La strategia per l’elevazione professionale delle stazioni appaltanti, delineata di recente dalla Scuola Nazionale dell’Amministrazione (SNA), mira a standardizzare e qualificare la formazione nei contratti pubblici. Tuttavia, il decreto solleva questioni sulla sua compatibilità con i principi costituzionali e normative europee, in quanto sembra limitare l’accesso alla formazione a enti pubblici e non-profit.
Per approfondimenti in materia di appalti pubblici, si consiglia il seguente volume: Gli Appalti Pubblici dopo il nuovo Codice – Primo commento al D.Lgs. 31 marzo 2023, n.36
Indice
1. Strategia per l’elevazione professionale delle stazioni appaltanti
Di recente, la Scuola Nazionale dell’Amministrazione (SNA), in collaborazione con il Dipartimento della Funzione Pubblica, l’ANAC e il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, ha tracciato le linee guida per la formazione nell’ambito dei contratti pubblici. Queste linee guida, adottate congiuntamente, rappresentano un passo verso la standardizzazione e la qualificazione della formazione offerta sia da enti pubblici che da organizzazioni senza scopo di lucro.
I criteri oggettivi e soggettivi, definiti con precisione nel documento, coprono tutte le fasi del processo di appalto, dall’inizio alla fine, compresa la programmazione, la progettazione, l’esecuzione e la gestione del progetto, insieme alla prevenzione della corruzione. Inoltre, viene data particolare attenzione alla digitalizzazione, alla sostenibilità e al ciclo di vita dell’appalto.
Tuttavia, l’adesione a tali linee guida richiede uno sforzo: le istituzioni che desiderano ottenere l’accreditamento devono dimostrare un’esperienza consolidata nel settore, offrire corsi interdisciplinari e utilizzare efficaci sistemi di verifica ai fini dell’apprendimento. Tale processo di certificazione rappresenta un riconoscimento della qualità della formazione oltre che un passo fondamentale verso la qualificazione delle stazioni appaltanti.
Per l’effetto, le linee guida della SNA rappresentano un importante punto di riferimento per tutte le istituzioni e gli enti formativi che operano nel settore dei contratti pubblici, fornendo un quadro chiaro e dettagliato per la qualificazione delle stazioni appaltanti. Dunque, è compito di tutti gli attori coinvolti collaborare per garantire l’efficacia e la diffusione di queste indicazioni, contribuendo al rafforzamento della trasparenza, legalità ed efficienza del sistema degli appalti pubblici.
Il recente d.lgs. 31 marzo 2023, n. 36, relativo al nuovo Codice dei Contratti Pubblici, ha introdotto diversi requisiti per la qualificazione delle stazioni appaltanti, tra cui l’importante aspetto della formazione, come indicato negli articoli 62 e 63 e nell’allegato II.4. In particolare, l’art. 63, comma 10, attribuisce alla Scuola Nazionale dell’Amministrazione (SNA) il compito di stabilire i criteri per l’accreditamento delle istituzioni, sia pubbliche che private e senza scopo di lucro, che offrono corsi di formazione sui contratti pubblici. Per questo, la SNA ha istituito un Gruppo di Lavoro, come specificato nel Decreto del Presidente SNA n. 115/2023, composto da rappresentanti della SNA stessa, dell’ANAC e del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, incaricato di elaborare i requisiti da sottoporre all’approvazione finale della Presidente della SNA.
La Presidente della Scuola Nazionale dell’Amministrazione, Paola Severino, ha evidenziato l’importanza di tali criteri, risultato di una collaborazione tra diverse istituzioni, nell’assicurare un alto livello di competenza e professionalità tra gli operatori del settore.
Le linee guida approvate declinano i requisiti che le istituzioni, sia pubbliche che private, devono soddisfare per erogare corsi formativi sui contratti pubblici. Tali requisiti riguardano sia aspetti oggettivi, come la conoscenza approfondita delle normative e delle procedure, sia aspetti soggettivi, quali l’esperienza nel settore e l’adozione di efficaci sistemi di verifica dell’apprendimento.
Secondo la Presidente, la formazione gioca un ruolo chiave nella strategia europea per la crescita professionale del personale coinvolto nel ciclo degli appalti.
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Gli Appalti Pubblici dopo il nuovo Codice – Primo commento al D.Lgs. 31 marzo 2023, n.36
• Il regime transitorio• Il nuovo “Responsabile Unico di Progetto”• Le novità in tutto il ciclo dell’appalto• Le procedure sotto e sopra sogliaCon il D.Lgs. n. 36 del 31 marzo 2023 è stato approvato il nuovo Codice dei contratti pubblici, emanato in attuazione della Legge delega n. 78/2022. Sia le innovazioni che le discontinuità rispetto al D.Lgs. 50/2016 sono significative e profonde. Pertanto, questo volume intende essere una GUIDA OPERATIVA, per un primo sicuro orientamento nella complessa e articolata disciplina DEL NUOVO CODICE, privilegiando una descrizione chiara, un linguaggio semplice e un approccio sistematico. Inoltre, questo nuovo Codice si presenta come il primo testo unico “autoapplicativo” essendo già incorporata nei suoi allegati la normativa di dettaglio di natura regolamentare. Nel manuale sono incorporati:• Box di sintesi su cosa cambia• Il testo integrale del nuovo codice 2023L’esigenza prioritaria di valorizzare gli appalti pubblici come leva strategica per la ripresa dell’economia, il rilancio degli investimenti e l’attuazione del PNRR, hanno condotto il legislatore ad un radicale mutamento di prospettiva nella regolazione della materia, orientandola verso i nuovi principi del “risultato”, della “fiducia” e dell’“accesso al mercato”.Il drammatico contesto economico-sociale, indotto prima dalla lunga pandemia e ulteriormente aggravato dal conflitto russo-ucraino, e la ineludibile necessità di garantire un’efficace e tempestiva ripresa, hanno anche richiesto la conversione di molte delle recenti misure emergenziali e transitorie in norme a “regime ordinario” (procedure di affidamento, tempi di espletamento dei procedimenti di aggiudicazione, rinegoziazione e revisione prezzi, soglie degli affidamenti diretti e procedure semplificate, ecc.).Alessandro MassariAvvocato specializzato in contrattualistica pubblica, direttore del mensile “Appalti&Contratti” e della rivista internet appaltiecontratti.it
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2. Requisiti per l’accreditamento: la formazione
Diverse sono le entità abilitate a fornire formazione in materia di contratti pubblici, offrendo così un ampio panorama di opportunità che contribuiscono alla trasparenza e all’integrità nel campo degli appalti pubblici.
Le università, sia pubbliche che private e senza fini di lucro, sono riconosciute come soggetti accreditabili grazie alla loro capacità di offrire programmi di studio pertinenti ai contratti pubblici. Inoltre, la presenza di docenti qualificati e di infrastrutture adeguate è essenziale per garantire la qualità dell’istruzione offerta.
Gli enti pubblici con finalità istituzionali orientate alla formazione dei dipendenti pubblici e dei professionisti sono altrettanto idonei all’accreditamento. Tali enti devono dimostrare di avere personale dedicato alla formazione, esperienza nell’organizzazione di corsi e risorse adeguate a supportare la formazione a distanza.
Anche gli organismi di diritto pubblico, come le società in house, le fondazioni, le associazioni o i consorzi, possono ottenere l’accreditamento, a patto che la loro finalità istituzionali comprendano la formazione e che questa non sia svolta a fini lucrativi.
I soggetti privati che perseguono scopi formativi senza fini di lucro possono anch’essi ottenere l’accreditamento, purché dimostrino competenze e risorse adeguate a offrire corsi di formazione di qualità.
Infine, sono previsti soggetti misti, costituiti da due o più delle entità (sopra menzionate), che possono ottenere l’accreditamento a condizione che la formazione sia inclusa nella loro finalità istituzionale e che non mirino a scopi di lucro: ciò favorisce la sinergia e la collaborazione tra i diversi attori nel campo della formazione sui contratti pubblici.
La validità dell’accreditamento per gli enti e i soggetti operanti nel settore dei contratti pubblici è fissata a tre anni. Al termine di questo periodo triennale, gli enti possono richiedere il rinnovo dell’accreditamento, seguendo le stesse procedure previste per l’accreditamento iniziale.
Il monitoraggio e la verifica dell’attività formativa rivestono un aspetto importante per garantire la qualità e l’integrità dei corsi offerti. A tal fine, i soggetti accreditati devono comunicare tempestivamente alla SNA tutti i dettagli relativi ai corsi che intendono svolgere, inclusa la denominazione, la sede, le modalità di svolgimento, i contenuti e i docenti coinvolti, nonché il responsabile scientifico del corso.
Infine, la SNA è incaricata di verificare periodicamente il rispetto dei requisiti da parte degli enti accreditati. Nel caso in cui emergano dichiarazioni false o non veritiere durante i controlli, l’accreditamento può essere revocato.
Infine, la strategia europea per l’elevazione professionale nel settore degli appalti pubblici prevede quattro categorie di programmi formativi: di base, specialistici, avanzati e di aggiornamento, ciascuno con chiari obiettivi e criteri definiti. È obbligatorio utilizzare sistemi di tracciamento delle presenze, poiché il conseguimento dell’attestato sarà vincolato al rispetto di un limite massimo del 20% di assenze. Tutti i docenti devono vantare il titolo di professore universitario o essere esperti con laurea magistrale o equivalente, accompagnato da una notevole esperienza e competenza di almeno cinque anni nei campi oggetto della formazione. Per i corsi di livello base, è richiesta una durata minima di 20 ore di insegnamento e una valutazione finale che comprenda almeno 30 domande a risposta multipla, superabile solo con almeno i due terzi delle risposte corrette.
3. Possibili contrasti del Decreto della SNA
Il Decreto della Scuola Nazionale dell’Amministrazione, previsto dall’art. 63, comma 10, del nuovo Codice dei Contratti pubblici, al momento non è ancora in vigore poiché l’accreditamento delle istituzioni formative sui contratti pubblici non è ancora in fase di avviamento. Tuttavia, alcune disposizioni sembrano porsi in contrasto con i principi costituzionali di uguaglianza e di libertà di iniziativa economica, riservando l’attività formativa esclusivamente ad enti pubblici e istituzioni senza scopo di lucro.
Sebbene, attualmente, non ci siano restrizioni all’iscrizione a corsi organizzati da enti privati, si auspica che il decreto possa essere riesaminato al fine di garantire un accesso paritario e non discriminatorio alla formazione.
Questa restrizione solleva perplessità in quanto potrebbe entrare in collisione con i principi fondamentali sanciti dal Trattato UE e dalla direttiva Bolkestein (direttiva 2006/123/CE), i quali favoriscono la libera prestazione dei servizi all’interno del mercato europeo e per l’effetto l’eliminazione degli ostacoli alla stessa mediante l’armonizzazione delle politiche comunitarie.
Nonostante ciò, la normativa non esclude esplicitamente gli operatori economici dal processo di accreditamento, ma stabilisce i requisiti da soddisfare definiti dalla SNA. L’ipotesi di una riserva esclusiva per enti pubblici e non-profit potrebbe essere considerata incostituzionale per eccesso di delega, poiché la legge delega non prevede restrizioni soggettive in materia di formazione.
Infatti, la formazione è essenziale per la professionalizzazione delle stazioni appaltanti, e pertanto limitarla unilateralmente a enti pubblici e non-profit sarebbe considerato discriminatorio e suscettibile d’incostituzionalità.
Tale decreto, alla luce di queste considerazioni, può divenire oggetto di impugnazione davanti all’autorità giudiziaria da parte di tutti gli operatori che si occupano del settore formativo.
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