è illecita la pubblicazione di una foto di una persona in stato di arresto con le manette, anche se queste sono state “pixellate” per non renderle chiaramente visibili

 

Garante per la protezione dei dati personali: Provvedimento n. 85 del 25 febbraio 2021

Riferimenti normativi: art. 137 del Codice privacy; artt. 6 e 8 delle Regole deontologiche dell’attività di giornalismo;

Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione civile, sez. III, sentenza 6 giugno 2014, n. 12834; Cassazione civile, sez. I sentenza 14 febbraio 2008, n. 7261;

Fatto

A seguito della pubblicazione da parte di una testata giornalistica sul proprio sito internet di immagini che ritraevano due soggetti in evidente stato di costrizione fisica, a seguito di un fermo da parte delle forze dell’ordine avvenuto dopo un grave fatto illecito accaduto nell’ottobre del 2019, l’Autorità Garante aveva disposto in via d’urgenza nei riguardi del titolare del trattamento  dei dati personali un provvedimento volto a limitare temporaneamente il trattamento.

Secondo il Garante, infatti, l’immagine diffusa dal giornale on-line era da considerarsi in contrasto con la dignità degli interessati, tenuto conto della particolarità della situazione e dello stato in cui gli stessi trovavano. Tali immagini, infatti, ritraevano i due soggetti, accusati di omicidio, mentre venivano condotti presso la casa circondariale.

Per tale ragione, il Garante per la protezione dei dati personali aveva adottato la misura della limitazione provvisoria del trattamento, vietando ogni ulteriore diffusione delle immagini che ritraevano gli interessati durante lo stato di fermo o di altre immagini simili, in quanto prive di adeguate misure volte a circoscrivere la visibilità di dettagli non essenziali, reputandole idonee a ledere la dignità dei soggetti ripresi.

Il Garante ha ricordato che nell’attività giornalistica, il trattamento dei dati, e la loro diffusione, è concessa purché non ecceda il limite dell’essenzialità dell’informazione riguardo a fatti di interesse pubblico, nonché che il giornalista che tratta quei dati personali è tenuto a non fornire notizie né pubblicare immagini che possano risultare lesive della dignità della persona.

Il Garante ha, altresì, richiamato la norma contenuta nel codice di procedura penale, che vieta “la pubblicazione dell’ immagine di persona privata della libertà personale ripresa mentre la stessa si trova sottoposta all’ uso di manette ai polsi ovvero ad altro mezzo di coercizione fisica, salvo che la persona vi consenta”.

Successivamente alla comunicazione del provvedimento “cautelare”, il titolare del trattamento (cioè la testata giornalistica) ha presentato le proprie memorie difensive all’ Autorità, assicurando di aver rimosso le immagini incriminate e precisando che, comunque, nessuna lesione della dignità personale era stata causata dalle immagini diffuse, le quali non presentavano elementi visivi di violenza o di particolare drammaticità – i due soggetti non risultavano trattenuti con l’uso della forza da parte degli agenti di P. S., e anzi in modo fiero e sprezzante mostravano il volto alle telecamere e alle macchine fotografiche -, e sulle quali si era proceduto ad oscurare, così da renderle non visibili, le manette.

Il titolare del trattamento ha, poi, aggiunto, che la vicenda di cronaca che aveva portato l’arresto dei due soggetti ritratti nelle immagini, aveva avuto una risonanza a livello nazionale tanto che altre testate editoriali si erano occupate del caso e avevano pubblicato foto analoghe a quelle di cui si discute. Oltretutto queste immagini erano state, anche, diffuse tramite un video pubblicato dall’Arma dei Carabinieri.

La testata giornalistica destinataria del provvedimento del Garante ha, poi, concluso, ritenendo che la scelta di procedere alla pubblicazione di tali immagini risultava giustificata dalle prevalenti ragioni di interesse pubblico connesse alla peculiarità della vicenda.

La decisione del Garante

Il Garante privacy, dopo aver acquisito le informazioni rese dal titolare del trattamento, ha ritenuto le stesse non idonee a modificare le valutazioni preliminari già espresse nella prima fase del procedimento.

In particolare, il Garante ha ritenuto illecito il trattamento dei dati operato dalla testata giornalistica, considerandolo idonee a ledere la dignità dei soggetti ritratti, e, confermando quanto già disposto in via temporanea, ha disposto la misura del divieto di ulteriore trattamento delle immagini o, di altre eventuali immagini analoghe, in quanto prive di misure adeguate al fine di escludere la visibilità di dettagli non essenziali lesivi della dignità dei soggetti ritratti, quali lo stato di costrizione in cui si trovavano i medesimi, disponendo la conservazione delle immagini ai soli fini di un eventuale utilizzo in sede giudiziaria.

A conferma del suo convincimento, il Garante ha richiamato una precedente decisione della Corte di Cassazione, la quale ha ritenuto che la pubblicazione su un quotidiano di foto che ritraggano una persona in stato di arresto deve rispettare sia i limiti della essenzialità, per illustrare il contenuto della notizia e del legittimo esercizio del diritto di cronaca, sia le cautele imposte dal codice deontologico dei giornalisti a tutela della dignità della persona ritratta. Inoltre, sempre secondo i Giudici di Cassazione, “l’indagine sul rispetto dei limiti nella pubblicazione della foto va condotta con maggior rigore rispetto a quella relativa alla semplice pubblicazione della notizia, tenuto conto della particolare potenzialità lesiva della dignità della persona connessa alla enfatizzazione tipica dello strumento visivo, e della maggiore idoneità di esso ad una diffusione decontestualizzata e insuscettibile di controllo da parte della persona ritratta”.

Infine, il Garante, prendendo posizione sulla tesi difensiva proposta dalla testata giornalistica e sulla sentenza da quest’ultima richiamata (secondo cui non sussiste il divieto di pubblicazione della foto che ritrae un indiziato per omicidio con le manette ai polsi, se queste non sono direttamente visibili) ha ritenuto che il principio ivi affermato non potesse essere applicato al caso di specie, perché nelle foto in questione le manette erano ben visibili ai polsi degli arrestati, anche se “pixellate”. Dunque, l’aver coperto l’immagine delle sole manette è insufficiente a garantire il rispetto della normativa vigente in materia, per il cui rispetto la Corte di Cassazione, richiede la pubblicazione in una posa in cui non siano visibili le manette.

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