Esclusa la rilevanza penale per il reato di detenzione per la vendita di supporti privi del contrassegno SIAE se commesso prima del 2009

IL FATTO
M.B., cittadino senegalese, nel mese di gennaio 2004 viene fermato dagli agenti della polizia municipale del Comune di B. per un controllo. Il giovane stava transitando sulla pubblica via a bordo di un ciclomotore portando al seguito uno zaino. Insospettiti dal nervosismo del ragazzo, gli agenti delle forze dell’ordine chiedono a quest’ultimo di mostrare loro il contenuto dello zaino, dal quale emergono ben 148 copie di Compact disc musicali e 41 copie di DVD, sprovvisti del contrassegno Siae.
Il prevenuto viene pertanto denunciato in stato di libertà e si trova ad essere sottoposto a procedimento penale per il delitto di cui agli artt.171-ter, comma 1, lett.d) e comma 2, lett.a) della legge n.633/41, nonché per il delitto di ricettazione di cui all’art.648 Cp, per aver detenuto per porre in commercio oltre cinquanta copie di opere tutelate dal diritto di autore sprovviste del marchio SIAE e per aver acquistato o, comunque ricevuto, al fine di procurarsi profitto, le predette opere di provenienza delittuosa, perché non conformi alle prescrizioni legali.
In data 24 novembre 2009 il processo in primo grado si conclude con una pronuncia di assoluzione per mancanza della prova che il fatto sussiste, per entrambi i reati in contestazione (la motivazione della sentenza non è ancora depositata).
– Nella specie, lo scrivente, impegnato quale difensore dell’imputato dinnanzi al Tribunale di Rimini, ha formulato le proprie conclusioni – allegando altresì memoria difensiva – facendo leva sui principi di seguito riportati:
 
IN DIRITTO
La normativa in materia di diritto d’autore (Legge 22 aprile 1941, n.633 e succ.modif.), prevede all’art.171-ter, comma 1, lett.d) che la detenzione per la vendita (come contestato nel caso di specie) di qualsiasi supporto contenente fonogrammi o videogrammi di opere musicali, cinematografiche o audiovisive…od altro supporto per il quale è prescritta, ai sensi della presente legge, l’apposizione del contrassegno Siae, privi del contrassegno medesimo, viene sanzionat, se il fatto è commesso per uso non personale e, quindi a fini di lucro, con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da euro 2582 a euro15.493.
La predetta sanzione viene elevata da 1 a 4 anni di reclusione qualora detta detenzione illecita abbia ad oggetto oltre 50 copie o esemplari delle predette opere tutelate dal diritto d’autore (art.171-ter, comma 2, lett.a).
Senonché, la terza sezione della Corte di Giustizia della Comunità Europea ha recentemente emanato una nota sentenza (dell’8 novembre 2007, in caso Schwibbert), che ha profondamente segnato la nostra legislazione in tema di diritto d’autore, avendo stabilito perentoriamente che l’ormai noto dictum secondo cui la direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio del 22 giugno 1998, 98/34/CE, come modificata con direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 20 luglio 1998, 98/48/CE, che prevede una procedura d’informazione nel settore delle norme e delle regolamentazioni tecniche, deve essere interpretata nel senso che le disposizioni nazionali come quelle di cui trattasi, in quanto abbiano stabilito successivamente all’entrata in vigore della direttiva del Consiglio 28 marzo 1983, 83/189/Cee, che prevede una procedura di informazione nel settore delle norme e delle regolamentazioni tecniche, l’obbligo di apporre sui compact disc contenenti opere d’arte il contrassegno SIAE in vista della loro commercializzazione nello Stato membro interessato, costituiscono una regola tecnica che, qualora non sia stata notificata alla Commissione, non può essere fatta valere nei confronti di un privato.[1]
A tale decisione si è, successivamente, conformata la Cassazione con plurime sentenze di annullamento di condanne per i reati di cui agli articoli 171-bis, comma 1 e 171-ter, comma 1, lettera d) (previgente lettera c), della legge sul diritto d’autore.
In buona sostanza, le plurime e recenti decisioni della Suprema Corte hanno specificato, in maniera alquanto sibillina, che la sentenza della Corte di Giustizia CE dell’8 novembre 2007, Schwibbert, C-20/05 – secondo cui le disposizioni nazionali che hanno stabilito, successivamente all’entrata in vigore della direttiva comunitaria n.83/198/CEE, l’obbligo di apporre sui supporti contenenti opere d’arte figurativa il contrassegno Siae in vista della loro commercializzazione nello Stato membro interessato, costituiscono una vera e propria regola tecnica che, ove non notificata alla Commissione della Comunità europea dagli Stati membri, è innopponibile al privato – riverbera i propri effetti diretti anche nell’ordinamento italiano, con riferimento alla configurabilità dei reati di cui agli artt.171-bis e 171-ter della legge sul diritto d’autore, poiché il contrassegno Siae relativo a supporti non cartacei (Cd. Dvd, videocassette, musicassette), diversamente che per i supporti cartacei risulta introdotto nel nostro ordinamento solamente da norme successive all’approvazione della citata direttiva, e non comunicate, quanto meno sino alla data della sentenza della Corte di Giustizia CE, alla Commissione.
Solamente con decreto del 23 febbraio 2009, n.31, il Consiglio dei Ministri, in ottemperanza a tale direttiva, ha definitivamente emanato il Regolamento di disciplina del contrassegno da apporre sui supporti, ai sensi dell’articolo 181-bis della legge 22 aprile 1941, n. 633.
Dalla richiamata decisione comunitaria deriva pertanto che, in ordine ai reati di cui agli artt.171-bis e 171-ter della legge citata, relativamente ai supporti non cartacei privi del contrassegno Siae, se commessi prima del 23 febbraio 2009, deve concludersi nel senso che il fatto non sussiste, venendo in concreto a mancare un elemento materiale degli stessi.
In tale modo dunque, viene vanificata la rilevanza penale di tutte le fattispecie di reato che includevano come elemento costitutivo della condotta tipica il contrassegno Siae, con inevitabile influenza anche sulle disposizioni che regolano la misura patrimoniale della confisca.
Le plurime e recenti decisioni emesse dai giudici di legittimità, hanno ribadito tali principi in maniera ancora più energica, andando a chiarire che “Ai fini dell’integrazione dei reati per i quali l’elemento costitutivo è la mancanza del contrassegno Siae, è richiesta la prova, incombente sul pubblico ministero, che l’obbligo di apposizione del predetto contrassegno, da qualificare come regola tecnica ai sensi della normativa comunitaria nell’interpretazione delle Corte di Giustizia CE, sia stato introdotto dal legislatore nazionale anteriormente alla data del 31 marzo 1983, quale data di entrata in vigore della direttiva n.83/189/Cee, ovvero che, se introdotto successivamente, sia stato, in adempimento di detta direttiva, previamente comunicato dallo Stato italiano alla Commissione dell’UE; la mancanza di detta prova comporta l’assoluzione dell’imputato perché il fatto non sussiste” (v.per tutte: Cass.pen.sez.III, 12 febbraio-2 aprile 2008, n.13816, in fattispecie relativa a reato di cui all’art.171-ter, co.1, lett.d).
Alla luce delle precitate decisioni, il Tribunale non poteva che optare per una pronuncia assolutoria in favore dell’imputato in ordine al reato di cui all’art.171-ter, co.1 lett.d).
Quanto al reato di ricettazione ascritto al capo b) d’imputazione, essendo pacifico in dottrina e giurisprudenza che l’imputato di tale fattispecie delittuosa debba essere mandato assolto “perché il fatto non sussiste”, quando sia accertata l’inesistenza del reato presupposto, finanche quando sia dubbia la materialità del fatto costituente il reato presupposto, si è giustamente ritenuto dalla difesa che essendo venuto meno il reato sub capo a) d’imputazione (reato presupposto della ricettazione), ne deve giocoforza discendere l’inesistenza del reato sub capo b).
Il Tribunale di Rimini ha deciso per l’assoluzione dell’imputato anche in ordine al reato di ricettazione contestato al capo b) di imputazione.
Avv.Alessandro Buzzoni – Rimini

[1] L’articolo 8 della direttiva n.98/34/Ce, prevede infatti che gli Stati membri devono procedere a comunicare immediatamente alla Commissione ogni progetto di regola tecnica contemporaneamente al testo delle disposizioni legislative e regolamentari fondamentali, essenzialmente e direttamente in questione, qualora la conoscenza di detto testo sia necessaria per valutare la portata del progetto di regola tecnica. Ciò, evidentemente, affinchè la Commissione possa saggiare la compatibilità di dette norme con le regole che fissano la libera circolazione delle merci in ambito comunitario. Tutto ciò peraltro, non è avvenuto nell’ambito nazionale per ciò che concerne le precedenti regole sul contrassegno, avendo lo Stato italiano, prima del febbraio 2009, semplicemente provveduto a notificare una “bozza di regolamento”, norma secondaria e non primaria, non idonea ai fini indicati dalla normativa comunitaria.

Avv. Buzzoni Alessandro

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