Approfondimenti sulle ecomafie nella filiera dei rifiuti.
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Indice
1. Ecomafie: premessa
Oggi più che mai il nostro futuro dipende da come gestiamo lo smaltimento dei rifiuti. Invero, “entro il 2050, i circa 9 miliardi di persone sul pianeta produrranno circa 13,1 miliardi di tonnellate di rifiuti all’anno” [1] ” e questa prospettiva ha, logicamente, portato alla creazione di numerose leggi e regolamenti riguardanti il loro smaltimento. Così, il rispetto dei requisiti legali per un trattamento ecologico dei rifiuti ha fatto sì che l’industria dei rifiuti diventasse un settore di rilevante valore economico e, come in ogni grande settore economico, sono germogliate opportunità di attività illegali in pressoché tutte fasi della catena dei rifiuti [2] al punto che l’evoluzione della criminalità organizzata nel settore dei rifiuti rappresenta, oggi, una minaccia significativa.
2. L’indagine Adelphi
“Dotto’, non faccio più droga. No, adesso ho un altro affare. Rende di più e soprattutto si rischia molto meno. Si chiama monnezza, dotto’. Perché per noi la monnezza è oro” [3]. Con queste parole iniziò il pentimento del boss del rione Traiano di Napoli, Nunzio Perrella, e la collaborazione con il procuratore Franco Roberti. Fu a partire da quelle parole che l’Italia scoprì per la prima volta l’esistenza di traffici nascosti nelle attività di smaltimento dei rifiuti all’inizio degli anni ’90. Nasceva l’indagine Adelphi che passò alla storia come una delle prime inchieste contro le c.d. “ecomafie”, termine coniato ufficialmente nel 1994 in un documento pubblicato dall’associazione italiana Legambiente, intitolato “Ecomafie – Il ruolo della criminalità organizzata nell’illegalità ambientale”.
3. Le mafie e i rifiuti
Tra le numerose attività criminali – che comprendono anche l’abusivismo edilizio, il traffico di animali esotici, gli incendi boschivi e l’illegalità nel mercato agroalimentare – lo smaltimento illegale dei rifiuti è il campo di attività più pericoloso delle “ecomafie” e uno dei business illegali più redditizi, con profitti paragonabili ad un bilancio statale [4]. Ma qual è, esattamente il punto della filiera in cui avviene il fatidico incontro tra mafie e rifiuti? Sgombriamo subito il campo da un equivoco: è errato immaginare le “ecomafie” come un mondo chiuso e impenetrabile di criminali non identificabili; si tratta, piuttosto, di una vasta area al confine tra legalità e illegalità in cui si muovono molti soggetti. Tra i soggetti coinvolti ci sono, a titolo d’esempio: l’azienda che appalta lo smaltimento dei propri rifiuti al miglior offerente, fingendo di non accorgersi che un costo così basso del servizio è sintomo di un qualche raggiro, chi mescola materiali tossici con materiali inerti o, ancora, chi falsifica i documenti di trasporto. “I casi italiani di smaltimento illecito di rifiuti pericolosi o normali citati nella relazione del 2009 della Direzione Nazionale Antimafia [5] riguardavano autorizzazioni fraudolente, spesso rilasciate da funzionari corrotti” [6] e le ricerche dell’Europol, l’Agenzia dell’Unione europea per la cooperazione nell’attività di contrasto hanno dimostrato che “il traffico illecito di rifiuti è spesso facilitato dalla cooperazione con imprese legittime, comprese quelle dei servizi finanziari, dell’import/export e del riciclaggio dei metalli, e con specialisti impegnati nella falsificazione di documenti per l’acquisizione di autorizzazioni” [7]. Il c.d. “mafioso” entra in scena solo nell’ultima fase, quando appicca fuochi, sotterra carichi di rifiuti o dà vita a discariche abusive. Ma è bene chiarire che anche tutti gli altri soggetti coinvolti a monte fanno parte del concetto di “ecomafia”. Invero, “la ragione per cui la mafia italiana opera da 200 anni non sta solo nell’uso della violenza, ma anche nella sua capacità di inserirsi nel mondo legale” [8]. A questo proposito, il traffico dei rifiuti rappresenta un caso tristemente esemplare, come testimoniato anche da un rapporto della Commissione Europea [9] secondo cui il settore dei rifiuti è “tra i settori più inclini alla corruzione a livello locale” [10]. Naturalmente, il legislatore italiano non è potuto rimanere immobile di fronte al dilagare della criminalità organizzata e ha preso posizione con la L. n. 68/2015 che ha rappresentato una svolta nel sistema giuridico italiano nella misura in cui ha introdotto i reati ambientali nel Codice penale. In aggiunta e più nello specifico, per mezzo dell’art. 452 octies c.p., ha introdotto una serie di circostanze aggravanti volte a colpire il fenomeno delle “ecomafie”, e cioè, citando la norma “delle organizzazioni illecite che includono nel proprio programma criminoso la commissione dei nuovi reati ambientali, prevedendo un inasprimento sanzionatorio a carico degli associati, in virtù della ritenuta maggiore pericolosità di una condotta associativa finalizzata a provocare danni all’ambiente e alla salute”.
4. I numeri aggiornati al 2022
Ciò nonostante, stando all’ultimo rapporto sulle “ecomafie” pubblicato da Legambiente nel 2023 con riferimento all’anno 2022, la morsa delle mafie non si arresta. “I reati contro l’ambiente restano ben saldi sopra la soglia dei 30.000, (…) alla media di 84 reati al giorno, 3,5 ogni ora (…)” [11] dice il Rapporto Ecomafia 2023 e “(…) il delitto più contestato è stato quello di traffico organizzato di rifiuti (art. 452 quaterdecies) con 268 casi contro i 151 nel 2021 (…)”. Il traffico illecito di rifiuti, che avviene a basso costo ma genera altissimi costi sociali [12], resta, dunque, una delle piaghe più preoccupanti con cui l’Italia deve misurarsi oggi e negli anni a venire, e ciò soprattutto alla luce del tanto osannato quanto indispensabile sviluppo sostenibile.
- [1]
Bisschop, L., & Huisman, W. (2018). Waste crime from three criminological perspectives: Implications for crime control and harm prevention. In Spapens, T., White, R., van Uhmm D. & Huisman, W. (Eds.) Environmental Crimes and the Money, Green Criminology Series, Routledge, p. 148
- [2]
Rucevska, I., Nelleman, C., Isarin, N., Wu, Y., Liu, N., NYu, K., Sandnæs, S. M., Olley, K., McCann, H. E., Devia, L., Bisschop, L., Soesilo, D., Schoolmeester, T., Henriksen, R., & Nilsen, R. (2015). Waste Crime: Low Risks – High Profits. Gaps in Meeting the Global Waste Challenge. A Rapid Reponse Assessment, p. 8
- [3]
Colombo, L. (2009). Il magistrato che svelò il traffico di rifiuti pericolosi
- [4]
Dal 1995 ad oggi il business potenziale complessivo dell’ecomafia ha toccato quota 419,2 mld. Sul punto, cfr. Rapporto Ecomafia (2020). Le storie e i numeri della criminalità ambientale, Edizioni Ambiente (https://www.legambiente.it/comunicati-stampa/i-dati-del-rapporto-ecomafia-2020-nel-2019-in-aumento-i-reati-contro-lambiente/); nonché EUROPOL (2019). Trash worth million of euros. From trash to treasure: the growing illegal waste trafficking market (https://www.europol.europa.eu/ newsroom/news/trash-worth-millions-of-euros).
- [5]
Direzione Nazionale Antimafia (2010). Relazione annuale sulle attività svolte dal Procuratore nazionale antimafia e dalla Direzione nazionale antimafia nonché sulle dinamiche e strategie della criminalità organizzata di tipo mafioso nel periodo 1° luglio 2009 – 30 giugno 2010, p. 81
- [6]
UNEP (2012). Transnational Environmental Crime – a common crime in need of better enforcement, p. 4
- [7]
EUROPOL (2011). EU Organised Crime Threat Assessment, p. 30
- [8]
Canonico, P., Consiglio, S., De Nito, E., & Mangia, G. (2017). Criminal infiltration of the Public Sector. In Nelen, H. and Siegel, D. (Eds.) Contemporary Organized Crime, p. 157
- [9]
European Commission (2014). Report from the Commission to the Council and the European Parliament. EU Anti-Corruption Report, /* COM/2014/038 final */, p. 28.
- [10]
Cesi, B., D’Amato, A., & Zoli, M. (2019). Corruption in environmental policy: the case of waste, Economia Politica: Journal of Analytical and Institutional Economics, Springer; Fondazione Edison, vol. 36(1), p. 66
- [11]
Rapporto Ecomafia (2023). Le storie e i numeri della criminalità ambientale, Edizioni Ambiente (https://www.legambiente.it/comunicati-stampa/ecomafia-2023-storie-numeri-della-criminalita-ambientale-in-italia/).
- [12]
Secondo il rapporto investigativo “Campania Infelix” di Bernardo Iovene, le condizioni in aumento nelle aree in cui i rifiuti vengono smaltiti illegalmente includono tumori cancerosi, pubertà precoce, endometriosi, sterilità, anomalie urogenitali e problemi alla tiroide. Cfr., sul punto, Past, E., (2013). “Trash Is Gold”: Documenting the Ecomafia and Campania’s Waste Crisis, Interdisciplinary Studies in Literature and Environment, 20(3), p. 599
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