Come viene riportato dall’agenda dei lavori della Corte Costituzionale, “la Corte di cassazione (R.O. 59/2019) solleva, in riferimento agli articoli 3 e 27 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’articolo 4-bis, comma 1, della legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull’ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della libertà) nella parte in cui esclude che il condannato all’ergastolo, per delitti commessi avvalendosi delle condizioni di cui all’articolo 416-bis del codice penale, ovvero al fine di agevolare l’attività delle associazioni in esso previste, che non abbia collaborato con la giustizia nei termini di cui all’articolo 58-ter della legge n. 354 del 1975, possa essere ammesso alla fruizione di un permesso premio previsto dall’articolo 30-ter della medesima legge. Il giudice rimettente, in primo luogo, denuncia la disciplina censurata per irragionevolezza perché assimilerebbe condotte delittuose diverse tra loro, equiparando gli affiliati all’associazione mafiosa agli estranei responsabili soltanto di delitti comuni, aggravati dal metodo mafioso o dall’agevolazione mafiosa. Secondo la tesi del rimettente, poi, l’esclusione dell’applicazione del beneficio penitenziario in mancanza della scelta collaborativa, senza consentire al giudice una valutazione in concreto della situazione del detenuto, sarebbe in contrasto con la finalità rieducativa della pena, non tenendo conto della diversità strutturale, rispetto alle misure alternative, del permesso premio che è volto ad agevolare il reinserimento sociale del condannato attraverso contatti episodici con l’ambiente esterno. Il Tribunale di sorveglianza di Perugia (R.O. 135/2019) solleva analoga questione di legittimità costituzionale. L’articolo 4-bis, comma 1, della legge n. 354 del 1975 è censurato nella parte in cui esclude che il condannato all’ergastolo, per delitti commessi al fine di agevolare l’attività dell’associazione a delinquere ex articolo 416-bis del codice penale della quale sia stato partecipe, possa essere ammesso alla fruizione di un permesso premio previsto dall’articolo 30-ter della legge n. 354 del 1975. La norma censurata contrasterebbe con gli articoli 3 e 27 della Costituzione in quanto, sostiene il rimettente, l’elevazione della collaborazione con la giustizia a prova legale del venir meno della pericolosità sociale del condannato impedirebbe alla magistratura di sorveglianza di valutare in concreto l’evoluzione personale del condannato, così vanificando la finalità rieducativa della pena”.
Il divieto di concessione di benefici ai condannati per alcuni delitti
La disposizione censurata è, dunque, l’art. 4-bis O.P. (divieto di concessione dei benefici e accertamento della pericolosità sociale dei condannati per taluni delitti) ai sensi del quale “l’assegnazione al lavoro all’esterno, i permessi premio e le misure alternative alla detenzione previste dal capo VI, esclusa la liberazione anticipata, possono essere concessi ai detenuti e internati per i seguenti delitti solo nei casi in cui tali detenuti e internati collaborino con la giustizia a norma dell’articolo 58-ter della presente legge […]“.
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