La Corte di Cassazione, con sentenza n. 3118 del 24 gennaio 2024, chiarisce sull’elezione di domicilio dopo la Riforma Cartabia.
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Indice
1. I fatti
La Corte di appello di Milano ha dichiarato, con ordinanza, la inammissibilità dell’atto di impugnazione avverso la sentenza del Tribunale di Milano con la quale gli imputati erano stati condannati alla pena di giustizia per il reato di cui all’art. 497-bis cod. pen.
L’ordinanza ha ritenuto l’atto di appello inammissibile per violazione dell’art. 581 comma 1-ter cod. proc. pen. introdotto dal d.lgs. 150/2022 (Riforma Cartabia) in base al quale “con l’atto di impugnazione delle parti private e dei difensori è depositata, a pena d’inammissibilità, la dichiarazione o elezione di domicilio, ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio“.
Avverso la decisione della Corte di appello hanno proposto ricorso gli imputati deducendo un unico motivo in cui viene dedotta violazione di legge in relazione alla disposizione citata.
Secondo le tesi difensive, il dettato dell’art. 581 comma 1-ter cod. proc. pen. non prevede che la elezione di domicilio debba essere necessariamente effettuata dopo la pronunzia della sentenza impugnata e che debba essere una dichiarazione/elezione di domicilio espressamente finalizzata alla notifica del decreto di citazione e, nel caso di specie, l’allegazione era relativa all’elezione di domicilio espressamente effettuata in sede di convalida dell’arresto, ritenendosi così osservata la disposizione prevista a pena di inammissibilità.
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2. Elezione di domicilio dopo la Riforma Cartabia: l’analisi della Cassazione
La Corte di Cassazione analizza il ricorso osservando che la nuova disposizione dell’art. 581, comma 1-ter cod. proc. pen. introdotta dal d. lgs. 10 ottobre 2022, n. 150 “introduce un’ulteriore condizione di ammissibilità dell’impugnazione: con l’atto d’impugnazione deve essere presentata la dichiarazione o elezione di domicilio ai fini della notificazione del decreto di citazione“.
La Suprema Corte sottolinea che questa disposizione si coordina:
- con l’art. 157-ter comma 3 cod. proc. pen. (Notifiche degli atti introduttivi del giudizio all’imputato non detenuto) secondo cui: “in caso di impugnazione proposta dall’imputato o nel suo interesse, la notificazione dell’atto di citazione a giudizio nei suoi confronti è eseguita esclusivamente presso il domicilio dichiarato o eletto ai sensi dell’art. 581, comma 1-ter e 1-quater“;
- con il novellato art. 164 cod. proc. pen. (Efficacia della dichiarazione e dell’elezione di domicilio) che stabilisce che “la determinazione del domicilio dichiarato o oeletto è valida per le notificazioni dell’avviso di fissazione dell’udienza preliminare, degli atti di citazioni in giudizio ai sensi degli articoli 450, comma 2, 456, 552 e 601, nonché del decreto penale, salvo quanto previsto dall’art. 156, comma 1“.
La Corte afferma che è stata eliminata la validità “illimitata” alla dichiarazione o elezione di domicilio già presente in atti e la conseguenza immediata è che “con la presentazione dell’impugnazione l’adempimento richiesto non è soddisfatto con l’allegazione di una dichiarazione/elezione di domicilio in precedenza effettuata, non avendo più la stessa durata illimitata secondo le precedenti indicazioni dell’art. 164 cod. proc. pen., ma è necessario che l’interessato fornisca nuovamente, anche nell’ipotesi in cui lo abbia già fatto in precedenza, la indicazione di un domicilio dichiarato o eletto“.
La ratio legis condivisa dalla Cassazione e dalle precedenti pronunce è stata individuata nella “esigenza generale, che ha ispirato la riforma del processo in absentia (ossia la certezza della conoscenza del processo a suo carico da parte dell’imputato), prevedendo a tal fine il legislatore un onere collaborativo, riguardante sia il processo celebrato in assenza sia quello in cui l’imputato abbia avuto conoscenza del giudizio, onere finalizzato alla regolare celebrazione della fase del processo di secondo grado. E ciò anche ai fini di assicurarne la ragionevole durata ed impedire una eventuale dichiarazione di improcedibilità“.
L’onere di elezione o dichiarazione di domicilio, in funzione del giudizio di impugnazione che si va a promuovere, ad avviso della Suprema Corte, ha una chiara funzione ulteriore: quella di “consentire la rapida notifica del decreto di citazione a giudizio, che è il primo atto introduttivo del grado da notificare personalmente all’imputato, come è per gli altri atti introduttivi, ai sensi degli artt. 157-ter, commi 1 e 3, e 601 cod. proc. pen. esclusivamente presso il domicilio dichiarato o eletto“.
3. La decisione della Cassazione
La Corte di Cassazione, alla luce di quanto finora esposto, ha dichiarato il ricorso inammissibile.
Infatti, la Corte chiarisce che il “sacrificio richiesto all’appellante del deposito di una nuova dichiarazione/elezione di domicilio non appare, alla luce delle considerazioni espresse, irragionevole e/o ingiustificato se si confronta con la individuata esigenza della certa conoscenza della celebrazione del processo di appello e della partecipazione consapevole allo stesso, nonché della tempestiva notifica della citazione a giudizio“.
La richiesta di una nuova dichiarazione o elezione di domicilio, a pena di inammissibilità, per tutti coloro che dopo la celebrazione di un grado di giudizio, vogliano procedere ad un giudizio di impugnazione risulta, dunque, ragionevole nei termini richiesti dalla giurisprudenza costituzionale.
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