Falso ideologico e falso materiale

Redazione 17/10/18
Per distinguere agevolmente i due concetti di “falso ideologico” e di “falso materiale” la più recente giurisprudenza si richiama ai caratteri fondamentali di un documento, la genuinità e la veridicità, conseguentemente identificando il “falso materiale” con la condotta che compromette la genuinità di un documento ed il “falso ideologico” con la condotta che, invece, ne compromette la veridicità. Più specificamente, la falsità materiale si concretizza nella condotta diretta a modificare una realtà documentale preesistente rispetto a quella che l’autore del falso fa apparire (cfr. Cass. pen., sez. II, n. 28076/2012); essa può manifestarsi sia nella forma della contraffazione che in quella dell’alterazione del documento, laddove il primo concetto (quello della “contraffazione del documento”) identifica la formazione di un documento da parte di una persona diversa da quella da cui apparentemente lo stesso risulta provenire, mentre il secondo (quello dell’“alterazione del documento”) fa riferimento ad una condotta avente ad oggetto un documento già definitivamente formato su quale si operano delle modifiche (mediante aggiunte, cancellazioni ecc.). Tale distinzione concettuale, peraltro, ha un rilievo eminentemente pratico e descrittivo, posto che le falsità materiali, se penalmente rilevanti, sono sempre punibili.

Falsità ideologica

Diversamente, la falsità ideologica attiene al contenuto (e non alla forma) del documento e consiste in quella condotta tesa a redigere un documento, che quindi è genuino e proviene realmente da chi appare esserne l’autore, il cui contenuto, però, non corrisponde al vero (cfr. Cass. pen., sez. II, n. 28076/2012), contenendo delle dichiarazioni menzognere. Perché possa configurarsi il falso ideologico in tutte le ipotizzate modalità di realizzazione occorre, naturalmente, che l’immutatio veri inerisca a “fatti” dei quali l’atto è destinato a provare la verità. La differenza tra i due concetti, peraltro, la si può cogliere anche sotto il profilo più squisitamente letterale delle norme incriminatrici, atteso che il legislatore nel riferirsi al falso ideologico utilizza sempre l’espressione “attesta falsamente”, mentre nel riferirsi al falso materiale utilizza le diverse espressioni di “contraffare” ed “alterare”. Peraltro, la Suprema corte ha avuto occasione anche di specificare che dev’essere escluso il concorso formale tra falso materiale e falso ideologico laddove la falsità riguardi il medesimo documento, “atteso che, trattandosi di un atto alterato o contraffatto, è irrilevante che lo stesso sia veridico o meno” (così Cass. pen., sez. V, n. 12400/2015).

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Giurisprudenza

1. La falsità “ideologica” e quella “materiale” In tema di falsità in atti, deve escludersi il concorso formale tra falso materiale e falso ideologico se la falsità riguarda il medesimo documento atteso che, trattandosi di un atto alterato o contraffatto, è irrilevante che lo stesso sia veridico o meno. (Cass. pen., sez. V, 13 novembre 2015, n. 12400). Il reato di falso ideologico in atto pubblico è configurabile in relazione a qualsiasi documento che, benché non imposto dalla legge, è compilato da un pubblico ufficiale nell’esercizio delle sue funzioni per documentare, sia pure nell’ambito interno dell’amministrazione di appartenenza, la regolarità degli adempimenti ai quali è obbligato ovvero circostanze di fatto cadute sotto la sua percezione diretta o, comunque, ricollegabili a tali adempimenti e si inserisce nell’”iter” procedimentale prodromico all’adozione di un atto finale. (Fattispecie relativa alla falsificazione di una scheda valutativa interna compilata dall’imputato nell’ambito di un procedimento di valutazione di un dirigente medico). (Cass. pen., sez. V, 19 novembre 2013, n. 9368). Integra il delitto di falsità materiale in scrittura privata la modificazione di una realtà documentale preesistente rispetto a quella che l’autore del falso fa apparire; diversamente, ricorre la falsità ideologica in scrittura privata, priva di rilievo penale, quando il documento è genuino e proviene realmente da chi appare esserne l’autore, ma il suo contenuto non corrisponde al vero. (Cass. pen., sez. II, 27 giugno 2012, n. 28076). Il falso ideologico in documenti a contenuto dispositivo può investire le attestazioni, anche implicite, contenute nell’atto e i presupposti di fatto giuridicamente rilevanti ai fini della parte dispositiva dell’atto medesimo, che concernano fatti compiuti o conosciuti direttamente dal pubblico ufficiale, ovvero altri fatti dei quali l’atto è destinato a provare la verità. (Cass. pen., Sez. Un., 28 giugno 2007, n. 35488). Integra soltanto il delitto di falsità materiale (art. 476 c.p.) e non anche la “falsità ideologica” punita dall’art. 479 c.p., la falsa rappresentazione della realtà mediante l’alterazione di un documento pubblico, giacché in tal caso la falsità consiste nella alterazione della “genuinità” del documento. (Cass. pen., sez. V, 21 dicembre 2005, n. 14292). Il falso ideologico postula necessariamente l’occultamento della situazione reale: ne consegue che commette il reato il pubblico ufficiale il quale, nell’ambito della competenza specifica del proprio ufficio, rediga un parere tecnico volontariamente non corrispondente al vero, e sulla base del quale la P.A. assuma la decisione di concedere una variante alla concessione edilizia rilasciata ad un privato. (Nella fattispecie nel parere si attestava che la richiesta variante avrebbe implicato una diversa distribuzione interna dei piani dell’edificio, mentre dagli atti era poi emerso che la variante avrebbe in realtà comportato una diversa destinazione d’uso dei locali). (Cass. pen., sez. VI, 8 aprile 2004, n. 26041).

2. L’elemento soggettivo: Ai fini della configurabilità del reato di falso ideologico è sufficiente il dolo generico che si concreta nella volontarietà della dichiarazione falsa, con la consapevolezza del suo carattere inveritiero, essendo irrilevanti le ragioni che hanno determinato l’agente ad operare l’attestazione e, quindi, qualsivoglia accertamento in ordine alla sua volontà di favorire sé o altri. (Fattispecie in cui l’imputato, falsificando la sottoscrizione della moglie, induceva il pubblico ufficiale ad attestare falsamente l’esistenza dei presupposti per l’iscrizione dei figli minori sul passaporto del padre). (Cass. pen., sez. V, 9 luglio 2014, n. 41172). Ai fini della sussistenza del delitto di falsità, materiale o ideologica, in atto pubblico, è sufficiente il dolo generico. Ciò non importa, però, che il dolo inest in re ipsa: al contrario, esso deve essere sempre rigorosamente provato e deve essere escluso tutte le volte in cui la falsità risulti essere oltre o contro la intenzione dell’agente, come quando risulti essere semplicemente dovuta ad una leggerezza o ad una negligenza di costui, poiché il sistema vigente ignora del tutto la figura del falso documentale colposo. Quanto alla prova, il dolo, quale fenomeno interno e soggettivo, si manifesta attraverso segni esteriori, sicché essa resta affidata ai facta concludentia, ossia a quelle modalità estrinseche dell’Azione dotate di valore sintomatico; assume anche rilievo (a volte decisivo), ai fini della prova, l’eventuale scopo perseguito o meno dall’agente, di modo che l’indagine – riservata al giudice di merito – esige che ogni singolo caso sia inquadrato e valutato nella cornice di circostanze concomitanti (fattispecie relativa ad annullamento di sentenza assolutoria non sufficientemente motivata, alla stregua degli indicati parametri, sulla Mancanza di dolo). (Cass. pen., sez. V, 16 dicembre 1986, n. 1358).

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