Efficacia remissione querela: basta che non ci sia rifiuto

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Ai fini dell’efficacia della remissione di querela è sufficiente che, da parte del querelato, non vi sia un rifiuto espresso o tacito della remissione.
Per l’approfondimento si consiglia il volume: Formulario Annotato del Processo Penale dopo la Riforma Cartabia

Corte di Cassazione -sez. II pen.- sentenza n. 27052 del 12-04-2023

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Indice

1. La questione


La Corte di Appello di Firenze aveva confermato una sentenza di primo grado che, a sua volta, aveva ritenuto gli imputati colpevoli del reato di truffa.
Ciò posto, avverso il provvedimento emesso dai giudici di seconde cure proponeva ricorso per Cassazione il difensore degli accusati che, tra le doglianze ivi addotte, lamentava del mancato riconoscimento della remissione di querela e della relativa accettazione della stessa per comportamento concludente degli imputati poiché, a suo avviso, la sentenza impugnata aveva ritenuto erroneamente che la remissione non avesse effetto perché la querela era stata proposta anche dal figlio della persona offesa, quando così non era, e che se la moglie del proprietario del motociclo aveva la facoltà di proporre querela, doveva avere anche quella di rimetterla, come era avvenuto; il difensore dichiarava comunque di accettare la remissione.


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2. La soluzione adottata dalla Cassazione


La Suprema Corte riteneva il motivo summenzionato fondato.
In particolare, gli Ermellini notavano prima di tutto come il reato di truffa, contestato agli imputati, all’epoca dei fatti, fosse stato procedibile di ufficio, ma fosse ora procedibile a querela ai sensi del D.Lgs. n. 10 ottobre 2022 n. 150 (c.d. “Riforma Cartabia“) e, pertanto, si doveva valutare se la remissione di querela avesse rilevanza nel presente procedimento, anche alla luce della intervenuta revoca della remissione effettuata nella medesima udienza.
Premesso ciò, i giudici di piazza Cavour facevano presente che “non è ammissibile la revoca della remissione di querela, trattandosi di atto giuridico unilaterale che si perfeziona con la sua manifestazione e non necessita di accettazione da parte del querelato (in applicazione di tale principio, la Corte ha affermato la correttezza della decisione del giudice di pace che aveva ritenuto priva di effetto la revoca della remissione di querela, anche se intervenuta in epoca antecedente all’accettazione da parte dell’imputato)” (Sez. 5, 23030 del 16/10/2015), richiamandosi contestualmente il principio più volte affermato dalla giurisprudenza della Cassazione secondo il quale, ai fini dell’efficacia della remissione di querela, non ne è indispensabile l’accettazione, essendo sufficiente che, da parte del querelato, non vi sia un rifiuto espresso o tacito della remissione, trattandosi di atto giuridico unilaterale che si perfeziona con la sua manifestazione (vedi Sez. 5, Sentenza n. 7072 del 12/01/201; Sez. 5, Sentenza n. 23030 del 16/10/2015).
Ciò posto, era altresì osservato che, nella motivazione dell’ultima pronunzia, erano stati richiamati i principi affermati sempre dalla Corte di legittimità nella composizione più autorevole (Sez. U, n. 27610 del 25/05/2011), in merito alla natura della remissione della querela di cui agli artt. 152 e ss. c.p., in stretta relazione a quella della accettazione della remissione ex art. 155 c.p., essendo stato evidenziato in proposito che il querelato può accettare espressamente la remissione della querela, con formalità analoghe a quelle previste per l’atto di remissione (art. 340, comma 1, c.p.p.), ma se non vi è un atto di accettazione espressa, perché si producano nondimeno gli effetti giuridici conseguenti alla remissione, la legge non pone come condizione che vi sia una “accettazione tacita“.
 Infatti, nonostante che la rubrica dell’art. 155 c.p. sia intitolata impropriamente “Accettazione della remissione“, ciò che normativamente si richiede – comma 1 – è che il querelato non abbia “espressamente o tacitamente” ricusato la remissione, caso che si verifica “quando il querelato ha compiuto fatti incompatibili con la volontà di accettare la remissione”.
In altre parole, il comportamento concludente preso in considerazione dall’art. 155, comma 1, c.p., non è quello attraverso cui si renda percepibile una adesione del querelato alla remissione di querela, ma è individuabile in una tacita manifestazione di volontà diretta a impedirla; cioè, non un comportamento positivo di accettazione ma uno negativo di rifiuto.
Pertanto, è possibile affermare che l’accettazione della remissione di querela si presume, purché non vi siano fatti indicativi di una volontà contraria del querelato.
In base al suddetto ragionamento, la Suprema Corte rilevava come la citata giurisprudenza delle Sezioni Unite abbia qualificato la remissione di querela come atto giuridico unilaterale, che si perfeziona con la sua manifestazione e non necessita di accettazioni o adesioni del querelato, il quale può solo rifiutarla e, quindi, rendere inefficace la remissione, impedendo la declaratoria di improcedibilità.
Orbene, declinando tali principi rispetto al caso di specie, la Cassazione riteneva come la remissione di querela, effettuata in udienza da colui che aveva presentato la querela, fosse idonea a produrre l’effetto di improcedibilità per il reato di truffa, dovendosi altresì constatare che gli imputati non si erano presentati in udienza e, tale elemento ulteriore, sempre per la Suprema Corte, poteva razionalmente essere interpretato come segno della volontà di accettare la remissione della querela da parte di entrambi gli imputati.
Pertanto, alla luce della intervenuta remissione di querela, la sentenza impugnata era annullata senza rinvio perché il reato era improcedibile per sopravvenuto difetto di querela.

3. Conclusioni


La decisione in esame desta un certo interesse, essendo ivi chiarito che, ai fini dell’efficacia della remissione di querela è sufficiente, da parte del querelato, che non vi sia un rifiuto espresso o tacito della remissione.
Si afferma difatti in tale pronuncia, sulla scorta di un pregresso orientamento nomofilattico, che la remissione di querela come atto giuridico unilaterale, si perfeziona con la sua manifestazione e non necessita di accettazioni o adesioni del querelato il quale può solo rifiutarla e, quindi, rendere inefficace la remissione, impedendo la declaratoria di improcedibilità, fermo restando che codesto rifiuto della remissione può essere, sia espresso, che tacito.
Ove dunque sia erroneamente non riconosciuta siffatta causa di estinzione del reato, per mancata accettazione o adesione del querelato, ben potrà impugnarsi un provvedimento di questo genere nei modi e nelle forme consentite dal codice di procedura penale.
Ad ogni modo, il giudizio in ordine a quanto statuito in codesta sentenza, proprio perché fa chiarezza su siffatta tematica giuridica sotto il profilo giurisprudenziale, non può che essere che positivo.

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Avv. Di Tullio D’Elisiis Antonio

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