La domanda di risarcimento del danno da mancata aggiudicazione deve, quindi, essere respinta per mancanza di prova
Nello stesso senso si deve concludere anche per quanto concerne l’altra voce di danno pretesa, ossia il danno all’immagine (in senso conforme si veda Consiglio di Stato, sez. VI, 22 novembre 2010, n. 8123, secondo cui «la pretesa risarcitoria prospettata in termini di danno all’ immagine e alla reputazione esige un’allegazione di dati specifici da cui desumere il pregiudizio di carattere oggettivo subito e non può essere ritenuta sussistente in re ipsa nel comportamento contrario a norme del presunto autore dell’illecito, con l’automatico ricorso alla liquidazione equitativa»).
Alla luce dei principi appena esposti, e considerato che, nel caso concreto, gli elementi probatori rilevanti ai fini della determinazione del danno rientrano nella sfera di disponibilità della ricorrente (danneggiata), la quale, pertanto, agevolmente avrebbe potuto allegarli e produrli in giudizio, si deve giungere necessariamente alla conclusione della infondatezza della domanda risarcitoria in esame.
l’intervenuta esecuzione dell’appalto non rende di per sé inammissibile o improcedibile il ricorso tendente all’annullamento degli atti di gara, dovendosi ritenere persistente l’interesse all’accertamento dell’illegittimità degli stessi, poiché la relativa statuizione giurisdizionale assume rilievo nel giudizio risarcitorio diretto a ristorare il ricorrente del pregiudizio patito per effetto dell’illegittimità provvedimentale
Il principio ha trovato disciplina positiva nell’art. 34, comma 3, del codice del processo amministrativo, ai sensi del quale quando in corso di giudizio l’annullamento del provvedimento impugnato non è più utile per il ricorrente, il giudice accerta l’illegittimità del provvedimento se sussiste l’interesse ai fini risarcitori (T.A.R. Lombardia Milano, sez. III, 09 dicembre 2010 , n. 7487; T.A.R. Sardegna, sez. I, 10 marzo 2011, n. 203).
La causa quindi, deve proseguire al solo fine di verificare la fondatezza, o non, della domanda risarcitoria.
La domanda pone, innanzitutto, la questione della prova della quantificazione del danno, sia sotto il profilo del danno emergente che sotto quello del mancato guadagno. La ricorrente chiede, infatti, i “danni legati al mancato percepimento dell’utile derivante dalla esecuzione del contratto, nonché delle spese sostenute per la partecipazione alla procedura”; nonché il danno all’immagine.
Tuttavia, non è allegato alcun elemento di prova, riguardo ai danni asseritamente subiti
Passaggio tratto dalla sentenza numero 50 del 24 gennaio 2012 pronunciata dal Tar Sardegna, Cagliari
Questo Tribunale, muovendo dal pacifico presupposto che, in tema di risarcimento del danno per lesione di interessi legittimi, ricade interamente sul ricorrente l’onere della prova dell’esistenza e della quantificazione del danno (esigenza ribadita dall’art. 124 del c.p.a.: «…il giudice … dispone il risarcimento del danno per equivalente, subito e provato»), ha in primo luogo affermato come sia ammissibile sopperire a tale prova (con riferimento al lucro cessante), richiamando l’art. 345 l. 20 marzo 1865 n. 2248 all. F, «solo qualora il danno sia di ammontare incerto, ovvero, in relazione alla peculiarità del caso concreto, la precisa determinazione di esso sia difficoltosa, in quanto altrimenti il ricorrente potrebbe invocare il potere del giudice di liquidare il danno in via equitativa per sottrarsi al proprio onere probatorio» (così già in sez. I, 9 maggio 2006, n. 892). La statuizione è stata compiutamente argomentata con la successiva sentenza di questa Sezione (sez. I, 8 ottobre 2009 n. 1498) nella quale, «ricordato che in base al principio generale sancito dall’art. 2697 c.c, ai fini del risarcimento dei danni provocati da illegittimo esercizio del potere amministrativo, il ricorrente deve fornire in modo rigoroso la prova dell’esistenza del danno, non potendosi invocare il principio acquisitivo perché tale principio attiene allo svolgimento dell’istruttoria e non all’allegazione dei fatti (Cons. Stato, 6 aprile 2009 n. 2143, Cons. St., sez. V, 13 giugno 2008, n. 2967; sez. V, 7 maggio 2008, n. 2080; ad. plen., 30 luglio 2007, n. 10; sez. VI, 2 marzo 2004, n. 973)», si ammette «la possibilità di ricorrere alle presunzioni semplici ex art. 2729 c.c. per fornire la prova del danno subito e della sua entità» fermo restando l’ obbligo del ricorrente di «allegare circostanze di fatto precise». In tal senso, e condivisibilmente, è stato richiamato un consistente orientamento del Consiglio di Stato che considera infondata la domanda risarcitoria formulata in maniera del tutto generica, senza alcuna allegazione dei fatti costitutivi (Cons. Stato, 6 aprile 2009 n. 2143, Cons. Stato, sez. V, 13 giugno 2008, n. 2967; sez. IV, 4 febbraio 2008, n. 306).
Anche l’individuazione dei presupposti in presenza dei quali è possibile operare la valutazione equitativa dei danni è stata oggetto di esame da parte della Sezione, osservandosi come «pur apparendo certa l’esistenza dei danni lamentati (Cass. Civ., sez. I, 29 luglio 2009, n. 17677), non si può giungere alla loro liquidazione equitativa ai sensi dell’art. 1226 del codice civile (quando non ricorra) l’ulteriore presupposto richiesto dalla norma codicistica, costituito dalla relativa impossibilità di fornire la prova del danno da parte del ricorrente ( si veda sul punto Cass. Civ., sez. III, 15 maggio 2009, n. 11331)» (così sez. I, 30 dicembre 2009, n. 2682; ma, in precedenza, si veda nello stesso senso la citata sez. I, 8 ottobre 2009 n. 1498).
Alla luce dei principi appena esposti, e considerato che, nel caso concreto, gli elementi probatori rilevanti ai fini della determinazione del danno rientrano nella sfera di disponibilità della ricorrente (danneggiata), la quale, pertanto, agevolmente avrebbe potuto allegarli e produrli in giudizio, si deve giungere necessariamente alla conclusione della infondatezza della domanda risarcitoria in esame.
La domanda di risarcimento del danno da mancata aggiudicazione deve, quindi, essere respinta per mancanza di prova.
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