E’ stato dunque accolto il ricorso del genitore avverso la decisione della Corte d’Appello, che aveva invece rigettato l’istanza di revoca o riduzione dell’assegno di mantenimento in favore del figlio maggiorenne. Secondo i Giudici distrettuali, in particolare, il superamento dell’esame di abilitazione all’esercizio della professione forense e l’iscrizione all’albo degli Avvocati, non potevano dirsi di per sé sufficienti a provare l’acquisita autonomia economica del figlio medesimo. D’altra parte – proseguivano i Giudici di merito – l’iscrizione all’albo non stava automaticamente a dimostrare la titolarità di un reddito; né detta circostanza poteva presumersi dal fatto che il figlio in questione lavorasse presso lo studio del fratello.
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Prova dell’indipendenza economica, anche in base all’età e alla conclusione del percorso formativo
Non così, tuttavia, per la Corte di Cassazione, secondo cui la Corte d’appello avrebbe omesso di considerare che, collaborando insieme al fratello già da tempo avvocato, il beneficiario dell’assegno percepiva costantemente compensi per le prestazioni svolte. Orbene, secondo gli Ermellini, il provvedimento impugnato non è conforme alla più recente giurisprudenza della medesima Cassazione, per la quale il genitore che domandi la modifica o la declaratoria di cessazione dell’obbligo di mantenimento, è tenuto a dimostrare l’indipendenza economica del figlio maggiorenne, oppure che il mancato svolgimento di un’attività produttiva di reddito sia dovuto ad un atteggiamento di inerzia o rifiuto ingiustificato. Una prova che può, tuttavia, essere sufficientemente fornita anche mediante circostanze di fatto da cui desumersi l’estinzione dell’obbligazione di mantenimento. E tra queste circostanze figura senz’altro l’avanzare dell’età, ossia, l’essere il figlio maggiorenne in una età tale per cui il percorso formativo e di studi, nella normalità dei casi, dovrebbe essere ampiamente concluso; sicché la persona dovrebbe da tempo essere inserita nella società e nel mondo del lavoro. Per cui la condizione di persistente carenza reddituale, in mancanza di ragioni individuali specifiche, andrebbe a costituire un indicatore di inerzia colpevole.
Niente più assegno al neo avvocato iscritto all’albo, che collabora con il fratello
Ora nella fattispecie – prosegue la Corte Suprema – i giudici distrettuali hanno omesso di considerare gli elementi presuntivi offerti dal padre ricorrente, ossia l’avvenuta iscrizione all’albo del figlio nato nel 1982 e la circostanza che egli abbia continuato a frequentare lo studio del fratello dopo aver conseguito il titolo. Inoltre i Giudici di secondo grado avrebbero altresì rigettato le istanze istruttorie (disattendendo la richiesta di informativa sui conti correnti bancari) volte a dimostrare la percezione di un reddito da lavoro e l’esistenza di un peculio idoneo a garantire l’autosufficienza economica. Tanto premesso, la Corte Suprema accoglie le rimostranze del padre e dichiara cessato il diritto del figlio neo avvocato a percepire l’assegno di mantenimento.
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