A seguito del citato intervento riformatore, è stato riscritto il secondo comma dell’art. 26 c.p.c. (il quale prevedeva che per l’espropriazione forzata di crediti è competente il giudice del luogo di residenza del terzo debitore e che attualmente disciplina il foro dell’esecuzione forzata su autoveicoli, motoveicoli e rimorchi) ed è stato inserito l’art. 26-bis c.p.c. che, rubricato «Foro relativo all’espropriazione forzata di crediti», stabilisce: Primo comma: quando il debitore è una delle pubbliche amministrazioni indicate dall’art. 413, comma 5, c.p.c. per l’espropriazione forzata di crediti è competente, salvo quanto disposto dalle leggi
speciali, il giudice del luogo dove il terzo debitore ha la residenza, il domicilio, la dimora o la sede.
Secondo comma: fuori dei casi di cui al primo comma, per l’espropriazione forzata di crediti è competente il giudice del luogo in cui il debitore ha la residenza, il domicilio, la dimora o la sede.
Pertanto, se debitore è una pubblica amministrazione, in linea generale vale ancora la regola secondo cui la competenza territoriale si lega al luogo di residenza, domicilio, dimora o sede del terzo pignorato.
Per “pubblica amministrazione”, in virtù di quanto chiarisce l’art. 1, comma 2, d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165, si intende tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le regioni, le province, i comuni, le comunità montane, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni,
tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, l’agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni
(ARAN) e le agenzie di cui al d.lgs. 30 luglio 1999, n. 300.
Diversamente, occorre avere riguardo al luogo di residenza, domicilio, dimora o sede del “debitore”.
Si legga anche:”Pignoramento presso terzi: tutte le novità”
È possibile pignorare i crediti d’imposta presso terzi?
Per rispondere al suddetto quesito, occorre distingue tre differenti ipotesi:
– credito d’imposta formalmente riconosciuto dall’Agenzia delle Entrate, ovvero accertato con sentenza passata in giudicato
– credito d’imposta esposto in dichiarazione allo scopo di richiederlo a rimborso o di utilizzarlo in compensazione e/o detrazione IVA
– credito d’imposta esposto in dichiarazione ed effettivamente utilizzato in compensazione o detrazione IVA
In via generica, occorre dichiarare che il pignoramento presso terzi dei crediti d’imposta è tendenzialmente consentito.
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Credito d’imposta formalmente riconosciuto dall’Agenzia
Nell’ipotesi in cui il credito d’imposta sia stato formalmente riconosciuto dall’Agenzia delle Entrate, o accertato con sentenza passata in giudicato, esso è pignorabile, e pertanto l’ Agenzia delle Entrate, al quale è stato notificato il pignoramento, sarà tenuto a rendere dichiarazione ex art. 547 c.p.c. di sussistenza del debito nei confronti del contribuente (debitore esecutato).
Credito d’imposta esposto in dichiarazione da utilizzare in compensazione
Per quanto riguarda l’ipotesi del credito d’imposta esposto in dichiarazione allo scopo di richiederlo a rimborso o di utilizzarlo in compensazione e/o detrazione IVA, risulta dirimente rilevare che tale credito è futuro, ancorché non certo, poiché la certezza si determinerà al verificarsi dei seguenti eventi:
– decorso del termine per la rettifica della dichiarazione;
– riconoscimento formale da parte dell’Ufficio competente;
– passaggio in giudicato della sentenza che ne riconosca l’esistenza;
Credito d’imposta esposto in dichiarazione utilizzato in compensazione
Infine, l’ipotesi del credito d’imposta esposto in dichiarazione ed effettivamente utilizzato in compensazione o detrazione IVA sembrerebbe di primo acchito similare alla precedente, ma non è così, giacché il creditore d’imposta ha effettivamente utilizzato in compensazione o detrazione IVA il credito vantato nei confronti dell’Amministrazione finanziaria, rendendolo all’uopo insussistente. Ebbene, la dichiarazione dell’Agenzia delle Entrate non potrà che essere negativa.
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