Il comma 26-quinquies del d.l. 4 luglio 2006 n. 223, recante disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonché interventi in materia di entrate e di contrasto all’evasione fiscale, convertito, con modificazioni, nella Legge 4 agosto 2006 n. 248, novellando l’articolo 19, comma 1, del decreto legislativo n. 546 del 1992, estende il novero degli atti autonomamente impugnabili mediante ricorso dinnanzi agli organi della giurisdizione tributaria.
In particolare è introdotta anche la possibilità di impugnazione degli atti anche nei casi in cui, decorso il termine per il pagamento della cartella notificata, agli effetti della riscossione dei tributi, sulla base del ruolo si procede a iscrizione di ipoteca sugli immobili del debitore e dei coobbligati (art. 77 del d.p.r. n. 602 del 1973) ovvero si esegue il fermo dei beni mobili registrati appartenenti ai medesimi soggetti (art. 86 dello stesso decreto).
Diversamente da quanto ritenuto da Autori illustri, però, non appare che la estensione degli atti autonomamente impugnabili abbia modificato la seppur ampia giurisdizione delle commissione tributarie, stante che il suo esercizio e i limiti risultano sempre disciplinati dall’art. 2 del decreto.
La nuova norma, invero, induce a ritenere che le commissioni tributarie possano conoscere delle domande con oggetto i provvedimenti di fermo o di ipoteca, disposti dal Concessionario, laddove questi attengano alle materie tassativamente elencate all’art. 2, non oltre.
Pertanto si presentano forti dubbi sulla concreta applicazione della novella giuridica, poiché non è insolito che la attuazione della misura cautelare da parte del Concessionario abbia per oggetto, non solo “tributi” in senso stretto, ma anche altre pretese di Enti privatizzati o Locali che non rientrano affatto nella giurisdizione tributaria.
Si ha tale ipotesi laddove il fermo includa, come sovviene accade, carichi esattoriali con oggetto, per mero esempio, “Contravvenzioni al C.d.S.” ovvero “sanzioni ex art. 22 bis della legge 689/1981” o, infine, “Premi INAIL” o “Contribuzioni alle Casse di Previdenza privatizzate”.
Gli artt. 77 e 86 del d.p.r. 602/1973, d’altra parte, sono attuabili – nella pratica quotidiana – senza limiti oggettivi in ordine all’oggetto e natura della pretesa tutelata dalle misure cautelari, con la conseguenza che in costanza o addirittura in prevalenza di carichi sottratti alla giurisdizione delle commissioni tributarie, non è dato di conoscere avanti quale giudice proporre opposizione.
Né può ritenersi che il provvedimento (unico) di fermo di beni mobili o di ipoteca sia opponibile avanti a giudici diversi, scindendo dal corpus la parte attinente la materia attratta dalla giurisdizione tributaria da quelle invece di competenza esclusiva di altro giudice.
Né è dato di comprendere come risolvere la questione di concorrenza fra due giurisdizioni diverse, nella ipotesi in cui il destinatario del provvedimento si rivolga al giudice tributario e, nel contempo, un terzo adisca, per identico oggetto, l’A.G.O. ai sensi dell’art. 619 c.p.c.
Ed ancora.
Posto che il nuovo testo dell’art. 19 d.lgs. 546/1992 contempla i provvedimenti emessi ai sensi degli artt. 77 e 86, è di tutta evidenza che si riferisca ad una misura cautelare formale e già iscritta dal Concessionario presso il P.R.A. o la Conservatoria RR.II. competente.
L’art. 2 stesso decreto, però, esclude dalla giurisdizione tributaria le controversie riguardanti gli atti della esecuzione forzata tributaria successivi alla notifica della cartella di pagamento e, ove previsto, dell’avviso di cui all’articolo 50 del d.p.r. 602/1973.
Ciò varrebbe a significare che la norma sopravvenuta abbia abrogato implicitamente detta preclusione, stante che i provvedimenti di cui si discute sono da annoverarsi nell’alveo della preclusione legislativa in parola, in specie divenuta (apparentemente) inapplicabile.
Ne dovrebbe conseguire, allo stato, una più generale estensione dell’esercizio della giurisdizione da parte delle commissioni tributarie, alla quale è però da sottrarre quella relativa al pignoramento e alla procedura di vendita, la quale è rimasta nella competenza esclusiva della A.G.O.
In detta situazione potrebbe verificarsi, però, una duplicazione di giudicati, non sempre univoci, sulla identica materia, posto che tanto l’uno (giudice tributario) quanto l’altro (giudice della esecuzione) ben potrebbero disapplicare l’atto amministrativo sotteso, ove venga ritenuto illegittimo, ovvero pervenire a diverse conclusioni o, in ultimo, il G.E. disporre la sospensione, sebbene negata dal G.T.
E’ da concludersi, quindi, che il comma 26-quinquies della Legge 4 agosto 2006 n. 248 vada interpretato alla luce degli effetti incidenti sulla giurisdizione delle commissioni tributarie, disciplinata dall’art. 2 d.lgs. 546/1992, nonché sugli effetti abrogativi della parte seconda della norma stessa, così da attribuire al giudice tributario la piena cognizione sulle domande aventi per oggetto le misure del Concessionario disposte ai sensi degli artt. 77 e 86 d.p.r. 602/1973.
L’eventuale esito negativo della questione prospettata, invece, dovrebbe comportare la disapplicazione della norma sopravvenuta per evidente contrasto e incompatibilità con l’art. 2 d.lgs. 546/1992 nella parte pone un limite inderogabile alla giurisdizione tributaria.
Claudio Cutrano
Palermo
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