Elezione di domicilio ex art. 581, co.1-ter c.p.p.: deve essere sempre depositata

Allegati

La Corte di Cassazione, con sentenza n. 25888 del 3 luglio 2024, ha chiarito che l’elezione o dichiarazione di domicilio ex art. 581, comma 1-ter cod. proc. pen. deve essere sempre depositata a pena di inammissibilità dell’impugnazione.

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Corte di Cassazione – Sez. III Pen. – Sent. n. 25888 del 03/07/2024

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Indice

1. I fatti

La Corte di appello di Bologna, rilevato il mancato deposito, con l’atto di appello, della dichiarazione o elezione di domicilio di cui all’art. 581, comma 1-ter cod. proc. pen., ha dichiarato inammissibile l’appello proposto dall’imputato avverso la sentenza del Tribunale di Bologna con la quale era stato condannato alla pena di anni 1 e mesi 4 di reclusione ed euro 2.000 di multa per i reati di cui agli artt. 81 e 99, comma 2, n. 1) cod. pen. e 73, comma 5, D.P.R. n. 309 del 1990.
Avverso tale ordinanza è stato proposto ricorso per Cassazione lamentando l’erronea applicazione della legge processuale per violazione dell’equità processuale ed il connesso difetto di motivazione.
Nello specifico, la Corte di appello di Bologna avrebbe erroneamente ritenuto insussistente la dichiarazione o elezione di domicilio dell’imputato, omettendo di confrontarsi con la circostanza che, all’opposto, tale dichiarazione sarebbe stata fatta congiuntamente all’atto di appello e confermata oralmente, in udienza, dal ricorrente.
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2. Elezione di domicilio ex art. 581, comma 1-ter cod. proc. pen.: l’analisi della Cassazione

La Corte di Cassazione, nel dichiarare inammissibile perché manifestamente infondato il ricorso, rammenta un consolidato principio di diritto secondo il quale “l’elezione di domicilio è atto personale a forma vincolata, espressione della volontà dell’imputato di ricevere ogni notificazione o comunicazione presso quel domicilio, come tale non surrogabile da una dichiarazione fatta dal difensore, nemmeno se in presenza dell’imputato stesso; di talché non può essere considerata una valida elezione di domicilio la menzione di essa contenuta (come nel caso di specie) nell’atto di appello redatto dal difensore“.
La Suprema Corte sottolinea che non può essere dato alcun rilievo neanche alla circostanza che il ricorrente abbia provveduto personalmente ad eleggere il proprio domicilio all’udienza di appello.
Infatti, l’art. 581, comma 1-ter cod. proc. pen. (introdotto con la Riforma Cartabia), prevedendo che con l’atto di impugnazione delle parti private e dei difensori sia depositata, a pena di inammissibilità, la dichiarazione o elezione di domicilio, presenta un tenore letterale tale da indurre a ritenere che il deposito di questa costituisca un requisito formale dell’impugnazione.
Di conseguenza, la dichiarazione o elezione di domicilio deve essere depositata con l’atto di impugnazione, “anche allorquando l’imputato che propone il gravame abbia già avuto modo di dichiarare o eleggere domicilio in precedenza per l’intero procedimento a suo carico“.

3. La decisione della Cassazione

Alla luce di quanto finora esposto, la Corte di Cassazione rammenta la ratio della norma censurata, consistente nell’evitare le impugnazioni che non rispondano ad una scelta consapevole e ponderata e che possano incardinarsi semplificando il passaggio della notifica del decreto di citazione a giudizio dell’imputato.
Viene, inoltre, sottolineato che la disposizione censurata non appare lesiva né del principio di parità delle parti, né dei diritti della difesa. Infatti, tale norma non prevede un restringimento della facoltà di proporre appello, bensì persegue il legittimo scopo di agevolare le procedure di notificazione.
L’onere imposto alla parte impugnante, invero, appare espressione del principio di leale collaborazione tra le parti, considerato che l’appello viene celebrato a richiesta dell’impugnante e, dunque, non limita il diritto di accesso al giudizio di impugnazione.
Per questi motivi, la Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di 3.000 euro in favore della Cassa delle ammende.

Riccardo Polito

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