Errata aggiudicazione dell’appalto ed avvenuta esecuzione dei lavori: obblighi risarcitori della stazione appaltante

Redazione 11/06/18
Di Maria Chiara Vallone Muscato

Commento alla sentenza del Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione siciliana 9 febbraio 2018, n. 78 (Pres. Deodato; est. Modica De Mohac).

La vicenda che ha dato luogo alla sentenza in commento nasce dall’espletamento di una procedura di gara avente ad oggetto l’affidamento di lavori per un importo complessivo inferiore ad un milione di euro. L’amministrazione appaltante aveva aggiudicato l’appalto in favore di un’impresa in possesso di un’attestazione SOA che risultava scaduta al momento dell’aggiudicazione provvisoria e che era stata rinnovata nelle more dell’aggiudicazione definitiva.

Il provvedimento di aggiudicazione veniva impugnato dinanzi al T.A.R. il quale giudicava legittimo l’operato dell’amministrazione la quale, pertanto, procedeva alla stipulazione del contratto a seguito del quale i lavori venivano integralmente eseguiti dalla medesima impresa.

Avverso la sentenza di primo grado veniva interposto appello da parte dell’impresa pretermessa dall’aggiudicazione: il relativo ricorso in secondo grado veniva accolto in applicazione del principio secondo cui «in materia di accertamento dei requisiti […], vige il principio secondo cui le qualificazioni richieste dal bando devono essere possedute dai concorrenti non solo al momento della scadenza del termine per la presentazione delle offerte, ma anche in ogni successiva fase del procedimento di evidenza pubblica e per tutta la durata dell’appalto, senza soluzione di continuità» (Cons. St., ad. plen., n. 8 del 2015).

L’accoglimento del gravame ed il conseguente annullamento dell’originaria aggiudicazione non consentivano tuttavia all’impresa ricorrente di realizzare i lavori perché al momento della sentenza di secondo grado il contratto risultava essere stato integralmente eseguito sulla base dell’originario – ed illegittimo – affidamento dell’appalto. In una tale situazione al giudice non è rimasto che disporre, in linea con i principi di pienezza ed effettività della tutela (Corte cost. n. 204 del 2004), il risarcimento del danno per equivalente.

Risarcimento del danno per equivalente, tra codice dei contratti pubblici e codice del processo amministrativo

La sentenza del C.G.A.R.S. per la Regione Sicilia costituisce un importante approdo, quasi un vademecum, in tema di risarcimento del danno per equivalente al quale la stazione appaltante è tenuta quando abbia illegittimamente disposto l’aggiudicazione nei confronti di un operatore economico diverso da quello poi individuato in sede giurisdizionale.

La tematica delle vicende amministrative conseguenti all’intervento del giudice è di fondamentale importanza perché in tale ambito si intersecano disposizioni di ordine sostanziale (prima fra tutte l’art. 32 del d.lgs. n. 50 del 2016 e, vigente il precedente Codice, gli artt. 10 e 11 del d.lgs. n. 163 del 2006), nonché disposizioni di spiccata natura processuale quali quelle contenute negli articoli compresi tra il 120 ed il 125 del Codice del processo amministrativo approvato con d.lgs. n. 104 del 2010. Alcune altre previsioni in tal senso si rinvengono, ancora oggi, anche in disposizioni “esterne” al Codice dei contratti pubblici che pure sono rimaste in vita.

L’ordito normativo, al di là degli specifici ambiti di disciplina, delinea una sorta di osmosi tra il giudice e l’amministrazione, nel senso che spesso le attività dell’uno sono fortemente avvinte a quelle dell’altra e viceversa. Si pensi ad esempio, per limitarsi alla fase cautelare del giudizio dinanzi al T.A.R., alla regola secondo cui in caso di ricorso proposto da una delle imprese il contratto non potrà essere stipulato fino al pronunciamento cautelare o alla sentenza di merito se resa in quella fase, nonché, per altro verso, ai limiti che il giudice della fase cautelare subisce in presenza di ragioni di urgenza rappresentate nel provvedimento di aggiudicazione avente ad oggetto i contratti di cui all’art. 9 del d.l. n. 133 del 2014. Altra disposizione di fondamentale importanza è quella che – salva l’applicazione degli artt. 121 e 123 c.p.a. – impedisce la declaratoria di inefficacia del contratto già stipulato in caso di accoglimento del ricorso nei casi di cui all’art. 125 c.p.a.

Come è noto, nelle ipotesi in cui all’accertamento dell’illegittimità dell’aggiudicazione disposta dall’amministrazione si giunga in un momento in cui il contratto non è stato ancora stipulato o, comunque, in un momento in cui le prestazioni oggetto della gara non sono state eseguite, il giudice pronuncia l’annullamento del provvedimento illegittimo ed il subentro dell’operatore economico che ha diritto all’aggiudicazione.

Ai sensi dell’art. 124 c.p.a., il giudice amministrativo, infatti, in caso di accoglimento della domanda di conseguire l’aggiudicazione da parte dell’impresa ricorrente, dichiara l’inefficacia del contratto e dispone il subentro del soggetto legittimato a conseguire l’aggiudicazione, previa verifica degli ulteriori requisiti da parte dell’amministrazione.

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