Esegesi dell’atto di citazione : analisi scientifica conclusiva delle norme sul contenuto, notifica e iscrizione a ruolo

1.1 Introduzione

Nel vigente ordinamento giuridico italiano, in sede di processo ordinario di cognizione [1], la domanda giudiziale si propone, in base al disposto dell’art.163 c.p.c.[2],tramite citazione a comparire a udienza fissa.Da quanto sin qui brevemente introdotto, si evince che l’atto di citazione evocato nell’istituto del 163 c.p.c e (notificato secondo le prescrizioni normative vigenti)  costituisce geneticamente l’inizio del processo  civile  , la cui notificazione ( da parte dell’attore ) al soggetto/i interessati produce gli effetti sostanziali e processuali della Litispendenza  .Quindi, è possibile , in questa sede, in via preliminare, affermare che la pendenza della causa introdotta dall’atto di citazione ha luogo dal momento della notifica dello stesso alle parti interessate, pertanto la mera redazione dell’atto in parola , il relativo invio alle parti interessate, costituisce  soltanto il momento procedurale originario, al quale , in caso di avvenuta notificazione, segue ipso iure l’inizio della fase processuale.Nel corso dell’esegesi in commento l’autore si occuperà dell’analisi scientifica  del macro istituto del 163 c.p.c analizzandone la morfologia ,evidenziandone i punti salienti nell’intento di accompagnare l’inteprete nella conoscenza e/o approfondimento dell’istituto de quo.

1.2 Analisi scientifica dell’atto di citazione

Tutto ebbe inizio dall’art.163 c.p.c “ contenuto della citazione” , che, come si è precedentemente detto, costituisce in sede giurisdizione civile generalizzata l’atto iniziale della fase processuale.Nella specie, la scelta dettata dal legislatore , in materia di processo civile ordinario , è quella dell’atto di citazione “ad udienza fissa”, su espressa indicazione dell’attore, il quale vi provvede a norma dell’art.163 bis c.p.c[3] con la diretta conseguenza che è lo stesso attore a determinare, in prima istanza, l’udienza di prima comparizione delle parti a prescindere dalle conseguenti determinazioni del magistrato titolare della causa ,sulla sua effettiva disponibilità al giorno prestabilito[4] dalla parte attrice.La struttura dell’atto di citazione si compone di due parti funzionalmente indipendenti ,le quali formano l’asse portante della struttura stessa: 1) l’identificazione della domanda di parte attrice ( c.d edictio actionis ) 2) la vocatio in ius, la quale svolge la funzione di chiamata processuale, ovvero  di provocare la chiamata in giudizio del convenuto all’udienza di prima comparizione fissata dall’attore[5]. Sin da una prima lettura dell’art.163 c.p.c. si percepisce nel suo esordio l’imperativo di indicare , nell’atto in esame, il tribunale davanti al quale la domanda è proposta; nella clinica processuale applicata[6], l’individuazione specifica dell’ufficio giudiziario competente alla trattazione della causa è rimessa alle norme sulla competenza[7] . La conseguenza dell’omissione o dell’indecifrabilità del dato in commento, è specificata dall’art.164 c.p.c il quale prescrive la nullità della citazione [8]; in ordine all’indicazione nell’atto in esame, dell’ufficio giudiziario competente , si fa notare che l’indicazione generica del tribunale del luogo ( in luogo dell’ufficio /sezione giudiziaria competente) non determina la nullità dell’atto , bensì potrà essere ascritta come un’irregolarità .Infatti come è noto, in base al costante indirizzo di legittimità , la ripartizione interna delle cause tra la sede centrale del tribunale e le relative sezioni distaccate , prevista dall’art.48-quater R.D.30.1.1941 ,n.12[9], introdotto dall’art.15, D.lgs.19.2.1998, n.51 , prescrive una ripartizione tra gli affari tra distaccamenti appartenenti ad un unico ufficio giudiziario al fine di massimizzare la rispettiva organizzazione interna in ragione di una migliore fruibilità del sistema giudiziario;pertanto la violazione del suddetto schema organizzativo non è motivo di nullità dell’atto in commento ,bensi costituisce un’irregolarità procedurale che trova un valido rimedio tramite il provvedimento ordinatorio di trasmissione degli atti al presidente del tribunale al fine di provvedere , tramite decreto ( non impugnabile) a norma dell’art.83 -ter disp.att c.p.c  e dell’art.128  D.lgs. n.51 . sopra menzionato.Come si è accennato precedentemente, la morfologia dell’atto di citazione si compone di due zone indipendenti ( edictio actionis e vocatio in ius ); l’esegesi che si intende proporre in questa sede cominicia necessariamente con l’analisi scientifica della zona morfologica dell’istituto in commento, che svolge alla funzione di identificazione delle parti di chiamata in giudizio del convenuto , la vocatio in ius. Tale area , riveste un ruolo fondamentale per l’esistenza stessa dell’atto in commento ; l’atto de quo è composto infatti in primis  dal prologo introduttivo (in cui si rinvengono i primi substrati evocativi sopra richiamati) al cui interno troviamo necessariamente l’indentificazione dell’attore nelle declinazioni formali fermamente prescritte  dall’articolo in commento al comma II, il quale sembra richiamare l’attenzione dell’interprete  sulla perentoria importanza degli annunciati requisiti identificiativi la cui mancanza costituirebbe in radicela negazione dell’atto stesso.L’atto in esame, dovrà infatti essere costituito da quegli elementi strutturali ( tra i quali vi sono :il nome, il cognome, la residenza, e il codice fiscale[10] delle parti ) assolutamente necessari per sussistenza e soprattutto per lo svolgersi della sua funzione normativamente determinata e determinante.La norma del comma II prosegue col suo tono imperativio ordinando l’indicazione delle persone che rispettivamente li[attore e convenuto] rappresentano [11]o li assistono.Il comma 3 dell’articolo in esame richiama l’attenzione dell’interprete sulla determinazione dell’oggetto della domanda.La domanda giudiziale, a livello atomistico , si contraddistingue come il nucleo centrale della materia in oggetto dell’analisi in svolgimento, l’essenza dell’atto stesso, senza la quale viene meno la sua innata ragion d’essere, quella richiesta , appunto , formulata da parte attrice , finalizzata all’ottenimento di un pronuciamento giudiziale sui fatti storici  e di conseguenza sugli annunciati diritti violati[12], costitutivi la domanda in commento . Il nucleo materiae in esame, si compone di due micro settori spesso adiacenti l’uno all’altro: a) il petitum immediato che rappresenta specificatamente il provvedimento giudiziale ( il quale nel processo di cognizione assume le forme della sentenza di condanna , della sentenza costitutiva , sentenza di mero accertamento) che la parte attrice chiede al giudice adito .

L’aggettivo “immediato” si riferisce appunto all’obbligata corrispondenza tra la richiesta e la pronuncia del provvedimento con essa richiesto; b) il petitum mediato è , come suol dirsi “ il bene della vita” , in altri termini , esso rappresenta in specie quello che in senso generale l’attore si prefigge di ottenere tramite le determinazioni dell’organo giudicante[13] .L’istituto dell’art.163 c.p.c. al comma IV introduce una tematica tanto fondamentale quanto dibattuta attinente l’esposizione dei fatti e degli elementi di diritto posti a fondamento della domanda  con le relative conclusioni;il tema sin qui introdotto  prende il nome di causa petendi . In ordine all’allegazione in sede di domanda giudiziale dei fatti e degli elementi di diritto e delle conseguenti conclusioni , necessita in questa sede approfondire sotto un profilo semantico la distinzione tra diritti “eterodeterminati” e diritti “autodeterminati”. In base alla suddetta distinzione, vi sono potenziali azioni giudiziarie ad oggetto la tutela di situazioni giuridiche  che per loro conformazione genetica non necessitano ( per la loro identificazione ) della relativa indicazione di fatti costitutivi proprio perché essi ( diritti autodeterminati[14] ) sono geneticamente determinati dal loro contenuto ,senza la necessita di indicare ulteriori titoli giustificativi dell’esistenza dei diritti di cui si chiede la tutela giudiziale.Diversamente, invece, in sede di domanda giudiziale ad oggetto situazioni giuridiche eterodeterminate occorre indicare i fatti costitutivi della pretesa giudiziale ,in tal caso la parte attrice deve aver cura nell’indicare precipuamente tutte le circostanze fattuali che hanno generato il diritto oggetto della tutela in commento proprio perché a differenza dell’ipotesi precedente i diritti “ eterodeterminati” non sono facilmente individuabili in quanto la loro genesi si manifesta con lo svolgersi ordinato del  fatto storico il quale  potrà essere giuridicamente ammissimibile dal nostro ordinamento giuridico  come anche inamissibile e quindi antigiuridico.Quel che qui è importante comprendere è la caratteristica privativa di autogenesi del diritto eterododeterminato e  la necessaria conseguenza di una ricerca istologica di chiari elementi costitutivi ( tramite l’iindividuazione dei fatti storici costitutivi )  il diritto di cui si afferma l’esistenza e la conseguente richiesta di tutela di matrice giudiziaria. Quanto appena affermato,assume pregnanza essenziale in sede di processo  ma non in sede di citazione, proprio perché, l’istituto della citazione , essendone la sua la materia  novellata dalla L.353/90, in specie non dà  nessuna importanza alla differenziazione genetica tra diritti auto e etero determinati, ma sul punto, prescrive che la mancanza di fatti costitutivi ex.art.163 comma IV c.p.c determina sempre la nullità dell’atto stesso.Da quanto sin qui enunciato, si assume che l’atto di citazione svolga ( in ottica di un conseguente processo ) una funzione “statica” finalizzata alla determinazione sostanziale dell’oggetto della pretesa giudiziale e del futuro eventuale giudicato, ma allo stesso tempo svolge una funzione “dinamica” diretta a provocare il contraddittorio tra le parti sulle questioni in oggetto e non da meno, finalizzata a consentire al convenuto lo svolgimento di una strategia difensiva basata su tutte le allegazioni fattuali di parte attorea .Da ultimo , e non meno importante, gli effeti dell’allegazione in parola appaiono , per chi scrive, determinanti per l’organo giurisdizionale adito al fine di richiedere alle parti eventuali chiarimenti sugli stessi e di indicare le questioni rilevabili d’ufficio per le quale ritiene opportuna la trattazione.[15] Pertanto, sulla base delle suddette allegazioni ed eventuali conseguenziali enunciati chiarificatori, il convenuto potrà organizzare al meglio la propria strategia difensiva e le proprie controdeduzioni in sede istruttoria.Quanto sin qui detto è specificatamente riferito alle allegazioni fattuali, ovvero all’indicazione ( in sede di redazione della domanda giudiziale) dei fatti storici posti dalla parte attrice a fondamento della stessa; diversa valutazione è da farsi  in ordine all’indicazione ( all’interno dell’atto in parola)  delle norme che si assumono violate quale corollario normativo di riferimento giustificativo della pretesa giudiziale di parte attrice.Sin da subito è bene sgombrare il campo da inutili riverberi di epoche giuridiche assai remote, affrontando in questa sede il tema innescato dal principio giuridico jura novit curia che ancora oggi sembra essere la linea guida principale perseguita dalla giurisprudenza maggioritaria al fine di stabilire se costituisce un obbligo per le parti ( rispettivamente in sede di atto di citazione e di comparsa di risposta ) allegare i dati normativi al contesto fattuale di riferimento. Nella specie, la suddetta giurisprudenza , si è espressa molto chiaramente affermando che << il giudice ha il potetre-dovere di qualificare giuridicamente l’azione e di attribuire al rapporto dedotto in giudizio un nomen juris diverso da quello indicato dalle parti , purchè non sostituisca la domanda proposta con una diversa, modificandone i fatti costitutivi o fondandosi su una realtà fattuale non dedotta e allegata in giudizio tra le parti, essendo quest’ultimi a dovere essere puntualmente indicati>>[16]Dall’assunto della Suprema Corte discende che le parti nei loro atti introduttivi e di risposta giudiziali possono omettere l’indicazione delle norme che si assumono violate, ciò in relazione al principio giuridico , di medievale memoria, sopra richiamato ( jura novit curia ) che innalza l’organo giudicante a supremo giurisperito in riferimento alla domanda giudiziale a lui pervenuta.Svolta questa necessaria quanto evocativa premsessa, è opportuno  in questa sede apportare dei contributi scientifici chiarificatori sulla tematica in commnento cercando, con le opportune cautele, di ridimensionare  la portata assolutistica che sembra permeare il citato assunto giurisprudenziale sopra richiamato. La mia analisi scientifica del tema sin qui richiamato inizia con un preciso riferimento al dato materiale giuridico ( art.163 comma IV c.p.c), il quale prevede che l’atto di citazione oltre agli elementi di fatto edificanti l’azione giudiziale debba comprendere anche gli elementi di diritto , i quali , assieme ai primi, sono assolutamente necessari per una solida struttura della domanda stessa.Data la formula dell’art. 163 comma IV c.p.c ne discende che la struttura dell’atto in parola debba essere costituita anche dall’indicazione delle norme che le parti presumono violate , pertanto la loro mancanza , a livello di scienza giudirica , negherebbe in specie l’esistenza dell’atto stesso.Da quanto appena affermato discende che, in ottica puramente scientifica , non può esistere un attto di citazione in mancanza dei suoi elementi costitutivi previsti dalla formula dell’art.163 c.p.c. pertanto , in relazione alle allegazioni normative , chi scrivie , ritiene che le stesse debbano essere necessariamente indicate nell’atto in parola e che in specie rivestano un’importanza costitutiva propria dell’atto de quo.Pertanto , per le superiori considerazioni, il principio jura novit curia non deve essere inteso in sede di clinica processuale applicata quale linea guida operativa da seguire nei casi su indicati, come ho ampliamente dimostrato nell’esegesi sin qui compiuta; la formula del 163 c.p.c. è chiarissima, e si ripete scientificamente tutte le volte in cui ci si appresta a redigere l’atto oggetto della stessa, quindi si mostra all’interprete quale invalicabile struttura, densa di stratificazioni normative che non consentono nella clinica applicata di minarne la loro primaria funzione.Da ciò discende che, l’organo giudicante adito, non può sic et simpliciter sostituirsi alla parte istante e integrare l’atto in parola con i contenuti normativi che la parte stessa aveva l’obbligo di inserire invocando il suddetto principio ogni volta che tale requisito risulti mancante, o incompleto o erroneamente specificato dalle parti.Quel che, in questa sede ,è necessario comprendere è  che l’opera compensativa dell’organo giudicante ( in fase di accetazione e successiva /eventaule trattazione della causa introdotta dall’atto in commento ) o addirittura costitutiva non è prevista dalla formula del citato art.163 , il legistalore codicistico nella struttura dell’istituto della citazione ha precipuamente previsto che l’attore sia l’unico autore della stessa, a lui e solo a lui ( inteso come parte giudiziale) è demandato il compito ( seppur complesso ) di determinare i contenuti e i relativi confini fattuali e normativi della domanda in oggetto proprio perche l’atto giudiziale di citazione è composto imprescindibilmente anche e soprattutto dalle suddette allegazioni al fine della sua materiale esistenza.Quanto appena descritto si scontra con la formula dell’art.164 c.p.c.[17] che , in base alle dimostrazioni sin qui evidenziate, risulta essere non conclusivo ;infatti , all’inteprete non può sfuggire ,  il passaggio mancante in relazione al comma IV del suddetto articolo quando omette di inserire all’elenco di nullità ivi previsto l’allegazione dei dati normativi fondanti la pretesa giudiziale in parola.Sul punto, già da una prima analisi algebrica[18] della sequenza normativa  del comma IV  ex.art.164 c.p.c si percepisce la mancanza dell’ultimo fattore ( sostanzialmente determinante ) per la corretta riproduzione della formula suddetta .Da ciò , in sede di ricerca scientifica , assume pregnante rilevanza la contraddizione del tutto evidente già sotto un profilo ontologico , tra il micro istituto del 163 c.p.c. e il suo  corrispettivo del 164 c.p.c. il quale, al comma IV,  appare privato di una seguenza normativa assolutamente determinante per la puntuale e corretta applicazione in specie della formula ( matematicamente ineludibile ed inscindibile )[19] contenuta nell’art.163 c.p.c.Questa asimmetria normativa determina , in sede di clinica processuale applicata, un over step giurisdizionale i cui sintomi si esplicano con le innumerevoli compensazioni/integrazioni di matrice giudiziaria sui mancanti contenuti normativi dell’atto de quo ( anche se ad avviso dello scrivente, sotto un profilo meramente scientifico-sostanziale non puo esistere citazione in mancanza dei requisiti specificatamente previsiti dall’art.163 c.p.c.). A questa grave lacuna legislativa  non può porre rimedio nemmeno l’istituto del 156 c.p.c., il quale al comma III , tramite una disposizione compensativa , assegna una valenza costitutiva e risolutrice alle citazioni colpite da nullità se queste raggiungono lo scopo a cui erano destinate. Anche qui , il legislatore codicistico  omette di considerare il fatto che  non esiste citazione, senza esatta attuazione del 163 c.p.c. .Pertanto, in ordine allo scopo dell’atto in commento, non si può asserire o anche semplicemente presupporre  ( in fatto e in diritto ) che la funzione ultima dell’atto in esame, sia solo quella di far conoscere al convenuto la chiamata in giudizio e che tale funzione si dica soddisfatta nel caso di avvenuta costituzione del suddetto convenuto.Come  ho avuto modo di spiegare nei superiori ragionamenti, geneticamente l’atto di citazione svolge la doppia funzione di richiesta giudiziale e di chiamata in giudizio;la natura bivalente dello stesso non può essere in alcun modo rinnegata o elusa , senza negarne in origine  la sua essenza . Da quanto appena affermato , si assume che l’atto in esame , oltre ad esperire la rinomata funzione di chiamata in giudizio del convenuto, al contempo adempie al suo genetico scopo operativo di istanza giurisdizionale.Pertanto, l’atto di citazione è ab origine prodromico, per quel che qui interessa, all’instaurazione del processo civile ordinario ; esso è uno e bivalente allo stesso tempo, atomisticamente indivisibile, imprenscidibilmente destinato a ricoprire il ruolo di assoluto protagonista materiale del contezioso civile ( in senso generelizzato), perché proprio dall’atto in parola prende inizio la litispendenza ; sulle richieste in esso contenute l’organo giurisdizionale deve pronuciarsi sugli elementi di fatto e di diritto , allegati all’atto in commento, l’attore fonda la sua istanza di giustizia,e da ultimo ( solo in termini di logica espositiva) il convenuto svolge le sue difese criticando le ragioni accusatorie di parte attrice anche tramite la proposizione in sede di costituzione , di domanda riconvenzionale[20] . Conclude la sequenza prescrittiva dell’articolo in commento il comma IV  il quale impone[21] all’istante di indicare ,a seguito delle già descritte allegazioni fattuali e normative, le conclusioni dell’atto stesso .Tali conclusioni altro non sono che enunciati finalistici in gran parte tesi a riassumere le richieste già enunciate nella domanda giudiziale a cui possono aggiungere ulteriori richieste subordinate sempre di parte attrice.A conclusione del suddetto ragionamento, si può affermare che le considerazioni sin qui prodotte svolgono una funzione di richiamo al già citato petitum mediato , ovvero alla concreta istanza giudiziale, promanata dall’attore all’organo giurisdizionale adito.Il comma V del 163 c.p.c. attiene invece all’allegazione da parte attorea dei mezzi di prova e dei documenti offerti in comunicazione( quest’ultimi saranno materialmente allegati all’atto in esame solo nella successiva fase di costitutzione ) .Nella specie, la parte attrice, deve indicare nell’atto in commento i mezzi probatori del fatto storico indicato a fondamento della domanda giudiziale; sul punto è opportuno ricordare all’interprete che i mezzi probatori indicati nell’atto de quo sono quelli tipici del processo civile in senso lato , quali  la prova documentale, la testimonianza, la confessione, il giuramento, l’ispezione, e anche atipici, quale la consulenza tecnica sia di matrice giurisdizionale CTU ( nel caso che ci occupa esperita necessariamente in un procedimento  precedente ), sia di origine privatistica CTP.Fatta questa doverosa speficicazione , giungiamo al successivo comma VI il quale prescrive che in capo alla parte attrice l’obbligo di indicare nell’atto de quo il nome e il cognome del procuratore e l’indicazione della procura nell’ipotesi in cui questa sia stata già rilasciata.Sul punto , è necessario specificare che l’atto di citazione può anche essere privato della procura al difensore [22] la quale potrà essere prodotta successivamente ma sempre in tempi anteriori alla  costituzione della parte rappresentata.Sul punto, chi scrive ritiene di accogliere con sufficiente positività , in termini di clinica processuale applicata, gli orientamenti della Suprema Corte di cui la n.20934  del 12.10.2011 a sezioni unite, la  n.23234 del 15.11.2016 la quale ha ribadito che il codice di rito prevede il rilascio da parte attorea della procura al difensore con effetti retroattivi, quindi anche dopo la notificazione dell’atto sin qui richiamato, essendo sufficiente in specie, al fine di sanare l’originario difetto di rappresentanza, che sia conferita appunto anteriormente alla costituzione della parte rappresentata. Prosegue l’organo di legittimità, nel suo giudizio, affermando che la procura dovrà avere la forma di atto pubblico o scrittura privata autenticata, oppure potrà essere apposta in calce o a margine dell’atto giudiziale[23].Al n.7 dell’art.163 c.p.c è disciplinata la vocatio in ius alla cui definizione scientifica si rimanda alle spiegazioni superiori.Per quanto attiene al suo profilo applicativo della stessa , dalle disposizioni del suddetto art.163 si assume che l’atto di citazione debba contenere l’indicazione del giorno dell’udienza di comparizione; l’invito al convenuto di costituirsi nel termine di venti giorni prima dell’udienza indicata a norma e nelle forme previste  dell’art.166 c.p.c., quindi in dieci giorni[24] prima in caso di abbreviazione dei termini , e a comparire, in sede di udienza specificatamente indicata dalla parte attrice dinanzi all’organo giudicante adito ai sensi dell’art.168 bis c.p.c.[25] con l’avvertimento che la costituzione travalicatrice dei termini sopra enunciati implica le decadenze prescritte dagli artt. 38 e 167 c.p.c.[26]

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1.3 Critiche alla “ragion pura”  dell’art.164 c.p.c.

Siamo giunti quindi al punto nodale della presente trattazione scientifica , ovvero l’assimmetria normativa che intercorre tra il già descritto e dibattuto art.163 c.p.c. e l’istituto di contestuale applicazione dell’art.164 c.p.c.La mia analisi critica del suddetto fenomeno origina dall’assunto scientifico tipico del 163[27] , ovvero dalla definizione scientifica della citazione che altro non è che il contenuto integrale della formula dell’articolo sopra richiamato.Pertanto, dato per acquisito il dato giuridico della formula del 163 c.p.c. , possiamo , anzi, dobbiamo in questa sede affermare scientificamente  che non può aversi atto di citazione in mancaza di tutti i termini previsti dall’articolo in commento[28], è proprio in questo punto che si percepisce l’asimmetria normativa sopra enunciata; infatti , l’interprete in sede di clinica processuale applicata deve necessariamente fare riferimento al successivo 164 c.p.c. per operare una prognosi su determinate questioni di nullità dell’atto de quo.Nella specie, l’interprete si trova davanti un bivio legislativo , provocato dall’erronea costruzione e impostazione del suddetto   164 ad opera del legilsatore codicistico, il quale ,  privato del necessario  buon senso  e del richiesto ordine logico , ha creato un istituto giuridico che, nella specie ,è una negazione materiale dell’istituto del 163 ( stesso codice) . Infatti , se mettiamo a confronto , al microscopio giuridico  i due istituti , ci accorgiamo della loro incompatibilità anatomica ; sono invero strutturati con morfologie tra loro respingenti, assimetriche al punto che , se analizzati congiuntamente, sviano l’interprete dalla realistica percezione del fenomeno della citazione nel suo assetto molecolare definito compiutamente dalla formula del 163 c.p.c.Proprio il contenuto atomistico dell’articolo,   sopra richiamato, ci conferma che il contenuto materiale dello stesso , non è soggetto , in termini di efficienza applicativa, ad un uso pratico in costanza di reagenti normativi ( come l’art.164 c.p.c.) che ne integrino le ( mal supposte da gran parte dei giurisperiti ) carenze genetiche.

Quel che in questa sede , voglio specificare, alla luce delle evidenze scientifiche sin qui dimostrate, è la presenza , nella materia della citazione ex.art.163 c.p.c. di specifici elementi di certezza che lo rendono ab origine totalmente applicabile, senza l’intervento derubricante del 164 il quale, ad avviso di chi scrive, poteva avere un senso scientificamente compiuto se integrato alla formula del 163 , ma che, posto dal legislatore nei termini che ci sono noti, rappresenta un ibrido materiale ,volto ad minare la portata applicativa totalizzante del suddetto 163.Per quanto appena affermato, appare dunqe di incontrovertibile valenza semantica, il richiamato disposto normativo dell’articolo in commento , il quale sin dalla littera legis [29], ci avvisa della sua perentoria natura applicativa , la quale, proprio dalla suddetta analisi affrontata e largamente esplicata in termini atomistici , appare repulsiva  ad integrazioni normative mal codificate come il vigente art.164 c.p.c.Per chi scrive, nel tessuto anatomico del 163 c.p.c si rivengono infatti chiari elementi di perentorietà normativa che devono indurre in modo inequivoco l’inteprete a ritenere che l’atto di citazione si componga di tutti gli elementi qualificanti propri dell’articolo in commento , non a caso il legislatore del codice sopra richiamato, inserisce nel 163  delle espressioni verbali( quali : “deve contenere…”)tipiche di un azione di comando, di una valenza prettamente perentoria , finalizzate a indirizzare l’inteprete ad un univoca ed integrale applicazione dell’istituto de quo;pertanto , in ordine alla  nullità o della sua materiale esistenza) dell’atto di citazione , si deve assumere che è nullo ogni atto finalizzato agli scopi in precedenza specificati , che non abbia tutti i requisiti inequivocabilmente previsiti e sanciti dalla formula del 163 c.p.c. senza alcun riferimento all’istituto del 164 proprio perché i termini verbali perentori usati dal legislatore ( nell’istituto dell’art.163 c.p.c.) )  impongono all’interprete un significato totalizzate della citazione stessa, avulsa da ogni altra possibile integrazione/negazione normativa anche se attualmente vigente( vedi art.164 c.p.c.)  Per quanto sin qui asserito e apliamente esplicato, discende che la struttura della citazione ( alla luce della lettura congiunta degli articoli sin qui richiamati) si mostra pervasa da antinomie degradanti[30] , nella specie causate dalla formula incompleta e mal congeniata dell’art.164 c.p.c. il quale nel suo assetto ontoligico rappresenta una negazione degli effetti naturalistici della primaria norma del 163.In ordine alla disciplina normativa della nullità , si rimanda dunque alla lettura del 164 c.p.c. [31] dal quale l’inteprete potrà percepire le gentiche contraddizioni sin qui richiamate. A conclusione dei ragionamenti sopra esposti, chi scrive ( nell’affermare l’evidenze scientifiche sin qui enuciate il cui risultato operativo conferma le tesi già esposte dall’autore nei capi precedenti )critica aspramente l’istituto del 164 ( per le suddette evidenze scientifiche sin qui esposte) ,ma non ne rinnega la sua esistenza;vero è però che , la sua formula genetica  che il legislatore ha trasportato nel codice di rito è totalmente errata, inserita in un contesto normativo già finito ( vedi la formula del 163 c.p.c. ) che non aveva e non ha bisogno di integrazioni formali ( le quali in sede di clinica processuale applicata per mezzo della giurisprudenza  provacano un’irreparabile confusione all’operatore del diritto e di tutti i soggetti in essa richiamati )   al fine di una sua completa definizione giuridica.

1.4 Effetti materiali  in sede di Clinica processuale applicata

Esautorato l’esame obiettivo, conseguenziale all’analisi scientifica della materia in esame, ( quindi dell’atto di  citazione) , chi scrive si appresta ad enunciare gli effetti processuali e sostanziali della stessa, i quali circoscrivino i confini operativi della litispendenza.Gli effetti processuali o di clinica processuale applicata dell’istituto de quo attengono , primariamente alla c.d. prorogatio jurisdictionis prevista dall’art.5 c.p.c[32]. in base alla quale si assume che la giurisdizione e la competenza si determinano in ordine alle norme vigenti al momento stesso della proposizione dell’atto in commnento negandosi, in specie , ogni eventuale e ulteriore effetto applicativo prodotto dai mutamenti della materia o delle condizioni di fatto in oggetto dell’atto in esame. Per quanto attiene invece, agli effetti sostanziali della citazione , è  possibile proporre in questa sede una classificazione in forma quadripartita della citazione in quattro micro-aree tematiche, le quali attengono precipuamente a quattro ordini di effetti materiali riscontrabili oggettivamente in sede di clinica processuale applicata: a) gli effetti derivanti dalla mera proposizione della domanda;b) gli effetti causati dalla domanda giudiziale in diretto riferimento alla pendenza della lite;c) gli effetti prodotti dall’applicazione della citazione e della relativa sentenza di accoglimento;d) gli effetti prodotti dall’applicazione sistematica di istituti di matrice sostanziale presupponenti l’esperimento della domanda giudiziale con conseguente pronuncia di accoglimento .Seguendo un filo logico espositivo coerente alle premesse ontologiche e alle conseguenziali evidenze scientifiche sin qui annunciate,è necessario in questa sede affrontare il tema della costituzione dell’attore ex.art. 165 c.p.c[33].il quale prescrive che l’attore ,entro dieci giorni dalla notificazione della citazione al convenuto, oppure entro cinque giorni nei casi di abbreviazione dei termini a norma dell’art.163 bis comma 2[34], c.p.c. deve costituirsi in giudizio tramite il deposito in cancelleria della nota d’iscrizione a ruolo e del fascicolo di parte contenente l’originale della citazione , la procura alle liti, i documenti offerti in comunicazione.Nel caso in cui l’attore si costituisca personalmente, dovrà in tale circostanza, dichiarare la residenza o eleggere il proprio domicilio nel comune in cui ha sede il tribunale ;nei casi in cui si tratti di citazione pluridestinata[35], l’atto che la contiene  dovrà essere inserito nel fascicolo entro dieci giorni[36] dall’ultima notificazione.Da quanto appena enunciato, possiamo chiaramente percepire l’importanza sostanziale che riveste l’istituto del 165 c.p.c. all’interno della meccanica processuale; dalla sue scansioni morfologiche infatti, si colgono con immediatezza interpretativa, almeno tre funzioni primarie tipiche dell’atto in parola: 1) la funzione αpropulsiva[37] del procedimento civile, ovvero l’intrinseca funzione finalistica di mettere in contatto materiale la parte attrice con la sede giurisdizionale adita, da questa adesione materiae  si originano una serie di reazioni ( definite da chi scrive αdipendenti) causate dalla funzione sopra richiamata ( quali ad esempio gli atti prodromici alla designazione del giudice istruttore ex.art.168-bis c.p.c.); 2)la funzione  b-costituente[38], finalizzata a rendere legalmente presente ( in locus iudicii)l’attore nel processo civile da lui instaurato per tutta la durata dello stesso.La suddetta funzione non ha , a differenza della prima, reazioni primarie conseguenziali, quindi il suo effetto attuativo non è causa di ulteriori atti giuridici direttamente dipendenti.Quello che in questa sede è importante affermare, in ordine alla suddetta funzione beta, è  che essa non è afferente all’istituto della comparizione alle udienze, pertanto, nel processo civile, chi si è regolarmente costituito ben potrà assentarsi in tutte le udienze calendarizzate , risultando comunque presente, a differenza di chi non essendosi mai costituito  risulterà invece contumace;3)funzione g-informativa la quale esplica in specie, la sua caratteristica finalità tipicamente informativa dell’atto in parola , che deriva dalla produzione di documenti in comunicazione ed anche l’allegazione della procura alle liti nel caso in cui non fosse già contenuta in calce o a margine della citazione.Pertanto l’atto in commento è fautore materiale[39] di conoscenze complesse ( gli atti e i documenti prodotti dall’attore nel fascicolo sopra descritto )  e tra loro diversificate rivolte contemporaneamente , all’attenzione del convenuto e dell’organo giurisdizionale.Per quanto attiene alla nota di iscrizione a ruolo , essa appare all’interprete come un’istanza da rivolgere al cancelliere al fine di iscrivere la causa nel ruolo generale delle cause civili .La portata contenutistica tipica del micro istituto in commento è contenuta nell’art.71[40] disp.att. c.p.c. in base al quale si prescrive che la nota di iscrizione della causa nel ruolo generale sopra descritto deve perentoriamente contenere l’indicazione delle parti, le loro generalità , il codice fiscale della parte iscrivente ed anche del procuratore che si costituisce; sempre l’art.71 disp.att., statuisce che deve essere contenuto nell’istanza ex.art.165 c.p.c. l’oggetto della domanda, la data dell’avvenuta notificazione ( nei termini esplicati nei capi precedenti ) , la data dell’udienza fissata per la prima comparizione[41] delle parti.In sede di iscrizione a ruolo la parte attrice ( o il convenuto in caso di mancata costituzione dellla stessa)  dovrà dare specifica dimostrazione dell’avvenuto pagamento del contributo unificato nella misura prevista dalla norma dell’art.13[42] TU sul contributo unificato ex. D.P.R. 30.5.2002 n.115.In casi di dimostrazione inefficace o di mancato versamento del suddetto contributo, il cancelliere è comunque obbligato ( ex.art.16 stessa legge)  all’iscrizione in commento ma determinerà in specie la riscossione coattiva dell’imposta in parola con relativa erogazione di specifica sanzione pecuniaria.

1.5 Iscrizione a ruolo, formazione del fascicolo d’ufficio

Nella sequenza di micro-eventi che caratterizzano la genesi del processo civile ordinario, si devono in questa sede richiamare all’attenzione dell’inteprete l’istituto dell’art.168 c.p.c. ( Iscrizione della causa e formazione del fascicolo d’ufficio )e il conseguente istituto disciplinato nel 168 bis c.p.c.(Designazione del giudice istruttore) .Per quanto attiene al primo degli istituti appena elencati, possiamo affermare che la sua formula si riferisce alla costituzione dell’attore nel procedimento dallo stesso instaurato tramite citazione notificata nei termini che abbiamo esautorato nei capi precedenti.A prima vista, la morfologia dell’isituto sopra introdotto, appare lineare, delineata da confini nitidi e al tempo stesso invalicabili, garentendo all’interprete un apprendimento sicuro ed immediato .Stessa cosa può dirsi in ambito di clinica processuale applicata, infatti la formula del 168 c.p.c. non lascia alcun dubbio nei suoi termini applicativi caratterizzati da equazioni giuridiche semplici e al contempo rigorose ,restituendo all’interprete la certezza di poter porre in essere il fenomeno scientifico tipico della formula del 168 c.p.c. ogni volta, in egual modo e misura senza necessità di interpretare , di scandagliare le remote e oscure intenzioni legislative che hanno spinto il legislatore codicistico del tempo ad includerlo nel codice di rito civile ad oggi vigente. La prima equazione dell’articolo in parola è semplice:all’atto della costituzione dell’attore…o se questi non si è costituito , all’atto della costituzione del convenuto , su presentazione della nota di iscrizione a ruolo…il cancelliere iscrive la causa nel ruolo genereale….>>Da quanto appena descritto, possiamo estrapolare il seguente insegnamento: ai fini dell’iscrizione a ruolo della causa instaurata dall’attore è necessario che lui stesso o il destinatario della citazione ( convenuto) presenti in cancelleria la nota di iscrizione a ruolo [43]al fine che la causa possa essere iscritta dal cancelliere nel ruolo generale[44]. Conclude la formula in esame, il comma II , il quale , nello scandire le sue moltepilci prescrizioni normativi che scandiscono i momenti fondamentali della costituzione in giudizio, ci annuncia la genesi del fascicolo d’ufficio, quel luogo ove sono contenuti i costituenti dell’azione processual-civilistica ( tra i quali la nota di iscrizione a ruolo, copia dell’atto di citazione , le comparse e le memorie in carta non bollata,i processi verbali d’udienza, i provvedimenti del giudice, gli atti d’istruzione e la copia del dispositivo delle sentenze) che sarà al  centro di tutto il procedimento , e che da subito si candida ad essere lo strumento di verità processuale per eccellenza, proprio perché tutto ciò che è un fatto storico processuale è contenuto nel suddetto fascicolo, non vi è spazio quindi , nel fascicolo del processo , per atti o fatti extra-processuali , i quali sono rigettati geneticamente dalla formula appena richiamata al fine da rendere immune lo strumento di conoscenza processuale sin qui richiamato da innumerevoli istanze di parte la cui matrice extraprocessuale sarebbe altamente nociva all’andamento dell’attività giurisdizionale.[45]Sul punto in esame, è necessario fare riferimento all’art.74 disp.att. c.p.c. secondo cui il cancelliere dopo aver provveduto alle verifiche ( attinenti anche la regolarità fiscale)  degli atti e dei documenti sottoscrive l’indice del fascicolo ,in occasione dell’inserimento all’interno di esso di atti o documenti; in altri termini, la suddetta prescrizione costituisce in specie una conferma dell’avvenuta inserzione all’interno del fascicolo de quo dei suddetti atti e/o documenti, al contempo, il suddetto indice garantisce all’organo giurisdizionale di individuare agevolmente gli atti contenuti nel fascicolo in commento.Quanto sin qui riferito attiene specificatamente al fascicolo d’ufficio in forma cartacea, ad oggi infatti, la scienza processaul-civilistica ci ha consegnato uno strumento di eguale funzione sostanziale denominato “ fascicolo informatico[46]  il quale sostituisce ( allo stato senza escluderlo totalmente)  il precedente in termini perentori dalla fase dell’avvenuta costituzione delle parti;pertanto, almeno sino alla costizuzione e all’iscrizione a ruolo della causa, le parti hanno la facoltà di scegliere se produrre gli atti sopra elencati in forma cartacea ,quindi di consegnarli materialmente in cancelleria, oppure adire lo strumento informatico tramite trasmissione telematica ab origine  degli atti e documenti propedeutici allo svolgimento del procedimento civile sin qui richiamato. Quel che è importante  sottolineare è l’obbligata procedura telematica di inserzione /deposito documentale in forma telematica nei momenti successivi al momento di prima costituzione processuale con l’irrinunciabile corollario di disposizioni normative attinenti alle verifiche sulle modalità e la tempistica dei suddetti depositi di documenti informatici nel relativo fascicolo, alle quali in questa sede si fa espresso riferimento ai fini di una completa analisi scientifica dell’argomento.

 

1.6 Designazione del giudice istruttore

Esaurita la disamina del  168  c.p.c. tocca adesso affrontare la tematica del 168 bis c.p.c. ( designazione del giudice istruttore) .L’istituto della designazione del giudice istruttore appare all’interprete , sin da subito, privo di zone oscure, come  l’istituto che lo precede, trattato precedentemente, presenta una formula normativa logicamente sequenziata che conferisce all’istituto in commento quella chiarezza necessaria e imprescidibile anche in sede di clinica processuale applicata. Le prime tre equazioni dell’articolo in parola ( commi I,II,III ) costituiscono un imprinting genetico, fortemente indicativo dell’importanza processuale dell’istituto de quo.In base a quanto sin qui annunciato, possiamo affermare in questa sede che  nei primi tre commi del suddetto articolo si declina l’iter procedimentale attraverso il quale ogni causa viene assegnata al singolo magistrato designato[47] per la trattazione e la decisione della stessa.Pertanto, una volta formato il fascicolo d’ufficio , il cancelliere lo presenta senza indugio al presidente del tribunale, il quale , con decreto redatto in calce alla nota di iscrizione a ruolo si determina nella designazione dell’organo istruttore innanzi al quale le parti devono comparire ( nel caso in cui egli non ritenga di istruire la causa personalmente) .Nei casi di strutture giurisdizionali suddivise in più sezioni, la normativa vigente prevede che il presidente del tribunale, assegni la causa ad una di esse , e solo dopo la suddetta assegnazione, l’organo giurisdizionale  presidente di sezione designerà il giudice istruttore specifico.Tale designazione deve obbligatoriamente avvenire entro e non oltre il secondo[48] giorno successivo alla costituzione della parte diligente.In ordine a quanto sin qui enunciato , l’autore ritiene opportuno fare uno specifico riferimento all’art.7ter ordinamento giudiziario[49] , il quale prescrive che <<l’assegnazione degli affari alle singole sezionie ed ai singoli collegi e giudici è effettuata rispettivamente dal dirigente dell’uffico e dal presidente della sezione o dal magistrato che la dirige, secondo criteri obiettivi e predeterminati, indicati in via generale dal Consiglio superiore della magistratura ed approvati contestualmente alle tabelle degli uffici e con le medesime procedure>>.Quello appena indicato, sostanzialmente è un compendio normativo ad alto valore adiuvante che , di fatto, incide grandemente sul potere di autodeterminazione in capo ai dominus officii , vincolandoli in termini perentori, ad una obbligata attività di designazione del magistrato competente in relazione al singolo caso sottoposto alla loro valutazione.Nonostante i toni conclusivi evocati dall’articolo in commento, si ricorda in questa sede, che il suo antecedente art.7 bis ordinamento giudiziario[50] , al suo esordio, prescrive che << la violazione dei criteri per l’assegnazione degli affari, salvo il possibile rilievo disciplinare, non determina in nessun caso la nullità dei provvedimenti adottati>>[51].Nonostante la presenza della suddetta norma all’interno del vigente ordinamento giduziario, sia la Corte Costituzionale[52] sia la Suprema Corte, hanno ribadito con estrema chiarezza la sussistenza del vincolo per i dirigenti degli uffici al rispetto delle prescrizioni tabellari sopra indicate.L’istituto in commento si conclude con le due equazioni finali ( rappresentate dal comma IV e dal comma V),che prevedono entrambe il rinvio della prima udienza di comparizione ; nella prima ipotesi il rinvio è determinato dalla circostanza che il giudice designato, nel giorno indicato in citazione, non celebra udienza, da ciò  deriva lo slittamento dell’udienza a quella immediatamente successiva .Nell’ipotesi prevista dal comma V invece, la procrastinazione dell’udienza di comparizione può potrarsi sino a qurantacinque giorni dalla data precedentemente fissata nell’atto di citazione al fine di consentire all’organo giudicante designato di disporre di un lasso di tempo ulteriore al fine di consentirgli una migliore preparazione delle incombenze processuali tipiche della prima udienza di comparizione delle parti. Quanto sin qui affermato, deve essere messo in comparazione oggettiva con il disposto dell’art.70 bis disp.att. c.p.c.[53] prescrive che i termini di comparizione , stabiliti dall’art.163 bis del codice in commento devono essere osservati in ordine all’udienza fissata nell’atto di citazione anche se la causa de qua è rinviata ad una successiva udienza ex.art.168 bis IV comma c.p.c.Tale disposizione omette però di disciplinare la postergazione dell’udienza prevista dal suddetto articolo al comma V ; nella specie, l’omissione sopra descritta determina una asimmetria normativa tipicamente percebilile in sede di clinica processuale applicata dove l’applicazione del comma IV del 168 bis c.p.c. non comporta conseguenze specifiche in ordine alla costituzione del convenuto, di contro invece tale esimente procedurale non è contemplata in ordine all’applicazione del comma V [54]. Quanto appena esplicato costituisce in termini normativi un’antinomia semplice che potrebbe essere risolta in sede di clinica processuale applicata tramite un’ intepretazione estensiva analogica del dispsoto normativo del suddetto art.70-bis disp. att. c.p.c.

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Note

[1] L’atto con il quale si manifesta il “potere d’azione” per eccellenza, nel processo civile di cognizione piena tipico del rito ordinario è l’atto di citazione ad udienza fissa ex.art.163 c.p.c. ( nel rito del lavoro l’atto corrispondente è il ricorso ex.art.414 ).Dalla scienza processual civilistica giunta ai giorni contemporanei si può evincere la chiara estensione del fenomeno appena descritto anche ad altri istituti processuali quali :il procedimento sommario di cognizione disciplinato dall’art.702 bis c.p.c. ( introdotto dalla L. n.69/2009; l’istituto dell’art.342 c.p.c. (Forma dell’appello) come da modifica ex.art.54 L.n.134 del 7.8.2012 .Su quanto sin qui espresso si segnala che la Suprema Corte a Sezioni Unite n.9407 18.04.2013 ha escluso che la suddetta estensione applicativa sopra descritta  contempli anche l’avvertimento ex.art.163 comma III n7 c.p.c.

[2] Cfr.art. 163 c.p.c il quale prescrive che :<< a domanda si propone mediante citazione a comparire a udienza fissa.
Il presidente del tribunale stabilisce al principio dell’anno giudiziario, con decreto approvato dal primo presidente della corte di appello, i giorni della settimana e le ore delle udienze destinate esclusivamente alla prima comparizione delle parti. L’atto di citazione deve contenere: 1 l’indicazione del tribunale davanti al quale la domanda è proposta;
2 il nome, il cognome, la residenza e il codice fiscale dell’attore, il nome, il cognome, il codice fiscale, la residenza o il domicilio o la dimora del convenuto e delle persone che rispettivamente li rappresentano o li assistono. Se attore o convenuto è una persona giuridica, un’associazione non riconosciuta o un comitato, la citazione deve contenere la denominazione o la ditta, con l’indicazione dell’organo o ufficio che ne ha la rappresentanza in giudizio; 3 la determinazione della cosa oggetto della domanda; 4 l’esposizione dei fatti e degli elementi di diritto costituenti le ragioni della domanda, con le relative conclusioni; 5 l’indicazione specifica dei mezzi di prova dei quali l’attore intende valersi e in particolare dei documenti che offre in comunicazione; 6 il nome e il cognome del procuratore e l’indicazione della procura, qualora questa sia stata già rilasciata; 7 l’indicazione del giorno dell’udienza di comparizione; l’invito al convenuto a costituirsi nel termine di venti giorni prima dell’udienza indicata ai sensi e nelle forme stabilite dall’art. 166, ovvero di dieci giorni prima in caso di abbreviazione dei termini, e a comparire, nell’udienza indicata, dinanzi al giudice designato ai sensi dell’art. 168-bis, con l’avvertimento che la costituzione oltre i suddetti termini implica le decadenze di cui agli artt. 38 e 167. L’atto di citazione, sottoscritto a norma dell’art. 125, è consegnato dalla parte o dal procuratore all’ufficiale giudiziario, il quale lo notifica a norma degli artt. 137 ss.>> estratto da Commentario breve al Codice di procedura civile , Carpi-Taruffo, Cedam Ottava edizione.

[3] Cfr.art.163 bis c.p.c. il quale prevede che:<< Tra il giorno della notificazione della citazione e quello dell’udienza di comparizione debbono intercorrere termini liberi non minori di novanta giorni se il luogo della notificazione si trova in Italia e di centocinquanta giorni se si trova all’estero. Nelle cause che richiedono pronta spedizione il presidente può, su istanza dell’attore e con decreto motivato in calce all’atto originale e delle copie della citazione, abbreviare fino alla metà i termini indicati dal primo comma. Se il termine assegnato dall’attore eccede il minimo indicato dal primo comma, il convenuto, costituendosi prima della scadenza del termine minimo, può chiedere al presidente del tribunale che, sempre osservata la misura di quest’ultimo termine, l’udienza per la comparizione delle parti sia fissata con congruo anticipo su quella indicata dall’attore. Il presidente provvede con decreto, che deve essere comunicato dal cancelliere all’attore, almeno cinque giorni liberi prima dell’udienza fissata dal presidente.>> estratto da Commentario breve al Codice di procedura civile , Carpi-Taruffo, Cedam Ottava edizione.

[4] Sul punto si fa espresso riferimento alla norma dell’art.163 comma II c.p.c. e all’art.63 disp.att.c.p.c al fine di far apprendere all’interprete l’univoca disciplina di fissazione del giorno della prima udienza di comparizione.

[5] Sul punto si rimanda ai ragionamenti di L.Dittrich nel suo trattato “ Diritto processuale civile” tomo II processo di cognizione pag.1498 e ss.

[6] Termine coniato dall’autore al fine di indicare l’applicazione pratica ( in fase puramente processuale) degli istituti del diritto processuale , sia in ambito civilistico che penalistico.

[7] Cfr.art.18 c.p.c. il quale prescrive che:<< Salvo che la legge disponga altrimenti, e’ competente il giudice del luogo in cui il convenuto ha la residenza o il domicilio, e, se questi sono sconosciuti, quello del luogo in cui il convenuto ha la dimora. Se il convenuto non ha residenza, ne’ domicilio, ne’ dimora nello Stato o se la dimora e’ sconosciuta, e’ competente il giudice del luogo in cui risiede l’attore.>> estratto da Commentario breve al Codice di procedura civile , Carpi-Taruffo, Cedam Ottava edizione.

 

 

[8] Sul punto cfr. l’art.164 c.p.c il quale prescrive che:<< La citazione è nulla se è omesso o risulta assolutamente incerto alcuno dei requisiti stabiliti nei numeri 1 e 2 dell’articolo 163, se manca l’indicazione della data dell’udienza di comparizione, se è stato assegnato un termine a comparire inferiore a quello stabilito dalla legge ovvero se manca l’avvertimento previsto dal numero 7 dell’articolo 163. Se il convenuto non si costituisce in giudizio, il giudice, rilevata la nullità della citazione ai sensi del primo comma, ne dispone d’ufficio la rinnovazione entro un termine perentorio. Questa sana i vizi e gli effetti sostanziali e processuali della domanda si producono sin dal momento della prima notificazione. Se la rinnovazione non viene eseguita, il giudice ordina la cancellazione della causa dal ruolo e il processo si estingue a norma dell’articolo 307, comma terzo. La costituzione del convenuto sana i vizi della citazione e restano salvi gli effetti sostanziali e processuali di cui al secondo comma; tuttavia, se il convenuto deduce l’inosservanza dei termini a comparire o la mancanza dell’avvertimento previsto dal numero 7 dell’articolo 163, il giudice fissa una nuova udienza nel rispetto dei termini. La citazione è altresì nulla se è omesso o risulta assolutamente incerto il requisito stabilito nel numero 3 dell’articolo 163 ovvero se manca l’esposizione dei fatti di cui al numero 4 dello stesso articolo. Il giudice, rilevata la nullità ai sensi del comma precedente, fissa all’attore un termine perentorio per rinnovare la citazione o, se il convenuto si è costituito, per integrare la domanda. Restano ferme le decadenze maturate e salvi i diritti quesiti anteriormente alla rinnovazione o alla integrazione.
Nel caso di integrazione della domanda, il giudice fissa l’udienza ai sensi del secondo comma dell’art. 183 e si applica l’articolo 167.>> ,estratto da Commentario breve al Codice di procedura civile , Carpi-Taruffo, Cedam Ottava edizione.

 

[9] Cfr.art.48 quater R.D. 30.1.1941n.12 il quale afferma che:<< Nelle sezioni distaccate sono trattati gli affari civili e penali sui quali il tribunale giudica in composizione monocratica, quando il luogo in ragione del quale è determinata la competenza per territorio rientra nella circoscrizione delle sezioni medesime. Le controversie in materia di lavoro e di previdenza e assistenza obbligatorie sono trattate esclusivamente nella sede principale del tribunale. In tale sede sono altresì svolte, in via esclusiva, le funzioni del giudice per le indagini preliminari e del giudice dell’udienza preliminare. In deroga a quanto previsto dal secondo comma, con decreto del Ministro di grazia e giustizia in conformità della deliberazione del Consiglio superiore della magistratura assunta sulla proposta del presidente del tribunale sentito il consiglio dell’ordine degli avvocati, può disporsi che nelle sezioni distaccate di tribunale aventi sede in isole, eccettuate la Sicilia e la Sardegna, siano trattate anche le cause concernenti controversie di lavoro e di previdenza e assistenza obbligatorie. La deroga può essere prevista anche per un tempo determinato in relazione a particolari circostanze.>> estratto da www.procuragenerale.trento.it/attachments/article/31/ordinamento_giudiziario.pdf

[10] Sul punto si specifica che l’indicazione del codice fiscale per le parti del processo civile è divenuta obbligatoria a norma dell’art.4, comma 8,lett.b) , D.L.29.12.2009, n.193 convertito dalla L.22.2.2010, n.24.Stessa importanza riveste la L.15.07.2011, n.11, dal cui testo si evince che qualora la parte ometta di indicare nell’atto in commmento il codice fiscale , il contributo unificato , che deve essere dalla stessa corrisposto in sede di iscrizione a ruolo, è aumentato della metà.

[11] Sul punto si rimanda allo studio degli artt. 75 e ss c.p.c. sulla capacità processuale dei minori, interdetti e degli inabilitati.

[12] In ordine alle citazioni con oggetto diritto autodeterminati ,la mancata allegazione dei fatti costitutivi della domanda non incide sull’identificazione (sostanziale) dell’oggetto processuale.Oltre, al dato interpretativo sin qui esposto risalente a concezioni dottrinarie resilienti alle evidenze scientifiche ,si  coglie l’occasione per ribadire che l’autore si discosta con forza da simili convincimenti e ribadisce le proprie ragioni in materia di nullità dell’atto in commento, fondate su dati giuridici scientifici dei quali si avrà modo di esplicare nel corso dell’esegesi in svolgimento.

[13] Sul punto si fa notare all’interprete come la distinzione operata dallo scrivente si fa piuù evidente nei casi di sentenza di condanna , dove appunto il comando scolpito sulla stessa,  necessita in specie di un adeguamento fattuale alla sentenza stessa, dalla parte soccombente o in casi determinati , tramite l’esecuzione forzata della dell’enunciato giudiziale in commento. Nei casi di sentenza di mero accertamento o di sentenza costitutiva invece, le due micro componenti della richiesta de qua trovano contemporaneo soddisfacimento in sede di pronuncia di accoglimento della domanda giudiziale.

[14] Appartengono al genus dei diritti autodeterminati i diritti reali di godimento  quali la proprietà, ma anche l’usofrutto,l’uso o l’abitazione.

[15] Cfr.art.183 c.p.c. il quale prevede che:<< All’udienza fissata per la prima comparizione delle parti e la trattazione il giudice istruttore verifica d’ufficio la regolarita’ del contraddittorio e, quando occorre, pronuncia i provvedimenti previsti dall’articolo 102, secondo comma, dall’articolo 164, secondo, terzo e quinto comma, dall’articolo 167, secondo e terzo comma, dall’articolo 182 e dall’articolo 291, primo comma.Quando pronunzia i provvedimenti di cui al primo comma, il giudice fissa una nuova udienza di trattazione.Il giudice istruttore fissa altresi’ una nuova udienza se deve Procedere a norma dell’art. 185.Nell’udienza di trattazione ovvero in quella eventualmente fissata ai sensi del terzo comma, il giudice richiede alle parti, sulla base dei fatti allegati, i chiarimenti necessari e indica le questioni rilevabili d’ufficio delle quali ritiene opportuna la trattazione.Nella stessa udienza l’attore puo’ proporre le domande e le eccezioni che sono conseguenza della domanda riconvenzionale o delle eccezioni proposte dal convenuto. Puo’ altresi’ chiedere di essere autorizzato a chiamare un terzo ai sensi degli articoli 106 e 269, terzo comma, se l’esigenza e’ sorta dalle difese del convenuto. Le parti possono precisare e modificare le domande, le eccezioni e le conclusioni gia’ formulate.Se richiesto, il giudice concede alle parti i seguenti termini perentori:1 un termine di ulteriori trenta giorni per il deposito di memorie limitate alle sole precisazioni o modificazioni delle domande, delle eccezioni e delle conclusioni gia’ proposte; 2 un termine di ulteriori trenta giorni per replicare alle domande ed eccezioni nuove, o modificate dall’altra parte, per proporre le eccezioni che sono conseguenza delle domande e delle eccezioni medesime e per l’indicazione dei mezzi di prova e produzioni documentali; 3 un termine di ulteriori venti giorni per le sole indicazioni di prova contraria.Salva l’applicazione dell’articolo 187, il giudice provvede sulle richieste istruttorie fissando l’udienza di cui all’articolo 184 per l’assunzione dei mezzi di prova ritenuti ammissibili e rilevanti. Se provvede mediante ordinanza emanata fuori udienza, questa deve essere pronunciata entro trenta giorni. Nel caso in cui vengano disposti d’ufficio mezzi di prova con l’ordinanza di cui al settimo comma, ciascuna parte puo’ dedurre, entro un termine perentorio assegnato dal giudice con la medesima ordinanza, i mezzi di prova che si rendono necessari in relazione ai primi nonche’ depositare memoria di replica nell’ulteriore termine perentorio parimenti assegnato dal giudice, che si riserva di provvedere ai sensi del settimo comma. Con l’ordinanza che ammette le prove il giudice puo’ in ogni caso disporre, qualora lo ritenga utile, il libero interrogatorio delle parti; all’interrogatorio disposto dal giudice istruttore si applicano le disposizioni di cui al terzo comma.L’ordinanza di cui al settimo comma e’ comunicata a cura del cancelliere entro i tre giorni successivi al deposito, anche a mezzo telefax, nella sola ipotesi in cui il numero sia stato indicato negli atti difensivi, nonche’ a mezzo di posta elettronica, nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione e la trasmissione dei documenti informatici e teletrasmessi. A tal fine il difensore indica nel primo scritto difensivo utile il numero di fax o l’indirizzo di posta elettronica presso cui dichiara di voler ricevere gli atti.>> estratto da Commentario breve al Codice di procedura civile , Carpi-Taruffo, Cedam Ottava edizione.

[16] Questo si afferma nella sentenza della Suprema Corte 10.12.2008, n.28986 in ordine alla mancata indicazione della causa petendi,detta sentenza aderisce al principio espresso dalla suddetta corte in sentenza 15.7.1983 n.4880 in base alla quale la parte interessata può dunque non indicare erroneamente , le ragioni giuridiche legittimanti la domanda stessa.Sul punto si segnalano all’interprete : Cass.17.7.2007 n.15925 , Cass.15.5.2001 n.6712.

[17] Sul punto si  rimanda specificamente l’interprete alla precedente nota n.8 del presente articolo .

[18] Termine , in sspecie metagiuridico ,specificatamente usato dall’autore al fine di indicare la sequenza di littere legis che compongono un’espressione normativa sia di diritto sostanziale che processuale.

[19] Al microscopio giuridico , appare evidente che il dato letterale dell’art.163 c.p.c. quando prescrive la sequenza di elementi costitutivi l’atto in commento , debba inequivocabilmente essere inteso come contenuto obbligatorio e vincolante per le parti, non  a caso il legislatore utilizza in tale circostanza utilizza l’espressione verbale “deve” in riferimento alle allegazioni che la parte istante deve produrre nell’atto in oggetto dell’analisi in svolgimento.Pertanto dato un “obbligo di fare” promanante dalla suddetta ….verbale ne discende  un comportamento normativamente vincolato  al fine dell’esistenza dell’atto stesso .Per quanto sin qui ritenuto, la formula del suddetto art.164 c.p.c. al comma IV appare in specie incompleta  e ai fini dell’applicazione dell’atto in parola del tutto inconclusiva.

[20] È la domanda proposta dal convenuto in sede di costituzione , in materiale confutazione di quella attorea (con specifico riferimento al titolo dedotto in giudizio o da quello che già appartiene alla causa come mezzo di eccezione, art. 36 del c.p.c.): la prima conseguenza di clinica processuale derivante dall’esperimento della suddetta domanda è l’estensione del  thema decidendum, in quanto il convenuto va oltre alla mera richiesta di rigetto della domanda attrice, ma esercita un’autonoma azione che richiede una pronuncia del giudice con effetto di giudicato.

[21] Sul punto in esame, chi scrive, dissente dall’intepretazione( data del fenomeno tipizzato nell’art.164 c.p.c. in ordine alla mancata nullità di un atto di citazione privato delle relative conclusioni   e in orine alle conseguenti allegazioni documentali) fornita daautorevole fonte dottrinale ( su tutti  L.Dittrich) che  nel suo Trattatto di diritto processuale civile tomo secondo, Utet giuridica ,2018, il quale, in sostanza,  afferma che , la prescrizione contenuta nel comma IV del sudetto articolo abbia una valenza formale e quindi derogabile in sede di composizione dell’atto e/o in sede di valutazione giurisdizionale dell’atto stesso. Il fenomeno di cui si discute, purtroppo , non attiene alla forma bensì alla sostanza dell’atto de quo. Infatti , sin da una sommaria visione della materia in esame, si percepisce oggettivamente il contenuto atomistico della stessa, e quindi essenziale alla sua esistenza, il quale si sostanzia in tutte le prescrizioni enunciate nell’art.163 c.p.c il quale non prescrive la forma della citazione ma ne è l’essenza.Data questa opportuna specificazione, non v’è chi non veda, in chiave scientifica, che anche il comma IV  ex.art.163  c.p.c. fa parte del tessuto anatomico della citazione e da questa non può minimanente distaccarsi proprio pe la natura atomistica che contraddistingue scientificamente l’atto in commento.

[22] Sul punto si rimanda l’interprete allo studio dell’art.125 c.p.c. il quale prescrive che :<< Salvo che la legge disponga altrimenti, la citazione, il ricorso, la comparsa, il controricorso, il precetto debbono indicare l’ufficio giudiziario (1), le parti (2), l’oggetto (3), le ragioni della domanda (4) e le conclusioni (5) o l’istanza, e, tanto nell’originale quanto nelle copie da notificare, debbono essere sottoscritti dalla parte, se essa sta in giudizio personalmente, oppure dal difensore [disp. att. 170]  che indica il proprio codice fiscale. Il difensore deve, altresì, indicare il proprio numero di fax (9).La procura al difensore dell’attore può essere rilasciata in data posteriore alla notificazione dell’atto, purché anteriormente alla costituzione della parte rappresentata.La disposizione del comma precedente non si applica quando la legge richiede che la citazione sia sottoscritta da difensore munito di mandato speciale.>> estratto da Commentario breve al Codice di procedura civile , Carpi-Taruffo, Cedam Ottava edizione.

[23] La Suprema Corte sul punto specifica che la procura speciale si considera apposta in calce all’atto giuisdizionale anche se rilasciata su un foglio separato che sia comunque annesso materialmente all’atto cui è specificatamente riferito.In ordine a quanto appena richiamato si rimanda l’interprete allo studio dell’art.83 comma III c.p.c.

[24] Cfr.art.166 c.p.c. il quale prescrive che :<< Il convenuto deve costituirsi a mezzo del procuratore, o personalmente nei casi consentiti dalla legge, almeno venti giorni prima dell’udienza di comparizione fissata nell’atto di citazione, o almeno dieci giorni prima nel caso di abbreviazione di termini a norma del secondo comma dell’articolo 163-bis ovvero almeno venti giorni prima dell’udienza fissata a norma dell’articolo 168-bis, quinto comma, depositando in cancelleria il proprio fascicolo contenente la comparsa di cui all’articolo 167 con la copia della citazione notificata, la procura e i documenti che offre in comunicazione.>> estratto da Commentario breve al Codice di procedura civile , Carpi-Taruffo, Cedam Ottava edizione.

[25] Cfr.art.168 bis c.p.c. il quale prescrive che :<< Formato un fascicolo d’ufficio a norma dell’articolo precedente, il cancelliere lo presenta senza indugio al presidente del tribunale, il quale, con decreto scritto in calce della nota d’iscrizione a ruolo, designa il giudice istruttore davanti al quale le parti debbono comparire, se non creda di procedere egli stesso all’istruzione. Nei tribunali divisi in più sezioni il presidente assegna la causa ad una di esse, e il presidente di questa provvede nelle stesse forme alla designazione del giudice istruttore (1).La designazione del giudice istruttore deve, in ogni caso, avvenire non oltre il secondo giorno successivo alla costituzione della parte più diligente.Subito dopo la designazione del giudice istruttore il cancelliere iscrive la causa sul ruolo della sezione, su quello del giudice istruttore e gli trasmette il fascicolo (2).Se nel giorno fissato per la comparizione il giudice istruttore designato non tiene udienza, la comparizione delle parti è d’ufficio rimandata all’udienza immediatamente successiva tenuta dal giudice designato (2).Il giudice istruttore può differire, con decreto da emettere entro cinque giorni dalla presentazione del fascicolo, la data della prima udienza [70 bis disp. att.] fino ad un massimo di quarantacinque giorni. In tal caso il cancelliere comunica alle parti costituite la nuova data della prima udienza (2) (3) (4).>> .Estratto da estratto da Commentario breve al Codice di procedura civile , Carpi-Taruffo, Cedam Ottava edizione.

[26] Sul punto cfr. artt 38 ,167 c.p.c. che rispettivamente prescrivono che<<  art.38 c.p.c. :   L’incompetenza per materia, quella per valore e quella per territorio sono eccepite, a pena di decadenza, nella comparsadi risposta tempestivamente depositata(1). L’eccezione di incompetenza per territorio si ha per non proposta se non contiene l’indicazione del giudice che la parte ritiene competente.Fuori dei casi previsti dall’articolo 28, quando le parti costituite aderiscono all’indicazione del giudice competente per territorio, la competenza del giudice indicato rimane ferma se la causa è riassunta entro tre mesi dalla cancellazione della stessa dal ruolo [disp. att. 125] (2) (3).

L’incompetenza per materia, quella per valore e quella per territorio nei casi previsti dall’articolo 28 sono rilevate d’ufficio non oltre l’udienza di cui all’art. 183.

Le questioni di cui ai commi precedenti sono decise, ai soli fini della competenza, in base a quello che risulta dagli atti e, quando sia reso necessario dall’eccezione del convenuto o dal rilievo del giudice, assunte sommarie informazioni (4).>> <<art.167 c.p.c.:  Nella comparsa di risposta il convenuto deve proporre tutte le sue difese prendendo posizione sui fatti posti dall’attore a fondamento della domanda (1), indicare le proprie generalità e il codice fiscale, i mezzi di prova di cui intende valersi e i documenti che offre in comunicazione, formulare le conclusioni (2).

A pena di decadenza deve proporre le eventuali domande riconvenzionali e le eccezioni processuali e di merito che non siano rilevabili d’ufficio (3). Se è omesso o risulta assolutamente incerto l’oggetto o il titolo della domanda riconvenzionale, il giudice, rilevata la nullità, fissa al convenuto un termine perentorio per integrarla. Restano ferme le decadenze maturate e salvi i diritti acquisiti anteriormente alla integrazione (4).

Se intende chiamare un terzo in causa, deve farne dichiarazione nella stessa comparsa e provvedere ai sensi dell’articolo 269 (5).>> Estratti da  Commentario breve al Codice di procedura civile , Carpi-Taruffo, Cedam Ottava edizione.In merito alla tematica in commento si rinvia l’interprete alla seguente letteratura: Lasagno, Nullità della citazione, in Chiarloni ( a cura di ) , Le riforme del processo civile,Bologna,1992;Luiso, in Luiso-Consolo-Sassani,in Commentario alla riforma del processo civile,Milano , 1996, sub art.163, 76 e sub art. 164,83.

[27] Sulla questione in parola si rimanda l’interprete alla lettura della formula del 163 c.p.c. la quale inscedibilmente qualifica l’istituto della citazione.

[28] Questa affermazione discende naturalisticamente dalla materia del 163 c.p.c. e per chi scrive risulta essere un evidenza scientifica inconfutabile anche in relazione all’art.164 c.p.c. che non integra ( essendo un istituto autonomo) ma costituisce una negezione materiale dei principi statuiti nel suddetto 163 c.p.c.

[29] In specie, per chi scrive, la littera legis, rappresenta  a livello atomistico, la più piccola parte della materia giuridica in esame.

[30] Termine coniato dall’autore per descrivere quei frammenti di diritto positivo che costituiscono in specie delle contraddizioni( ( intollerabili per lo scienziato giuridico) di diritto positivo che non sono superabili tramite un’interpretazione estensiva o restrittiva del dato normativo o  tramite una formale connessione ad altre norme , anche concomitanti del vigente ordinamento positivo , le quali causano nel sistema immunitario normativo una degradazione semantica dell’istituto che ne è afflitto.

[31] Crf.art.164 c.p.c. il quale prescrive che:<< La citazione è nulla se è omesso o risulta assolutamente incerto alcuno dei requisiti stabiliti nei numeri 1) e 2) dell’articolo 163, se manca l’indicazione della data dell’udienza di comparizione, se è stato assegnato un termine a comparire inferiore a quello stabilito dalla legge ovvero se manca l’avvertimento previsto dal numero 7) dell’articolo 163.

Se il convenuto non si costituisce in giudizio, il giudice, rilevata la nullità [157 c.p.c.] della citazione ai sensi del primo comma, ne dispone d’ufficio la rinnovazione entro un termine perentorio. Questa sana i vizi e gli effetti sostanziali e processuali della domanda si producono sin dal momento della prima notificazione. Se la rinnovazione non viene eseguita, il giudice ordina la cancellazione della causa dal ruolo e il processo si estingue a norma dell’articolo 307, comma terzo.

La costituzione del convenuto [166-171 c.p.c.] sana i vizi della citazione e restano salvi gli effetti sostanziali e processuali di cui al secondo comma; tuttavia, se il convenuto deduce l’inosservanza dei termini a comparire o la mancanza dell’avvertimento previsto dal numero 7) dell’articolo 163, il giudice fissa una nuova udienza nel rispetto dei termini (1).>>.Estratto da Commentario breve al Codice di procedura civile , Carpi-Taruffo, Cedam Ottava edizione.

 

 

[32] Cfr.art. 5 c.p.c. il quale prescrive che.<< La giurisdizione e la competenza si determinano con riguardo alla legge vigente (1) e allo stato di fatto esistente al momento della proposizione della domanda [163, 316, 414] (2), e non hanno rilevanza rispetto ad esse i successivi mutamenti della legge o dello stato medesimo (3).>>.Estratto  da Commentario breve al Codice di procedura civile , Carpi-Taruffo, Cedam Ottava edizione.

[33] Cfr.sul punto l’art.165 c.p.c. il quale prescrive che:< L’attore, entro dieci giorni dalla notificazione della citazione al convenuto, ovvero entro cinque giorni nel caso di abbreviazione di termini a norma del secondo comma dell’articolo 163bis (1), deve costituirsi in giudizio a mezzo del procuratore, o personalmente nei casi consentiti dalla legge [82, 86, 317, 417, 442 c.p.c.], depositando in cancelleria la nota d’iscrizione a ruolo (2) e il proprio fascicolo (3) contenente l’originale della citazione, la procura (4) e i documenti offerti in comunicazione [71, 74 disp. att.] (5). Se si costituisce personalmente, deve dichiarare la residenza o eleggere domicilio nel comune ove ha sede il tribunale.

Se la citazione è notificata a più persone, l’originale della citazione deve essere inserito nel fascicolo entro dieci giorni dall’ultima notificazione (6).>>. Estratto da Commentario breve al Codice di procedura civile , Carpi-Taruffo, Cedam Ottava edizione.

 

 

[34] Cfr.sul punto l’art.163 bis comma II c.p.c. il quale prescrive che:<< Nelle cause che richiedono pronta spedizione  il presidente  può, su istanza dell’attore e con decreto motivato in calce dell’atto originale e delle copie della citazione, abbreviare fino alla metà i termini indicati dal primo comma.>> estratto da Commentario breve al Codice di procedura civile , Carpi-Taruffo, Cedam Ottava edizione.

 

[35] Termine usato dall’autore per riferirsi ad un atto di citazione da notificare a più persone.

[36] Sul punto la giurisprudenza di legittimità non ha fatto mancare il proprio apporto creativo( dal quale chi scrive si discosta totalmente )  alla decifrazione della formula in commento , asserendo che l’ultima disposizione dell’articolo in parola , debba intendersi in termini differenti, ovvero, secondo la Suprema Corte, nei casi richiamati dall’autore, il momento iniziale della fase costitutiva attorea coincide con la prima notificazione dell’atto di citazione ( cfr. Cass. SS.UU., 18.5.2011, n.10864) .

[37] Terminologia metagiuridica coniata dall’autore al fine di identificare scientificamente una funzione specifica dell’atto in parola finalizzata all’incontro materiale tra la parte istante e l’organo giudicante del processo civile ordinario.

[38] Terminologia metagiuridica coniata dall’autore al fine di identificare scientificamente una  funzione tipica dell’atto in parola il cui scopo operativo endoprocessuale  è quello di rendere virtualemente presente ( in tute le udienze previste per quel determianto processo )  il soggetto che sio è costituito , pertanto la sua presenza fisica non è necessaria al fine di una certificazione di presenza processuale.

[39] In ordine all’istituto della costituzione di parte attrice, è necessario porre all’attenzione dell’inteprete le ultime evidenze scientifiche ( enucleate nell ‘art.16-bis, D.L 18.10.2012 n.179 convertito con modificazioni dalla L.17,12,2012 n.221, che prevede per i professionisti forensi ( e per i dipindenti della pubblica amministrazione) che sanciscono , sul piano operativo,la possibilità di depositare telematicamente l’atto introduttivo e il primo atto difensivo della parte , i documenti offeri in comuniczione in materia di procedimenti civili, conetenziosi e volontaria giurisdizione innanzi i tgribunali e alle corti d’appello.

[40] Cfr.art.71 disp.att. c.p.c. il quale prevede che:<< La nota d’iscrizione della causa nel ruolo generale deve contenere l’indicazione delle parti, nonché le generalità ed il codice fiscale ove attribuito della parte che iscrive la causa a ruolo, del procuratore che si costituisce, dell’oggetto della domanda, della data di notificazione della citazione, e dell’udienza fissata per la prima comparizione delle parti.>> estratto da https://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:regio.decreto:1941-08-25;1368

[41] Sul punto si specifica che ad oggi la nota di iscrizione a ruolo e materialmente costituita da modelli unificati , diversificati in base all’ufficio giudiziario di destinazione e per le materie oggetto delle stesse al fine di garantire una prassi applicativa uniforme e standardizzata  nonché la possibilità di eseguire dei rilievi statistici conseguenziali all’applicazione della prassi sopra descritta.

[42]Cfr.art.13 T.U   sul contributo unificato  ex. D.P.R. 30.5.2002 n.115il quale prescrive che<<1. Il contributo unificato e’ dovuto nei seguenti importi:a) euro 43 per i processi di valore fino a 1.100 euro, nonche’ per i processi per controversie di previdenza e assistenza obbligatorie, salvo quanto previsto dall’articolo 9, comma-1 bis, per i procedimenti di cui all’articolo 711 del codice di procedura civile, e per i procedimenti di cui all’articolo 4, comma 16, della legge 1 dicembre 1970, n. 898;b) euro 98 per i processi di valore superiore a euro 1.100 e fino a euro 5.200 e per i processi di volontaria giurisdizione, nonche’ per i processi speciali di cui al libro IV, titolo II, capo I e capo VI, del codice di procedura civile, e per i processi contenziosi di cui all’articolo 4 della legge 1 dicembre 1970, n. 898;

  1. c) euro 237 per i processi di valore superiore a euro 5.200 e fino a euro 26.000 e per i processi contenziosi di valore indeterminabile di competenza esclusiva del giudice di pace;d) euro 518 per i processi di valore superiore a euro 26.000 e fino a euro 52.000 e per i processi civili di valore indeterminabile;e) euro 759 per i processi di valore superiore a euro 52.000 e fino a euro 260.000;f) euro 1.214 per i processi di valore superiore a euro 260.000 e fino a euro 520.000;g) euro 1.686 per i processi di valore superiore a euro 520.000.1-bis. Il contributo di cui al comma 1 e’ aumentato della meta’ per i giudizi di impugnazione ed e’ raddoppiato per i processi dinanzi alla Corte di cassazione.

1-ter. Per i processi di competenza delle sezioni specializzate di cui al decreto legislativo 27 giugno 2003, n. 168, e successive modificazioni, il contributo unificato di cui al comma 1 e’ raddoppiato. Si applica il comma 1-bis.1-quater. Quando l’impugnazione, anche incidentale, e’ respinta integralmente o e’ dichiarata inammissibile o improcedibile, la parte che l’ha proposta e’ tenuta a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione, principale o incidentale, a norma del comma 1-bis. Il giudice da’ atto nel provvedimento della sussistenza dei presupposti di cui al periodo precedente e l’obbligo di pagamento sorge al momento del deposito dello stesso. 1-quinquies. Per il procedimento introdotto con l’istanza di cui all’articolo 492-bis, primo comma, del codice di procedura civile il contributo dovuto e’ pari ad euro 43 e non si applica l’articolo 30.2. Per i processi di esecuzione immobiliare il contributo dovuto e’ pari a euro 278. Per gli altri processi esecutivi lo stesso importo e’ ridotto della meta’. Per i processi esecutivi mobiliari di valore inferiore a 2.500 euro il contributo dovuto e’ pari a euro 43. Per i processi di opposizione agli atti esecutivi il contributo dovuto e’ pari a euro 168.

2-bis. Per i processi dinanzi alla Corte di cassazione, oltre al contributo unificato, e’ dovuto un importo pari all’imposta fissa di registrazione dei provvedimenti giudiziari.

  1. Il contributo e’ ridotto alla meta’ per i processi speciali previsti nel libro IV, titolo I, del codice di procedura civile, compreso il giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo e di opposizione alla sentenza dichiarativa di fallimento e per le controversie individuali di lavoro o concernenti rapporti di pubblico impiego, salvo quanto previsto dall’articolo 9, comma 1-bis. Ai fini del contributo dovuto, il valore dei processi di sfratto per morosita’ si determina in base all’importo dei canoni non corrisposti alla data di notifica dell’atto di citazione per la convalida e quello dei processi di finita locazione si determina in base all’ammontare del canone per ogni anno.3-bis. Ove il difensore non indichi il proprio numero di fax ai sensi dell’articolo 125, primo comma, del codice di procedura civile e il proprio indirizzo di posta elettronica certificata ai sensi dell’articolo 16, comma 1-bis, del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, ovvero qualora la parte ometta di indicare il codice fiscale nell’atto introduttivo del giudizio o, per il processo tributario, nel ricorso il contributo unificato e’ aumentato della meta’. 4. (Comma abrogato, a decorrere dal 1° gennaio 2010, dall’art. 2, comma 212, lett. c), n. 3 legge 23 dicembre 2009 n. 191).
  2. Per la procedura fallimentare, che e’ la procedura dalla sentenza dichiarativa di fallimento alla chiusura, il contributo dovuto e’ pari a euro 851. 6. Se manca la dichiarazione di cui all’articolo 14, il processo si presume del valore indicato al comma 1, lettera g). Se manca la dichiarazione di cui al comma 3-bis dell’articolo 14, il processo si presume del valore indicato al comma 6-quater, lettera f).

6-bis. Il contributo unificato per i ricorsi proposti davanti ai Tribunali amministrativi regionali e al Consiglio di Stato e’ dovuto nei seguenti importi:a) per i ricorsi previsti dagli articoli 116 e 117 del decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104, per quelli aventi ad oggetto il diritto di cittadinanza, di residenza, di soggiorno e di ingresso nel territorio dello Stato e per i ricorsi di esecuzione nella sentenza o di ottemperanza del giudicato il contributo dovuto e’ di euro 300. Non e’ dovuto alcun contributo per i ricorsi previsti dall’articolo 25 della citata legge n. 241 del 1990 avverso il diniego di accesso alle informazioni di cui al decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 195, di attuazione della direttiva 2003/4/CE sull’accesso del pubblico all’informazione ambientale;b) per le controversie concernenti rapporti di pubblico impiego, si applica il comma 3;c) per i ricorsi cui si applica il rito abbreviato comune a determinate materie previsto dal libro IV, titolo V, del decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104, nonche’ da altre disposizioni che richiamino il citato rito, il contributo dovuto e’ di euro 1.800;d) per i ricorsi di cui all’articolo 119, comma 1, lettere a) e b), del codice di cui all’allegato 1 al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104, il contributo dovuto e’ di euro 2.000 quando il valore della controversia e’ pari o inferiore ad euro 200.000; per quelle di importo compreso tra euro 200.000 e 1.000.000 il contributo dovuto e’ di euro 4.000 mentre per quelle di valore superiore a 1.000.000 di euro e’ pari ad euro 6.000. Se manca la dichiarazione di cui al comma 3-bis dell’articolo 14, il contributo dovuto e’ di euro 6.000;e) in tutti gli altri casi non previsti dalle lettere precedenti e per il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica nei casi ammessi dalla normativa vigente, il contributo dovuto e’ di euro 650.6-bis.1. Gli importi di cui alle lettere a), b ), c), d) ed e) del comma 6-bis sono aumentati della meta’ ove il difensore non indichi il proprio indirizzo di posta elettronica certificata e il proprio recapito fax, ai sensi dell’articolo 136 del codice del processo amministrativo di cui al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104, ovvero qualora la parte ometta di indicare il codice fiscale nel ricorso. L’onere relativo al pagamento dei suddetti contributi e’ dovuto in ogni caso dalla parte soccombente, anche nel caso di compensazione giudiziale delle spese e anche se essa non si e’ costituita in giudizio. Ai fini predetti, la soccombenza si determina con il passaggio in giudicato della sentenza. Ai fini del presente comma, per ricorsi si intendono quello principale, quello incidentale e i motivi aggiunti che introducono domande nuove.

6-ter. (Comma abrogato, a decorrere dal 6 luglio 2011, dall’art. 37, comma 14 decreto-legge 6 luglio 2011 n. 98).

6-quater. Per i ricorsi principale ed incidentale proposti avanti le Commissioni tributarie provinciali e regionali e’ dovuto il contributo unificato nei seguenti importi:a) euro 30 per controversie di valore fino a euro 2.582,28;b) euro 60 per controversie di valore superiore a euro 2.582,28 e fino a euro 5.000;c) euro 120 per controversie di valore superiore a euro 5.000 e fino a euro 25.000 e per le controversie tributarie di valore indeterminabile;d) euro 250 per controversie di valore superiore a euro 25.000 e fino a euro 75.000;e) euro 500 per controversie di valore superiore a euro 75.000 e e) euro 500 per  controversie  di  valore  superiore  a  euro e) euro 500 per  controversie  di  valore  superiore  a  euro e) euro 500 per  controversie  di  valore  superiore  a  euro75.000 e fino a euro 200.000;f) euro 1.500 per controversie di  valore  superiore  a  euro200.000.u) all’articolo 14, dopo il comma 3, e’ inserito il seguente:”3-bis.  Nei  processi  tributari,  il   valore   della   lite,determinato ai  sensi  del  comma  5  dell’articolo  12  del  decreto legislativo 31 dicembre 1992, n.  546,  e  successive  modificazioni,deve risultare da  apposita  dichiarazione  resa  dalla  parte  nelle conclusioni  del  ricorso,  anche  nell’ipotesi  di  prenotazione   a debito.”;v) all’articolo 18, comma 1, secondo periodo:1) dopo le parole: “volontaria giurisdizione,” e’ soppressa  laseguente “e”;2) dopo le parole: “processo amministrativo” sono  inserite  le seguenti. “e nel processo tributario”;z) all’articolo 131, comma 2:1) alla lettera a):a)  dopo  le  parole:  “processo  civile,”  e’  soppressa  laseguente: “e”;b) dopo le parole: “processo amministrativo” sono aggiunte le seguenti: “e nel processo tributario”;2) alla lettera b), le parole: “e tributario” sono soppresse;aa) all’articolo 158, comma 1:1) alle lettera a):a)  dopo  le  parole:  “processo  civile”  e’  soppressa   la seguente: “e”;b) dopo le parole: “processo amministrativo” sono aggiunte le seguenti: “e nel processo tributario”;2) alla lettera b), le parole: “e tributario” sono soppresse; bb) la rubrica del capo I  del  titolo  III  della  parte  VI  e’sostituita  dalla  seguente:”Capo  I  –  Pagamento   del   contributo unificato nel processo civile, amministrativo e tributario”;  cc) l’articolo 260 e’ abrogato.>>.Estratto da https://www.gazzettaufficiale.it/atto/serie_generale/caricaArticolo?art.progressivo=0&art.idArticolo=37&art.versione=1&art.codiceRedazionale=011G0146&art.dataPubblicazioneGazzetta=2011-07-06&art.idGruppo=6&art.idSottoArticolo1=10&art.idSottoArticolo=1&art.flagTipoArticolo=0

 

[43] Cfr, sul punto art. 168 c.p.c. il quale prescrive che:<<All’atto della costituzione dell’attore [165 c.p.c.] o, se questi non si è costituito, all’atto della costituzione del convenuto [166 c.p.c.], su presentazione della nota d’iscrizione a ruolo, il cancelliere iscrive la causa nel ruolo generale [38, 71, 72, 80 disp. att.] (1).

Contemporaneamente il cancelliere forma il fascicolo d’ufficio [36 disp. att.], nel quale inserisce la nota di iscrizione a ruolo, copia dell’atto di citazione, delle comparse e delle memorie in carta non bollata, e successivamente, i processi verbali di udienza [126 c.p.c.], i provvedimenti del giudice, gli atti d’istruzione e la copia del dispositivo delle sentenze [72, 73, 76, 89, 96, 111, 123 bis, 126 disp. att.] (2).>>estratto da Commentario breve al Codice di procedura civile , Carpi-Taruffo, Cedam Ottava edizione.

 

[44] Cfr.art 71,72 disp.att c.p.c. i quali rispettivamente prescrivono che:<< Art. 71. (Nota d’iscrizione a ruolo). La nota d’iscrizione della causa nel ruolo generale deve contenere l’indicazione delle parti, del procuratore che si costituisce, dell’oggetto della domanda e della data di notificazione della citazione. Art. 72. (Deposito del fascicolo di parte e iscrizione a ruolo). Insieme con la nota d’iscrizione a ruolo la parte deve consegnare al cancelliere il proprio fascicolo. Esso e’ custodito in unica cartella col fascicolo d’ufficio che il cancelliere forma a norma dell’articolo 168 secondo comma del codice. Nella stessa cartella sono custoditi i fascicoli delle parti che si costituiscono successivamente.>> estratti da https://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:regio.decreto:1941-08-25;1368

[45] Aattività tipica del processo in senso generale.

[46] Come previsto dal legislatore ( D.L.27.06.2015, n.83, art.19 convertito nella L.6.8.2015 n.132) in materia di procedimenti civili ,contenziosi, di volontaria giurisdizione innanzi i tribunali ; dal 30.06.2015, nelle Corti d’Appello è sempre ammesso il deposito per via telematica dell’atto introduttivo e dei documenti offerti in comunicazione , da parte del difensore o del dipendente della pubblica amministrazione  per il cui tramite la stessa si avvale per stare in giudizio personalmente .Sul punto è opportuno ricordare le disposizioni previste dalla L. 221/2012 a norma del quale in decorrenza dal 30.06.2014 nei procedimenti civili,contenziosi o di volontaria giurisdizione, innanzi al tribunale, il deposito degli atti e dei documenti provenienti dalle parti già costituitesi , avviene in modo esclusivo tramite inoltro telematico.Stessa operazione è prevista in ordine al deposito di   atti  e documenti provenienti da soggetti da soggetti nominati dalle parti suddette.Sul punto , a norma del comma 7 , il deposito avviene nel momento in cui    viene generata la ricevuta di avvenuta consegna da parte del gestore di posta elettronica certificata del Ministero della Giustizia.Resta , salva la possibilità, in capo all’organo giudiziario di autorizzare il deposito  in commento tramite modalità tradizionali nel caso in cui i sistemi informatici del sito del Ministero suddetto non siano funzionanti, lo stesso organo giudicante  potrà ordinare il deposito di copia cartacea di atti e documenti per ragioni specifiche  insite al procedimento .

[47]Le prime avvisaglie scientifiche del fenomeno giuridico del “giudice naturale” si hanno in Francia , durante l’assolutismo regio, come risposta al potere reale che in base al principio giuridico denominato  “Justice retenue” il quale prevedeva che il sovrano aveva facoltà, di esercitre in ogni momento, un processo alla sua naturale giurisdizione e attribuirlo alla cognizione del suo Consiglio ( evocation) , o di attribuirlo all’esame di giudici speciali tra i quali si ricorda la Commissions extraordinaires e la chambre de justice.

[48] Sul punto è necessario ricordare che il termine termporale indicato non è inteso dalla giurisprudenza in senso  assolutamente perentorio ;pertanto la puntuale applicazione dello stesso è rimessa esclusivamente al solo senso di responsabilità dei capi degli uffici e dei cancellieri.

[49] Cfr.art.7ter ordinamento giudizario il quale dispone che:<< 1. L’assegnazione degli affari alle singole sezioni ed ai singoli collegi e giudici è effettuata, rispettivamente, dal dirigente dell’ufficio e dal presidente della sezione o dalmagistrato che la dirige, secondo criteri obiettivi e predeterminati, indicati in via generale dal Consiglio superiore della magistratura ed approvati contestualmente alle tabelle degli uffici e con la medesima procedura. Nel determinare i criteri per l’assegnazione degli affari penali al giudice per le indagini preliminari, il Consiglio superiore della magistratura stabilisce la concentrazione, ove possibile, in capo allo stesso giudice dei provvedimenti relativi al medesimo procedimento e la designazione di un giudice diverso per lo svolgimento delle funzioni di giudice dell’udienza preliminare. Qualora il dirigente dell’ufficio o il presidente della sezione revochino la precedente assegnazione ad una sezione o ad un collegio o ad un giudice, copia del relativo provvedimento motivato viene comunicata al presidente della sezione e al magistrato interessato (3). 2. Il Consiglio superiore della magistratura stabilisce altresi’ i criteri per la sostituzione del giudice astenuto, ricusato o impedito. [Il Consiglio superiore della magistratura determina i criteri generali per l’organizzazione degli uffici del pubblico ministero e per l’eventuale ripartizione di essi in gruppi di lavoro.] (4) (1) Articolo inserito dall’articolo 4, comma 1, del D.P.R. 22 settembre 1988, n. 449. (2) Rubrica sostituita dall’articolo 1, comma 1, lettera a), del D.Lgs. 4 maggio 1999, n. 138. (3) Comma modificato dall’articolo 6, comma 1, lettera a), del D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51, per l’efficacia vedi l’ articolo 247 del D.Lgs. 51/1998 medesimo, come modificato dall’ articolo 1, comma 1, della Legge 16 giugno 1998, n. 188. Successivamente modificato dall’articolo 1, comma 1, lettera b), del D.Lgs. 4 maggio 1999, n. 138.

(4) Comma aggiunto dall’articolo 6, comma 1, lettera b), del D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51, per l’efficacia vedi l’ articolo 247 del D.Lgs. 51/1998 medesimo, come modificato dall’ articolo 1, comma 1, della Legge 16 giugno 1998, n. 188. Successivamente abrogato dall’articolo 7, comma 1, lettera a), del D.Lgs. 20 febbraio 2006, n. 106.>>estratto da https://www.csm.it/documents/21768/112811/Regio+Decreto+30+gennaio+1941+n.+12/e0c468bc-4c2b-4010-bba8-26609e4ba1f6

[50] Cfr.art. 7 bis ordianamneto giudiziario il quale prescrive che: << 1. La ripartizione degli uffici giudiziari di cui all’articolo 1 in sezioni, la destinazione dei singoli magistrati alle sezioni e alle corti di assise, la assegnazione alle sezioni dei relativi presidenti e la attribuzione dell’incarico di cui agli articoli 35 comma 3, 46 comma 4, 50- bis, il conferimento delle specifiche attribuzioni processuali individuate dalla legge, la formazione dei collegi giudicanti, sono stabiliti ogni biennio con decreto del Presidente della Repubblica, in conformita’ delle deliberazioni del Consiglio superiore della magistratura assunte sulle proposte dei presidenti delle corti di appello, sentiti i consigli giudiziari. Decorso il biennio, l’efficacia del decreto e’ prorogata fino a che non sopravvenga un altro decreto. 2. Le deliberazioni di cui al comma 1 sono adottate dal Consiglio superiore della magistratura, valutate le eventuali osservazioni formulate dal Ministro di grazia e giustizia ai sensi dell’articolo 11 della legge 24 marzo 1958, n. 195, e possono essere variate nel corso del biennio per sopravvenute esigenze degli uffici giudiziari, sulle proposte dei presidenti delle corti di appello, sentiti i consigli giudiziari. I provvedimenti in via di urgenza, concernenti le tabelle, adottati dai dirigenti degli uffici sulla assegnazione dei magistrati, sono immediatamente esecutivi, salva la deliberazione del Consiglio superiore della magistratura per la relativa variazione tabellare. 3. Per quanto riguarda la corte suprema di cassazione il Consiglio superiore della magistratura delibera sulla proposta del primo presidente della stessa corte.>> estratto da https://www.csm.it/documents/21768/112811/Regio+Decreto+30+gennaio+1941+

[51] Sul punto si rimanda l’inteprete ad ulteriori approfondimenti e confronti , a Diritto processuale civile , diretto da L.Dittrich, Utet giuridica, tomo secondo pag 1551 e ss.

[52] Sul putno il giudice delle leggi ha ribadito che i criteri normativi previsti per l’assegnazione degli affari attraverso tramite l’esercizio dei poteri riconosciuti ai capi delle sezioni giudiziarie devono essere tali da garantire un verifica successiva al loro esperimento al fine di stabilirne la loro puntuale osservanza in ispecie.Alla luce  delle riflessioni sin qui riportate, è necessario riportare in quesa sede un breve estratto  ad oggetto la rispost(a sul punto in esame) dal  CSM in data 17 .11.2010 il quale afferma che << le competenze del giudice civile nella gestione dell’attività d’udienza devono collocarsi sistematicamente e razionalmente nella su indicata cornic e organizzativa , nell’ambito della quale egli si trova ad operare , sicchè, approvato il progetto tabellare, il giudice civile è tenuto a celebrare le udienze individuate nel progetto tabellare salve motivate e specificate eseigenze da comunicare tempestivamente al magistrato dirigente dell’ufficio.>> Da ultimo si segnala  sulla tematica in esame la pronuncia del suddetto organo giurisdizionale C. cost.17.7.1998,n,272 che ha espressamente previsto l’estensione dell’obbligo di matrice costituzionale, del rispetto delle prescrizioni tabellari anche all’ordinamento interno della Corte dei conti.

 

[53] Cfr.sul punto art.70 bis disp.att c.p.c. il quale prescrive che:<< I termini di comparizione, stabiliti nell’articolo 163-bis del codice, debbono essere osservati in relazione all’udienza fissata nell’atto di citazione, anche se la causa è rinviata ad altra udienza a norma dell’articolo 168-bis quarto comma dello stesso codice.>>. Estratto da Commentario breve al Codice di procedura civile , Carpi-Taruffo, Cedam Ottava edizione.

 

 

[54] In argomento si rinvia alle pronuncie della Suprema Corte: Cass.30.1.2017, n.2299; Cass.31.10.2016, n.22120;Cass.22.2015,n.1127;Cass.19.2.2009,n.4030;Cass.23.6.2008,n.17032;Cass.11.7.2006,n.15705;Cass.4.11.2003,n.16526;Cass.20.9.2002, n.13476;Cass. 29.20.2011, n.13427.  In ordine alla tematica in oggetto si rimanda ,l’interprete allo studio di Onniboni, sub art.168 bis c.p.c., in Comoglio-Consolo-Sassani-Vaccarella, in Commentario del codice di procedura civile, Torino, 2012, pagg 153 e ss..

Avv. Cristiano Tripodi

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