- Obbligo di fedeltà coniugale e addebito della separazione: ricostruzione degli istituti
- Onere probatorio e nesso causale tra infedeltà e crisi coniugale
- La giurisprudenza in tema di ripartizione dell’onere probatorio
- Il caso della moglie fedifraga affetta da crisi psicologica anteriore al tradimento
1. Obbligo di fedeltà coniugale e addebito della separazione: ricostruzione degli istituti
Nei giudizi di separazione, l’inosservanza dell’obbligo di fedeltà coniugale costituisce una violazione particolarmente grave, la quale, nei casi in cui essa incida direttamente sulla determinazione della crisi coniugale assurge a circostanza idonea e sufficiente a giustificare l’addebito della separazione al coniuge responsabile. Ed infatti, l’art 151 comma 2 c.c. prevede che quando il giudice si pronunci sulla separazione personale, previa istanza di uno o di entrambe i coniugi, possa disporre l’addebito a quello tra i due che si sia reso autore di condotte violative dei doveri nascenti dal matrimonio. Orbene l’art 143 c.c. colloca l’obbligo reciproco alla fedeltà al primo posto nel novero dei doveri nascenti dal matrimonio; fanno seguito il dovere di assistenza morale e materiale, di collaborazione nell’interesse della famiglia e di coabitazione. Pertanto, la collocazione sistematica del dovere di fedeltà nell’impianto della norma de qua è sintomatica della gravità ricondotta alla sua violazione e della sua centralità nel concreto assetto dei rapporti coniugali.
2. Onere probatorio e nesso causale tra infedeltà e crisi coniugale
Tuttavia, ai fini della addebitabilità per infedeltà coniugale della separazione è necessario che sussista un nesso causale tra l’infedeltà stessa e la crisi coniugale in atto, ovvero è necessario che il tradimento sia stata la causa che abbia determinato l’insorgere della intollerabilità della convivenza. Detto in altri termini ai fini dell’addebito la crisi dell’unione coniugale deve essere riconducibile, secondo un nesso di causa-effetto, all’infedeltà coniugale
Di talché grava sul coniuge che formula la richiesta di addebito l’onere di provare il comportamento fedifrago ed il nesso causale tra la condotta e la determinazione della crisi matrimoniale. Nondimeno, è onere di chi eccepisce l’inefficacia dei fatti posti a fondamento della domanda, e quindi dell’infedeltà nella causazione della intollerabilità della convivenza, provare le circostanze sulle quali tale eccezione si fonda, vale a dire l’anteriorità della crisi coniugale rispetto ai fatti posti a fondamento della richiesta di addebito.
Ne discende che ove la crisi coniugale sia stata determinata da fatti antecedenti rispetto alla violazione del dovere di fedeltà da parte del coniuge inadempiente la separazione non potrà essere addebitata a quest’ultimo.
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3. La giurisprudenza in tema di ripartizione dell’onere probatorio
Sul tema è recentemente intervenuta la Suprema Corte di Cassazione, VI sez., con ordinanza n. 11130 del 06.04.2022, la quale aderendo ad un orientamento già accolto da una parte della giurisprudenza, tanto di merito quanto di legittimità, ha affermato che l’infedeltà coniugale non costituisce di per sé causa di addebito della separazione, rendendosi doveroso accertare se fosse già in atto una frattura del sodalizio coniugale imputabile ad altre cause. Pertanto l’indagine sull’intollerabilità della convivenza deve essere effettuata con una valutazione globale che tenga conto della comparazione delle condotte di entrambe i coniugi.
In tema di onere probatorio gli Ermellini con la pronuncia in oggetto, ripercorrendo il solco tracciato dall’orientamento maggioritario, hanno cristallizzato il principio di diritto in forza del quale grava sulla parte che richieda l’addebito in forza dell’infedeltà l’onere di provare la relativa condotta e la sua efficacia causale nel rendere intollerabile la prosecuzione della convivenza, mentre di converso è onere di chi eccepisce l’inefficacia dei fatti posti a fondamento della domanda, provare l’anteriorità della crisi matrimoniale all’accertata infedeltà.
Non può tuttavia sottacersi che non manca chi ritiene che invero l’infedeltà coniugale rappresenti una violazione la cui intrinseca gravità rende di per sé intollerabile la convivenza sulla base di un giudizio presuntivo che non necessità di alcuna prova in ordine alla sussistenza del nesso causale tra la condotta e l’evento a carico del richiedente l’addebito, essendo da ritenersi in re ipsa sia la sussistenza del nesso di causalità sia la presunzione di intollerabilità della convivenza che tale violazione determina. Dalla considerazione della intrinseca gravità della condotta fedifraga una parte della Giurisprudenza fa dunque discendere un’inversione dell’onere probatorio, con la conseguenza che nelle ipotesi di richiesta di addebito per violazione del dovere di fedeltà coniugale, grava sul richiedente esclusivamente l’onere di provare la condotta violativa dell’altro coniuge e non anche il nesso causale che si presume sempre sussistente sulla scorta delle considerazioni poc’anzi esposte. Di contro, secondo i fautori di tale teoria, è onere di quest’ultimo superare tale presunzione iuris tantum fornendo prova contraria che l’adulterio sopravvenne in un contesto familiare già affetto da cause di disgregazione dell’unità familiare imputabili ad altre ragioni.
4. Il caso della moglie fedifraga affetta da crisi psicologica anteriore al tradimento
Nel caso di specie la Suprema Corte era chiamata a pronunciarsi sul ricorso del marito il quale chiedeva, in riforma della sentenza impugnata, l‘addebito della separazione alla moglie sulla circostanza del tradimento dalla stessa perpetrato in suo danno. La Suprema Corte aderendo all’ orientamento della Corte di Appello di Roma ha invece escluso l’addebito in quanto dalle risultanze probatorie e dai fatti delineatisi nel corso del giudizio era emerso che la donna fosse affetta da una forte crisi psicologica determinata dall’aspro conflitto vissuto con il marito, tanto da essersi rivolta ad un centro antiviolenza nonché al servizio di psicologia clinica. Per gli Ermellini dunque il precario stato psicologico della donna era sintomatico dell’esistenza di una crisi matrimoniale antecedente al tradimento consumato ai danni del marito.
Pertanto, in linea con quanto espresso e discusso lungamente dalla giurisprudenza, il tradimento non costituirebbe di per sé causa della frattura coniugale, in tutti i casi in cui esso si cristallizzi come la conseguenza sopravvenuta nel rapporto di una crisi anteriore già in atto, fermo restando che grava sulla parte che richiede l’addebito l’onere di provare sia la condotta inottemperante dell’altro coniuge, sia il nesso di causalità tra la condotta fedifraga e la intollerabilità della convivenza; mentre di contro grava sulla parte che solleva l’eccezione l’onere di dimostrare l’anteriorità della crisi matrimoniale rispetto al tradimento.
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Note:
- Cass. sez. I, 18 settembre 2003, n. 13747; Cass. n. 279/2000; Cass. n. 14162/2001
- Cass. 14 febbraio 2012, n. 2059; Cass. 7 dicembre 2007, n. 25618; Cassazione n. 11516 del 23/05/2014
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