Evoluzione storica
Dobbiamo considerare che fino all’età romantica il matrimonio corrispondeva a due funzioni precise: la trasmissione dei patrimoni e dei poteri derivanti, come conseguenza di alleanze matrimoniali, nonché la certezza e legittimazione della discendenza, tanto che l’affermazione generalizzata dei cognomi è una conquista dell’età moderna, essendo altrimenti riservata alle classi superiori dei possidenti.
Solo a partire dal romanticismo, con l’affermarsi dell’età borghese, si introduce il terzo elemento del sentimento amoroso e si codifica il fidanzamento quale periodo vigilato di prova.
Si favorisce in tal modo la democratizzazione del matrimonio stesso, il rimescolamento di carte, dobbiamo considerare che uno stato forte ha alla sua base il nucleo saldo e gerarchizzato della famiglia, così nell’antica Roma come nello Stato etico del XIX e prima metà del XX secolo.
La famiglia ha anche un’altra funzione derivante dall’essere un nucleo di produzione e accumulo, tanto economico che di forza lavoro, essa diventa quindi elemento portante dell’attività agricola, commerciale ma anche della fabbrica nella prima rivoluzione industriale, fino a trasformarsi nell’elemento motore nell’iniziale crescita consumistica.
L’aspetto economico si intreccia strettamente dal XVI secolo con l’altro aspetto politico – amministrativo del controllo, nasce dalla necessità sia dalla formazione dello Stato moderno che della Controriforma, infatti i primi registri dello stato civile vengono impiantati nelle parrocchie dove si crea una fitta rete burocratica.
Giuridicamente risulta essere pertanto un contratto di fornitura di servizi, che si voleva a tempo indeterminato salvo eccezioni controllate dal potere, quello che il Romanticismo introduce è il riconoscimento dell’aspetto affettivo, il quale ne qualifica il contratto sollevandolo dal rapporto puramente economico e introducendolo nel più complesso rapporto della personalità, secondo l’autentico dettame evangelico.
In epoca moderna
La modernità ha lentamente scisso i due aspetti, l’allungamento della vita e la rapidità dell’evoluzione sociale ha completato l’opera, la leggerezza dell’essere ha determinato l’instabilità affettiva, è rimasto il contratto.
La crescente autonomia sia finanziaria che culturale della donna, oltre che alla parallela perdita dei ruoli e alla indeterminatezza sociale che ne deriva, attraverso una serie di rivendicazioni di diritti, ha creato una crisi culturale favorita ed ampliata dai nuovi mezzi di comunicazione e dalla serie di crisi finanziarie che si sono succedute dalla fine della Guerra Fredda.
E’ cresciuto pertanto il rischio che il matrimonio comunque comporta come una qualsiasi altra attività umana, dobbiamo considerare che il rischio si realizza quando ad ogni decisione è associata una molteplicità di conseguenze, a ciascuna delle quali corrisponde un particolare “stato del mondo”, i quali si escludono a vicenda, in questa situazione il singolo decide l’attribuzione di determinate probabilità ai possibili singoli “stati del mondo”.
Se il soggetto è cosciente dell’esistenza dei singoli “stati del mondo” ma non è in grado di attribuire delle probabilità, si ha il fenomeno della decisione in condizione di “incertezza”.
Alcuni autori, come Lindley, rifiutano tale distinzione, ritenendo esistente un solo tipo di incertezza, misurabile come “probabilità” che riflette i gradi di fiducia sui vari “stati del mondo”, con una coerenza tra criteri di scelta e gradi, tali criteri si possono riportare all’utilità attesa, che può allargarsi fino a ricomprendere il concetto soggettivo di “qualità della vita”.
Vi sono tuttavia autori che tendono a restringere il concetto di rischio ai casi in cui la probabilità è fondata su base statistica, per tale via viene rifiutata la distinzione tra rischio e incertezza (Shackle, Knight).
Vi è pertanto un allargarsi del rischio contrattuale che diventa rischio di vita, con il conseguente rifiuto del contratto matrimoniale, sì che viene a prevalere sull’aspetto emotivo, si tentano quindi gli accordi prematrimoniali, coscienti del puro aspetto economico e dei soli riflessi sociali che il matrimonio viene ad acquistare.
La decrescita demografica che segue la crisi matrimoniale già verificatasi storicamente in altre epoche, come nell’età augustea, è un riflesso della microeconomia che l’individuo sperimenta, la crescente conflittualità nelle relazioni intra-familiari, la perdita di rilevanza produttiva, assicurativa e socio simbolica dei figli, riduce gli stessi a puro costo, sono le pressioni sociali che ne determinano il valore e si impongono sul desiderio di persistere in essi che l’individuo pone, un desiderio di potenza eliminato dal rischio economico e relazionale che il modello socio-economico trionfante contiene.
Microeconomia e macroeconomia entrano in conflitto, la crisi matrimoniale, premessa della crisi demografica, se risulta funzionale all’attuale sistema economico e sociale, ne mette tuttavia in risalto le problematiche fondate su una continua espansione dei consumi, sia nel senso negativo di sottrazione delle risorse del pianeta che positivo di consumo delle merci.
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