Il fatto
La Corte di appello di Milano, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Busto Arsizio, dichiarava non doversi procedere nei confronti dell’imputato in ordine al reato di cui al capo 1d), perché estinto per prescrizione e aveva rideterminato la pena per il reato di cui al capo 1e), D.Lgs. n. 74 del 2000, ex art. 2, in un anno ed otto mesi di reclusione concedendo la sospensione condizionale della pena e la non menzione; oltre a ciò, veniva revocata la confisca diretta e per equivalente, confermando nel resto la sentenza di primo grado.
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LA PRESCRIZIONE DEL REATO IN VIGORE DAL 1° GENNAIO 2020 – EbookIl presente ebook affronta la nuova normativa in materia di prescrizione del reato, in vigore dal 1° gennaio 2020.Nonostante le incertezze politiche sul tema, il quadro normativo è vigente e, dunque, si intende fornire all’operatore un testo di facile consultazione e di adeguato approfondimento, per affrontare le questioni inerenti la tematica della prescrizione, considerato anche che eventuali modifiche interverranno sicuramente nel lungo periodo.Lo scritto riporta in evidenza le modifiche ed analizza le ripercussioni pratiche della nuova disciplina.Antonio Di Tullio D’ElisiisAvvocato iscritto presso il Foro di Larino (CB). Referente di Diritto e procedura penale della rivista telematica http://diritto.it. Membro del comitato scientifico della Camera penale di Larino. Collaboratore stabile dell’Osservatorio antimafia del Molise “Antonino Caponnetto”. Membro del Comitato Scientifico di Ratio Legis, Rivista giuridica telematica. Antonio Di Tullio DElisiis | 2020 Maggioli Editore 12.90 € 10.97 € |
I motivi addotti nel ricorso per Cassazione
Avverso questa decisione proponeva ricorso per Cassazione l’imputato, per il tramite del difensore, deducendo i seguenti motivi: 1) violazione dell’art. 148 c.p.p. e vizio della motivazione quanto al rigetto dell’eccezione di nullità, qualificata a regime intermedio, della notifica dell’avviso ex art. 415-bis c.p.p., perché eseguita a mezzo fax presso lo studio “secondario” del legale in Milano, ove l’indagata era domiciliataria, e non presso lo studio principale del difensore in Brienno (Como) e dunque, essendo ritenuto il luogo della notifica non coincidente con il domicilio eletto, si stimava nulla la notifica anche per la consegna di un’unica copia per il difensore e l’indagata; 2) erronea applicazione dell’art. 220 disp. att. c.p.p. e art. 234 c.p.p. e vizio della motivazione quanto alla risposta al motivo di appello con cui si era contestata l’acquisizione a fini di prova del processo verbale di constatazione della Guardia di Finanza e non quanto all’attività amministrativa estranea al procedimento penale nonché si faceva presente che doveva essere applicato l’art. 220 disp. att. c.p.p. dato che la Guardia di Finanza non avrebbe avvisato i destinatari dell’accertamento della facoltà di avvalersi delle garanzie difensive previste dal codice penale eseguendo perquisizioni e sequestri; oltre a ciò, si eccepiva anche l’inutilizzabilità della testimonianza del maresciallo della Guardia di Finanza di G. avendo egli riferito de relato e, pertanto, il processo verbale di constatazione relativo alla SNC sarebbe stato nullo perché eseguito in assenza del legale rappresentante della società sicché i documenti acquisiti non sarebbero stati utilizzabili nel processo; 3) omessa risposta al motivo di appello relativo al mancato esercizio dei poteri ex art. 507 c.p.p. per procedere all’esame di due testi sulle attività lavorative prestate da costoro quali prove decisive ai fini del giudizio; 4) vizi di violazione di legge e della motivazione sul dolo specifico che sarebbe stato ritenuto in re ipsa e fondato solo sull’esiguità del prezzo di acquisto della merce rispetto a quello corrente; 5) violazione dell’art. 133 c.p. per l’omessa indicazione dei criteri di determinazione della pena tra il minimo ed il massimo fermo restando che sarebbe stata inflitta una pena eccessiva e sproporzionata.
Le valutazioni giuridiche formulate dalla Corte di Cassazione
Il ricorso veniva dichiarato inammissibile alla stregua delle seguenti considerazioni.
In ordine alla prima doglianza, veniva rilevato che, secondo Sez. 5, n. 21000 del 18/04/2014, è valida, nel caso di elezione di domicilio, la notifica eseguita al difensore di fiducia presso uno studio diverso da quello indicato nell’atto di elezione in quanto ciò che rileva a tal fine è l’individuazione della persona del domiciliatario e non la sede di uno degli studi professionali di quest’ultimo in cui egli svolge, comunque, la propria attività professionale dal momento che, secondo l’ormai costante orientamento della giurisprudenza, essendo sufficiente la notifica al difensore, che la riceva anche per l’imputato, di una sola copia, non vi è nessuna sanzione per l’inosservanza dell’art. 54 disp. att. c.p.p. (per altro riferito all’ufficiale giudiziario) a fronte della tassatività delle cause di nullità, e ciò anche perchè la consegna di una sola copia non rientra tra le nullità previste nell’art. 171 c.p.p..
La spedizione di due copie allo stesso destinatario – persona fisica – concretizza difatti, per la Corte di legittimità, un inutile aggravio che non trova nessuna giustificazione nel diritto di difesa, pienamente esercitabile poiché la parte è messa in pieno al corrente dei diritti nascenti dall’atto notificato (cfr. in tal senso Sez. 1, n. 14012 del 07/03/2008), Cfr. anche Sez. 2, n. 38058 del 18/07/2014, per cui non è nulla, ma meramente irrituale, la notificazione (nella specie, a mezzo fax) avvenuta mediante consegna al difensore di fiducia domiciliatario di un’unica copia dell’atto da notificare con l’espressa indicazione in esso dei destinatari specificamente individuati nell’imputato e nel difensore.
Ciò posto, si evidenziava oltre tutto come il principio fosse stato di recente ribadito anche con riferimento alla notifica a mezzo p.e.c.; cfr. Sez. 2, n. 8887 del 17/01/2019, che ha affermato, in tema di notificazione al difensore mediante posta elettronica certificata (c.d. pec), che l’invio dell’atto da notificare in un’unica copia al difensore, sia in tale qualità, sia in quanto domiciliatario dell’imputato non dà luogo a nullità (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto infondato il motivo di ricorso incentrato sull’omessa notifica al difensore di fiducia della comunicazione di un rinvio dell’udienza di appello per legittimo impedimento, eseguita mediante l’invio in unica copia dell’ordinanza e del cd. biglietto di cancelleria, nel quale era specificato che destinatari della comunicazione dovevano intendersi sia il difensore, che l’imputato domiciliato presso di lui ai sensi dell’art. 161 c.p.p., comma 4).
Ebbene, terminata la disamina del primo motivo, anche il secondo motivo veniva reputato manifestamente infondato.
Si evidenziava a tal proposito come la Corte di appello avesse ritenuto la questione dedotta irrilevante perché le prove erano costituite dalle prove testimoniali acquisite mediante l’esame dibattimentale del personale della Guardia di Finanza.
A sua volta la questione proposta sulla inutilizzabilità delle dichiarazioni de relato del teste era parimenti considerata manifestamente infondata in diritto così come stimata errata la lettura sulla inutilizzabilità della testimonianza de relato ex art. 195 c.p.p..
L’art. 195 c.p.p., invero, prevede il valore probatorio della testimonianza indiretta e dunque, una volta che sia stata resa una testimonianza de relato, la parte può chiedere l’esame del teste diretto ed il giudice in tal caso è tenuto a disporre l’esame del teste fermo restando che è la violazione di tale obbligo che rende la testimonianza indiretta inutilizzabile salvo che l’esame sia impossibile per morte, infermità o irreperibilità.
Oltre a ciò, veniva altresì osservato come questo motivo fosse anche del tutto generico in quanto non erano state indicate quali sarebbero state le parti del processo verbale di constatazione adoperate ai fini di prova nelle sentenze di merito e le specifiche parti di cui si sarebbe dovuta valutare l’inutilizzabilità.
Del tutto generico era, ad avviso del Supremo Consesso, poi il richiamo all’art. 220 disp. att. c.p.p. perché, in materia di attività ispettive di vigilanza di natura amministrativa, il momento a partire dal quale, nel corso di tale attività, sorge l’obbligo di rispettare le garanzie del codice di procedura penale, è quello nel quale è possibile attribuire rilevanza penale al fatto, emergendone tutti gli elementi costitutivi, anche se ancora non possa essere ascritto a persona determinata
(Sez. 3, n. 31223 del 04/06/2019, in tema di verifica fiscale, ha ritenuto utilizzabili nel processo penale le dichiarazioni etero – accusatorie rese alla Guardia di Finanza dalla persona soggetta all’accertamento amministrativo senza l’osservanza degli artt. 63 e 64 c.p.p., perché, al momento in cui erano state rese, non risultava ancora accertato il superamento della soglia di punibilità del reato tributario).
Tal che se ne faceva conseguire come l’inutilizzabilità non riguarda l’accertamento fiscale nella sua complessità ma i singoli atti processuali mentre, con il motivo in questione, ci si lamentava dell’esecuzione di atti di perquisizione e sequestro, cioè di atti procedimentali tipici.
Allo stesso modo Il terzo motivo era considerato inammissibile perché con l’atto di appello non era stata impugnata l’ordinanza di rigetto della richiesta istruttoria ex art. 507 c.p.p. ma si era dato solo atto del rigetto e di conseguenza della preclusione alla verifica delle dichiarazioni dei testi e, di conseguenza, la questione era stata dedotta per la prima volta con il ricorso per cassazione e con riferimento alla sentenza di primo grado, con conseguente inammissibilità del motivo ex art. 609 c.p.p..
Il quarto motivo, a sua volta, seguiva la medesima sorte processuale avendo la Corte di appello esplicitamente e correttamente motivato sul dolo specifico mentre, con tale argomentazione, il ricorso in realtà non si confrontava.
Il quinto motivo sulla pena veniva egualmente reputato manifestamente infondato avendo la Corte di appello applicato una pena base di 2 anni e 6 mesi di reclusione ritenendola congrua e proporzionata, poi ridotta per le circostanze attenuanti generiche a un anno ed otto mesi di reclusione: aveva dunque applicato una pena prossima al minimo edittale e comunque non superiore al medio edittale; la pena per il reato de quo, tenuto conto del tempus commissi delicti, era la reclusione da un anno e sei mesi a sei anni.
Orbene, a fronte di ciò, veniva ribadito il costante orientamento della giurisprudenza per cui l’uso del potere discrezionale del giudice, nella graduazione della pena, è insindacabile nei casi in cui la pena, anche in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti, sia applicata in misura media e, ancor più, se prossima al minimo, essendo sufficiente in tali casi richiamare criteri di adeguatezza, congruità, non eccessività, di equità e simili e dunque, ad avviso del Supremo Consesso, ciò dimostra che il giudice aveva considerato, sia pure intuitivamente e globalmente, tutti gli aspetti indicati nell’art. 133 c.p. e anche quelli specificamente segnalati con i motivi d’appello (Sez. 4, n. 46412 del 05/11/2015: In tema di determinazione della pena, nel caso in cui venga irrogata una pena al di sotto della media edittale, non è necessaria una specifica e dettagliata motivazione da parte del giudice, essendo sufficiente il richiamo al criterio di adeguatezza della pena, nel quale sono impliciti gli elementi di cui all’art. 133 c.p.).
Il Supremo Consesso, pertanto, alla stregua delle considerazioni sin qui esposte, come visto già in precedenza, dichiarava il ricorso proposto inammissibile.
Conclusioni
La decisione in questione è assai interessante nella parte in cui, citandosi un precedente conforme, si afferma che è valida, nel caso di elezione di domicilio, la notifica eseguita al difensore di fiducia presso uno studio diverso da quello indicato nell’atto di elezione in quanto ciò che rileva a tal fine è l’individuazione della persona del domiciliatario e non la sede di uno degli studi professionali di quest’ultimo in cui egli svolge, comunque, la propria attività professionale.
Di conseguenza, essendo sufficiente la notifica al difensore, che la riceva anche per l’imputato, di una sola copia, non vi è nessuna sanzione per l’inosservanza dell’art. 54 disp. att. c.p.p. potendo una situazione procedurale di questo genere integrare tutt’al più una mera irritualità che, in quanto tale, non è annoverabile tra le cause di nullità previste nell’art. 171 c.p.p..
Il giudizio in ordine a quanto statuito in siffatta pronuncia, proprio perché fa chiarezza su tale tematica procedurale, dunque, non può che essere positivo.
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