È questo il principio di diritto espresso dal Giudice del Lavoro del Tribunale di Brindisi con sentenza 13/11/19 n. 2502.
Questi i fatti
La ricorrente aveva partecipato a una selezione pubblica per soli titoli indetta dalla Provincia di Brindisi e riservata ai soggetti disabili iscritti alle liste di cui all’art. 8 co. 2 Legge n. 68/99, da assumere con contratto di lavoro a tempo pieno e indeterminato presso la Sanità Service Asl Br.
Al momento della compilazione della domanda di accesso alla procedura, la ricorrente aveva erroneamente auto dichiarato i titoli posseduti, vantando un precedente rapporto di lavoro per la durata di ore 18 settimanali al posto delle 6 ore effettivamente contrattualizzate.
In sede di controlli, l’Amministrazione aveva riscontrato la falsità dell’autodichiarazione, procedendo conseguentemente ad escludere la ricorrente dalla graduatoria finale dove si era utilmente collocata alla terza posizione.
Con il ricorso al Tribunale di Brindisi, la ricorrente aveva censurato il provvedimento di esclusione, lamentando la violazione dell’art. 75 DPR n. 445/00 nella parte in cui sanzione il dichiarante con la decadenza dai benefici direttamente conseguenti al provvedimento emanato sulla base della dichiarazione non veritiera.
Sempre nella tesi della ricorrente, l’a sua esclusione dal concorso doveva ritenersi illegittima in quanto la falsa dichiarazione atteneva solo ai titoli vantati, senza incidere sul possesso dei requisiti per l’accesso alle dipendenze della Pubblica Amministrazione.
Resistendo al ricorso, la Provincia di Brindisi e la Sanità Service aveva eccepito la conformità dell’esclusione impugnata alla normativa di settore (art. 35 del D. Lgs. n. 165/2001) e alla clausola del bando di preselezione secondo cui, in presenza di dichiarazioni non veritiere, accede l’esclusione dalla selezione secondo quanto disposto dall’art 75 DPR n. 445/2000 in base al quale è la dichiarazione non veritiera in sé a determinare la decadenza dai benefici ottenuti tramite la dichiarazione medesima, senza residuare margini di discrezionalità in capo alla P.A..
Il Giudice del Lavoro del Tribunale di Brindisi, segnando un importante precedente in materia di false dichiarazioni nelle procedure concorsuali, ha ritenuto fondate le tesi della candidata, giudicando irrilevante la falsa dichiarazione che ricade sui soli titoli ma non incide sul possesso dei requisiti per l’accesso alle dipendenze della Pubblica Amministrazione.
La decisione
Il Giudice adito si è discostato dal prevalente orientamento giurisprudenziale secondo cui alla P.A. che si accerti della non veridicità delle dichiarazioni rilasciate all’atto di partecipazione del bando, non è lasciato alcun margine di discrezionalità in quanto la perdita del relativo beneficio ottenuto prescinde dalla condizione soggettiva del dichiarante, rilevando solo la falsità della dichiarazione, (ex multis: Consiglio di Stato, Sez. V, 27/04/12 n. 2447; Consiglio di Stato, Sez. VI, 1/11/2011 n. 5973) ed ha aderito alle tesi della lavoratrice, distinguendo “le dichiarazioni mendaci relative ai requisiti di partecipazione da quelle inerenti i titoli di merito, facendo discendere solo nel primo caso l’esclusione della graduatoria, mentre nel secondo caso solo la rettifica del punteggio”.
Sulla scorta di tale importante decisione, pertanto, ha ordinato alle Amministrazioni resistenti il reinserimento in graduatoria della ricorrente, condannandole al risarcimento del danno da perdita chance.
Si tratta di un importante approdo giurisprudenziale perché supera il precedente orientamento secondo cui l’esclusione dalla procedura era da intendersi come conseguenza automatica della falsa dichiarazione, riconoscendo alla P.A. un margine di discrezione in materia e aprendo in importante distinguo nell’ambito delle false dichiarazioni.
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