È illecita la pubblicazione di fotografie ritraenti il volto di soggetti coinvolti in operazioni di polizia e posti in posizione frontale, se non vi sono rilevanti motivi di interesse pubblico o comprovati fini di giustizia e di polizia

Avv. Pier Paolo Muià – Dott.ssa Maria Muià  

Garante per la protezione dei dati personali: provvedimento n. 38 del 7 febbraio 2019

Riferimenti normativi: art. 137, comma 3, del Codice per la protezione dei dati personali e art. 6 e 8 delle regole deontologiche relative al trattamento dei dati personali nell’esercizio dell’attività giornalistica.

Riferimenti giurisprudenziali: Corte di Cassazione Sez. III Civ., 6 giugno 2014, n. 12834.

Fatto

Un interessato aveva esposto formale reclamo al Garante per la protezione dei dati personali nei confronti di diversi siti giornalistici on line per aver questi trattato in modo illecito i suoi dati personali, divulgando dettagli dei suoi dati anagrafici (come nome, cognome, età) e foto. In particolare l’interessato lamentava il fatto che tali siti internet di informazione avevano divulgato, in violazione della normativa in materia di protezione dei dati personali, notizie relative al suo arresto quale presunto responsabile di tentato furto archeologico e danneggiamento di un sito archeologico, corredando la notizia dei dati anagrafici e foto.

Nel reclamo inviato al Garante, e che aveva interessato ben dodici siti web, l’interessato aveva richiamato l’attenzione della Autorità sulla strumentalizzazione fatta della foto pubblicata da vari siti, che avevano scelto di diffondere una fotografia del volto del reclamante in posizione frontale assimilabile, secondo il giudizio dello stesso, ad una foto segnaletica. E tale analogia sarebbe stata avvalorata dal fatto che quella foto era stata divulgata durante la conferenza stampa tenuta dagli organi di polizia. Vista tale circostanza molto facilmente gli utenti internet avrebbero potuto pensare che si trattava di una foto segnaletica.

L’interessato, poi, aveva fatto presente al Garante il danno arrecato alla sua persona ed ai suoi interessi dalla diffusione dei dati personali legati a quella notizia di reato, ancora oltretutto in fase di giudizio. Secondo quanto riferito, infatti, gli era stata negata l’accensione del mutuo ipotecario da parte di un istituto di credito a causa delle notizie diffuse dalla stampa on-line, e che l’istituto aveva reperito tramite un’azienda americana, alla quale il sistema bancario si affidava per la verifica dei propri clienti.

Il Garante, chiamato a giudicare sul reclamo presentato, aveva analizzato le singole posizioni delle dodici case editrici verso cui il reclamo era stato mosso, ritenendo che per sei di loro il reclamo dovesse essere considerato infondato. Tale decisione era stata presa sulla base del fatto che la notizia diffusa dai loro siti internet era priva di fotografie assimilabili a quelle descritte dall’interessato, e la notizia era stata formulata nel rispetto del principio di essenzialità dell’informazione.

Diversamente il Garante si era espresso per i restanti organi di informazione che avevano diffuso la notizia di reato relativa al furto e danneggiamento di beni archeologici, che venivano dunque invitati dal Garante a fornire riscontro alle richieste del reclamante.

In ottemperanza a tale richiesta, quattro delle case editrice raggiunte dall’invito del Garante a dare riscontro, avevano reso noto il fatto che le foto oggetto di lamentala non erano più visibili all’interno dei loro siti internet, mentre altre due case editrici si erano espresse in modo diverso. In particolare una casa editrice aveva sostenuto il suo pieno diritto a pubblicare la notizia di reato – di cui si parla – con nomi e fotografie dell’arrestato, in quanto le informazioni erano state diffuse dalle forze dell’ordine in seguito ad una operazione dei carabinieri, e contrariamente a quanto asserito dal reclamante, a seguito degli arresti vi era stata una condanna di primo grado, con attualmente un giudizio di appello pendente. Inoltre, la casa editrice, sosteneva che la notizia di un reato, legata a furti e danneggiamenti archeologici, era di particolare interesse pubblico, trattandosi di un furto avvenuti in un territorio costantemente depredato dalle sue ricchezze archeologiche.

L’ultima casa editrice, a cui il Garante aveva richiesto chiarimenti, aveva sostenuto la legittimità del trattamento dei dati personali posto in essere attraverso la diffusione della notizia limitandosi a rilevare il carattere di interesse pubblico della notizia, avendo l’operazione di polizia colto il reclamante in compagnia di altre cinque persone in flagranza di reato, e la mancata lesività delle fotografie segnaletiche pubblicate, ritraendo solo la testa e facendo riferimento ad un reato contro il patrimonio artistico dello Stato.

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La decisione del Garante

Preso atto della lamentela rappresentata dall’interessato in ordine al trattamento illecito dei dati personali posto in essere da alcuni siti giornalistici, nonché tenuto conto delle note inviate dalle case editrici citate, l’Autorità Garante per il trattamento dei dati personali ha considerato il reclamo infondato per dieci delle case editrici citate, e fondato per le restanti due. Ingiungendo, a queste ultime, il divieto dell’ulteriore trattamento dei dati riferiti all’interessato, vietando l’ulteriore diffusione, anche on line, ivi compreso l’archivio storico, delle fotografie segnaletiche contenute negli articoli presenti in siti web dei medesimi titolari, o ad essi riconducibili.

In riferimento all’accoglimento del reclamo ai danni di due delle case editrici citate, dobbiamo segnalare che il Garante è addivenuto ad una tale decisione partendo dal presupposto che il giornalista può diffondere dati personali, anche senza il consenso dell’interessato, purché ciò avvenga nei limiti posti al diritto di cronaca e, in particolare, nel rispetto del requisito «dell’essenzialità dell’informazione riguardo a fatti di interesse pubblico».

Il Garante dopo aver ribadito che il requisito dell’“essenzialità dell’informazione” è richiamato anche con riferimento alle cronache relative a procedimenti penali, ha ricordato alcune passate pronunce nelle quali aveva precisato che la pubblicazione dei dati identificativi delle persone a carico delle quali era avviato un procedimento penale non era preclusa dall’ordinamento vigente, dovendo essere inquadrata nell’ambito delle garanzie volte ad assicurare trasparenza e controllo da parte dei cittadini sull’attività di giustizia. Da ciò, secondo il Garante, doveva desumersi la correttezza del trattamento dei dati ad opera delle testate giornalistiche che limitandosi a riportare una notizia di interesse pubblico (qual è quella relativa all’arresto di alcuni soggetti nel corso di un’operazione di polizia nel sito archeologico), forniscono alcuni dati identificativi dei presunti responsabili.

Diversamente è la valutazione del Garante quando la notizia di reato è diffusa insieme ad una sequenza di fotografie pubblicate a margine degli articoli, ritraenti il volto dei soggetti coinvolti nella operazione di polizia in posizione frontale, elemento caratterizzante delle foto segnaletiche.

Nel caso di specie il Garante ha ricordato che l’interessato ha sostenuto nel suo reclamo che le immagini pubblicate erano state esposte nel corso della conferenza stampa tenuta per dare conto dell’operazione di polizia.

A tale proposito il Garante ha richiamato l’art. 8, comma 2, delle regole deontologiche relative al trattamento dei dati personali nell’esercizio dell’attività giornalistica, secondo cui il giornalista non può riprendere e produrre immagini e foto di persone in stato di detenzione senza il consenso dell’interessato, salvo che vi siano rilevanti motivi di interesse pubblico o comprovati fini di giustizia e di polizia.

Anche la giurisprudenza della Corte di Cassazione si rifà alla tutela prestata dall’art 8, comma 2, delle regole deontologiche, che considera fonte normativa integrativa, affermando che al fine di considerare legittima la pubblicazione su un quotidiano della foto di una persona in coincidenza cronologica con il suo arresto, sia con riferimento alle foto segnaletiche che alle semplici foto formato tessera degli arrestati, tale pubblicazione deve rispettare, oltre che i limiti della essenzialità per illustrare il contenuto della notizia e del legittimo esercizio del diritto di cronaca, anche le particolari cautele imposte a tutela della dignità della persona ritratta, che è esposta nel caso di pubblicazione della foto, ad un pericolo di lesione più ampio rispetto alla semplice pubblicazione della notizia, dovendo considerare l’enfatizzatone tipica dello strumento visivo, e della maggiore idoneità di esso ad una diffusione decontestualizzata e insuscettibile di controllo da parte della persona ritratta.

Sulla base di tali assunti, nonché su quello per cui la diffusione di foto segnaletiche non giustificata da comprovate necessità di giustizia e di polizia costituisce un trattamento illecito di dati personali, anche laddove siano state esposte nel corso di una conferenza stampa, il Garante ha formulato il suo giudizio sul caso di specie ritenendo che la pubblicazione delle fotografie ritraenti il volto, del reclamante e delle altre persone interessate dalle indagini, non risulta essere supportata da comprovate ragioni di giustizia e di polizia, né da ragioni di esigenze informative sulla vicenda, e pertanto il trattamento posto in essere dalle due case editrici – che nelle loro note sostenevano la legittimità delle pubblicazioni delle foto – deve ritenersi illecito alla luce dell’art. 8 delle regole deontologiche.

 

Avv. Muia’ Pier Paolo

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