Basta digitare in un motore di ricerca le parole “piscina bando deserto” per trovare in prima pagina risultati molto recenti che narrano di gestori che non si trovano. Eppure, fino a poco tempo fa le piscine erano considerate le opere più “calde” tra gli impianti sportivi. Che cosa sta accadendo?
L’analisi di questa situazione richiede una valutazione complessiva che tenga in considerazione molti aspetti, tra cui sicuramente gli effetti della crisi economica rivestono un ruolo molto importante. Per comprendere la situazione è necessario ripercorrere l’evoluzione che ha avuto la gestione degli impianti sportivi pubblici negli ultimi quindici anni, da quando la legge 289/2002 nel suo art.90 introdusse importanti agevolazioni per le società di gestione degli impianti sportivi. Tali agevolazioni, soprattutto di natura fiscale e lavoristico, consentirono di ridurre in maniera sensibile i costi di gestione delle società, spostando l’equilibrio economico-finanziario delle gestioni verso la redditività, a scapito del mancato versamento delle tasse e dei versamenti previdenziali ed assicurativi di tutto il personale necessario alla gestione.
Questo nuovo assetto delle società di gestione ha profondamente modificato il rapporto tra il gestore privato e l’Ente Pubblico, portando una attività che attrae da sempre un forte interesse dal punto di vista sociale ad avere una redditività economica che non aveva mai potuto raggiungere in passato. La concorrenza nelle procedure di affidamento ha fatto si che da una situazione in cui venivano erogati contributi pubblici per le gestioni si sia velocemente passati al versamento di un canone concessorio da parte dei gestori, fino ad arrivare alla realizzazione di importanti opere di manutenzione straordinaria ed alla costruzione in toto di nuovi impianti, con costi completamente a carico del privato.
Ma la garanzia degli investimenti è sempre rimasta in carico al proprietario degli immobili, cioè all’Ente Pubblico.
Va detto che queste esperienze di parternariato pubblico-privato non hanno avuto, complessivamente, esito positivo. Moltissime di queste operazioni non hanno retto agli effetti della crisi economica e sono fallite. Sono numerosi, sparsi per tutta la penisola, i casi di piscine pubbliche chiuse per le quali il Comune, subentrato nel finanziamento in quanto garante, continua a pagare le rate del mutuo della costruzione.
Ad oggi, l’articolo 180 del D.Lgsl. 50 ha definitivamente escluso la possibilità di ottenere garanzie pubbliche ad una operazione di concessione di costruzione e gestione. Senza questa possibilità, pochissimi istituti di credito accettano di prendere in esame interventi che comportano finanziamenti di centinaia di migliaia, se non di milioni, di euro. Anche perchè le società di gestione, costituite sotto la forma di società sportive, raramente presentano utili di bilancio (per evitare la tassazione) e risulta molto difficile giustificare piani economico-finanziari che riportano investimenti onerosi senza garanzie esterne alla società stessa.
Questa situazione rende praticamente impossibile alle società sportive la partecipazione ad una gara di concessione di tipo misto, che preveda la costruzione/ristrutturazione di un impianto e la successiva gestione.
Un Comune che si ritrovi oggi a prendere decisioni su un contratto in scadenza deve quindi fare riflessioni approfondite, prima di affrontare la gara. Da parte dei gestori rimane una non conoscenza delle nuove regole introdotte dal D.Lgsl.50 e molti pensano di poter affrontare una gara con le stesse modalità utilizzate in passato. Il consiglio è quindi quello di utilizzare sempre lo strumento della manifestazione di interesse, per verificare con precisione gli eventuali limiti alla partecipazione da parte delle imprese.
Nel futuro, molto probabilmente sarà necessario un profondo ripensamento del sistema dell’affidamento degli appalti nello sport nel suo complesso, poiché le modalità attuate fino ad oggi stanno sempre più dimostrando di essere diventate, nei fatti, inattuabili.
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