Fideiussione e contratto autonomo di garanzia: tratti distintivi confermati in una recente pronuncia di merito

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Il nostro ordinamento riconosce ad ogni creditore, ex art. 2740 c.c., una garanzia patrimoniale generica
sull’intero patrimonio del debitore per soddisfare coattivamente le proprie ragioni.
Tuttavia, sia in deroga sia indipendentemente dal generico principio della par condicium creditorum,
delineato dal successivo art. 2471 c.c., sono previste, ex lege, ulteriori (e più efficaci) forme di garanzia per
la soddisfazione di un rapporto obbligatorio, tra cui si distinguono, a livello di tipo legale, le garanzie
personali.
Tali garanzie si caratterizzano per la necessaria “alienità” del debito, nel senso che esse offrono una
estensione dei patrimoni, ulteriori a quello del debitore principale, su cui rivalersi in caso di inadempimento
per ottenere la prestazione dovuta.
La figura più importante di questo genus è la fideiussione, prevista agli artt. 1936 c.c. e seguenti, mediante la
quale un soggetto, detto garante (o fideiussore), si obbliga personalmente verso il creditore per
l’adempimento di un’obbligazione altrui (del c.d. fideiuvato).
In tale figura, oltre a ravvisarsi l’estraneità dell’oggetto della garanzia rispetto al patrimonio del debitore, si
individuano due ulteriori tratti che ne caratterizzano le peculiarità differenziali rispetto alle garanzie reali:
– in primo luogo, generalmente, il negozio fideiussorio intercorre non già tra creditore e debitore principale,
che rimane estraneo alla pattuizione, ma tra garante e creditore;
– in secondo luogo, a differenza del terzo datore di pegno o ipoteca, il fideiussore non solo è responsabile
con il proprio patrimonio di un debito altrui ma diviene esso stesso debitore di un’obbligazione propria, detta
di garanzia, determinata per relationem con riferimento a quella principale.
Sotto il profilo funzionale e strutturale la fideiussione si presenta quale contratto solidale e accessorio.
L’elemento della solidarietà, espressamente previsto ex art. 1944 c.c., permette al creditore garantito di
rivalersi, alla scadenza dell’obbligazione, indifferentemente nei confronti del fideiussore o del debitore.
Il meccanismo della solidarietà, seppure necessariamente non eludibile, permette una deroga, stante il co. 2
dell’articolo ora citato, mediante la previsione del c.d. beneficium excussionis che opera, in concreto, sub
specie di eccezione che il fideiussore è legittimato a sollevare, indicando i beni del debitore suscettibili di
esecuzione, affinché il garantito si soddisfi, preventivamente, sui beni di quest’ultimo.
L’elemento dell’accessorietà, che agevolmente si desume da quanto disposto ex artt. 1932, 1939, 1941, 1945
c.c., pone uno stretto (ed inscindibile) legame tra l’obbligazione di garanzia propria del fideiussore e quella
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del debitore principale che, in quanto rapporto base da manlevare, ne costituisce il fondamento e la ragion
d’essere.
Tal nesso non incide soltanto a livello strutturale, laddove si consideri come il vincolo di accessorietà
esplichi i propri effetti sull’oggetto della fideiussione, che non può eccedere quanto dovuto dal debitore e
sulle modalità di prestazione, le cui condizioni non possono risultare più onerose rispetto all’obbligazione
principale (art. 1941 c.c.), ma anche a livello operativo.
In virtù del vincolo, infatti, la garanzia è necessariamente destinata a seguire le sorti del debito principale (si
pensi ai casi in cui il rapporto obbligatorio, da cui il debito scaturisca, sia inesistente o dichiarato nullo,
stante la disposizione prevista ex art. 1939 c.c.) anche in riferimento al potere in capo al fideiussore,
espressamente previsto ex art. 1945 c.c., di opporre contro il creditore-garantito tutte le eccezioni spettanti al
debitore principale (oltre quelle inerenti al rapporto di garanzia), bloccando in tal modo l’escussione della
garanzia da parte del garantito.
Le peculiarità strutturali ora descritte, tuttavia, esplicano palesemente la rigidità operativa di tale garanzia
personale, laddove si ponga mente alla rilevante incidenza dei vincoli di accessorietà e solidarietà sulla
possibilità di effettiva escussione della garanzia.
Per ovviare a questi deficit applicativi, e al fine di far fronte alle dinamiche ed alle esigenze del mercato,
sono invalsi nella prassi alcuni specifici strumenti rimessi alla creazione dei privati, ossia estranei agli
schemi normativamente tipizzati e pertanto da sottoporre al vaglio di meritevolezza e liceità di cui all’art.
1322 c.c.
In questa prospettiva, le esigenze di tutela dei creditori, nonché di celerità e certezza nella circolazione dei
beni, hanno segnato lo sviluppo di particolari garanzie personali atipiche.
Tra di esse, per la rilevanza che assume, viene in rilievo il contratto autonomo di garanzia (o di garanzia a
prima ovvero a semplice richiesta) che trova la propria origine nella elaborazione del c.d. Garantievertrag,
operata dalla dottrina tedesca e, in particolare, dal giurista Rudolf Stammler.
In generale, si afferma che il contratto autonomo di garanzia si innesti su di un contratto base (vendita,
appalto etc.) mediante il quale il garante (generalmente una banca o, comunque un soggetto altamente
solvibile), si obbliga a pagare un determinato importo ad un beneficiario (creditore garantito), corrispondente
alla prestazione (rectius: al valore pecuniario) dovuta da un terzo (debitore principale) a seguito di una
“semplice richiesta” del garantito che alleghi l’inadempimento del debitore principale.
Tale fattispecie complessa, costituita in forza di un collegamento negoziale tra i tre suddetti negozi, tra di
essi autonomi, e rivolta ad un’unitaria operazione economica, consentirebbe non soltanto di trasferire i c.d.
litigation risks sul garante ma anche di soddisfare illico et immediate il creditore-garantito.
La struttura ora delineata, seppure accostabile al prototipo della garanzia personale fideiussoria, assume
particolari peculiarità sia in ordine all’oggetto che agli effetti.
Sotto il primo profilo, si osserva che mentre l’oggetto specifico della fideiussione sia individuabile nella
stessa prestazione dovuta dal debitore principale, realizzando in tal modo la piena soddisfazione
dell’interesse creditorio (stante, anche, il vincolo di solidarietà tra fideiussore e debitore), nella garanzia
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autonoma il garante sarebbe, invece, tenuto ad effettuare una prestazione soltanto economicamente
equivalente, ossia una prestazione pecuniaria di carattere indennitario, in grado di porre riparo ex post
all’eventuale inadempimento intervenuto.
È sotto l’aspetto funzionale, però, che giurisprudenza e dottrina maggioritaria individuano i tratti essenziali
del contratto autonomo di garanzia.
In particolare, l’atipicità propria della fattispecie in esame sarebbe rinvenibile sotto il profilo dell’autonomia,
ossia dell’assenza di rapporti tra garanzia e prestazione debitoria principale, per mezzo dell’apposizione di
specifiche clausole “a prima richiesta” o “senza eccezioni”.
Precisamente, l’autonomia sostanziale (ossia il distacco dal rapporto principale garantito), in quanto idonea
ad annullare i vincoli di solidarietà ed accessorietà propri della garanzia personale di cui agli artt. 1936 c.c. e
seguenti, segnerebbe il discrimen tra il contratto atipico de quo e quello fideiussorio.
La delimitazione dei confini di rilevanza di tali clausole ha suscitato notevoli dibattiti giurisprudenziali,
risolti dall’intervento delle Sezioni Unite (Sentenza n. 3947 del 18/02/2010) che, ricostruendo gli
orientamenti a favore e contro l’impiego di tali atipici strumenti di garanzia, hanno optato per la
meritevolezza delle fattispecie contrattuali suddette esplicitando i criteri operativi entro i quali possano
trovare applicazione.
L’actio finium regundorum tra fideiussione e garanzia prestata “a prima richiesta” ha segnato uno dei
maggiori problemi interpretativi demandati al (e risolti dal) dictum delle Sezioni Unite.
Sul punto, si osserva che la mera presenza di clausole siffatte non possa ex se assurgere a criterio discretivo:
esse, infatti, possono trovare applicazione anche all’interno del contratto fideiussorio, come avviene, ad
esempio, per la c.d. clausola “solve et repete” (art. 1462 c.c.), inidonea, sotto il profilo sostanziale a mutarne
la natura di garanzia personale tipica.
Così, più recentemente, Cass. Civ. Sez III 17.06.2013 n. 15108: “Ai fini della configurabilità di un contratto
autonomo di garanzia oppure di un contratto di fideiussione, non è decisivo l’impiego o meno delle
espressioni “a semplice richiesta” o “a prima richiesta del creditore”, ma la relazione in cui le parti hanno
inteso porre l’obbligazione principale e l’obbligazione di garanzia”.
E ancora: “La caratteristica fondamentale che distingue il contratto autonomo di garanzia dalla fideiussione
è l’assenza dell’elemento dell’accessorietà della garanzia, insito nel fatto che viene esclusa la facoltà del
garante di opporre al creditore le eccezioni che spettano al debitore principale, in deroga alla regola
essenziale della fideiussione, posta dall’art. 1945 c.c.”.
Tali rilevanti distinzioni assurgono a motivo principe di una recentissima pronuncia di merito: Tribunale di
Torre Annunziata, Sentenza n. 147, 08.01.2014, che nuovamente conferma la precisa differenza funzionale
tra fideiussione e contratto autonomo di garanzia:
– la prima finalizzata a garantire l’adempimento del debitore;
– il secondo, differentemente, a “tenere indenne il beneficiario dal nocumento della mancata prestazione del
debitore”.

Alessandro Olivari

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