Emergenza coronavirus: i cani in condominio in epoca covid-19

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E’ pacifico che, soprattutto in questo momento difficile, la presenza degli animali da compagnia contribuisca a migliorare la qualità della vita del condomino e dei suoi familiari. La minaccia del covid-19, però, rende più difficoltosa la gestione dei cani all’interno del caseggiato, imponendo ai proprietari l’adozione di particolari cautele. Indipendentemente dall’emergenza sanitaria infatti il condomino dovrà continuare a gestire il proprio animale nel rigoroso rispetto dei limiti di utilizzo delle parti condominiali, attualmente aggravati dalle misure anti-contagio.

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Cani e covid-19: un importante chiarimento

Attualmente le indicazioni del Ministero della Salute e dell’Organizzazione Mondiale della Sanità ribadiscono che la trasmissione del covid-19  avviene  esclusivamente da uomo a uomo e ribadisce che non ci sono prove che gli animali da compagnia possano trasmettere la malattia. Il sito della Organizzazione Mondiale della Sanità raccomanda di non prendere misure “ingiustificate” che potrebbero compromettere il benessere degli animali e sostiene che non esistono prove a sostegno di restrizioni alla circolazione di animali da compagnia.

Alla luce di quanto sopra non è necessario o ragionevole arrivare a richiedere un test per coronavirus felino o canino per valutare se l’animale domestico sia sano. Esistono infatti moltissimi coronavirus in grado di infettare l’uomo e gli animali domestici, che però non hanno nulla a che fare con l’epidemia di covid-19. In altre parole poiché il test effettuato su cani e gatti è specifico per i coronavirus felini o canini, il risultato del test non darebbe alcuna informazione relativamente all’infezione da sars-cov-2.

Il rispetto dell’art. 1102 c.c e del regolamento

La presenza di cani in condominio può generare conflitti anche in relazione all’utilizzo delle parti comuni.

A tale proposito si deve precisare che il diritto di cui è titolare ciascun condomino di usare e godere delle cose di proprietà comune a suo piacimento trova limite nel pari diritto di uso e di godimento degli altri condomini.

Pertanto, l’usare gli spazi comuni di un edificio in condominio, facendovi circolare il proprio cane senza le cautele richieste dall’ordinario criterio di prudenza, può costituire una limitazione non consentita del pari diritto che gli altri condomini hanno sui medesimi spazi, se risulti che la mancata adozione delle suddette cautele impedisce loro di usare e godere liberamente di tali spazi comuni.

Naturalmente devono essere rispettate anche quelle legittime clausole che impongono la pronta rimozione delle deiezioni canine o richiedono al condomino di impedire al proprio cane di imbrattare la biancheria stesa ad asciugare nel sottostante balcone o negli spazi comuni, prevendendo sanzioni pecuniarie a carico dei trasgressori.

In ogni caso chi conduce il cane, o chi dovrebbe controllarlo, è chiamato a rispondere sia in sede civile che in sede penale dei danni cagionati (ad esempio, in caso di danni a cose altrui o di lesioni a persone) a seguito delle violazioni commesse.

Cani e rumori in epoca covid-19

La necessità di limitare le uscite può aver inciso negativamente sul cane del condomino, con conseguente agitazione dell’animale, soprattutto nelle ore notturne.

Naturalmente bisogna ridurre al minimo le occasioni di disturbo, anche se la natura del cane non può essere coartata al punto da impedirgli del tutto di abbaiare e che episodi saltuari di disturbo da parte dell’animale possono e devono essere tollerati dai vicini, in nome dei principi del vivere civile.

Al contrario le immissioni di rumore provocate dall’abbaiare continuo del cane non occasionale, ma continuo sia di giorno che di notte, anche fino a tarda ora, non può che risultare intollerabile.

Sul piano probatorio l’entità delle immissioni rumorose e il superamento del limite della normale tollerabilità può essere oggetto di consulenza tecnica o di deposizione testimoniale (anche in relazione agli orari e alle caratteristiche delle immissioni stesse), spettando poi al giudice valutare, oltre l’attendibilità, anche la congruità delle dichiarazioni rese dai testimoni).

Se l’esistenza delle immissioni illegittime risulterà accertata, il giudice ordinerà al responsabile di adottare le necessarie misure per far cessare i rumori molesti, condannandolo al risarcimento degli eventuali danni anche non patrimoniali (che risultano sempre sussistenti e non abbisognano di specifica prova).

In ogni caso non si possono escludere danni alla salute giacché l’esposizione prolungata ai latrati del cane, soprattutto se questi si avvertono nelle ore notturne, può anche creare dei danni permanenti alla salute psicofisica.

Il disturbo della quiete pubblica

L’art. 659 c.p., prevede che chiunque, mediante schiamazzi o rumori, ovvero abusando di strumenti sonori o di segnalazioni acustiche, ovvero suscitando o non impedendo strepiti di animali, disturbi le occupazioni o il riposo delle persone, ovvero gli spettacoli, i ritrovi o i trattenimenti pubblici, sia punito con l’arresto fino a tre mesi o con l’ammenda fino a euro 309.

Per affermare la sussistenza di questo reato è necessario procedere all’accertamento della natura dei rumori prodotti dal soggetto agente e alla loro diffusività, che deve essere tale da far risultare gli stessi rumori idonei ad arrecare disturbo ad un numero rilevante di persone e non soltanto a chi ne lamenta il fastidio.

l reato di cui all’articolo 659 del c.p. è possibile anche in relazione all’abbaiare dei cani, poiché la norma incriminatrice impone ai padroni degli animali di impedirne lo strepito, senza che possa essere invocato, in senso contrario, un “istinto insopprimibile” ad abbaiare dell’animale per sostenere l’insussistenza del reato.

Pertanto, anche in epoca covid-19, se si decide di tenere degli animali, è necessario non solo accudirli, ma anche porre in essere tutta una serie di accorgimenti tali da impedire che “il normale essere degli animali” rechi disturbo alla vita della altre persone che vivono e lavorano nelle vicinanze.

Cani e divieto di assembramento

La collettività condominiale, oltre alle limitazioni sopra viste e a quelle ulteriori eventualmente previste da clausole di natura contrattuale del regolamento di condominio, deve rispettare anche le prescrizioni contenute nella normativa prevista per l’emergenza coronavirus. In particolare il DPCM 26 aprile 2020 (GU n.108 del 27-4-2020) relativo la c.d. fase 2 (operativo dal 4 maggio) all’art 1 (Misure urgenti di contenimento del contagio sull’intero territorio nazionale), tra l’altro, ribadisce che è vietata ogni forma di assembramento di persone in luoghi pubblici e privati.

In considerazione di quanto sopra la passeggiata del condomino con il cane deve essere di breve durata e limitarsi al tempo sufficiente per consentire all’animale di soddisfare le proprie necessità fisiologiche.

Durante la passeggiata, l’animale deve rimanere legato, per evitare il contatto con altre persone o animali domestici che possano trovarsi nella stessa area.

Naturalmente i condomini proprietari di cani, sempre dotati di mascherina, devono astenersi dal formare assembramenti nel cortile o negli altre parti comuni, evitando anche di sostare nell’atrio del caseggiato o nelle scale, spazi che per dimensioni non consentono di rispettare la distanza di sicurezza nei confronti di altre persone.

E’ fondamentale poi che anche con il proprio animale venga rispettato il divieto di uso contemporaneo dell’ascensore, proprio per evitare i contatti stretti e rispettare l’obbligo di mantenere la distanza di sicurezza.

In ogni caso, dopo che l’animale ha soddisfatto le proprie necessità, il proprietario deve raccoglierne le deiezioni (come d’altra parte bisogna fare in ogni caso, indipendentemente dalle misure di emergenza). Al ritorno dalle passeggiate, è opportuno provvedere alla sua igiene, pulire soprattutto le zampe evitando prodotti aggressivi e quelli a base alcolica che possono indurre fenomeni irritativi.

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