Nel giudizio in via principale promosso dal Presidente del Consiglio dei
ministri per sottoporre a scrutinio di costituzionalità i primi nove commi
dell’art. 47 della Legge finanziaria per l’anno 2012 della Regione Piemonte,
si dibatte sulla possibile riconduzione della normativa impugnata ad una
delle materie di competenza esclusiva o concorrente statale.
Si precisa che, nell’economia della presente, chi scrive andrá esponendo
personali argomentazioni e ragionate opinioni sui profili di
costituzionalitá della disciplina oggetto di scrutinio.
Se ne deduce che la breve nota non ripercorre né si ispira ai principi di
diritto espressi nella sentenza, per conoscere gli autorevoli contenuti
della quale si rimanda alle sedi ed ai mezzi piú opportuni.
Linea espositiva e conclusioni potrebbero essere, quindi, profondamente
diversi.
La disciplina scrutinata regolamenta il collaudo delle opere pubbliche (in
particolare la selezione dei soggetti abilitati al suo svolgimento) e
rientra nella materia dei “lavori pubblici”, non annoverata tra quelle
elencate dall’art. 117 Cost., nè in riferimento alla competenza esclusiva
statale, nè a quella concorrente.
Se ne dedurrebbe, in prima istanza, che tale materia ricada ex absentia
nella competenza regionale, ma si ritiene necessaria maggiore cautela.
Dato che a carico dello Stato si configura una “presunzione di
incompetenza”, é necessario argomentare per individuare i “titoli”
costituzionali di competenza questi puó esercitare la propria potestá
legislativa nel caso in analisi.
Per quanto possa lecitamente sostenersi che l’art. 117 riferisca alle
regioni la competenza legislativa relativa a tutte le materie “non
espressamente” nominate, la Corte Costituzionale ha più volte efficacemente
argomentato per l’estensione della competenza statale anche a materie
implicitamente riconducibili alla sfera dello Stato (nonostante sia stata
espunta la clausola generale dell’”interesse nazionale”, sono stati infatti
approntati strumenti interpretativi più sofisticati ma non meno invasivi).
Ne è prova l’esistenza, documentata nella giurisprudenza costituzionale, di
materie “trasverali”, virtualmente dilatabili fino ad invadere anche
l’ambito di competenza esclusiva regionale, a differenza delle “statiche”
materie oggetto, riferite ad insiemi chiusi e predeterminabili di
fattispecie astratte.
Tali materie sono formulate teleologicamente come finalità da raggiungere,
non definite astrattamente come oggetti chiaramente perimetrati, e
comprendono anche la “tutela dell’ambiente e dell’ecosistema”, la
salvaguardia “della concorrenza” e “l’ordinamento civile”, espressione
ellitica per riferirsi a tutti i rapporti interprivati.
Nel caso di specie è lucidamente intuibile che la disciplina degli appalti
pubblici debba essere formulata in modo da garantire il dispiegarsi ordinato
e regolare delle dinamiche della concorrenza (che trova negli appalti crux
et delitia) e che una disuniformità territoriale forse tradirebbe la
necessità di assicurare conoscibilità e certezza ai traffici giuridici,
fondamento ontologico della materia trasversale.
Per quanto riguarda la “tutela dell’ecosistema”, tale materia “trasversale”
giustifica incursioni nella potestà legislativa regionale laddove siano
giustificate dall’interesse nazionale al perseguimento del fine “rispetto
dell’ambiente” e così certamente può argomentarsi per il caso di specie,
dato che la selezione degli agenti per il collaudo e la disciplina degli
appalti più in generale devono asservirsi alla finalità (dal che “materia
teleologica”) di valorizzare e preservare l’ecosistema, assicurando che lo
svolgersi dell’appalto non lo comprometta oltre la misura ragionevole.
Allo stesso modo i rapporti interprivati che vengono in rilievo nello
svolgersi dell’appalto riconducono la fattispecie all’”ordinamento civile”.
Ma si voglia pur considerare che si realizzi una sovrapposizione tra profili
attinenti alla tutela della concorrenza e dell’ecosistema, riferiti alla
competenza statale, con profili strictu senso “innominati” e per tale via
ricadenti nella potestà regionale, si perverrebbe a soluzione in favore
dello Stato anche servendosi dello strumento della “prevalenza” , già
teorizzato dalla Consulta nel caso degli asili nido del 2003.
Infine se si conduce un’analisi storica e sistematica sulla disciplina degli
appalti, come per gli asili nido nella citata pronuncia, la realtà giuridica
restituirtà un simile nesso strutturale con la competenza statale.
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