L’errore di fatto “revocatorio”, ai sensi del n. 4) dell’art. 395 c.p.c. deve rispondere a tre distinti requisiti e precisamente: a) derivare da una pura e semplice errata od omessa percezione del contenuto meramente materiale degli atti del giudizio, la quale, come già detto, abbia indotto l’organo giudicante a decidere sulla base di un falso presupposto di fatto, facendo cioè ritenere esistente un fatto documentalmente escluso o inesistente un fatto documentalmente provato; b) attenere ad un punto non controverso e sul quale la decisione non abbia espressamente motivato; c) essere stato un elemento decisivo della decisione da revocare.
Ed ancora, l’errore di fatto “revocatorio” deve oltre che consistere nell’affermazione, o supposizione, dell’esistenza, o inesistenza, di un fatto la cui verità risulti invece in modo indiscutibile esclusa o accertata in base al tenore degli atti e documenti di causa, essere decisivo e non cadere su di un punto controverso sul quale il giudice si sia pronunciato, presentare i caratteri della evidenza e della obiettività.
In breve, della questione di fatto non deve essersi mai discusso in giudizio e ciò deve aver influito sul suo esito. A sua volta, nella sentenza oggetto di revocazione, deve risultare una verità giuridicamente rilevante, contraria ad essa.
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