precedenti giurisprudenziali: Cass. civ., Sez. II, Sentenza n. 8174 del 23/05/2012
La vicenda
Due condomini, senza richiedere l’autorizzazione del condominio, spostavano il parapetto del terrazzo di proprietà esclusiva in avanti fino al muro perimetrale della facciata, con conseguente annessione del cornicione e della parte di gronda che lo attraversava. A seguito di tali opere gli altri condomini si rivolgevano al Tribunale per richiedere l’accertamento della illegittimità degli interventi effettuati sul terrazzo dei convenuti che ritenevano eseguiti in violazione degli artt. 1102 e 1120 c.c. e del regolamento condominiale che vietava la realizzazione sulle proprietà individuali di ogni opera esterna volta a modificare l’architettura, l’estetica o la simmetria del caseggiato.
In ogni caso la collettività condominiale pretendeva una pronuncia di condanna al ripristino dello stato dei luoghi originario, con contestuale autorizzazione rilasciata al condominio per intervenire direttamente nell’esecuzione delle relative opere, in caso di inerzia dei convenuti, nonché il rimborso delle spese del giudizio.
Secondo il Giudice di Pace però gli interventi eseguiti sulle parti comuni non avevano violato l’art. 1102 cc. o l’art. 1120 c.c.
Al contrario il Tribunale, accertata l’illegittimità delle opere realizzate, condannava i proprietari del terrazzo al ripristino dello stato dei luoghi originario, autorizzando il condominio, in caso di inerzia protratta oltre sessanta giorni dalla sentenza, a provvedere a tali opere direttamente.
I proprietari della terrazza allora ricorrevano in cassazione, sostenendo come non ci fosse violazione dell’articolo 1102 c.c. atteso che la grondaia non era stata modificata, nè era stato occupato il canale della stessa; in ogni caso negavano la violazione del regolamento condominiale.
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La questione
E’ lecito il comportamento del condomino che sposta il parapetto della terrazza di proprietà esclusiva in avanti fino al muro perimetrale condominiale con conseguente annessione del cornicione e della parte di gronda che lo attraversa?
La soluzione
La Cassazione ha dato ragione al condominio
Secondo i giudici supremi il parapetto del balcone o di una terrazza costituisce parte della facciata dello stabile in ragione della sua prevalente funzione estetica per l’edificio. Qualora il proprietario esegua opere sui propri beni facendo uso anche dei beni comuni, è necessario che in qualità di condomino utilizzi le parti comuni nei limiti consentiti dall’articolo 1102 c.c.
In particolare la Cassazione ribadisce che ciascun condomino può apportare modifiche alle parti comuni a sue cure e spese, a condizione che non impedisca il pari uso degli altri, non rechi pregiudizio alla stabilità ed alla sicurezza dell’edificio, e non ne alteri il decoro architettonico: tale fenomeno si verifica non solo quando si mutano le originali linee architettoniche, ma anche quando la nuova opera si rifletta negativamente sull’aspetto dello stabile, e ciò a prescindere dal particolare pregio estetico dell’edificio.
Tale situazione vale soprattutto se il regolamento vieta la realizzazione sulle proprietà individuali di ogni opera esterna volta a modificare l’architettura, l’estetica o la simmetria del caseggiato
Respinti i motivi di ricorso, la Corte ha dunque condannato in solido i ricorrenti.
Le riflessioni conclusive
Non si può escludere che una clausola del regolamento di natura contrattuale, con il preciso intento di conservare l’originario aspetto dell’edificio, comprima le facoltà di modifica delle parti comuni spettanti ad ogni condominio (nei rispetto dei limiti previsti dall’art. 1102), arrivando a vietare qualsiasi opera modificativa, persino migliorativa, dei beni condominiali con la conseguenza che, ogni opera esterna fatta del partecipante al condominio, integra di per sè una vietata modificazione dell’originario assetto architettonico dell’edificio (Cass. civ., Sez. II, 23/05/2012, n. 8174).
Qualora vi sia una tale clausola, una volta accertata la violazione del divieto previsto dal regolamento, il giudice deve condannare il trasgressore al ripristino dello stato dei luoghi, senza poter compiere ogni diversa valutazione circa la sussistenza di una concreta menomazione del decoro architettonico e di un effettivo pregiudizio derivato all’edificio condominiale.
Queste considerazioni valgono certamente nel caso in cui il condomino effettui lavori di avanzamento del parapetto di una terrazza di proprietà esclusiva verso il muro perimetrale della facciata, con annessione del cornicione e della parte di gronda che lo attraversa.
Del resto tale opera non sarebbe consentita neppure se mancasse una speciale clausola del regolamento che proibisse ogni modifica dell’estetica del caseggiato.
Si deve considerare infatti che il rivestimento del parapetto e della soletta di un balcone o di una terrazza devono essere considerati beni comuni se svolgono una prevalente funzione estetica per l’edificio, divenendo così elementi decorativi ed ornamentali essenziali della facciata e contribuendo a renderlo esteticamente gradevole (Cass. civ., Sez. VI, 12/03/2020, n. 7042).
Da notare che la natura di parte comune dei rivestimenti e degli elementi decorativi della parte frontale e di quella inferiore di un balcone, che contribuiscono a rendere l’edificio condominiale esteticamente gradevole, riguarda tanto i parapetti quanto le balaustre, ringhiere e simili.
In ogni caso proprio perché i parapetti possono essere decorativi le modifiche a tale manufatti presuppongono, perchè non si configurino come illegittime, che tra l’altro non venga arrecato pregiudizio al decoro architettonico dell’edificio condominiale, intendendosi, per quest’ultimo, l’estetica complessiva data dall’insieme delle linee e delle strutture che connotano il fabbricato stesso e gli imprimono una determinata, armonica fisionomia.
Il decoro architettonico dell’edificio rappresenta un bene comune, il cui mantenimento è tutelato, a prescindere dalla validità estetica assoluta delle modifiche che si intendono apportare.
In altre parole, in linea generale, i condomini possono utilizzare i muri comuni, a condizione che l’esercizio di tale facoltà, non pregiudichi la stabilità e il decoro architettonico dell’edificio e non diminuisca sensibilmente la fruizione di aria e luce per i proprietari dei piani inferiori.
Tuttavia, una volta accertato che le modifiche non hanno una valenza ripristinatoria o migliorativa dell’originaria fisionomia dell’edificio, ma alterano quest’ultima sensibilmente, non ha alcuna rilevanza l’accertamento del risultato estetico della modifica, che deve ritenersi non consentita anche quando, nel suo complesso, possa apparire gradevole.
Di conseguenza l’amministratore del condominio è legittimato, senza necessità di una specifica deliberazione assembleare, ad instaurare un giudizio per la rimozione di opere abusive eseguite, in danno alla facciata dello stabile condominiale, da taluni condomini, in quanto tale atto, essendo diretto a conservare il decoro architettonico dell’edificio contro ogni alterazione dell’estetica dello stesso, è finalizzato alla conservazione dei diritti inerenti alle parti comuni dell’edificio.
Del resto i rivestimenti e gli elementi decorativi della parte frontale e di quella inferiore dei balconi si devono considerare beni comuni a tutti, ex art. 1117 c.c., solo quando s’inseriscono nel prospetto dell’edificio e contribuiscono a renderlo esteticamente gradevole.
Ciò non significa che nel ripristino di questi beni (balconi comprensivi dei frontalini) il condomino sia libero di modificare l’estetica, la simmetria e il colore della facciata dell’edificio.
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