precedenti giurisprudenziali: Cass., Sez. II, Sentenza n. 10144 del 19/11/1996; Trib. Napoli, sentenza del 16 marzo 2010;
La vicenda
In un caseggiato con numerosi fregi costituiti da elementi realizzati con cemento decorativo, spesso a contorno di balconi e finestre, si verificava il distacco di pezzi d’intonaco sulla pubblica via che rendeva necessario un intervento con autoscala per la messa in sicurezza. Il fenomeno, però, si ripeteva altre due volte, costringendo l’amministratore a far esaminare da una ditta lo stato dei muri perimetrali e dei cementi che contornavano balconi e finestre; la verifica degli intonaci delle facciate del palazzo era stata eseguita mediante leggera battitura che portava alla rottura di consistenti porzioni di manufatto; in considerazione della gravità della situazione (sottolineata anche dalla ditta incaricata e da un consulente del condominio) l’amministratore autorizzava la demolizione delle parti pericolanti sulle facciate condominiali per l’ammontare complessivo di Euro 31.334,00. Questa decisione veniva contestata dai condomini che revocavano l’incarico all’amministratore e si rivolgevano al Tribunale per richiedere la restituzione della somma sborsata alla ditta (31.334,00) ed il risarcimento dei danni subiti.
I condomini sostenevano che il convenuto aveva violato i propri obblighi di mandatario eccedendo i limiti delle facoltà conferitegli; si notava, infatti, che i lavori ordinati, oltre a costituire atto eccedente la misura di messa in sicurezza dell’edificio, non erano stati preventivamente autorizzati dall’assemblea dei condomini; inoltre aggiungevano che l’esecuzione di tali lavori aveva causato un deprezzamento del valore delle singole unità immobiliari e determinato la necessità del rifacimento integrale della facciata condominiale.
L’amministratore contestava quanto sopra, facendo presente che le opere commissionate erano urgenti e necessarie per evitare gravi e imminenti pericoli derivanti dalla caduta in strada degli intonaci delle facciate del palazzo; inoltre ricordava come fosse nel potere dell’amministratore di compiere atti urgenti in assenza dell’autorizzazione dell’assemblea condominiale e che, di conseguenza, non era stato necessario attendere il preventivo assenso della collettività condominiale; infine notava come dai contestati interventi di messa in sicurezza della facciata e di rimozione di parti pericolanti non fosse derivato alcun danneggiamento alle facciate, già in condizioni disastrose in quanto ormai vetuste.
La questione
È legittimo il comportamento dell’amministratore che dopo la caduta di calcinacci sulla pubblica via richiede ad un’impresa di procedere con urgenza alla demolizione degli intonaci e dei cementi decorativi pericolanti?
La soluzione
Il Tribunale ha dato ragione all’amministratore di condominio.
Il giudice ha infatti osservato che lo stato di degrado degli intonaci e dei cementi decorativi era tale da poter costituire un grave pericolo per i condomini e per i passanti; di conseguenza ha ritenuto che i lavori ordinati rientrassero nell’alveo dei lavori straordinari urgenti che non necessitano dell’autorizzazione assembleare; come ricorda lo stesso Tribunale, infatti, l’art. 1135 co. 2 c.c. consente all’amministratore del condominio di ordinare dei lavori di manutenzione straordinaria ove questi ultimi rivestano il carattere dell’urgenza anche senza apposita delibera assembleare, salvo l’obbligo di riferirne alla prima assemblea dei condomini.
Alla luce di quanto sopra la spesa dell’amministratore è stata ritenuta legittima. In ogni caso il Tribunale ha anche respinto la richiesta di risarcimento danni in quanto i condomini non hanno provato che la messa in sicurezza dello stabile abbia comportato un intervento tale da portare a ritenere i prospetti di facciata devastati e/o deturpati.
Le riflessioni conclusive
L’art. 1135 comma 2 c.c. non richiede che l’assemblea condominiale ratifichi le spese straordinarie disposte dall’amministratore qualora rivestano i connotati della indifferibilità e dell’urgenza: tale ratifica si rende necessaria solo per il diverso caso di spese disposte dall’amministratore in assenza di delibera autorizzativa, ma in relazione a lavori non urgenti, né indifferibili.
Qualora un’opera straordinaria abbia carattere urgente ed indifferibile, quindi, come prevede l’ultimo comma dell’articolo 1135 c.c., rientra fra i poteri dell’amministratore disporne l’esecuzione, provvedendo all’erogazione della relativa spesa, salvo, comunque, il suo dovere di riferirne quanto prima all’assemblea.
L’amministratore può ordinare opere straordinarie negli stretti limiti necessari a fronteggiare la situazione di emergenza.
Alla luce di quanto sopra si può comprendere perché, nel caso esaminato, il comportamento dell’amministratore sia stato ritenuto legittimo.
Sono stati autorizzati, infatti, esclusivamente i lavori di eliminazione degli intonaci e dei cementi decorativi pericolanti; tuttavia quanto rimosso in occasione di questo intervento non era la totalità di quanto risultava degradato e/o pericolante, ma solo ed esclusivamente ciò che, al momento dell’intervento, è stato ritenuto indispensabile rimuovere al fine di garantire la sicurezza dello stato di fatto.
L’amministratore si era poi dimenticato di riferire all’assemblea nella prima occasione utile.
A tale proposito occorre, però, ricordare che l’inosservanza dell’obbligo di riferire subito all’assemblea non preclude comunque all’amministratore di richiedere il rimborso delle spese riconosciute urgenti.
In ogni caso l’amministratore che, avvalendosi dei poteri di cui all’art. 1135, comma 2, c.c., abbia assunto l’iniziativa di compiere opere di manutenzione straordinaria caratterizzate dall’urgenza, che effettivamente ricorra, spendendo, nei confronti dei terzi, il nome del condominio, assume un’obbligazione a questo direttamente riferibile, giacché in tal caso il condominio deve ritenersi validamente rappresentato.
Al contrario, qualora i lavori eseguiti da terzi su disposizione dell’amministratore siano carenti del requisito dell’urgenza, il relativo rapporto obbligatorio non è riferibile al condominio.
È importante, quindi, comprendere il concetto di urgenza.
Quest’ultima deve essere commisurata alla necessità di evitare che una parte condominiale arrechi ai condomini o a terzi un danno ragionevolmente imminente, ovvero alla necessità di restituire alla cosa comune la sua piena ed effettiva funzionalità.
Tale intervento è giustificato solo ove, per impedire un possibile nocumento a sé, a terzi o alla cosa comune, le opere debbano essere eseguite senza ritardo.
In ogni caso va considerata urgente non la spesa, che pur sia giustificata dalle condizioni di degrado o di scarsa manutenzione, o di incuria, quanto la spesa la cui erogazione non possa essere differita, senza danno o pericolo (Cass. civ., sez. II, 28/02/2018, n. 4684).
In altre parole deve essere considerata “urgente” non solo la spesa che sia giustificata dall’esigenza di manutenzione, quanto la spesa la cui erogazione non possa essere differita, senza danno o pericolo, fino a quando l’amministratore o l’assemblea dei condomini possano utilmente provvedere.
Il suddetto requisito, quindi, deve ricercarsi nell’esigenza di fronteggiare una situazione creatasi repentinamente e che potrebbe comportare potenzialmente un grave pregiudizio per il godimento della cosa comune da parte dei condomini.
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