Mancata cooperazione processuale
Respinto dunque il ricorso della donna avverso la revoca del mantenimento, in quanto volto ad una rivisitazione dei fatti già vagliati dai giudici di merito – secondo gli Ermellini – con motivazione logica e coerente. In particolare la Corte d’Appello aveva riscontrato la percezione mensile di redditi da parte dell’ex moglie e, d’altra parte, la mancata indicazione di conti correnti e di altra documentazione comprovante le reali sostanze economiche, aveva indotto i giudici a deporre a sfavore della donna, stante il suo comportamento processuale omissivo.
Desunta autosufficienza economica
La Corte distrettuale, in altre parole, non ha presunto o ritenuto provata l’esistenza di conti bancari, ma ha invece presunto la disponibilità di un reddito sufficiente a garantire mezzi adeguati per soddisfare le esigenze di vita della donna, sia con riferimento al periodo antecedente e successivo al matrimonio, sia con riferimento al periodo di intermittente convivenza dei coniugi che, in difetto di qualsivoglia comunione di vita, avevano sempre provveduto a soddisfare le loro esigenze con i propri esclusivi mezzi.
La Cassazione pertanto, a sostegno della revoca dell’assegno, ha valorizzato non solo la brevissima durata del matrimonio, ma altresì la totale autosufficienza della donna (sebbene i suoi averi non fossero stati esattamente dimostrati in giudizio), desunta dalla sua capacità di mantenersi autonomamente, come dimostrato prima durante e dopo il matrimonio, dalla sua capacità di trovare un’occupazione, stante anche l’età e la competenza professionale, dalla disponibilità di un’abitazione e dalla presenza di investimenti immobiliari.
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Manuela Rinaldi | 2017 Maggioli Editore
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