Esecuzione forzata: Corte di Cassazione Civile sez. III 30/6/2010 n. 15623
Esecuzione forzata – Provvedimento del G.E. di liberazione dell’immobile pignorato – Regime di impugnabilità – Tutela del terzo conduttore
quanto segue:
p.1. M.F. ha proposto ricorso per cassazione, ai sensi dell’art. 111 Cost., comma 7, avverso l’ordinanza del 21 febbraio 2008, con la quale il Giudice dell’Esecuzione presso il Tribunale di Terni, provvedendo nell’ambito del procedimento di esecuzione immobiliare, promosso dalla MPS Gestione Crediti Banca s.p.a. quale mandataria della Banca Monte dei Paschi di Siena s.p.a. a carico di P.A., dopo avere rilevato che nella procedura era stata emessa ordinanza di vendita e che gli immobili pignorati con essa erano occupati dal debitore esecutato e da M.F., richiamate le previsioni dell’art. 559 c.p.c., comma 2 (quanto alla possibilità di ordinare la liberazione immediata dell’immobile pignorato, una volta nominato il custode giudiziario, al fine di un più rapido svolgimento della procedura), dell’art. 560 c.p.c., comma 3 (quanto all’insussistenza di una posizione tutelata del debitore al materiale godimento dell’immobile), e dell’art. 2923 c.c., comma 3 (quale norma che renderebbe la locazione a canone vile non opponibile ai creditori), ha ordinato al debitore ed alla stessa M. – sul rilievo che la M. risultava conduttrice iure locationis a prezzo inferiore di oltre un terzo rispetto a quello di mercato – di consegnare immediatamente al custode giudiziario V.L. uno degli immobili pignorati, sito in (omissis), condotto in locazione dalla M..
Il ricorso è stato proposto dalla M. contro il detto custode giudiziario, che non ha resistito. p.2. Essendo il ricorso soggetto alle disposizioni di cui al D.Lgs. n. 40 del 2006 e prestandosi ad essere trattato con il procedimento di cui all’art. 380 bis c.p.c., nel testo anteriore alla L. n. 69 del 2009, è stata redatta relazione ai sensi di detta norma, che è stata notificata all’avvocato della parte ricorrente e comunicata al Pubblico Ministero presso la Corte.
Motivi della decisione
quanto segue:
p.1. Nella relazione ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., sono state svolte le seguenti considerazioni:
“(…) 3. – Il ricorso appare inammissibile, perchè non è condivisibile l’assunto della ricorrente, a giustificazione della sua proposizione, che il provvedimento impugnato avrebbe natura definitiva e decisoria, cioè carattere di sentenza in senso sostanziale agli effetti dell’art. 111 Cost., comma 7.
Invero, il provvedimento, al quale il Tribunale ha attribuito carattere esecutivo e, quindi, di titolo esecutivo, indipendentemente dall’esatto referente normativo che l’avrebbe giustificato – e segnatamente dalla possibilità di reputarlo astrattamente riconducibile all’art. 560 c.p.c., commi 3 e 4, siccome novellati dal D.L. n. 35 del 2005, art. 2, comma 3 sexies, convertito, con modificazioni, nella L. n. 80 del 2005, ed applicabile anche alle procedure in cui all’atto della sostituzione, efficace dal 1 marzo 2006, fosse stata già disposta la vendita – si pone nei confronti della qui ricorrente, alla quale è stato notificato in una ad un precetto di rilascio, come riferisce lo stesso ricorso, come un provvedimento contro il quale la stessa, quale soggetto direttamente destinatario dell’obbligo di rilascio con esso imposto, avrebbe potuto far valere le sue ragioni con il mezzo dell’opposizione all’esecuzione ai sensi dell’art. 615 c.p.c..
L’esclusione del rimedio di cui all’art. 111 Cost., comma 7, si deve spiegare per l’assoluto difetto nel provvedimento impugnato del carattere della definitività, cioè dell’attitudine a sacrificare la situazione giuridica soggettiva vantata dalla M..
Tale carattere, una volta considerato che il provvedimento è stato emesso senza il contraddittorio della M., risulta per ciò solo assente nel provvedimento, atteso che il contraddittorio potenziale del soggetto interessato, quale garanzia fondamentale espressione del diritto di difesa, dev’essere assicurato almeno in via potenziale in qualsiasi procedimento giurisdizionale, perchè dalla pronuncia del provvedimento che lo chiude (ritualmente o irritualmente che sia), emerga, in assenza di previsione di espressi rimedi impugnatori, quel definitivo sacrificio della situazione coinvolta che fa assumere al provvedimento il carattere della definitività riguardo ad essa e, quindi, il valore sostanziale di sentenza agli effetti dell’art. 111 Cost., comma 7 (che appunto richiede il requisito della definitività, oltre che quello della decisorietà, cioè dell’attitudine ad incidere su diritti soggettivi).
La situazione determinata dal provvedimento qui impugnato, sotto tale profilo, per quanto attiene alla M. (diversa cosa dicasi per il debitore, che quale parte del processo esecutivo, avrebbe potuto reagire per quanto lo concerneva con il mezzo dell’opposizione agli atti ai sensi dell’art. 617 c.p.c.), è quella di chi è minacciata di un’esecuzione per rilascio sulla base di un provvedimento giurisdizionale qualificatosi come titolo esecutivo e diretto nei suoi confronti, senza che l’accertamento in esso contenuto possa considerarsi indiscutibile da parte della medesima e ciò per il fatto che alla sua formazione essa è rimasta (anche solo potenzialmente) – non importa se legittimamente oppure no – del tutto estranea.
Onde, ai fini delle ragioni esperibili con il mezzo di reazione che ha il destinatario della pretesa esecutiva quando contesti il diritto da eseguirsi nell’an, cioè l’opposizione all’esecuzione, la sua tutela si sarebbe potuta estrinsecare in modo pieno, cioè senza il vincolo che, riguardo ai titoli esecutivi giudiziali formatisi con la garanzia del contraddicono, sussiste per la deducibilità di ragioni che avrebbero dovuto essere dedotte nell’ambito del processo che ha portato alla formazione del titolo.
Poichè in questo caso processo non v’è stato, il vincolo non esiste.
L’azione di opposizione all’esecuzione nella specie si sarebbe potuta sviluppare non diversamente che contro un titolo di formazione stragiudiziale, cioè nel modo di una querela nullitatis. E, quando si reagisce contro titoli esecutivi anche giudiziali alla cui formazione il soggetto esecutato non ha avuto modo di partecipare nemmeno potenzialmente, il modo di reazione si deve individuare nell’opposizione all’esecuzione”. p.2. Il Collegio condivide le argomentazioni e le conclusioni della relazione, alle quali, del resto, non sono stati mossi rilievi.
Il ricorso è, pertanto, dichiarato inammissibile.
Non è luogo a provvedere sulle spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Nulla per le spese del giudizio di cassazione
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