(Riferimento normativo: Cod. proc. pen., art. 96, comma 2)
Il fatto
La Corte di appello di Torino confermava la sentenza del Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Novara, del 12 novembre 2015, con la quale l’imputato era stato condannato, in relazione ai capi a b) c) e d) dell’imputazione, alla pena di anni due mesi quattro di reclusione, concesse le circostanze attenuanti generiche, equivalenti alla recidiva ed alla contestata aggravante, oltre alle pene accessorie di cui alla L. Fall., art. 216, u.c., nella misura di anni dieci.
Si trattava della contestazione di bancarotta fraudolenta documentale, ricorso abusivo al credito dissimulando lo stato di insolvenza, aggravamento del dissesto astenendosi dal chiedere il fallimento della (omissis) s.a.s., di cui l’imputato era stato amministratore di fatto con l’aggravante di aver commesso più fatti di bancarotta e con la recidiva reiterata specifica infraquinquennale.
I motivi addotti nel ricorso per Cassazione
Avverso l’indicata pronuncia proponeva tempestivo ricorso per cassazione l’imputato, a mezzo di difensore di fiducia, deducendo i seguenti motivi: a) inosservanza di norme penali con riferimento all’art. 101 c.p.p. posto che all’udienza del 19 aprile 2018 non erano comparsi imputato e difensore di fiducia, ma solo l’avvocato che aveva sostituito, con delega orale, il difensore di fiducia esibendo, in copia, dichiarazioni di nomina di nuovo difensore con revoca del precedente, chiedendo un termine a difesa; orbene, veniva ritenuto, da parte della Corte territoriale, che l’omesso deposito in cancelleria dell’originale della nomina rendesse invalida quella esibita e che, trattandosi di rito camerale, poteva procedersi anche in assenza di difensore, non essendo quello nominato di fiducia, officiato con nomina valida e, a fronte di ciò, ad avviso del ricorrente, era stato violato il diritto di difesa perché era valida la nomina anche se non effettuata con il rispetto delle formalità di cui all’art. 96 c.p.p. ove l’avvenuta designazione possa evincersi da facta concludentia; b) erronea applicazione della legge penale quanto alla L. Fall., art. 216, per carenza di motivazione circa l’ingiusto profitto e la sussistenza del pregiudizio per i creditori;
c) vizio di motivazione con riferimento all’elemento soggettivo del reato; d) vizio di motivazione in relazione al capo c) dell’imputazione per avere la Corte territoriale, nel confermare la pronuncia di primo grado, omesso di motivare sulla sussistenza del reato di cui alla L. Fall., art. 218 dato che la motivazione aveva espresso riferimento alle richieste di linee di credito, avanzate dall’amministratore di fatto, ma non precisava se queste fossero state o meno concesse; e) vizio di motivazione circa il capo d) avendo i giudici di merito omesso di motivare sulla sussistenza dell’aggravio del dissesto.
Le valutazioni giuridiche formulate dalla Cassazione
Il primo motivo di ricorso veniva ritenuto fondato sicché la sentenza impugnata doveva essere annullata con rinvio, per nuovo giudizio, assorbendo tale pronuncia le altre censure devolute con l’impugnazione.
Si osservava in via preliminare che, circa la validità del mandato difensivo, documentato attraverso il deposito di copia fotostatica della nomina, le disposizioni di cui agli artt. 2712 e 2719 c.c., secondo le quali alla riproduzione non contestata deve attribuirsi piena efficacia probatoria, sono poste a tutela di diritti di natura civilistica trattandosi di norme rivolte alla disciplina dei rapporti fra privati ove vige il principio dispositivo sicché è consentito all’interessato riconoscere genuinità e veridicità all’atto prodotto, anche in copia, nei suoi confronti dalla controparte mentre diversamente le norme del processo penale sono rivolte alla tutela dell’interesse generale, al quale si ricollega anche quello del singolo imputato, garantito dalla disposizione di cui all’art. 96 c.p.p. sicché nessun soggetto del procedimento è autorizzato nè a disconoscere la copia informale di un atto al quale la legge ricollega particolari conseguenze processuali, nè, tantomeno, ad accettarne gli effetti riconosciuti solamente all’originale.
Premesso ciò, veniva fatto presente come fosse condivisibile l’indirizzo nomofilattico secondo il quale, ove non siano state rispettate le formalità di cui all’art. 96 c.p.p., comma 2, è valida la nomina del difensore di fiducia, in presenza di elementi univoci, dai quali la nomina medesima possa desumersi per facta concludentia (Sez. 6, n. 54041 del 07/11/2017; Sez. 4, n. 34514 del 08/06/2016; Sez. 2, n. 26331 del 18/06/2014; Sez. 6, n. 16114 del 20/04/2012; Sez. 2, sent. n. 15740 del 22/02/2011) e ciò in quanto, in tema di formalità per la nomina del difensore, i comportamenti concludenti, idonei a documentare la riferibilità della nomina all’imputato, costituiscono elementi sintomatici dell’esistenza di un effettivo rapporto fiduciario tra lo stesso imputato e colui il quale ha svolto, di fatto, le funzioni di difensore, dato che alla norma di cui all’art. 96 c.p.p., non viene attribuita natura inderogabile ma tipicamente ordinatoria e regolamentare, suscettibile, quindi, di un’interpretazione elastica in bonam partem.
Si evidenziava al contempo che l’indirizzo contrario, secondo il quale non può avere efficacia dimostrativa dell’avvenuto conferimento dell’incarico la produzione di una mera copia dell’atto di nomina (tra le altre, Sez. 1, n. 18244 del 02/04/2019; Sez. 1, n. 35127 del 19/04/2011; Sez. 3, n. 46034 del 11/11/2008) valorizza, ai fini della diversa soluzione proposta, le modalità irrituali di pervenimento dell’atto all’autorità che procede (copia trasmessa a mezzo telefax), ovvero la qualità dell’autorità dinanzi alla quale la nomina viene effettuata (dinanzi ad autorità diversa da quella giudiziaria che procede) mentre, nel caso di specie, i comportamenti concludenti ed univoci erano stati evidenziati dal ricorrente ed erano rappresentati non solo dalla produzione di copia fotostatica della nomina del difensore di fiducia, con revoca di precedente difensore, avvenuta in udienza, tramite legale nominato per delega, dal difensore di fiducia nominato, ma anche la trasmissione, da parte del difensore nominato, alla Cancelleria dell’autorità giudiziaria procedente, dell’atto, a mezzo p.e.c. fermo restando che la Corte territoriale, nell’escludere rilievo a tale trasmissione, non aveva dato atto dell’assenza di firma digitale o di altro difetto relativo alle modalità formali con le quali la nomina era stata trasmessa.
Si denotava altresì come l’esame del fascicolo processuale evidenziasse il deposito della nomina in originale sebbene avvenuto in data 2 maggio 2018.
Veniva infine sottolineato che, in adesione all’indirizzo espresso sul punto dalla Cassazione, nella sua più autorevole composizione, il richiamo effettuato dall’art. 599 c.p.p., comma 1, all’art. 127 c.p.p., comma 3, a norma del quale i difensori, nel giudizio di appello nel quale quello di primo grado si è celebrato nelle forme del rito abbreviato, sono sentiti se compaiono, riconosce il diritto del difensore di perseguire la propria strategia difensiva favorendo l’interpretazione secondo la quale la partecipazione all’udienza del difensore, pur facoltativa, lascia comunque possibilità di scelta se comparire o non (Sez. U, n. 41432 del 21/07/2016) e pertanto, alla stregua di ciò, la scelta del difensore di comparire all’udienza camerale, aderendo ad una specifica linea difensiva, non poteva essere vanificata dall’omesso esame della richiesta di termine a difesa e, comunque, dalla mancata costituzione, in difesa dell’imputato, del legale da ultimo nominato, presente tramite sostituto processuale, e ciò in quanto l’effettività della nomina fiduciaria poteva essere ricavata da univoci facta concludentia i quali, peraltro, osservava la Corte, erano stati del tutto trascurati dall’autorità procedente davanti alla quale la nomina era stata prodotta limitandosi a rilevare che l’atto era stato depositato in copia fotostatica.
Conclusioni
La sentenza in questione è assai interessante nella parte in cui viene postulato, richiamandosi diverse pronunce emesse sempre dalla Corte di Cassazione che, ove non siano state rispettate le formalità di cui all’art. 96 c.p.p., comma 2, è pur sempre valida la nomina del difensore di fiducia, in presenza di elementi univoci, dai quali la nomina medesima possa desumersi per facta concludentia.
Siffatta decisione, dunque, anche perché confermativa di un orientamento interpretativo già elaborato dai giudici di legittimità ordinaria in subiecta materia, deve essere presa nella dovuta considerazione laddove sia messa in discussione una nomina fatta in questa maniera.
Il giudizio in ordine a quanto statuito in tale pronuncia, pertanto, proprio perché contribuisce a fare chiarezza su siffatta tematica giuridica, non può che essere positivo.
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