, con codici non rispondenti a realtà, l’intervento come avvenuto in regime di convenzione con il SSN.
 
Da ciò l’illecito rimborso, costituente danno erariale, causato con colpa grave.
 
Come già affermato, nella presente vicenda un ruolo prioritario potrebbe assumere – ad un vaglio di responsabilità – la Casa di Cura xxxx, che però non è presente in questo giudizio né può esserlo in via di integrazione del contraddittorio, essendo le posizioni dei convenuti valutabili in via autonoma senza che assumano rilievo eventuali elementi che il predetto ente potrebbe apportare in giudizio (d’altro canto, dalla documentazione processuale il quadro di quanto avvenuto e delle violazioni perpetrate, in via di illustrazione dappresso anche sotto l’aspetto della "culpa in vigilando", risultano esaustive e riesce meramente ipotetico, allo stato, prospettare nuove evenienze). Se la valutazione di una sussistenza piena di fattispecie di responsabilità esula dal quadro petitorio di questo giudizio, non ne è estraneo però l’accertamento e la declaratoria di causalità nella produzione del danno, e ciò ai fini di una definizione del "quantum debeatur" in capo ai convenuti che, si anticipa sin da ora, non sfuggono al convincente quadro di accusa della Procura.
 
Ciò nei termini che si diranno, non senza premettere che l’azione della requirente non resta preclusa nei confronti della Casa di Cura e, soprattutto, che le risultanze penali potrebbero addirittura, in ipotesi, disvelare e dichiarare con statuizione giudiziale un atteggiamento di occultamento doloso da parte di taluni responsabili della xxxx ( la quale risponderebbe dell’operato di questi), con differente valutazione – come già sopra adombrato – della prospettiva prescrizionale per quanto attiene il "dies a quo". Quanto ora esposto, affermazioni che potrebbero apparire non solo poste "incidenter tantum", ma del tutto ultronee all’interno del presente giudizio, oltre ad assolvere ad una necessaria funzione descrittiva dell’intera vicenda, che si fonda, lo si ricorda, sulla devianza verificatasi nello svolgimento di un rapporto di accreditamento di particolare importanza in quanto finalizzato all’erogazione del servizio pubblico sanitario, ha importanza ai fini dello specifico motivo dei rapporti fra comportamento commissivo ed omissivo. Va detto, infatti, che un’eventuale declaratoria di comportamento omissivo doloso renderebbe sussidiario l’addebito risarcitorio-sanzionatorio che ora si va a tratteggiare in capo al g. ed al r., con la possibilità per gli stessi di un’azione di regresso della somma cui vengono condannati.
 
 
 
V. Passando ad esaminare in dettaglio – dopo a declaratoria di carenza di giurisdizione nei confronti del b. – le posizioni dei restanti convenuti va affermato, allora, che il comportamento del g. non sfugge ad un addebito di colpa grave.
 
Questi ha eccepito che i propri compiti erano riconducibili all’elaborazione delle direttive per una corretta compilazione della scheda di dimissione ospedaliera ed al controllo delle rispondenze fra codificazione elettronica e prestazione medica, unitamente alla SDO rappresentata, e di ciò renderebbe ragione la propria professionalità di medico.
 
In realtà è già affermazione di logica – premettendo che non vi erano altre unità organizzative che avessero compiti più contigui e di vigilanza rispetto all’operato delle case private di cura – che se la strutturazione del sistema sanitario con le diramazioni legate all’instaurazione di rapporti concessorie e la delega di pubblico servizio ai privati fosse così privo di verifiche concrete e fattuali, periodiche, puntuali e dettagliate, un riscontro meramente automatico e per flussi quantitativi renderebbe insito nel sistema, che invece andava volgendo verso una razionalizzazione nel senso dell’efficacia, efficienza ed economicità, un elemento di aporia funzionale. Va rammentato che la stessa Consulta, con la sentenza n. 335 del 1993, nel porre al vaglio il citato art. 8 del D.Lgs. 502 del 1992, e nel definire la competenza di indirizzo e controllo spettante alle regioni nei confronti delle unità sanitarie, ha rilevato l’essenzialità, per il costante adeguamento e miglioramento del servizio di cura medica, dello stretto rapporto fra la definizione di requisiti strutturali, tecnologici e organizzativi minimi richiesti per l’esercizio delle attività sanitarie; della fissazione di termini per l’adeguamento delle strutture e dei presidi già autorizzati; di criteri per l’aggiornamento dei suddetti requisiti minimi e quelli per la classificazione dei presidi e delle strutture in relazione alla tipologia delle prestazioni erogabili, nonché di criteri per le attività obbligatorie in materia di controllo della qualità delle prestazioni e la periodicità dei controlli. Ancora, una rigorosa programmazione ed effettuazione degli interventi di vigilanza "in loco" è sostanziato nelle linee ispiratrici dell’innovazione strutturale-organizzativa dell’erogazione sanitaria come descritta: la nuova disciplina, infatti, si pone come obiettivo quello del risanamento attraverso il recupero di efficienza ed efficacia, e non persegue, invece, il semplice mantenimento della situazione esistente; è stato correttamente affermato, in giurisprudenza, che la medesima "dovrebbe eliminare le sacche di parassitismo, di deficienze strutturali ed organizzative, che caratterizzano l’assistenza sanitaria, non solo pubblica, per ricondurla su un alveo veramente competitivo, con conseguente riduzione dei costi" (Tar Lombardia, Milano, 2626/1999; v. anche TAR Campania, n. 4241/2001). E’ costante affermazione giurisprudenziale che il regime dell’accreditamento non può essere avulso da un concreto controllo sulla qualità e sul rispetto delle regole (Consiglio Stato, sez. V, 30 ottobre 2003, n. 6764) in un quadro di "verifica positiva dell’attività svolta e dei risultati raggiunti" (T.A.R. Campania Salerno, sez. I, 22 aprile 2003, n. 311).
 
Ed infatti il quadro mansionario del g. era tutt’affatto diverso da quello che allo stesso preme tratteggiare.
 
Si legge in plurime note ed atti fascicolati (v. da ultimo comunicazione – n.2752 del 3 giugno 2004 – della USL 8 Arezzo ai Nas di Firenze), che l’ufficio cui era preposto il convenuto, con decisione n. 5 del 25.3.1997, era l’Ufficio D.R.G., appositamente istituito con atto n. 5 del 25 marzo 1997 del Direttore Generale, dott. g. r.. Sempre sulla base della documentazione fascicolata, esaustiva nel riportare gli atti organizzativi e la documentazione che consente una ricognizione della struttura aziendale della USL di cui si discute, non si può non convenire con la descrizione della Procura relativa alla descrizione del seguente organigramma, con precipuo riferimento al Regolamento Generale Aziendale di Organizzazione dell’Azienda USL 8 di Arezzo adottato con delibera del Direttore Generale ( dott. r. g. ) dell’Azienda Sanitaria di Arezzo n. 515 del 28 aprile 1997, e resa esecutiva con delibera della Giunta Regionale per la Toscana n. 567 del 26 maggio 1997: al fine di delineare un’organica distribuzione delle funzioni attribuitala USL di Arezzo, creando idonee articolazioni aziendali, veniva infatti istituito il Supporto Amministrativo Attività Dipartimentali cui si ricollegava l’Unità Operativa di Supporto Amministrativo Dipartimento Ospedaliero, con competenza in materia di "fatturazione attiva per prestazioni e cessioni non sottoposte a compensazione, supporto amministrativo per convenzionamento con strutture esterne per prestazioni a ricoverati, riscontri amministrativi e liquidazioni connesse". Detta Unità Operativa si suddivideva in Ufficio Amministrativo Prestazioni Sanitarie Interne ed Ufficio Amministrativo Prestazioni Sanitarie Esterne. L’attività di quest’ultimo poteva ricondursi, con imperfetto paragone, ai compiti che il convenuto g. afferma essere stati quelli propri, poiché il medesimo ufficio aveva tra le proprie competenze, "il riscontro amministrativo e la liquidazione delle fatture per prestazioni sanitarie rese da cliniche private e strutture specialistiche esterne".
 
*** dice allora la Requirente che l’attività di controllo demandata al predetto Ufficio consisteva, sostanzialmente, nell’accertamento della corrispondenza e della congruità dei records dichiarati dalla Casa di Cura con quelli indicati nella S.D.O. (Scheda di Dimissione Ospedaliera), verificando che il rimborso richiesto fosse corrispondente al D.R.G. dichiarato ("La fase successiva era rappresentata dalla trasmissione degli atti all’Ufficio Contabilità, che procedeva al controllo sulla regolarità contabile delle fatture e la conseguente emissione dei mandati di pagamento"). Ha una sua differente e precisa connotazione e fisionomia, invece, l’ufficio diretto dal Dott. g. ( Ufficio DRG) nel periodo dal 1997 al 2000, cui erano demandati i compiti di a) miglioramento della qualità della compilazione della Scheda di Dimissione Ospedaliera, finalizzato ad una corretta attribuzione dei D.R.G. ad ogni evento di ricovero; b) verifica e controllo sui ricoveri effettuati dalle strutture aziendali, finalizzati agli istituti della compensazione per gli ospedali pubblici ed alla liquidazione del fatturato per le Case di cura private; c) produzione di reports periodici, ad uso sia delle diverse articolazioni che della direzione aziendale. E che questo comportasse l’uso diligente e programmato del potere ispettivo risulta anche dalla documentazione a firma dello stesso convenuto, ove si rende conto di interventi di controllo nelle sedi delle case private. Nei confronti della Casa di Cura xxxx – la corretta vigilanza sulla quale è qui in esame – risultano non solo pochi controlli (il g. afferma due all’anno) ma il singolo intervento ispettivo risulta lacunoso, casuale e privo di canoni guida tesi ad rendere gli stessi mirati a controllare le aree di intervento sanitario suscettibili di potenzialità di anomalia e di sfruttamento. Evidenzia ciò anche la stessa affermazione della tenuta di un registro, non più reperibile, non ufficiale e che non supplisce certo alla carenza di una documentazione formale, esaustivo adempimento dei richiesti "reports" periodici. Fa riscontro a quanto detto, evincibile dalla stessa documentazione prodotta dal dr. g. ( all. 6 della memoria), la dichiarazione del dr. *****, ( 11 luglio 2005), Direttore sanitario della "xxxx" il quale ha affermato che nel periodo 1997- 2000 il convenuto ha effettuato visite " costanti….( circa due volte ogni anno)" con richiesta di " alcune SDO e relative cartelle, con criteri casuali, ancorché sistematici". Peculiare è poi il programma di ispezioni per l’anno 2002, che ha portato ad analizzare il 10% delle cartelle cliniche relative a prestazioni chieste a rimborso, senza evidenziare nulla (nota 9.12.2002). In contraddizione con quanto da egli stesso affermato, poi, con nota del 26 maggio 2003, il g. affermava di effettuare controlli ispettivi su campioni di cartelle cliniche statisticamente validi per numerosità. La fallacia di tale dichiarazione è evidente.
 
Infatti, anche l’eccezione della possibilità che i 648 irregolari ( 748 in citazione) rimborsi possano essere sfuggiti considerando l’insieme delle 12.000 ( si afferma) erogazioni effettuate dalla USL 8 di Arezzo alla "xxxx" nel periodo di riferimento è affermazione errata alla luce delle potenzialità di una vigilanza condotta secondo indici programmatori peritamente approntati. Basti pensare che i medici che figuravano come operatori per conto della Casa di Cura in questione mentre avevano instaurato personalmente un contratto, con gli assistiti, di prestazione professionale, il dr. r. e ******, da soli, erano "magna pars", a lettura dell’organigramma della clinica, del settore di ortopedia, che è risultato così escluso, incomprensibilmente, da un controllo efficace.
 
******, quindi, sono gli addebiti rivolti al dott. g. nell’atto di citazione.
 
A suo discapito – e ciò varrà ai fini del "quantum debeatur" – non deve però sfuggire l’inerzia della regione nell’indirizzare le unità sanitarie locali con chiari indirizzi di controllo. Per quanto riguarda poi l’indebita richiesta di rimborso da parte di strutture private anche in caso di prestazioni sanitarie fornite nella sede di queste da medici che instauravano direttamente rapporti libero-professionali con i pazienti, detta circostanza – quale fattispecie " sensibile", necessitante una specifica attenzione – era conosciuta dalla Regione Toscana, sia in relazione a quesiti alla stessa posti, sia con riferimento ad episodi irregolari posti all’attenzione dell’ente.
 
Va perciò contemplata una partecipazione concausale della regiona alla produzione del danno erariale.
 
 
 
VI Anche il Dott. r., seppur nella sua differente funzione di Direttore Generale, partecipa alla perpetrazione di una "culpa in vigilando"
 
Ai sensi della normativa contenuta nel d.l. 30 dicembre 1992 n. 502 (come modificato dal d.l. 7 dicembre 1993 n. 517), recante disposizioni di riordino alle attribuzioni conferitegli dall’art. 3 del medesimo decreto, il direttore generale dell’Usl è investito di tutti i poteri di gestione e di controllo ed è pertanto costituito garante della complessiva correttezza dell’azione amministrativa riferibile all’ente che dirige (Cassazione penale, sez. un., 19 giugno 1996, n. 16). E se, come per la Cassazione penale non è esente da responsabilità omissiva, ai sensi dell’art. 40 c.p., in caso di illeciti penali, qualora, come nel caso di specie, sia a conoscenza, o debba esserlo, di indici di anomalia e di comportamenti elusivi e di irregolare opportunismo (cfr. risultanze della verifica amministrativo contabile disposta dalla ragioneria dello Stato nei confronti della USL 8 di Arezzo, agli atti) è suo preciso dovere dare precise e tempestive disposizioni, attivare controlli specifici, chiedere direttive sollecite agli enti di vigilanza ( Regione).
 
Secondo la citata normativa, al direttore generale compete in particolare, anche attraverso l’istituzione dell’apposito servizio di controllo interno di cui all’articolo 20 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modifiche e integrazioni, verificare, mediante valutazioni comparative dei costi, dei rendimenti e dei risultati, la corretta ed economica gestione delle risorse attribuite ed introitate, nonché l’imparzialità e il buon funzionamento dell’azione amministrativa. È, anzitutto, di non poca rilevanza che la normativa di riferimento riservi al Direttore Generale, prima ancora della rappresentanza della unità sanitaria locale tutti i poteri di gestione della stessa.
 
Il Direttore Generale della U.S.L., dunque, ricorrendo anche alla istituzione di questo servizio di controllo interno, ha, nell’ambito di tutti i poteri di gestione, il precipuo compito di verificare: 1) la corretta ed economica gestione delle risorse attribuite, mediante valutazione comparativa dei costi, dei rendimenti e dei risultati, nonché, 2), l’imparzialità e il buon andamento dell’azione amministrativa.
 
La verifica dell’imparzialità e del buon andamento dell’azione amministrativa non riguarda soltanto la gestione economica ma anche l’efficiente risultato dell’attività svolta dagli uffici ai quali i direttori sono preposti, la realizzazione dei programmi e dei progetti loro affidati, la gestione del personale e delle risorse finanziarie e strumentali ad essi assegnate.
 
Vale anche ricordare che la risoluzione del contratto del Direttore Generale ha luogo nei casi in cui ricorrano gravi motivi o la gestione presenti una situazione di grave disavanzo o in caso di violazione di leggi o di principi di buon andamento e di imparzialità dell’amministrazione: ben evidenziata è quindi la responsabilità per violazione dei principi di buon andamento e di imparzialità della amministrazione.
 
Il Direttore Generale della U.S.L., investito di tutti i poteri di gestione, è quindi, si ripete, costituito garante della correttezza dell’ente che dirige e a tal fine, deve intervenire a presidio della legalità. Nel caso di specie, risulta dagli atti fascicolati che il dr. r. aveva avuto ripetuta e dettagliata conoscenza che potenzialità di malfunzionamento ed indebite erogazioni erano ricollegabili ad un inidoneo controllo specifico delle cartelle cliniche delle case di cura convenzionate e che fra le irregolarità la tipologia della richiesta di rimborso dopo interventi ricollegabili a convenzioni personali fra paziente e medico operante richiedeva specifica attenzione e precise direttive. La Procura, e ciò ben dimostra in citazione, prova che la descritta questione aveva creato un incerto dialogo fra la USL 8 di Arezzo e la Regione Toscana, senza che poi alla rilevazione della problematica facesse seguito una direttiva operativa dettagliata. D’altro canto la verifica amministrativo contabile effettuata nel 2002 evidenziava (pagg. 37-38 della relazione ispettiva) una mancanza di dati sull’entità e tipologia dei controlli svolti dall’Azienda sanitaria sulle prestazioni rese dalle Case di cura accreditate.
 
In conclusione, il comportamento del g. e del r. è connotato da colpa grave. Alla causazione del danno hanno contribuito anche i comportamenti inerti sopra descritti; bisogna poi considerare che allo stato degli atti, la Casa di Cura non risulta estranea ad un ruolo commissivo del danno che è addebitato ai convenuti per "culpa in vigilando". Il ruolo del r. appare più gravemente censurabile, ma il periodo temporale di causazione del danno è molto più breve per questi (novembre 1999-luglio 2000: numerosi e costosi sono stati però gli interventi, tutti del dr. ******, rimborsati alla "xxxx"). In conclusione, quindi, e con valutazione necessariamente equitativa, al g. vanno addebitati euro 18.000 (diciottomila) al r. 12.000 (dodicimila).
 
Le spese seguono la soccombenza.
 
 
 
P.Q.M.
 
La Corte dei Conti, Sezione giurisdizionale per la regione Toscana, in composizione collegiale, definitivamente decidendo,
 
 
 
condanna
 
g. m. al pagamento di Euro 18.000 (diciottomila ), r. g. al pagamento di Euro 12.000 (dodicimila). Entrambe le somme comprensive di rivalutazione, più interessi dalla condanna al soddisfo.
 
Con condanna alle spese, liquidate in Euro …………………………
 
……………………………………………………………………………..
 
in ragione di 3/5 il primo e 2/5 il secondo.
 
Così deciso in Firenze nella camera di consiglio del giorno 28 settembre e 26 ottobre 2005.
 
 Depositata in Segreteria il 26.4.2006
 
 

Lazzini Sonia

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