In materia di innovazioni, l’art. art. 1120 Cc stabilisce come l’assemblea condominiale, con la maggioranza indicata dal quinto comma dell’art. 1136 Cc, può predisporre tutte quelle innovazioni dirette al miglioramento o all’uso più comodo o al maggior rendimento delle cose comuni.
Sono vietate, tuttavia, le innovazioni che possano recare pregiudizio alla stabilità o alla sicurezza del fabbricato, che ne alterino il decoro architettonico o che rendano talune parti comuni dell’edificio inservibili all’uso o al godimento anche di un solo condomino.
Nel paradigma dell’art. 1120 Cc, rientra a pieno titolo anche la delibera assembleare che prevede la chiusura permanente dei cancelli e delle sbarre di accesso all’area privata interna al condominio, sulla quale insistono degli esercizi commerciali, per tutto l’arco della giornata, con la sola possibilità di apertura per le operazioni di carico e scarico di merci.
Siffatta delibera, peraltro, risulta rispettosa anche della ulteriore regola prevista dal predetto articolo, atteso che non rientra in nessuno dei divieti dallo stesso imposti, non rendendo inservibile l’area ad alcuno dei condòmini.
Tanto a statuito la Corte di Cassazione, II Sezione Civile, con la sentenza n. 151, pubblicata in data 5.01.2017.
La stessa è stata chiamata a dirimere la controversia insorta tra alcuni condòmini, proprietari di unità immobiliari ad uso commerciale facenti parte del condominio, ed il condominio stesso il quale aveva disposto la chiusura permanente dei cancelli e delle sbarre di accesso all’area privata interna per tutto l’arco della giornata, con la sola esclusione relativa alle operazioni di carico e scarico merci.
La domanda, accolta in primo grado, veniva respinta in sede di gravame dalla Corte d’Appello di Perugia che, pertanto, confermava la legittimità dell’impugnata delibera assembleare che prevedeva il divieto di apertura del cancello salvo che per effettuare le operazioni di carico e scarico di merci, atteso che la stessa “doveva essere valutata in riferimento al disposto dell’art. 1120 cod. civ., in materia di innovazioni relative all’uso della cosa comune, e non al disposto dell’art. 1102 cod. civ., come ritenuto dal Tribunale. In tale prospettiva, la disposta limitazione era coerente con la previsione contenuta nel Regolamento condominiale, nel quale era stabilito che “gli spazi di proprietà comune, durante le ore diurne, saranno luogo sicuro di ricreazione dei bimbi del condominio e quindi le auto dei condomini non dovranno sostare in dette aree, ad eccezione di brevi istanti per la salita e la discesa dagli automezzi”.
Delibera, peraltro, conforme ad una precedente con la quale era stata decisa l’installazione del cancello scorrevole, con accesso consentito solo per le operazioni di carico e scarico delle merci presso i negozi situati nello stabile condominiale, la cui impugnazione era stata rigettata dal Tribunale ed era diventata definitiva per assenza di gravame sul punto.
Proposto ricorso per la cassazione della sentenza, erronea, a dire dei condòmini ricorrenti, per violazione e falsa applicazione, tra l’altro, degli artt. 1120 e 1102 Cc, oltre che per vizio di motivazione, la Suprema Corte rigettava il ricorso e confermava la sentenza gravata.
Per motivare il rigetto la stessa afferma come “la ratio decidendi della sentenza impugnata è duplice: la Corte d’appello ha ritenuto, da un lato, che la delibera impugnata fosse meramente confermativa di precedente delibera, coerente con la destinazione dell’area risultante dal regolamento condominiale e con la già avvenuta installazione del cancello automatico, e, dall’altro lato, ha evidenziato che si trattava di delibera rispettosa della regola prevista dall’art. 1120 cod. civ., in quanto non aveva reso inservibile l’area ad alcuno dei condomini”.
La suddetta sentenza si inserisce in un filone giurisprudenziale abbastanza consolidato per cui “in tema di condominio di edifici, la delibera assembleare con la quale sia stata disposta la chiusura di un’area di accesso al fabbricato condominiale con uno o più cancelli per disciplinare il transito pedonale o veicolare anche in funzione di impedire l’indiscriminato accesso di terzi estranei a tale area, rientra legittimamente nei poteri dell’assemblea dei condomini, attenendo all’uso della cosa comune e alla sua regolamentazione, senza sopprimere o limitare le facoltà di godimento dei condomini, non incidendo sull’assenza del bene comune né alterandone la funzione o la destinazione. Pertanto, non è necessaria la maggioranza qualificata ovvero l’unanimità dei consensi per la legittimità di una delibera assembleare condominiale avente detto oggetto, non concernendo tale delibera una “innovazione” secondo il significato attribuito a tale espressione dal codice civile, ma riguarda solo la regolamentazione dell’uso ordinario della cosa comune consistente nel non consentire a terzi estranei al condominio l’indiscriminato accesso alle aree condominiali delimitate dai cancelli” (Cass. sent. n. 3509/2015; n. 4340/2013).
Diverso, ad avviso di chi scrive, il caso in cui si disponga anche la chiusura ai pedoni dell’area condominiale sulla quale insistono degli esercizi commerciali.
In tal caso, al proprietario dell’immobile in condominio adibito a locale commerciale verrebbe completamente impedito l’uso o il godimento dell’area comune con violazione, quindi, del quarto comma dell’art. 1120 Cc, senza dimenticare che consentire l’accesso pedonale all’area comune da parte dei clienti dell’esercizio commerciale rientra nelle facoltà del singolo condomino, che ben può trarre una maggiore utilità dal bene comune, ex art. 1102 Cc, senza tuttavia precluderne il pari uso o alterarne destinazione comune.
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