Integra il reato di falsità ideologica in atto pubblico la condotta del tecnico che attesti falsamente in una perizia giurata.
(Riferimento normativo: Cod. pen., art. 483)
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1. La questione
La Corte di Appello de l’Aquila confermava una pronuncia di condanna di primo grado per il reato di cui all’art. 483, comma 2, cod. pen. poiché l’imputato, nella sua qualità di architetto, in una perizia di stima, attestava falsamente il vero.
Ciò posto, avverso il provvedimento emesso dai giudici di seconde cure proponeva ricorso per Cassazione la difesa dell’accusato che, tra i motivi ivi addotti, deduceva motivazione apparente in ordine agli artt. 192 e 546 del medesimo codice e all’art. 483 cod. pen., nonché assenza di motivazione sulla sussistenza del dolo.
In particolare, secondo la prospettazione dell’imputato, la decisione impugnata non avrebbe, come già quella di primo grado, fornito chiarimenti circa la possibilità di ascrivere la condotta contestata al delitto ex art. 483 cod. pen. quanto alla natura meramente privatistica della perizia di parte, cui la giurisprudenza attribuisce valenza solo indiziaria ai fini probatori, e non amministrativa.
Inoltre, sempre ad avviso dell’impugnante, la Corte territoriale non avrebbe reso alcuna motivazione sulla sussistenza del dolo, così ascrivendo al medesimo ricorrente una condotta al massimo negligente e, dunque, colposa.
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2. La soluzione adottata dalla Cassazione
Il Supremo Consesso riteneva il motivo summenzionato infondato.
In particolare, gli Ermellini, dopo avere fatto presente che la perizia giurata stragiudiziale, introdotta nel nostro ordinamento dall’art. 5 del r.d. 9 ottobre 1922 n. 1366, è un istituto al quale più volte il legislatore ha fatto ricorso nel delegare al cittadino quelle funzioni di accertamento, una volta riservate alla pubblica amministrazione, ed aventi ad oggetto presupposti di fatto essenziali, connessi all’esercizio di diritti soggettivi e di interessi legittimi, ne faceva derivare da ciò che, se la falsa attestazione riguarda circostanze di fatto oggetto di percezione diretta, e non valutazioni conseguenti alla utilizzazione di regole d’esperienza, è ravvisabile, nei suoi aspetti oggettivi, l’ipotesi delittuosa prevista dall’art. 483 cod. pen., atteso che la formula del giuramento prestato al cancelliere attribuisce al contenuto della perizia, nella parte relativa alla attestazione di fatti oggettivi, la efficacia probatoria conseguente alla natura pubblicistica dell’atto (Sez. 5, n. 12108 del 09/07/1987).
Oltre a ciò, si evidenziava al contempo come questo orientamento nomofilattico sia rimasto fermo nella giurisprudenza di legittimità successiva che ha ribadito che integra il delitto di falsità ideologica del privato in atto pubblico il rilascio, da parte di un esperto qualificato iscritto in un albo speciale, di false attestazioni in merito a circostanze di fatto oggetto di percezione diretta, riversate in un atto pubblico, costituenti premessa di un provvedimento dell’autorità, amministrativa o giudiziaria, che, in assenza delle stesse, dovrebbe o potrebbe disporre l’accertamento d’ufficio (in applicazione di tale principio, ad esempio, Sez. 5, n. 12733 del 27/01/2020, ha ritenuto integrato il delitto di cui all’art. 483 cod. pen. in fattispecie relativa all’asseverazione da parte di un tecnico incaricato, mediante falso giuramento reso al cancelliere, di una relazione peritale dallo stesso redatta, nella quale si attestava, contrariamente al vero, che l’immobile oggetto di verifica non aveva subito, in epoca successiva ad una determinata data, interventi edilizi per i quali era necessario il rilascio di concessione edilizia).
Né, del resto, per la Corte di legittimità, nell’ipotesi in esame, il reato di falsità ideologica in atto pubblico poteva essere escluso perché la perizia giurata dall’imputato, che aveva attestato la presenza in loco del manufatto già demolito, era destinata ad essere allegata a un contratto di compravendita rogato da un notaio poiché ad essere responsabili di quanto dichiarato su determinate caratteristiche oggettive dell’immobile non rispondenti al vero sono i privati che effettuano la dichiarazione, sulla cui veridicità il notaio non ha alcun obbligo di compiere verifiche (cfr., ex ceteris, Sez. 5, n. 5178 del 12/12/2017; Sez. 5, n. 11628 del 30/11/2011).
La Suprema Corte, pertanto, alla luce delle considerazioni sin qui esposte, formulava il principio di diritto secondo il quale integra il reato di falsità ideologica in atto pubblico la condotta del tecnico che attesti falsamente in una perizia giurata dinanzi al cancelliere l’esistenza ovvero l’inesistenza di circostanze di fatto oggetto di percezione diretta da parte dello stesso.
D’altronde, sempre ad avviso dei giudici di piazza Cavour, la peculiare natura della perizia stragiudiziale giurata che non è un atto privatistico, stante la funzione solenne e dunque pubblicistica riservata a tale atto dall’ordinamento proprio per asseverare determinate circostanze da parte di un soggetto avente particolari cognizioni tecniche quale presupposto di ulteriori atti, comportava che non potesse ritenersi che il ricorrente, professionista esperto, fosse incorso in un errore rilevante sulla valenza delle proprie attestazioni non rispondenti al vero tale da far escludere l’elemento soggettivo del reato.
3. Conclusioni
La decisione in esame desta un certo interesse essendo ivi postulato che integra il reato di falsità ideologica in atto pubblico la condotta del tecnico che attesti falsamente in una perizia giurata.
Si afferma difatti in tale pronuncia, sulla scorta di un pregresso e costante orientamento nomofilattico, che è configurabile il reato di falsità ideologica in atto pubblico, laddove un tecnico attesti falsamente in una perizia giurata dinanzi al cancelliere l’esistenza, ovvero l’inesistenza di circostanze di fatto oggetto di percezione diretta da parte dello stesso.
È dunque sconsigliabile, perlomeno alla stregua di tale approdo ermeneutico, sostenere l’insussistenza di tale illecito penale ove si verifichi una situazione di questo genere.
Ad ogni modo, il giudizio in ordine a quanto statuito in codesta sentenza, proprio perché contribuisce a fare chiarezza su siffatta tematica giuridica sotto il versante giurisprudenziale, non può che essere che positivo.
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